N. 418 SENTENZA 22 ottobre - 9 novembre 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Amministrazione  pubblica  -  Regione  Lombardia  -  Istituzione  del
 Servizio nazionale della protezione civile - Attribuzioni - Invasione
 di competenze regionali con riappropriazione da parte dello Stato  di
 materie  riservate alle regioni - Rilevanza nazionale delle attivita'
 di tutela - Indispensabilita' di un'azione organizzata e coordinata -
 Non fondatezza.
 
 (Legge 24 febbraio 1992, n. 225, artt. 1, secondo e terzo comma,
 2, 4, primo comma, 5, quarto comma, e 14).
 
 (Cost., art. 117).
(GU n.48 del 18-11-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco Paolo
    CASAVOLA, prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.  Enzo
    CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 1, secondo  e
 terzo  comma,  2, 4, primo comma, 5, quarto comma e 14 della legge 24
 febbraio 1992, n.  225  (Istituzione  del  servizio  nazionale  della
 protezione  civile),  promosso  con  ricorso della Regione Lombardia,
 notificato il  15  aprile  1992,  depositato  in  cancelleria  il  23
 successivo ed iscritto al n. 47 del registro ricorsi 1992;
    Visto  l'atto  di  costituzione  del  Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 ottobre 1992 il Giudice relatore
 Gabriele Pescatore;
    Uditi l'avv. Maurizio  Steccanella  per  la  Regione  Lombardia  e
 l'avvocato  dello  Stato  Ivo  M.  Braguglia  per  il  Presidente del
 Consiglio dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso in data 15 aprile 1992, la Regione  Lombardia  ha
 impugnato  l'art. 1, commi secondo e terzo, l'art. 2, l'art. 4, comma
 primo, l'art. 5, comma quarto e l'art. 14  della  legge  24  febbraio
 1992,  n.  225  (Istituzione  del servizio nazionale della protezione
 civile).
    Osserva  la  regione  che  le  norme  impugnate  attribuiscono  al
 Presidente  del Consiglio dei ministri o, per sua delega, al ministro
 per il coordinamento della protezione  civile,  la  promozione  e  il
 coordinamento di tutte le attivita' di protezione civile.
    Esse  inoltre:  dispongono  che  il  Presidente  del Consiglio dei
 ministri,  ovvero  -  in  caso  di  delega  -  il  ministro  per   il
 coordinamento  della  protezione  civile, si avvalgano unicamente del
 Dipartimento  della  protezione  civile;  classificano   gli   eventi
 calamitosi  solo  con  riguardo  alla  causa  degli stessi, omettendo
 qualsiasi distinzione di ambiti territoriali; consentono la nomina di
 commissari  delegati,  pur  in  presenza  di  eventi  calamitosi   di
 interesse  territorialmente  limitato; attribuiscono al prefetto ogni
 potere dispositivo, non solo a livello di pianificazione  preventiva,
 ma  anche a livello di direzione dei servizi e, quindi, di attuazione
 degli  interventi,  senza  alcuna  considerazione  della   dimensione
 territoriale dell'evento calamitoso.
    Tali  previsioni appaiono alla regione ricorrente contrastanti con
 l'art. 117  della  Costituzione,  in  quanto  invasive  di  sfere  di
 competenza  riservate alle regioni, oltre che contrastanti, in chiave
 di invasivita', con principi fondamentali dell'ordinamento  in  punto
 di riparto di funzioni tra Stato e regioni.
    La  Costituzione  attribuisce  invero  alle  regioni la competenza
 legislativa   (e    conseguentemente    l'esercizio    di    funzioni
 amministrative)  nella  materia  della "urbanistica", oltre che nella
 materia della "viabilita', acquedotti e lavori pubblici di  interesse
 regionale".
    Nella   nozione   aggiornata   di  "urbanistica"  -  argomenta  la
 ricorrente - deve ritenersi rientrare la "tutela del  territorio"  e,
 conseguentemente,  la  "difesa  del  suolo", intesa anche come difesa
 dello "habitat naturale".
