N. 712 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 luglio 1992

                                N. 712
      Ordinanza emessa l'8 luglio 1992 dal tribunale di L'Aquila
   nel procedimento civile vertente tra il Ministero dell'interno e
                          Giangiulio Filippo
 Previdenza e assistenza sociale - Crediti assistenziali (nella
    specie:  indennita'  di  accompagnamento  per  invalidi  civili) -
    Ritardata  liquidazione  -   Lamentata   omessa   previsione   del
    risarcimento  integrale  del  danno per diminuzione del valore del
    credito per svalutazione monetaria (rivalutazione  piu'  interessi
    legali)   -   Irrazionalita'   dell'ordinamento  -  Disparita'  di
    trattamento rispetto ai crediti per  prestazioni  previdenziali  -
    Richiamo   ai   principi  affermati  nella  sentenza  della  Corte
    costituzionale n. 156/1991.
 (C.P.C., art. 442).
 (Cost., artt. 3 e 38).
(GU n.48 del 18-11-1992 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa di  previdenza  in
 appello  vertente  tra  il  Ministero  dell'interno,  in  persona del
 Ministro   pro-tempore,   rappresentato   e    difeso    per    legge
 dall'avvocatura  distrettuale  dello  Stato  dell'Aquila, appellante,
 contro  Giangiulio Filippo rappresentata e difesa dall'avv. Walter De
 Cesare, appellato, all'udienza del giorno 8 luglio 1992.
    A seguito del ricorso depositato il 17 aprile 1991 il  pretore  di
 Chieti  pronunciava  sentenza  n.  868  con  la  quale  condannava il
 Ministero   dell'interno   al   pagamento   della    indennita'    di
 accompagnamento con gli interessi e la rivalutazione dell'Istat dalla
 data della domanda.
    Riconosceva,  infatti,  la  totale  inabilita'  e  incapacita'  di
 compiere gli atti quotidiani della  vita,  come  vuole  la  legge  n.
 18/1980 e n. 508/1988.
    La  decisione  veniva  tempestivamente appellata dal Ministero, il
 quale deduceva, in primo luogo, la non debenza  della  indennita'  di
 accompagnamento per l'insussistenza dei presupposti medico-legali, ed
 in  subordine l'erroneita' della statuizione di condanna al pagamento
 del maggior  danno  da  svalutazione  monetaria.  A  tal  fine  cosi'
 argomentava:  va al riguardo evidenziato che a partire dalla data del
 16 dicembre 1990 il tasso legale degli interessi e' stato elevato  al
 10%  (sic-legge 26 novembre 1990, n. 353) cosi' che a partire da tale
 data il credito  assistenziale  puo'  dirsi  ampiamente  tutelato  in
 riferimento alla perdita del potere di acquisto per la svalutazione.
    Per  contro  il tasso di svalutazione e' notoriamente contenuto in
 questi ultimi anni cosi' che  anche  avendo  presente  il  precedente
 tasso  legale  degli  interessi pari al 5% ne deriverebbe una perdita
 del potere di acquisto davvero limitata cosi' che in assenza  di  una
 prova "in concreto" del maggior danno subito dalla controparte per il
 ritardato  pagamento  non  sembra  possa  automaticamente  per intero
 riconoscersi il maggior danno da svalutazione.
    (Potendosi al piu' riconoscersi - ove del caso - la differenza tra
 tasso di inflazione e tasso degli interessi legali).
    Va inoltre in  diritto  osservato  che  la  sentenza  della  Corte
 costituzionale  n.  156  dell'8-12  aprile 1991 con la quale e' stata
 dichiarata la illegittimita' dell'art. 442 del c.p.c. nella parte  in
 cui  non prevede che quando il giudice pronuncia sentenza di condanna
 per crediti  previdenziali  debba  determinare  oltre  gli  interessi
 legali  il  maggior danno da svalutazione monetaria (cio' appunto con
 riguardo agli artt. 3 e 38, n. 2, della Costituzione) non sembra  sia
 estensibile alla materia della assistenza agli invalidi.
    L'esplicito   riferimento   ai   crediti  relativi  a  prestazioni
 previdenziali da considerarsi legati sotto "il profilo funzionale" ai
 crediti di lavoro e la dichiarata illegittimita'  costituzionale  con
 riferimento al solo secondo comma dell'art. 38 della Costituzione non
 sembra possa consentire una interpretazione estensiva con conseguente
 automatica  applicazione  alla  materia assistenziale (art. 38, n. 1,
 della Costituzione).
    Con la conseguenza che da un lato non sembra possa  applicarsi  la
 norma  di  cui  all'art.  429  del  c.p.c. alla materia assistenziale
 mentre dall'altro lato non avendo la norma di cui  all'art.  442  del
 c.p.c.   costituito   oggetto   di   esame   da   parte  della  Corte
 costituzionale la stessa  e'  da  ritenere  operante  in  materia  di
 assistenza.
