N. 394 SENTENZA 7 - 19 ottobre 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assitenza - Pagamento di ratei arretrati dell'assegno di
 invalidita'  - Interessi legali e rivalutazione monetaria - Modalita'
 del calcolo con detrazione dalle somme spettanti per il maggior danno
 - Norma non applicabile alle situazioni di cui nei giudizi  a  quibus
 - Inammissibilita'.
 
 (Legge 30 dicembre 1991, n. 412, art. 16, sesto comma).
 
 (Cost., artt. 3, 38, secondo comma, e 136).
(GU n.45 del 28-10-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 16, comma 6,
 della legge 30 dicembre 1991, n.  412  (Disposizioni  in  materia  di
 finanza pubblica), promossi con le seguenti ordinanze:
      1) ordinanza emessa l'11 febbraio 1992 dal Pretore di Genova nel
 procedimento  civile  vertente  tra  Labriola  Vincenzo e l'I.N.P.S.,
 iscritta al n. 149 del registro ordinanze  1992  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  13, prima serie speciale,
 dell'anno 1992;
      2) ordinanza emessa il 28 gennaio 1992 dal Pretore di Modena nel
 procedimento civile vertente  tra  Ferrari  Ermentina  e  l'I.N.P.S.,
 iscritta  al  n.  154  del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della  Repubbica  n.  13,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1992.
    Visti  gli  atti  di  costituzione  di  Labriola Vincenzo, Ferrari
 Ermentina  e  dell'I.N.P.S.,  nonche'  gli  atti  di  intervento  del
 Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 16 giugno 1992 il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Uditi  gli avvocati Franco Agostini e Luciano Ventura per Labriola
 Vincenzo e Ferrari Ermentina, Aldo  Catalano,  Gian  Carlo  Perone  e
 Fabrizio  Ausenda  per  l'I.N.P.S.  e  l'Avvocato dello Stato Giorgio
 D'Amato per il Presidente del Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un  procedimento  civile  promosso  da  Vincenzo
 Labriola  nei confronti dell'INPS per il pagamento di ratei arretrati
 dell'assegno di invalidita' piu'  interessi  legali  e  rivalutazione
 monetaria, il Pretore di Genova, con ordinanza dell'11 febbraio 1992,
 ha  sollevato  questione di legittimita' costituzionale dell'art. 16,
 comma  6,  della  legge  30  dicembre  1991,  n.  412,  secondo   cui
 l'ammontare  degli  interessi  legali  sulle prestazioni dovute dagli
 enti gestori di  forme  di  previdenza  obbligatorie  e'  portato  in
 detrazione  dalle somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior
 danno subito dall'avente diritto per la diminuzione  del  valore  del
 suo credito.
    Secondo il giudice remittente, soprattutto dopo l'aumento al dieci
 per  cento del saggio dell'interesse legale, e' dubbia la correttezza
 dell'interpretazione  dell'art.  429,  terzo  comma,   cod.proc.civ.,
 accolta  dalla  giurisprudenza dominante, alla quale si e' conformata
 la  sentenza  n.  156  del  1991  di  questa  Corte  nel   dichiarare
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  442 cod. proc. civ. Tale
 interpretazione "attribuisce al titolare di  crediti  di  lavoro  una
 posizione  del  tutto privilegiata", che gli procura una rendita "ben
 superiore anche ad ogni investimento finanziario".  Comunque,  stante
 la  detta  giurisprudenza  consolidata,  la  norma impugnata non puo'
 sottrarsi al sospetto  di  contrarieta'  agli  artt.  3  e  38  della
 Costituzione,  in  quanto ripristina la disparita' di trattamento dei
 crediti previdenziali rispetto ai  crediti  di  lavoro  censurata  da
 questa Corte.
    2.  -  Nel  giudizio  davanti  alla  Corte  si  e'  costituito  il
 ricorrente  chiedendo,  in  via  principale,  una  dichiarazione   di
 inammissibilita'  della  questione  perche' la norma impugnata non e'
 applicabile  alle  situazioni  di  ritardato  pagamento  verificatesi
 anteriormente  all'entrata  in vigore della legge n. 412 del 1991; in
 subordine, una dichiarazione di  fondatezza  per  i  motivi  indicati
 nell'ordinanza di remissione.