    A tale competenza deve aggiungersi quella dei "lavori pubblici  di
 interesse  regionale",  anch'essa  contemplata  dall'art.  117  della
 Costituzione,
    Con la legge  impugnata,  entrambe  le  materie  verrebbero  fatte
 oggetto  di  riappropriazione  esclusiva  da parte di organi e uffici
 dello Stato.
    Da ultimo la ricorrente ricorda che la  regione  Lombardia  si  e'
 dotata della legge organica in materia di organizzazione di servizi e
 di  interventi  di  protezione  civile  12  maggio  1990,  n. 54, nei
 confronti della quale nessun rilievo e' stato mosso dal  Governo.  In
 detta  legge poteri, strutture, modalita' di esercizio delle funzioni
 e di attuazione degli interventi sono stati minutamente regolati.  E'
 incomprensibile  come  si  possa,  con l'attuale legge statale, porre
 tutto cio' nel nulla, dopo che la legge regionale e'  stata  ritenuta
 conforme ai principi dell'ordinamento appena due anni orsono.
    2.  - Si e' costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, chiedendo il rigetto del ricorso.
    In  materia di protezione civile - osserva l'Avvocatura - la legge
 n. 225 del  1992  ha  attribuito  al  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri,  ovvero,  su sua delega ai sensi dell'art. 9 della legge n.
 400 del 1988, al ministro per il coordinamento dell'azione civile, le
 funzioni di coordinamento.
    La nozione di coordinamento comporta un'azione coerente volta alla
 realizzazione di  obiettivi  specifici,  sulla  base  delle  esigenze
 generali.  Cosi'  inteso,  il  coordimento  presuppone  ovviamente la
 direzione e comporta necessariamente  il  controllo  e  la  vigilanza
 sulle conseguenti azioni.
    E'  per  tale  motivo che la legge n. 225 (art. 1, comma terzo) ha
 previsto come necessaria una sia pur minima struttura di supporto per
 l'attivita'   di   coordinamento,   struttura   individuata   in   un
 "dipartimento", secondo un criterio gia' posto dalla legge n. 400 del
 1988.
    Cio'   non   significa  che  solo  al  "dipartimento"  competa  lo
 svolgimento delle attivita' previste dalla legge n. 225. La contraria
 opinione che la regione ricorrente manifesta non ha fondamento, posto
 che  l'attivita'  di  protezione  civile  -  attivita'  di  carattere
 trasversale - e' svolta ai vari livelli dalle diverse amministrazioni
 e  dai  diversi  enti individuati dalla legge n. 225 come "componenti
 del servizio nazionale della protezione civile" (art. 6), ovvero come
 "strutture operative nazionali del servizio" (art. 11).
    Compito  del  Dipartimento e' dunque soltanto quello di coadiuvare
 il titolare della funzione di coordinamento, individuando all'interno
 delle varie competenze gli aspetti attinenti alla  protezione  civile
 per  indirizzarli  ed  opportunamente  coordinarli verso un obiettivo
 comune.
    Ne risulta, in linea generale,  che  la  legge  impugnata  non  ha
 operato  alcuna  invasione  di  competenze.  Queste, infatti, restano
 affidate alle singole componenti del Servizio di protezione civile.
                        Considerato in diritto
    1. - La Regione Lombardia ricorre alla  Corte  avverso  l'art.  1,
 commi  secondo  e  terzo,  l'art. 2, l'art. 4, comma primo, l'art. 5,
 comma quarto e l'art.  14  della  legge  24  febbraio  1992,  n.  225
 (Istituzione del servizio nazionale della protezione civile).
    Le  norme sarebbero in contrasto con l'art. 117 della Costituzione
 e con i principi fondamentali dell'ordinamento giuridico,  in  quanto
 comporterebbero  la  riappropriazione da parte dello Stato di materie
 riservate alle regioni.