    L'appellata  si costituiva in giudizio e deduceva, quanto al primo
 motivo di gravame, il fondamento della  propria  pretesa  sulla  base
 degli accertamenti medico-legali svolti in primo grado, e, per quanto
 riguarda il secondo motivo di appello, la applicazione dell'art. 429,
 terzo  comma,  del  c.p.c.  anche  alle controversie di previdenza ed
 assistenza obbligatoria di cui all'art. 442  del  c.p.c.  Concludeva,
 pertanto, per il rigetto dell'impugnazione.
    Le  parti  discutevano la causa all'udienza dell'8 luglio 1992. Il
 Tribunale pronunciava in pari data sentenza non definitiva di rigetto
 dell'appello principale.
    Per la decisione sull'impugnazione subordinata,  il  tribunale  e'
 chiamato  a  pronunciarsi  sull'applicabilita'  dell'art.  429, terzo
 comma, del c.p.c. alle prestazioni di assistenza obbligatorie di  cui
 all'art. 442 del c.p.c.
    La  originaria previsione normativa, riguardante i soli crediti di
 lavoro, e' stata estesa in virtu' della sentenza  n.  156/1991  della
 Corte  costituzionale ai crediti relativi a prestazioni di previdenza
 sociale,  in  quanto  la  Corte  ha   dichiarato   costituzionalmente
 illegittimo  l'art. 442 del c.p.c. nella parte in cui non prevede che
 il giudice deve determinare il maggior danno eventualmente subito dal
 creditore per la diminuzione di valore del credito  quando  pronuncia
 sentenza  di  condanna  al pagamento di somme di denaro a titolo, per
 l'appunto, di prestazioni di previdenza sociale.
    Il tribunale reputa che l'art. 442 del  c.p.c.,  quale  risulta  a
 seguito  della  sentenza  n.  156/1991  sopra indicata, non comprenda
 anche i crediti per prestazioni assistenziali, quali l'indennita'  di
 accompagnamento  ex  art.  1  della legge n. 18/1980; tanto il tenore
 letterale del  dispositivo  quanto  la  motivazione  della  pronuncia
 evidenziano  come  la Corte costituzionale abbia fatto riferimento al
 thema decidendum proposto dal giudice remittente che  riguardava,  in
 quel  caso,  i crediti previdenziali. Del resto, la esclusione di una
 diretta  applicabilita'  delle  norme  stabilite  per  i   lavoratori
 assicurati  con  una delle forme di previdenza sociale ai destinatari
 della assistenza pubblica e' stata gia' affermata dalla stessa  Corte
 costituzionale con la sentenza n. 85 del 26 luglio 1979.
    Da   cio'   discende   la   possibilita'   di  una  illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  442  del  c.p.c.,  come  modificato  dalla
 sentenza  n.  156/1991, per contrasto con gli artt. 3, primo comma, e
 38, primo comma, della Costituzione.
    La questione, sollevata d'ufficio,  e'  rilevante  ai  fini  della
 decisione  sull'appello  subordinato,  l'unico  che  residua  dopo la
 sentenza non definitiva, in pari data,  con  cui  e'  stato  respinto
 l'appello  principale  del  Ministero,  e  non  appare manifestamente
 infondata.
    La stessa linea ragionativa  seguita  dalla  Corte  costituzionale
 nella sentenza n. 85/1979, indica la omogeneita' delle situazioni dei
 destinatari  della  assistenza  pubblica  con  quella dei beneficiari
 delle prestazioni previdenziali. Si legge, infatti, in tale pronuncia
 "il disegno costituzionale  delineato  dall'art.  38  in  materia  di
 sicurezza  sociale  viene  realizzato  per  gli  invalidi  al  lavoro
 attraverso l'assistenza  diretta  e  per  i  lavoratori  mediante  il
 sistema della mutualita' e dell'assicurazione obbligatoria.
    Pur  essendo  diversi i mezzi e gli strumenti adoperati, comune e'
 la finalita' perseguita".
    Del resto, coerentemente con tale premessa,  tutta  la  successiva
 evoluzione  normativa in materia e' orientata nel senso di assicurare
 parita' di trattamento alle due categorie.
    La  mancata  previsione di un meccanismo automatico di adeguamento
 della prestazione dovuta alla  perdita  di  valore  d'acquisto  della
 moneta  per  i  soli crediti assistenziali si risolve, dunque, in una
 violazione del principio di uguaglianza,  ed  in  una  irrazionalita'
 dell'ordinamento.
    Nella sentenza n. 156/1991, la Corte ha posto in rilievo come cio'
 che avvicina i crediti previdenziali e quelli retributivi e' piu' che
 la  finalita'  alimentare  del  credito,  la  funzione di surrogare o
 integrare un reddito di lavoro cessato o ridotto a causa di uno degli
 eventi considerati dall'art. 38, secondo comma,  della  Costituzione.
 Orbene, la medesima finalita' di sostituzione di un reddito di lavoro
 ontologicamente non percepibile, assiste le prestazioni e le garanzie
 che  lo  Stato  deve  assicurare  agli  inabili  al  lavoro, ai sensi
 dell'art. 38 della Costituzione.