    3.  -  Si e' pure costituito l'INPS concludendo per l'infondatezza
 della questione.
    Secondo l'Istituto, la restituzione dei crediti  previdenziali  al
 regime  dei  crediti di valuta, cui li aveva sottratti la sentenza n.
 156 del 1991, non e' arbitraria in relazione ai sostanziali  elementi
 di  differenziazione  riscontrabili  rispetto  ai  crediti di lavoro,
 malgrado la possibilita' di un loro  accostamento  sotto  il  profilo
 funzionale.   D'altra  parte,  l'art.  429,  cod.  proc.  civ.,  come
 interpretato dalla giurisprudenza consolidata, suscita ormai sospetti
 di illegittimita' costituzionale per le  ragioni  riconosciute  dallo
 stesso giudice remittente, sicche' l'indagine del giudice delle leggi
 dovrebbe  soffermarsi  sulla  verifica  di  legittimita'  della norma
 assunta a tertium comparationis nell'ordinanza di rimessione.
    4. - E' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, chiedendo che la questione
 sia dichiarata inammissibile o comunque infondata.
    L'Avvocatura  osserva  che  la  norma  impugnata  non  si  pone in
 contrasto con la citata sentenza di questa Corte perche' si colloca e
 si  giustifica  in   un   mutato   contesto   normativo   determinato
 dall'aumento  al  dieci  per cento del saggio degli interessi legali,
 garantendo in ogni caso al creditore la  copertura  integrale  contro
 l'inflazione  qualora  questa,  dovesse  risalire  sopra il dieci per
 cento. Sicche' nessuna violazione si puo' ravvisare nemmeno  rispetto
 all'art.  38  Cost.  Del  resto,  nel  mutato  contesto normativo, la
 giurisprudenza di merito e la dottrina sono gia' avviate  a  rivedere
 l'interpretazione  dell'art.  429  nel  senso  chiarito  dalla  norma
 impugnata per i crediti previdenziali.
    5. - Analoga questione e' stata sollevata dal Pretore  di  Modena,
 con  ordinanza  del  28 gennaio 1992, nel corso di un giudizio civile
 promosso contro l'INPS da Ermentina Ferrari, titolare di una pensione
 di invalidita' e di una  pensione  di  riversibilita',  per  ottenere
 l'integrazione  al minimo della seconda con gli interessi legali e la
 rivalutazione. Oltre agli artt. 3 e 38 Cost., questo giudice  presume
 violato  anche  l'art. 136 Cost. sul riflesso che la norma denunciata
 avrebbe ripristinato una disciplina gia' dichiarata incostituzionale.
    6. - Si sono costituiti la ricorrente e l'INPS ed  e'  intervenuto
 il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri  con  argomentazioni  e
 conclusioni  analoghe  a  quelle  dedotte   nel   giudizio   relativo
 all'ordinanza dal Pretore di Genova.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Dai  Pretori  di  Genova  e  di  Modena  e'  sollevata,  in
 riferimento agli artt. 3, 38, secondo comma, e 136  Cost.,  questione
 di  legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma 6, della legge 30
 dicembre 1991, n. 412, il quale dispone: "Gli enti gestori  di  forme
 di  previdenza obbligatoria sono tenuti a corrispondere gli interessi
 legali, sulle prestazioni dovute, a decorrere dalla data di  scadenza
 del  termine previsto per l'adozione del provvedimento sulla domanda.
 L'importo dovuto a titolo di interessi e' portato in detrazione dalle
 somme eventualmente spettanti a ristoro del maggior danno subi'to dal
 titolare della prestazione per la  diminuzione  del  valore  del  suo
 credito".
    2.  -  I  due  giudizi  hanno per oggetto la medesima questione e,
 pertanto, e' opportuno disporne la riunione  affinche'  siano  decisi
 con unica sentenza.
    3.  - La questione e' inammissibile perche' la norma impugnata non
 e' applicabile nei giudizi a quibus.