    Le questioni sono  infondate  e  il  ricorso  va  conseguentemente
 respinto.
    2.  -  La  legge  impugnata  trae  origine  da  alcune proposte di
 iniziativa parlamentare,  presentate  gia'  all'inizio  della  decima
 legislatura.
    Per  l'esame  di tali proposte le Camere hanno svolto un intenso e
 prolungato lavoro, ulteriormente protrattosi a seguito del rinvio per
 il riesame della legge gia' approvata, disposto dal Presidente  della
 Repubblica con messaggio motivato del 15 agosto 1990.
    La   nuova   disciplina  e'  stata  sollecitata  da  due  esigenze
 fondamentali,  diffusamente  avvertite   a   seguito   degli   eventi
 calamitosi  verificatisi  nel  nostro  paese negli ultimi decenni: la
 prima   attiene   alla   necessita'   di   evitare   il    disordine,
 l'accavallamento  e  la dispersione degli interventi che spesso hanno
 ridotto l'efficacia dell'opera di soccorso, pur quando si sia  svolta
 in  modo pronto e generoso. L'esperienza ha insegnato - come rilevava
 gia' nel 1965 la commissione parlamentare  d'inchiesta  sul  disastro
 del Vajont - che nelle improvvise e gravi emergenze e' indispensabile
 una  direzione unitaria, che possa agire immediatamente, in un quadro
 di chiarezza e di certezza per quanto attiene alle  competenze  e  ai
 poteri.
    La seconda esigenza fondamentale concerne l'estensione dei compiti
 della  protezione  civile  alla  previsione ed alla prevenzione degli
 eventi calamitosi.
    Si e' ritenuto infatti necessario che  l'attivita'  di  protezione
 assuma  carattere  permanente,  dovendo tempestivamente dirigersi sia
 alla individuazione dei possibili  rischi  sia  allo  studio  e  alla
 predisposizione   degli   interventi   da   attuarsi  al  verificarsi
 dell'evento calamitoso.
    3. - Il fulcro della legge n. 225 sta,  per  quanto  attiene  alla
 esigenza  di  unitarieta'  di direzione che qui viene in rilievo, nel
 secondo comma dell'art. 1, il quale  attribuisce  al  Presidente  del
 Consiglio  dei  ministri  o,  per  sua  delega,  al  ministro  per il
 coordinamento della protezione civile, il  compito  di  promuovere  e
 coordinare  le attivita' di tutte le amministrazioni pubbliche, degli
 enti pubblici e di ogni altra istituzione ed organizzazione  pubblica
 e privata presente sul territorio nazionale.
    La disposizione trova significativo riscontro nell'art. 6, dove si
 sancisce che alle attivita' di protezione civile provvedono, "secondo
 i   rispettivi   ordinamenti   e   le   rispettive   competenze",  le
 amministrazioni dello Stato, le regioni, le province, i comuni  e  le
 comunita' montane.
    Dalle norme menzionate risulta evidente che la legge n. 225 non ha
 inteso  modificare  la  ripartizione delle materie e delle competenze
 tra Stato e regioni.
    Essa ha voluto invece assicurare che  i  molteplici  organismi,  a
 vario   titolo  interessati  alle  attivita'  di  protezione  civile,
 agiscano in modo  armonico  e  razionale,  di  modo  che  le  risorse
 disponibili   vengano   impiegate  opportunamente  e  conducano  alla
 maggiore efficacia degli interventi.
    Per raggiungere lo scopo la legge non ha accentrato  competenze  e
 poteri,  ne'  ha  organizzato gli stessi secondo schemi di dipendenza
 gerarchico-funzionale.  Essa  si  e'  limitata  a   prevedere   e   a
 disciplinare  nelle  loro  specifiche  esplicazioni - come si e' gia'
 ricordato e come  piu'  in  dettaglio  si  osservera'  di  seguito  -
 funzioni  dirette  per  un  verso  alla  promozione  e per l'altro al
 coordinamento di tutte le attivita' che possono convergere  al  "fine
 di  tutelare  la  integrita'  della  vita, i beni, gli insediamenti e
 l'ambiente" (art. 1, comma primo).
