N. 699 ORDINANZA (Atto di promovimento) 25 giugno 1992

                                N. 699
 Ordinanza emessa il 25 giugno 1992 dalla corte d'appello di Cagliari
 nel procedimento penale a carico di Casti Francesco Processo penale -
 Dibattimento - Divieto per il collegio giudicante
    di  acquisire e leggere i verbali degli interrogatori resi innanzi
    al p.m. dall'imputato in un procedimento connesso -  Irragionevole
    disparita'  di  trattamento rispetto alla ipotesi di dichiarazioni
    rese da altra persona in identica situazione che si avvalga  della
    facolta' di non rispondere - Richiamo alla sentenza n. 254/1992.
 (C.P.P. 1988, artt. 238, primo comma, e 513, primo comma).
 (Cost., art. 3).
(GU n.46 del 4-11-1992 )
                          LA CORTE D'APPELLO
    Ai  sensi  dell'art.  23  della  legge  11  marzo  1953, n. 87, ha
 pronunciato la seguente  ordinanza  nel  procedimento  penale  contro
 Casti   Francesco,  in  atti  generalizzato  imputato  di  falso  per
 soppressione continuato, come in atti.
    Casti Francesco venne sorpreso la notte del 21 maggio 1990  mentre
 tentava di introdursi nei locali della pretura di Decimomannu facendo
 uso  di un mattone per rompere il vetro di una finestra dello stabile
 ed in detta circostanza venne trovato in possesso di una  scatola  di
 fiammiferi  che  portava  con  se  senza  alcun apparente ragionevole
 motivo.
    Per tale fatto il Casti venne tratto in  arresto  nella  flagranza
 dei  reati  di  tentato  danneggiamento  aggravato  e  tentato  furto
 aggravato e nel corso di interrogatorio  reso  al  Procuratore  della
 Repubblica  presso  la pretura circondariale di Cagliari lo stesso 21
 maggio, secondo quanto precisato all'odierna udienza dal  Procuratore
 Generale,  dichiaro' di essere nottetempo entrato altre due volte nei
 locali della predetta pretura dando fuoco e del materiale cartaceo  e
 di  avere avuto la medesima intenzione anche nel frangente in cui era
 stato sorpreso dalla polizia giudiziaria.
    In conseguenza di tali dichiarazioni vennero svolte delle indagini
 preliminari da  pare  del  procuratore  della  Repubblica  presso  il
 tribunale   di   Cagliari  riguardo  alla  distruzione  di  materiale
 cartaceo, realizzata appiccandovi fuoco, verificatasi  nella  pretura
 di  Decimomannu  in piu' circostanze a fare data dal 5 novembre 1989,
 fatti per i quali si procedeva all'epoca contro ignoti.
    Il Casti nel frattempo venne tratto a giudizio innanzi al  pretore
 di Cagliari per rispondere dei reati di danneggiamento aggravato e di
 tentato furto aggravato ed in quella sede patteggio' la pena ai sensi
 dell'art. 444 del c.p.p. (sentenza 2 luglio 1991).
    Tratto   a   giudizio  innanzi  al  tribunale  per  rispondere  di
 soppressione di atti pubblici commessa nella pretura  di  Decimomannu
 con  piu'  azioni  esecutive  di un medesimo disegno criminoso tra la
 notte del 5 novembre 1989 ed il 21 maggio 1990 (artt. 81 c.p.v.,  490
 e  476  del  c.p.) il Casti, giudicato in contumacia, con sentenza in
 data 20 novembre 1991 venne assolto  dagli  addebiti  per  non  avere
 commesso il fatto.
    Rilevo'  il  tribunale  come  mancasse  del  tutto  la prova della
 commissione dei fatti ad opera dell'imputato e come non potesse,  per
 l'esplicita  opposizione  della difesa, procedersi alla acquisizione,
 richiesta dal p.m., del verbale  di  interrogazione  reso  dal  Casti
 innanzi   al   procuratore   della   Repubblica   presso  la  pretura
 circondariale di Cagliari il 21 maggio 1990 nel connesso procedimento
 per tentato danneggiamento aggravato e tentato furto  aggravato,  nel
 quale,   secondo   quanto  oggi  esposto  dal  procuratore  generale,
 sarebbero  contenute  esplicite  ammissioni  del   Casti   circa   la
 commissione dei fatti illeciti di cui al presente procedimento.
    Il procuratore della Repubblica presso il tribunale di Cagliari ha
 proposto  appello  avverso  la  sentenza  ed  avverso l'ordinanza che
 rigettava  la  richiesta  di  acquisizione   del   predetto   verbale
 sostenendo  che  anche  in  presenza  di opposizione della difesa era
 consentita, ai sensi dell'art. 513.1 del  c.p.p.,  l'acquisizione  di
 quel verbale.
    Il procuratore generale nel corso del presente giudizio di appello
 ha  nuovamente  sollecitato  l'acquisizione  di detto verbale, previa
 rinnovazione del dibattimento. Il difensore si e' opposto.
                          TUTTO CIO' PREMESSO
    Ritiene la Corte che anche dopo le modifiche al c.p.p. intervenute
 col d.-l. 6 giugno 1992, n. 305,  non  sia  consentita  nel  giudizio
 l'acquisizione  dei  verbali degli interrogatori resi innanzi al p.m.
 dall'imputato in un procedimento connesso e che, in riferimento  alla
 mancata   previsione   di  una  tale  possibilita',  debba  d'ufficio
 sollevarsi, per  la  sua  rilevanza  e  non  manifesta  infondatezza,
 questione  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 238 e 513 del
 c.p.p. nella parte in cui non consentono l'acquisizione  prima  e  la
 lettura  poi  di  detti  verbali  per  violazione  dell'art.  3 della
 Costituzione.
