N. 397 ORDINANZA 7 - 19 ottobre 1992
Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale. Previdenza e assistenza - Dirigenti statali che abbiano gia' compiuto il sessantacinquesimo anno eta' - Conseguimento del massimo trattamento pensionistico - Prolungamento del servizio - Esclusione - Discrezionalita' del legislatore - Norma non applicabile ai dirigenti gia' collocati a riposo - Manifesta infondatezza. (D.-L. 27 dicembre 1989, n. 413, art. 1, comma 4- quinquies, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 37). (Cost., artt. 3 e 97).(GU n.45 del 28-10-1992 )
LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori: Presidente: prof. Giuseppe BORZELLINO; Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Francesco Paolo CASAVOLA, prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
ha pronunciato la seguente ORDINANZA nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma quarto-quinquies, del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito con modificazioni nella legge 28 febbraio 1990, n. 37 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparate, nonche' in materia di pubblico impiego), promosso con ordinanza emessa il 9 maggio 1991 dal Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Brasca Giuseppe contro il Ministero del tesoro ed altra, iscritta al n. 125 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell'anno 1992; Visto l'atto di costituzione di Brasca Giuseppe nonche' l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Udito nella camera di consiglio del 3 giugno 1992 il Giudice relatore Francesco Greco; Ritenuto che il T.A.R. del Lazio, nel procedimento promosso da Brasca Giuseppe nei confronti del Ministero del tesoro per la impugnazione del provvedimento di collocamento a riposo con effetto dal compimento del sessantacinquesimo anno di eta' e di rigetto dell'istanza di mantenimento in servizio fino al settantesimo anno, per il conseguimento del massimo trattamento pensionistico, ha sollevato, con ordinanza del 9 maggio 1991 (R.O. n. 125 del 1992), questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma quarto- quinquies, del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413, convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1990, n. 37, nella parte in cui esclude dall'ivi previsto beneficio del prolungamento del servizio per i fini suddetti i dirigenti delle amministrazioni statali che alla data di entrata in vigore dello stesso decreto-legge abbiano gia' compiuto il sessantacinquesimo anno; che, ad avviso del giudice a quo, sarebbero violati gli artt. 3 e 97 della Costituzione, discriminandosi irrazionalmente fra soggetti che versano in condizioni di sostanziale parita' e privandosi la P.A. della collaborazione di dipendenti con vasta esperienza; che la parte privata, con atto di costituzione, poi illustrato da memoria, ha concluso per la restituzione degli atti al giudice a quo, in quanto nella fattispecie potrebbe avere applicazione il decreto-legge n. 413 del 1989, convertito in legge n. 37 del 1990, sopravvenuto alla ordinanza di remissione, e, subordinatamente, per la illegittimita' della norma censurata; che l'Avvocatura Generale dello Stato, intervenuta in rappresentanza del Presidente del Consiglio dei ministri, ha concluso per l'infondatezza della questione; Considerato che la questione de qua e' stata esaminata dal giudice a quo anche alla stregua della nuova norma, e che pertanto non puo' disporsi la restituzione degli atti; che questa Corte ha gia' ritenuto che la determinazione della data di entrata in vigore della legge rientra nella discrezionalita' del legislatore (sentt. nn. 440 del 1991 e 1032 del 1988; ord. n. 419 del 1990); che la disposizione censurata non si applica ai dirigenti gia' collocati a riposo, anche se abbiano impugnato il relativo provvedimento perche' la impugnazione non conserva in vita il rapporto di impiego cessato alla data prestabilita; e che e' ultroneo il riferimento all'art. 97 della Costituzione in quanto i rimedi apprestati per situazioni particolari e peculiari non incidono sull'organizzazione della Pubblica Amministrazione e sul suo funzionamento, anche perche' non riguardano l'intera disciplina del rapporto di pubblico impiego (sent. n. 440 del 1991); che non sono stati dedotti motivi nuovi per una diversa decisione, onde la riproposta questione e' manifestamente infondata; Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte;
PER QUESTI MOTIVI LA CORTE COSTITUZIONALE Dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1, comma quarto-quinquies, del decreto-legge 27 dicembre 1989, n. 413 (Disposizioni urgenti in materia di trattamento economico dei dirigenti dello Stato e delle categorie ad essi equiparate, nonche' in materia di pubblico impiego), convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1990, n. 37, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, sollevata dal T.A.R. del Lazio con l'ordinanza in epigrafe. Cosi' deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 ottobre 1992. Il presidente: BORZELLINO Il redattore: GRECO Il cancelliere: DI PAOLA Depositata in cancelleria il 19 ottobre 1992. Il direttore della cancelleria: DI PAOLA 92C1159