    L'organizzazione di queste funzioni risulta indispensabile, ove si
 considerino  l'estrema  gravita'  che  possono  assumere  gli  eventi
 calamitosi,  l'intrinseca  difficolta' delle operazioni di soccorso e
 l'immediatezza con cui le stesse devono essere poste in atto. In piu'
 si  deve   aver   riguardo   all'estensione   e   alla   complessita'
 dell'apparato   operativo   che   va   mobilitato   e   che,   almeno
 potenzialmente, coinvolge l'intera amministrazione pubblica in  tutte
 le sue articolazioni
 centrali  e  periferiche.  Alle  attivita'  di  prevenzione  e tutela
 concorrono infatti in larga misura  competenze  aspecifiche,  il  cui
 efficace esercizio puo' anzi - almeno in parte - prevenire gli eventi
 o ridurne i danni, e che comunque sono chiamate a cooperare quando si
 verifica la calamita'.
    Tenuto  conto  della rilevanza nazionale delle attivita' di tutela
 nel   loro   complesso,   e   dell'ampio   coinvolgimento   in   esse
 dell'amministrazione  statale, i poteri di promozione e coordinamento
 non possono che essere conferiti al Governo. La loro attribuzione  al
 Presidente  del Consiglio dei ministri o, per sua delega, al ministro
 per la protezione civile risulta coerente con le previsioni dell'art.
 95 della Costituzione e con le specificazioni che esse hanno ricevuto
 nell'art. 5 della legge 23 agosto  1988,  n.  400,  sulla  disciplina
 dell'attivita'  di  Governo  e  sull'ordinamento della Presidenza del
 Consiglio dei ministri.
    4. - Ad avviso della ricorrente, la legge n. 225 del 1992  sarebbe
 invasiva  delle competenze delle regioni, anzitutto con riguardo alla
 materia della "urbanistica".
    Nella nozione aggiornata di "urbanistica" - si argomenta - deve in
 parte   ritenersi   rientrare   la   "tutela   del   territorio"   e,
 conseguentemente,  la  "difesa  del  suolo", intesa anche come difesa
 dello "habitat naturale". A tale  competenza  andrebbe  poi  aggiunta
 quella  dei  "lavori  pubblici  di  interesse regionale", contemplata
 anch'essa dall'art. 117 della Costituzione.
    Le  affermazioni  risultano  palesemente  non  fondate,  se  si ha
 riguardo alla effettiva estensione delle materie menzionate.
    Cio' e' di tutta evidenza per i  lavori  pubblici,  materia  assai
 ampia   e  di  straordinario  rilievo,  e  tuttavia  per  sua  natura
 circoscritta ad una determinata categoria di opere. Ma lo e' non meno
 per l'urbanistica, pur nella portata che si  ritiene  di  attribuirle
 con la doppia comprensione della tutela del territorio e della difesa
 del suolo.
    Quand'anche  si volesse accettare quest'ultima nozione, resterebbe
 chiaro che non vi e' coincidenza tra la  difesa  del  suolo  (oggetto
 della  legge  18  maggio 1989, n. 183, gia' esaminata da questa Corte
 con sentenza n. 85 del 1990) e la protezione civile,  consistente  in
 un  complesso  di attivita' che, relativamente al fine di tutelare da
 eventi  calamitosi  beni  fondamentali  degli   individui   e   della
 collettivita', potenzialmente coinvolgono - come si e' gia' osservato
 - l'intero arco dell'azione delle amministrazioni, degli enti e delle
 istituzioni presenti sul territorio.
