N. 67 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 5 novembre 1992

                                 N. 67
 Ricorso per questione di legittimita'  costituzionale  depositato  in
 cancelleria  il  5  novembre  1992  (dal Presidente del Consiglio dei
 Ministri)
 Istituzione di una societa' di diritto privato a prevalente
    partecipazione  provinciale  per   l'espletamento   di   "compiti"
    corrispondenti  agli  scopi istituzionali della provincia autonoma
    di Bolzano - Asserita indebita invasione della sfera di competenza
    statale,  considerata  l'inclusione  tra  i  "compiti"  di   detta
    societa'   di  numerose  attivita'  (consulenze,  perizie,  prove,
    analisi) svolte normalmente da  professionisti  o  da  istituzioni
    universitarie  e  la  creazione di una situazione di monopolio nel
    settore  terziario  -  Legiferazione  non  consentita  in  materia
    privatistica  attesa  la  diversa  disciplina  rispetto  al codice
    civile   stabilita    dalla    legge    impugnata    relativamente
    all'approvazione dello statuto di detta societa' - Incidenza sulla
    liberta' di iniziativa economica.
 (Delibera   legislativa  riapprovata  dal  consiglio  provinciale  di
 Bolzano l'8 ottobre 1992).
 (Cost., artt. 4, 5, 41, 43 e 120, terzo comma; statuto  Trentino-Alto
 Adige, artt. 8, 9 e 16).
(GU n.48 del 18-11-1992 )
    Ricorso   per   il   Presidente   del   Consiglio   dei  Ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura  generale  dello  Stato  nei  confronti
 della  provincia autonoma di Bolzano, in persona del presidente della
 giunta  provinciale  in  carica,  avverso  la  delibera   legislativa
 riapprovata dal consiglio provinciale l'8 ottobre 1992, comunicata al
 commissario del governo il 14 ottobre 1992, e recante "istituzione di
 una societa' per i controlli tecnici".
    Con  telegramma  2  luglio 1992 il governo ha rinviato la delibera
 legislativa 3 giugno  1992  poi  riapprovata,  con  talune  modifiche
 (cosi',   la   aggiunta  all'art.  1,  primo  comma,  lettera  a,  la
 soppressione dell'art. 1, quinto  comma,  la  modifica  dell'art.  2,
 quarto comma e la aggiunta di un art. 5).
    La  delibera  legislativa anzidetta prevede la "istituzione di una
 societa'" di diritto privato a prevalente partecipazione  provinciale
 per  l'espletamento  di  una  amplissima  gamma  di "compiti" (parola
 questa non  coerente  con  quella  di  "oggetto  sociale"),  elencati
 nell'art.  1,  primo  comma.  Il successivo secondo comma, sottolinea
 come "l'attivita' posta in essere dalla predetta societa' di  diritto
 privato  deve  essere  corrispondente  agli scopi istituzionali della
 provincia  autonoma,   configurandosi   come   strumento   funzionale
 all'esercizio  di  compiti  riconducibili  alla sfera di attribuzione
 della stessa". La delibera legislativa quindi postula che i "compiti"
 in questione sarebbero propri della provincia, e  dalla  stessa  solo
 espletati in forma privatistica.
    Senonche',  il  lungo elenco di "compiti", oltretutto indicati con
 espressioni  molto  late  e  generiche,  include  numerose  attivita'
 (consulenze,  perizie,  prove, analisi, etc.) riservate o normalmente
 svolte da esercenti professioni o da  istituzioni  universitarie.  Il
 predetto  elenco  inoltre  include  attivita'  (misure,  prove, ecc.)
 svolte prevalentemente da imprese commerciali qualificate  sul  piano
 tecnico in regime di concorrenza anche infracomunitaria (cfr., tra le
 molte,  la direttiva 89/106/C.E.E., in G.U.C.E. 1989 legge n. 40/12).