    Invero l'art. 238 del c.p.p. nella formulazione derivata dal d.-l.
 6 giugno 1992, n. 305, consente l'acquisizione di verbali di prove di
 altro  procedimento  penale  solo  se  si  tratta  di  prove  assunte
 nell'incidente  probatorio o nel giudizio ovvero di verbali di cui e'
 stata data lettura nello stesso.
    Inoltre il quarto comma dello stesso  articolo,  nella  sua  nuova
 formulazione,  non  consente  piu',  come  invece  in  precedenza, la
 utilizzabilita' di prove assunte in altro procedimento penale  e  di-
 verse da quelle di cui al primo comma, ai fini delle contestazioni ai
 sensi degli artt. 500.3 e 503 del c.p.p.
    D'altro  canto  l'art.  513  del  c.p.p. mentre consente, al primo
 comma, la lettura delle dichiarazioni  rese  dall'imputato  contumace
 nel  corso  dello  stesso procedimento, nonche', al secondo comma, la
 lettura  delle  dichiarazioni  rese  da  persona   imputata   in   un
 procedimento  connesso  nei  confronti  della  quale si sia proceduto
 separatamente, qualora detta persona si avvalga  nel  giudizio  della
 facolta'  di  non  rispondere,  non prevede invece la possibilita' di
 dare lettura anche delle dichiarazioni rese dallo stesso imputato  in
 un  procedimento  connesso.  Di  talche'  tale lettura deve ritenersi
 vietata ai sensi dell'art. 514 del c.p.p.
    Ritiene la Corte che possa ravvisarsi una irragionevole disparita'
 di trattamento all'interno dello stesso  art.  513  del  c.p.p.  -  e
 dunque  una violazione dell'art. 3 della Costituzione - tra l'ipotesi
 di dichiarazioni rese da altra persona in procedimeno connesso  (art.
 210  del  c.p.p.)  e  delle  quali e' consentito dare lettura qualora
 detta persona si avvalga della facolta' di non rispondere e l'ipotesi
 di dichiarazioni rese dallo stesso imputato in procedimento  connesso
 delle  quali  non  e'  prevista la possibilita' di dare lettura (fuor
 dalle ipotesi di cui all'art. 238.1 del c.p.p.),  lettura  che,  come
 detto,  conseguentemente  deve ritenersi vietata ai sensi degli artt.
 238.1 del c.p.p. e 514 del c.p.p.
    Irragionevolezza  della  disparita'  di  trattamento  che la Corte
 costituzionale con la sentenza n. 254/1992 ha rilevato in relazione a
 dichiarazioni  rese   da   persone   imputate   di   reati   connessi
 sottolineando  come  "in  tutti  i  casi  in  cui si e' in pesenza di
 procedimenti che - per le relazioni esistenti tra i reati  contestati
 -  la  legge  qualifica connessi o collegati, e quindi potenzialmente
 soggetti a trattazione cumulativa, la circostanza che al  simultaneus
 processus   non   si   addivenga   per   qualsiasi   causa  non  puo'
 ragionevolmente mutare il  regime  di  leggibilita'  in  dibattimento
 delle  dichiarazioni rese dagli imputati di detti procedimenti" e che
 questa  Corte  ritiene  possa  valere  anche  con  riferimento   alle
 dichiarazioni  rese  dallo  stesso imputato nel procedimento connesso
 che, per ipotesi, abbia avuto una trattazione separata.
    Nel caso specifico, in cio' volendosi  sottolineare  la  rilevanza
 della  qustione,  il Casti rese dichiarazioni confessorie quanto alla
 imputazione elevatagli nel presente giudizio in un  procedimento  che
 ebbe   una   trattazione  separata  pur  ricorrendo  una  ipotesi  di
 connessione ai sensi dell'art. 12, lett. b), del c.p.p.
    La mancata acquisizione del verbale di  interrogatorio  contenente
 tali  dichiarazioni incise sulla decisione assolutoria del giudice di
 primo grado  e  l'impugnazione  e'  relativa  all'acquisibilita'  del
 verbale di interrogatorio in questione.
    Da   cio'   risulta  evidente  la  rilevanza  della  questione  di
 legittimita'  costituzionale   delle   norme   che   non   consentono
 l'acquisibilita'  e la lettura delle dichiarazioni rese dal Casti nel
 procedimento connesso, dichiarazioni che avrebbero un rilevante  peso
 ai  fini  del giudizio (vertendo l'appello del p.m. su tale specifico
 punto)  che  non  puo'  essere   definito   indipendentemente   dalla
 risoluzione della questione di legittimita' costituzionale.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 57;
    Solleva  d'ufficio,  ritenendola  rilevante  e  non manifestamente
 infondata, la questione di legittimita'  costituzionale  degli  artt.
 238.1  e  513.1  del  c.p.p.  -  per  violazione  dell'art.  3  della
 Costituzione - nella parte in cui non consentono  la  acquisizione  e
 quindi  la lettura delle dichiarazioni rese dall'imputato al p.m. nel
 corso di indagini preliminari svolte in relazione ad un  procedimento
 connesso. Per l'effetto, sospende il giudizio in corso;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale;
    Ordina che a cura della cancelleria  l'ordinanza  di  trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale sia notificata al Presidente del
 Consiglio  dei  Ministri  e comunicata ai Presidenti delle due Camere
 del Parlamento.
      Cagliari, addi' 25 giugno 1992
                  Il presidente: (firma illeggibile)

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