    Occorre  premettere  che  la  legge  n.  412  del  1991   non   ha
 ripristinato  la  disciplina  dei  crediti  previdenziali  dichiarata
 costituzionalmente illegittima dalla sentenza di questa Corte n.  156
 del  1991. La fattispecie degli effetti del pagamento ritardato resta
 ferma  nei  termini  risultanti  dal  dispositivo   della   sentenza,
 differenziandosi  quindi  dal  regime  comune  sia  per  il carattere
 automatico della rivalutazione (operata d'ufficio dal giudice,  senza
 bisogno  ne'  di  domanda  dell'interessato,  ne' di alcuna prova del
 "maggior  danno"),  sia  per  la  decorrenza  non  dal  giorno  della
 maturazione  del  credito, ma dalla scadenza del termine previsto per
 l'adozione  del   provvedimento   dell'ente   sulla   domanda   della
 prestazione  previdenziale.  Tuttavia  la  portata della norma non si
 esaurisce in una semplice modificazione  quantitativa  degli  effetti
 del  ritardo.  L'esclusione  del  cumulo  della rivalutazione con gli
 interessi e la determinazione del diritto del creditore nella maggior
 somma tra il differenziale di svalutazione e gli interessi  calcolati
 sulla  somma  nominale,  producono un mutamento di natura del credito
 previdenziale  rispetto  all'interpretazione  dell'art.  429,   terzo
 comma, cod. proc. civ. prevalsa nella giurisprudenza.
    Secondo  tale  interpretazione  -  alla  quale  questa Corte si e'
 adeguata  nell'estendere  la  regola  alle  controversie  in  materia
 previdenziale   (salvo   il  diverso  criterio  di  decorrenza  della
 rivalutazione e degli interessi) - l'art. 429, inteso come "forma  di
 attuazione  dell'art.  36  Cost.",  sottrae  i  crediti  di lavoro al
 principio   nominalistico,   cosi'   che   la   rivalutazione   "deve
 considerarsi  parte  del complesso credito del prestatore, scaturente
 dallo stesso rapporto di lavoro", e  conseguentemente  gli  interessi
 vanno  computati  sulla  somma  capitale  rivalutata.  Per  i crediti
 previdenziali l'art. 16, comma 6, della  legge  n.  412  del  1991  -
 intervenuta  successivamente  all'elevazione  al  dieci per cento del
 saggio degli interessi legali (art. 1 della legge n. 353 del 1990)  -
 ha ristabilito l'interpretazione rigorosamente letterale, che ascrive
 all'art.   429,   terzo  comma,  il  significato  di  norma  speciale
 all'interno del sistema dell'art. 1224  cod.civ.:  gli  interessi  si
 calcolano  sulla somma nominale e la rivalutazione spetta a titolo di
 "maggior danno", eccezionalmente ritenuto in  re  ipsa  per  il  solo
 fatto  della  svalutazione,  quando  risulti  superiore  al dieci per
 cento.
    4. - Cosi' precisata la portata dell'innovazione,  nel  senso  che
 essa   determina   un   nuovo  contenuto  del  credito  previdenziale
 riconducendolo sotto il dominio del principio nominalistico, la Corte
 di cassazione, con giurisprudenza ormai consolidata, ne ha tratto  la
 conseguenza  dell'inapplicabilita'  della  norma  in  esame quando la
 fattispecie  costitutiva  della  responsabilita'  del  debitore   per
 ritardato  pagamento  si  sia perfezionata anteriormente alla data di
 entrata in vigore della norma medesima (cfr. Cass. nn. 7221,  8264  e
 8619 del 1992).
    Tale  ipotesi ricorre in entrambi i giudizi che hanno dato origine
 al presente incidente di  costituzionalita',  onde  la  questione  va
 dichiarata inammissibile.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Riuniti   i   giudizi,  dichiara  inammissibile  la  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 16, comma  6,  della  legge  30
 dicembre  1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica),
 sollevata, in riferimento agli artt. 3,  38,  secondo  comma,  e  136
 della  Costituzione,  dai  Pretori  di  Genova  e  di  Modena  con le
 ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 1992.
                       Il presidente: CORASANITI
                         Il redattore: MENGONI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 19 ottobre 1992.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 92C1156