 La  delibera  legislativa  in  esame  immagina  di  attribuire   alla
 ipotizzata  societa'  factotum  un  soffocante  monopolio non solo di
 fatto (cfr. art. 2, secondo comma, e art. 3 della  delibera  stessa);
 il  tutto sotto il controllo non tecnico della provincia. In pratica,
 decine  di  professionisti  e  di  imprese  prestatrici  di   servizi
 sarebbero   condannate   a   perdere  il  loro  lavoro,  che  sarebbe
 "riservato" - in ispregio dei trattati e delle normative comunitari e
 di piu' precetti e principi della Costituzione  -  alla  totalizzante
 societa' a prevalente partecipazione provinciale.
    Francamente  sorprende alquanto una delibera legislativa siffatta,
 suscettibile di turbare il tessuto economico in  una  parte  cospicua
 del  settore  "terziario"  e  quindi  di altri riflessi (specie nella
 citta di Bolzano), e  che  istituisce  -  cosa  non  consentita  alle
 regioni ed alle province autonome - una situazione di monopolio.
    A  questa  delibera  la Presidenza del Consiglio ha mosso - con il
 telegramma di rinvio  -  due  rilievi  (un  terzo  rilievo  e'  stato
 recepito e quindi non interessa in questa sede). Con il primo rilievo
 si  e'  osservato che l'ordinamento delle professioni e la disciplina
 delle attivita' professionali non rientrano nel novero delle  materie
 di competenza provinciale, e che comunque i cosidetti "compiti" della
 immaginata  societa'  per azioni includerebbero servizi e prestazioni
 professionali  "riservate  da  legislazione  statale  at  professioni
 protette",  persino  mediante  l'ulteriore univoco e generale divieto
 posto dall'art. 2 della legge 23 novembre 1939 n. 1815.
    Il   rilievo   e'   palesemente   fondato,   come   implicitamente
 riconosciuto  dallo stesso Consiglio provinciale quando ha cercato di
 precostituirsi  una  giustificazione  accennando  (nel  titolo  della
 delibera) alla "protezione dell'uomo e dell'ambiente" e (nell'art. 3,
 quinto  comma)  alla  "incolumita'  delle persone e dell'ambiente", e
 cioe' alla materia igiene e sanita'.
    Non si ignora la modifica apportata dall'art. 1, secondo comma del
 d.P.R. 16 marzo 1992, n. 267 (in Gazzetta Ufficiale, suppl. al n.  94
 del 22 aprile 1992) all'art. 3 n. 10 del d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474.
 Tuttavia,  da un lato, la delibera legislativa in esame non prevede i
 due  limiti,  uno  oggettivo  ed  uno  territoriale,   ivi   indicati
 ("istallati nella regione", intesa come somme delle due province); e,
 d'altro  lato,  la  delibera stessa eccede, e di molto - anche quanto
 allo  strumento  monopolistico  e  parapolitico  ipotizzato  -,   una
 attribuzione  circoscritta  alla  mera  "omologazione di macchine, di
 impianti e di mezzi personali istallati ..".
    In realta', nessuna delle materie elencate consente alla provincia
 di "riservare" o comunque di affidare - e per di piu' ad una societa'
 per azioni (e persino  a  prevalente  partecipazione  provinciale)  -
 attivita'  che  molteplici  norme  statali qualificano e disciplinano
 come attivita' professionali. Analogo discorso potrebbe  farsi,  piu'
 in  generale,  rispetto  alla  iniziativa economica privata (art. 41,
 primo comma, della Costituzione). Sicche',  in  sostanza,  attraverso
 una  pseudo-privatizzazione di "compiti", la provincia ricerca un non
 consentito  allargamento  delle  competenze  statutarie,  a   scapito
 persino delle attivita' "private".
    Il  secondo  rilievo  si  ricollega al par. 5 della sentenza Corte
 costituzionale n. 35/1992, ove  e'  stato  ribadito  il  "limite  del
 diritto  privato"  vincolante  nei  riguardi  di  tutti i legislatori
 regionali e provinciali. Tale rilievo e' stato comunicato con formula
 ampia, e si riferisce sia alle  norme  che  individuano  i  cosidetti
 "compiti"  della  ipotizzata  societa' per azioni (primo profilo) sia
 alla  "struttura  organizzativa"  della  societa'   stessa   (secondo
 profilo).