    Che', anzi il dettato costituzionale parla di  "mantenimento"  con
 riferimento  alle  ipotesi  di  cui  al  primo comma del cit. art. 38
 orbene, la nozione di "mantenimento" e' stata sempre interpretata nel
 diritto vivente come piu' ampia, e giammai piu' restrittiva, rispetto
 a quella, ad esempio, di obbligazione alimentare, e dunque certamente
 comprensiva di quel  trattamento  idoneo  a  soddisfare  le  esigenze
 fondamentali  della  vita  garantito  ai lavoratori dipendenti come a
 quelli infortunati, ammalati o invalidi.
    Le ragioni che hanno indotto la Corte costituzionale a  dichiarare
 l'illegittimita'  dell'art.  442  del  c.p.c.  nella parte in cui non
 prevede il ristabilimento automatico del  potere  di  acquisto  delle
 prestazioni previdenziali, a causa del fenomeno inflattivo, ricorrono
 dunque anche nei riguardi dei crediti di natura assistenziale.
    Ne', d'altro canto, assume rilevanza la norma introdotta dall'art.
 16,  sesto  comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, che riguarda
 la  disciplina  in  materia  di   rivalutazione   delle   prestazioni
 previdenziali.
    I  dubbi  di  legittimita'  costituzionale  che possono sorgere in
 relazione ad una disposizione normativa che nella  sostanza  vanifica
 il  giudizio  di  illegittimita'  precedente espresso dalla Corte, di
 fatto  reintroducendo  il  medesimo   meccanismo   di   rivalutazione
 giudicato  incostituzionale,  non possono essere sottoposti in questa
 sede al vaglio del giudice di legittimita' delle  leggi,  poiche'  la
 norma non e' applicabile al giudizio de quo.
    L'art.  16,  sesto  comma,  della  legge  n. 412/1991, infatti, si
 riferisce agli "enti gestori di forme di previdenza obbligatoria",  e
 dunque  ad  una  categoria  di  soggetti e di obbligazioni diversa da
 quella oggetto del giudizio de quo.
    Una volta  esclusa  la  diretta  applicabilita'  della  norma,  il
 collegio  ritiene  che  la  disposizione  normativa  non  sia tale da
 vanificare il giudizio gia' espresso dalla Corte costituzionale,  che
 si muove nell'ambito gerarchicamente superiore di tutela del corretto
 bilanciamento  degli  interessi costituzionalmente protetti. Poiche',
 secondo lo stesso  ragionamento  sviluppato  dalla  Corte,  la  norma
 dell'art.  429 del c.p.c. e' un modo di attuazione dell'art. 36 della
 Costituzione,   funzionalmente   collegato    all'art.    38    della
 Costituzione,  e'  evidente  la  irrazionalita'  del  sistema che non
 estende, per il tramite dell'art. 442 del c.p.c.,  anche  ai  crediti
 assistenziali  la  regola  della  rivalutazione automatica oltre alla
 corresponsione degli interessi. Il tertium comparationis, rispetto al
 quale  va  denunciata  la  violazione dell'art. 3 della Costituzione,
 rimane cosi' rappresentato dalla disciplina relativa  ai  crediti  di
 retribuzione,  rispetto ai quali permane l'assimilabilita' funzionale
 gia' espressa dalla Corte con la sentenza n. 156/1991, anche per  via
 del   precedente  giudizio  di  identita'  dei  fini  (rispetto  alle
 prestazioni previdenziali) espresso nella sentenza n. 85/1979.
    Il  giudizio  sull'impugnazione  subordinata,  il   solo   rimasto
 all'esame  del  tribunale,  deve quindi essere sospeso e la questione
 rimessa alla Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
    Vista la legge costituzionale n. 1/1948 e la legge n. 87/1953;
    Solleva d'ufficio la questione di costituzionalita' dell'art.  442
 del  c.p.c.,  con  riferimento agli artt. 3, primo comma, e 38, primo
 comma, della Costituzione, questione di cui ritiene la rilevanza e la
 non manifesta infondatezza, nella parte  in  cui  la  predetta  norma
 dell'art. 442 del c.p.c. non prevede che il giudice, quando pronuncia
 sentenza  di  condanna  al  pagamento  di somme di denaro per crediti
 relativi a prestazioni di assistenza obbligatoria  deve  determinare,
 oltre  agli  interessi  legali,  il  danno  eventualmente  subito dal
 titolare per la diminuzione di valore  del  suo  credito,  applicando
 l'indice  dei  prezzi calcolati dall'Istat ai fini della scala mobile
 per il settore dell'industria e condannando al pagamento della  somma
 relativa  con  decorrenza  dal  giorno  in  cui si sono verificate le
 condizioni legali di responsabilita' per il ritardo  dell'adempimento
 della    pubblica   amministrazione   tenuta   all'erogazione   della
 prestazione assistenziale;
    Sospende il processo;
    Ordina la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte  costituzionale,
 dispone  che  la  presente  ordinanza  sia, a cura della cancelleria,
 notificata alle parti in  causa,  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri  e  che  la  stessa  sia comunicata al Presidente del Senato
 della Repubblica ed al Presidente della Camera dei deputati.
      L'Aquila, addi' 8 luglio 1992
                        Il presidente: VILLANI

 92C1207