N. 701 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 giugno 1992

                                N. 701
 Ordinanza  emessa  il  18  giugno  1992  dal  pretore  di  Lucca  nel
 procedimento penale a carico di Barsi Carlo Antonio
 Imposta di fabbricazione - Deposito di olii minerali - Costituzione
    e/o  esercizio senza la prescritta denuncia al competente U.T.I.F.
    - Trattamento sanzionatorio - Determinazione del  minimo  edittale
    nella  misura  dal  doppio  al  decuplo  dell'imposta  relativa ai
    prodotti trovati nel deposito - Previsione, nel caso, di una "pena
    pecuniaria proporzionale" caratterizzata dall'essere indeterminata
    nel massimo, come consentito da norma del codice penale  anch'essa
    percio'  coinvolta  nella impugnativa - Irragionevole sproporzione
    tra la pena e la entita' del reato in contrasto con  il  principio
    della  funzione rieducativa della pena - Determinazione della pena
    solo apparente in violazione del principio di stretta legalita'.
 (Legge 2 luglio 1957, n. 474, artt. 1 e 13; c.p., art. 27).
 (Cost., artt. 3 e 27, secondo comma (recte: 25, secondo comma), e
    art. 27, terzo comma).
(GU n.46 del 4-11-1992 )
                              IL PRETORE
    Letti gli atti del processo penale a carico di Barsi Carlo Antonio
 imputato del reato di cui all'art. 13 della legge 2 luglio  1957,  n.
 474,  perche', quale presidente della Cartiera Toscana s.p.a. gestiva
 un deposito di olii  minerali  di  capacita'  pari  a  mc  56,60  non
 denunciato  ai  sensi dell'art. 1 della legge anzidetta, accertato in
 Villa Basilica il 21 febbraio 1991, osserva quanto segue.
    La  norma incriminatrice in esame prevede la sanzione della "multa
 dal doppio al decuplo dell'imposta relativa ai prodotti  trovati  nel
 deposito  ..  ed  in  ogni  caso non inferiore a L. 900.000" (art. 13
 della legge n. 474/1957); nella specie e' applicabile la multa da  L.
 481.297.874 a L. 2.406.489.370.
    Trattasi,   dunque,  di  pena  pecuniaria  proporzionale,  la  cui
 legittimita' e' sancita, sia pure in qualita' di eccezione ("la legge
 determina i casi .."), dall'art. 27 del c.p.
    Detta norma,  d'altra  parte,  prevede  che  "le  pene  pecuniarie
 proporzionali non hanno limite massimo".
    Invero  l'applicabilita'  alle pene pecuniarie proporzionali di un
 limite  massimo  appare  idonea  a  determinare   una   irragionevole
 sproporzione  tra  pena ed entita' del fatto reato in esame, cosi' da
 travolgere radicalmente la finalita' di rieducazione  assegnata  alla
 pena  dall'art.  27,  terzo  comma,  della  Costituzione e per il cui
 perseguimento e essenziale che  il  reo  senta  la  congruita'  della
 sanzione inflittagli.
    Detto   principio   costituzionale   concerne   l'intero   sistema
 sanzionatorio, e non solo la fase dell'esecuzione, cosicche' criterio
 primario della determinazione  legislativa  della  pena  edittale  e'
 quello  della  proporzionalita'  della  pena  al  disvalore del fatto
 illecito, criterio che nello Stato di diritto rappresenta  il  limite
 logico  del  potere punitivo (Corte costituzionale 26 giugno-2 luglio
 1990, n. 313).
    Oltre un certo limite la  pena  pecuniaria  si  dissolve  in  mera
 obbligazione ad adempimento sostanzialmente impossibile.
    Interpretato  il  principio  costituzionale  di uguaglianza di cui
 all'art. 3  della  Costituzione  in  senso  "materiale"  e  non  piu'
 soltanto  secondo  una  concezione paritario formale, e' condotta una
 lettera coordinata di detta norma con l'art. 27, terzo  comma,  della
 Costituzione, va riconosciuta la "costituzionalizzazione" degli artt.
 132  e  133  del  c.p.  (cosi'  Corte  costituzionale  n. 50/1980) ed
 affermata la legittimita' di  una  pena  proporzionale  senza  limite
 massimo,  perche'  il  riferimento  di  detta  pena  al  solo  "danno
 obiettivo" - rectius "pericolo" -, esclude dalla  considerazione  del
 giudice  i  criteri  finalistici  ed  ogni  altro  indice relativo al
 disvalore soggettivo del fatto ed alla personalita' del suo autore.
    La questione prospettata si colloca in un ambito diverso da quello
 recentemente esaminato da Corte costituzionale ordinanza n.  285  del
 4-17 giugno 1992.
    Ne'  risulta soddisfacente, a fronte della successiva elaborazione
 dell'alta Corte, la  sentenza  5-8  luglio  1971,  n.  167,  relativa
 all'art. 27 della Costituzione.
    Sotto  un  diverso profilo l'inapplicabilita' alla pena pecuniaria
 proporzionale  di  un  limite  massimo  appare  confliggere  con   il
 principio  di  legalita'  della  pena  sancito  dall'art. 27, secondo
 comma, della Costituzione.
    La   fattispecie   incriminatrice,   rapportando    la    sanzione
 esclusivamente  all'unita'  di  misura della gravita' "oggettiva" del
 fatto, delega in pratica la valutazione della gravita' del fatto,  al
 fatto  medesimo;  limita  il giudizio al "particolare", precludendosi
 qualsiasi possibilita' di un giudizio in astratto sul fatto nella sua
 interezza.
    Il rispetto della legalita' e' solo apparente.
    La determinazione della pena da parte del legislatore e' meramente
 indiretta,  in  quanto passa attraverso un meccanismo, che e' il solo
 vero oggetto della predeterminazione legislativa.
    Tale tecnica consente, priva com'e' di qualsiasi  limite  massimo,
 di  seguire  i diversi gradi di entita' del fatto, fino all'infinito,
 suscitando con  cio'  non  poche  perplessita'  essendo  proprio  del
 principio   di  legalita'  imporre  limiti  che  ne  garantiscono  la
 sostanziale attuazione.
    L'eccezione  di  costituzionalita'  illustrata  e'  rilevante  nel
 presente  giudizio dato che, all'esito del processo, il giudicante e'
 chiamato  ad  applicare  la  norma  citata  anche   sotto   l'aspetto
 sanzionatorio.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli artt. 1 e 13 della legge 2 luglio
 1957, n. 474 e 27 del c.p., in riferimento agli artt. 3  e  27  della
 Costituzione;
    Sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Dispone  che  la  presente  ordinanza sia notificata, a cura della
 cancelleria, al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai
 Presidenti  delle  due  Camere  del  Parlamento,  nonche'  notificata
 all'imputato,   al   difensore  e  comunicata  al  procuratore  della
 Repubblica presso la pretura.
      Lucca, addi' 18 giugno 1992
                           Il pretore: TURCO

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