    In  ordine al primo profilo si richiama quanto scritto nella prima
 parte di questo ricorso, e si aggiunge:
       a) che la lunga serie delle parole utilizzate  nell'elencazione
 di   cui   all'art.   1,  primo  comma,  della  delibera  legislativa
 (consulenze, prove, misure, verifiche,  controlli  tecnici,  analisi,
 perizie, studi, progettazioni) copre un insieme di attivita' talmente
 vasto  da  risultare indeterminato e comunque largamente eccedente le
 "attribuzioni" amministrative della provincia;
       b)  che  taluni  dei  "compiti"  in  questione   (ad   esempio,
 l'abilitazione  di  laboratori di prova dei materiali da costruzione)
 sono dalla legislazione statale affidati a qualificati organi tecnici
 pubblici (ad esempio, il Consiglio superiore dei lavori  pubblici)  a
 salvaguardia  di  parametri  e  di  norme  tecniche, che devono avere
 uniforme  elaborazione   ed   applicazione   sull'intero   territorio
 nazionale  (o  addirittura  in  ambito  comunitario); non pare quindi
 consentito   passare   con   legge   provinciale   ad   una   pseudo-
 privatizzazione di tali funzioni;
       c)  che  la  competenza provinciale in materia di addestramento
 formazione professionale non consente di preconfigurare una categoria
 di    "addetti"    alle    "imprese    abilitate    all'istallazione,
 trasformazione,  ampliamento  degli  impianti  nell'ambito  civile ed
 industriale";
       d) che l'attribuzione agli "esiti" delle prove,  misure,  ecc.,
 effettuate  dalla societa' privata di un "valore legale" (cfr. art. 3
 della delibera legislativa), ancorche' nell'ambito "locale",  non  e'
 compatibile  con  i  principi  generali  stabiliti dalla legislazione
 statale.
    In  ordine  al  secondo  profilo  si  osserva  che   la   delibera
 legislativa  in  esame  intenderebbe porre, per una societa' del tipo
 della societa' per azioni,  una  sorta  di  "ordinamento  provinciale
 speciale",  in  contrasto  con  gli  insegnamenti  di  codesta Corte.
 Anzitutto,  l'art.  2,  terzo  comma,  della  delibera   legislativa,
 ribadendo  un  concetto  espresso  anche  dall'art. 1, secondo comma,
 recita "La giunta provinciale determina le finalita' e gli  indirizzi
 della  societa'";  in tal modo, si ipotizza che la societa' operi non
 gia' nell'ambito del proprio "oggetto sociale" ma al  servizio  della
 Giunta  provinciale  e per scopi diversi da quello previsto dall'art.
 2247 del Codice civile.
    In secondo luogo, l'art. 4, primo comma, attribuisce  alla  giunta
 provinciale  il potere amministrativo di "approvare" lo statuto della
 societa'  per  azione,  statuto  che,  in  quanto  "parte  integrante
 dell'atto costitutivo" (art. 2328, secondo comma, del Codice civile),
 deve  essere  formato  mediante  contratto  e redatto mediante rogito
 notarile.
    A questa seconda osservazione se ne collega una terza: l'art. 2458
 del Codice civile recita "l'atto costitutivo puo' ad  essi  conferire
 la  facolta'  di  nominare  uno  o piu' amministratori o sindaci". La
 fonte di tale facolta' deve dunque essere il contratto di societa', e
 non una legge provinciale.
    In sintesi, la societa' per azione ipotizzata si discosta - e  non
 solo  per  quanto  teste' osservato - dal tipo disciplinato da codice
 civile.
   Le considerazioni  svolte  indicano  che  la  delibera  legislativa
 contrasta  con gli artt. 8, 9 e 16 dello statuto per il Trentino-Alto
 Adige, nonche' con gli artt. 4, 5, 41, 43 e 120 (terzo  comma)  della
 Costituzione.
    Per  quanto  precede,  si  chiede  di dichiarare la illegittimita'
 costituzionale della delibera regionale impugnata.
    Si produrranno il testo della delibera legislativa, il  telegramma
 di rinvio e la delibera del Consiglio dei Ministri.
      Roma, addi' 27 ottobre 1992
                  Franco FAVARA, avvocato dello Stato

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