    Le  valutazioni  trovano  chiaro  riscontro  nel d.P.R. n. 616 del
 1977, che soltanto nell'art.  70  ha  considerato  temi  che  possono
 ritenersi attinenti alla protezione civile, limitandosi a disporre il
 trasferimento  alle  regioni  degli interventi previsti dalle lettere
 a), b) e c) dell'art. 1 della legge 25 maggio 1970, n. 364: si tratta
 degli interventi diretti ad aiutare le aziende agricole a superare le
 difficolta'  derivanti  da  calamita'  naturali   o   da   avversita'
 atmosferiche di carattere eccezionale.
    5.  -  Se  si  ha riguardo a quanto finora osservato, risulta piu'
 agevole considerare le singole contestazioni mosse alla  legge  dalla
 regione ricorrente.
    Non  puo' dar luogo a censure, anzitutto, l'art. 1, comma secondo,
 che prevede la promozione  e  il  coordinamento  delle  attivita'  di
 protezione  e  ne  rende  titolare  il  Presidente  del Consiglio dei
 ministri, consentendogli la delega  al  Ministro  per  la  protezione
 civile.  Come  si  e' gia' osservato, la disposizione risponde ad una
 insopprimibile esigenza di unitarieta' degli interventi e comunque va
 letta in collegamento con le norme che  salvaguardano  le  competenze
 degli  altri  organismi, in particolare non statali (artt. 6, 12, 13,
 15, 16),  e  con  quelle  che  prevedono  per  gli  stessi  forme  di
 partecipazione   alla  predisposizione  dei  programmi  nazionali  di
 previsione e  prevenzione  (art.  4,  comma  secondo),  nonche'  alle
 attivita'  del  Consiglio  nazionale della protezione civile (art. 8,
 comma terzo), della Commissione nazionale  per  la  previsione  e  la
 prevenzione  dei  grandi  rischi (art. 9, comma terzo) e del Comitato
 operativo della protezione civile (art. 10, comma sesto). In realta',
 la legge risulta coerentemente ispirata al criterio di assicurare  il
 concorso  di tutte le singole componenti della protezione civile alla
 previsione e alla prevenzione dei rischi, cosi' come  alle  attivita'
 di emergenza.
    Le  considerazioni  appena  fatte  valgono  a  respingere anche il
 secondo dubbio di costituzionalita', sollevato con riguardo  all'art.
 1,  comma  terzo,  sul presupposto che secondo la norma il Presidente
 del  Consiglio  dei  ministri  o  il  suo  delegato  si  avvarrebbero
 unicamente  del "dipartimento della protezione civile". L'assunto non
 trova alcun riscontro nel comma impugnato, che si limita a  prevedere
 l'indispensabile struttura di supporto per le attivita' di promozione
 e  coordinamento,  mentre  risulta smentito dall'impianto complessivo
 della   legge   e   in  particolare  dalle  disposizioni  ultimamente
 richiamate.
   In contrasto con le linee generali del provvedimento si pone  anche
 l'impugnazione  dell'art.  2,  che,  secondo  la  regione ricorrente,
 rivelerebbe  l'intento   monopolistico   del   legislatore   statale,
 omettendo  ogni riferimento territoriale nel definire le categorie di
 eventi calamitosi. La classificazione del resto non ha attinenza  con
 la  ripartizione delle competenze, e inoltre nelle lettere a) e b) fa
 espresso  riferimento  alle  attivita'  di  amministrazioni  ed  enti
 competenti  in via ordinaria, tra i quali certamente sono comprese le
 regioni, le province e i comuni.
    Viene contestata anche la legittimita' costituzionale dell'art. 4,
 comma primo, che affida al "dipartimento della protezione civile"  la
 predisposizione  dei  programmi nazionali di previsione e prevenzione
 dei rischi, nonche' i programmi nazionali di soccorso ed i piani  per
 l'attuazione  delle  conseguenti  misure di emergenza. Al riguardo la
 regione  ricorrente  trascura  di  considerare  che  detti  piani   e
 programmi  nazionali,  indispensabili base di un'azione organizzata e
 coordinata, sono predisposti in conformita'  ai  criteri  determinati
 dal  Consiglio  nazionale  della  protezione  civile, del quale fanno
 obbligatoriamente parte i presidenti delle giunte regionali  e  delle
 province  autonome  di  Trento e di Bolzano (art. 8), e sono adottati
 previa  deliberazione  del  Consiglio  dei   ministri,   sentita   la
 "Conferenza  permanente  per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le
 province autonome di Trento e di Bolzano" (art. 4, comma secondo).
    A sua volta, l'art. 5, comma quarto,  prevedendo  che  gli  organi
 centrali  si  avvalgano di commissari delegati, secondo la ricorrente
 priverebbe delle rispettive funzioni la regione o l'ente locale,  pur
 in  presenza  di  un  evento calamitoso di interesse territorialmente
 limitato.
    Si deve al  riguardo  considerare  anzitutto  quanto  si  e'  gia'
 osservato  circa  il  carattere  fondamentale  dei beni individuali e
 collettivi  coinvolti  nelle  attivita'  di  protezione  civile,  che
 richiede la mobilitazione generale dell'apparato pubblico, incluse le
 diverse amministrazioni statali.
    Va  sottolineato  poi  che  la  nomina  dei commissari delegati e'
 consentita nelle ipotesi indicate dall'art. 2, lett. c), cioe' quando
 si verifichino eventi calamitosi che, per intensita'  ed  estensione,
 devono  essere  fronteggiati con mezzi e poteri straordinari. In tali
 casi e' lo stesso Consiglio dei ministri a  deliberare  lo  stato  di
 emergenza (art. 5, comma primo), a seguito del quale per l'attuazione
 degli  interventi di emergenza possono essere emanate ordinanze anche
 in deroga ad ogni  disposizione  vigente  (art.  5,  comma  secondo),
 mentre  il  Presidente  del  Consiglio dei ministri o il suo delegato
 possono a loro volta emanare ordinanze dirette ad evitare  situazioni
 di pericolo o maggiori danni a persone o a cose.
    Nel  ricorrere di cosi' gravi emergenze, quando l'ambiente, i beni
 e la stessa vita delle popolazioni sono in  pericolo  e  si  richiede
 un'attivita'   di   soccorso   straordinaria   ed   urgente,  risulta
 giustificato che si adottino misure eccezionali, quale puo' essere la
 nomina  di  commissari  delegati  (per  i  quali  peraltro  la  norma
 impugnata prevede che vengano determinati col provvedimento di delega
 contenuto, tempi e modalita' di esercizio dell'incarico).
    Allo stesso modo risulta giustificato che, nelle ipotesi gia' con-
 siderate  o  comunque  quando  la  natura  e l'estensione dell'evento
 comportano l'intervento coordinato di piu' enti  ed  amministrazioni,
 il  prefetto assuma la direzione unitaria dei servizi di emergenza da
 attivare a livello provinciale ed eserciti tutte  le  altre  funzioni
 demandategli  dall'art.  14.  Non risulta irrazionale infatti che, di
 fronte alla imminenza e alla gravita' del pericolo  per  l'integrita'
 di beni fondamentali per l'uomo, siano individuate autorita' in grado
 di  agire immediatamente, coordinando l'azione di tutti gli organismi
 implicati,  ne'  risulta  irrazionale  che   tali   autorita'   siano
 individuate  in quelle statali, tenuto conto del coinvolgimento nella
 emergenza di amministrazioni di ogni livello, incluso  per  l'appunto
 quello centrale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   non   fondate,   in   riferimento   all'art.  117  della
 Costituzione, le questioni di legittimita' costituzionale degli
 artt. 1, secondo e terzo comma, 2, 4, primo comma, 5, quarto comma  e
 14  della  legge  24  febbraio 1992, n. 225 (Istituzione del servizio
 nazionale della protezione civile), sollevate dalla Regione Lombardia
 col ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 ottobre 1992.
                       Il Presidente: CORASANITI
                        Il redattore: PESCATORE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 9 novembre 1992.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 92C1228