N. 735 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 ottobre 1992

                                N. 735
       Ordinanza emessa il 6 ottobre 1992 dal pretore di Ferrara
 nel procedimento civile vertente tra Distillerie Moccia e Apostolico
                                 Luigi
 Lavoro e previdenza (controversie in materia di) - Rapporto di
    collaborazione  "parasubordinata"  di  cui all'art. 409, n. 3, del
    cod. proc. civ. (nella  specie  agente  di  commercio)  -  Giudice
    territorialmente   competente   -   Individuazione   -  Criteri  -
    Riferimento esclusivo al domicilio dell'agente o rappresentante di
    commercio - Conseguente  inoperativita'  degli  altri  fori,  gia'
    previsti  dall'art. 413 del cod. proc. pen., e rappresentati dalla
    sede dell'azienda datrice di lavoro o dal luogo in cui il rapporto
    e' sorto - Ingiustificata disparita' di  trattamento  rispetto  ai
    lavoratori  subordinati per i quali vige la competenza alternativa
    dei fori concorrenti - Istituzione di un ingiustificato privilegio
    a favore di una  sola  parte  (l'agente  o  il  rappresentante  di
    commercio)  a  scapito dell'altra (datore di lavoro) - Prospettata
    violazione del  diritto  di  difesa  di  quest'ultimo,  reso  piu'
    gravoso    dalla    inoperativita'   degli   altri   criteri   per
    l'individuazione del giudice territorialmente competente.
 (Legge 11 febbraio 1992, n. 128, art. 1).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.49 del 25-11-1992 )
 IL PRETORE
    Ordinanza fuori udienza pronunciata  dal  pretore  di  Ferrara  in
 funzione  di  giudice  del  lavoro  nella controversia iscritta al n.
 648/92 r.g.lav. promossa  da:  S.r.l.  Distillerie  Moccia  (avv.  G.
 Lopez) contro Apostolico Luigi, contumace;
    A scioglimento della riserva,
                             O S S E R V A
    1.  -  Con  ricorso  depositato  in  data  2 aprile 1992 la S.r.l.
 Distillerie  Moccia  conveniva  in  giudizio  Apostolico  Luigi   per
 sentirlo  condannare  al  pagamento  della  somma di L. 1.832.347 con
 rivalutazione ed interessi dalla data di maturazione del  diritto  al
 saldo.
    Assumeva  la  societa'  ricorrente  che  l'Apostolico,  agente  di
 commercio senza deposito con quattro distinti  mandati,  due  per  la
 promozione  della  vendita dei prodotti attinenti alla linea Moccia e
 due per la promozione della vendita dei prodotti  della  linea  Villa
 Massichiara,  conferiti  il  9  febbraio 1990, per la zona di Salerno
 citta' e provincia nord e il 15 gennaio 1991 per la zona di Salerno 2
 e provincia sud, tutti risolti tra il 21 marzo 1991  e  il  22  marzo
 1991 per inadempimento dell'agente, doveva la predetta somma in parte
 per star del credere e in parte per spese di trasporto per merce resa
 da  un  cliente  cui  l'agente non aveva fatto sottoscrivere l'ordine
 relativo.
    All'udienza del 2 ottobre  1992,  accertata  la  ritualita'  della
 notifica  del  ricorso  e  del  decreto di fissazione udienza, veniva
 dichiarata la contumacia del convenuto non costituitosi in giudizio.
    Alla medesima udienza il pretore rilevava d'ufficio l'incompetenza
 per territorio dell'adita' autorita' ai sensi della legge 11 febbraio
 1992, n. 128, avendo l'agente domicilio in Battipaglia (Salerno).
    Il procuratore della societa' ricorrente sollevava,  tuttavia,  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale  della  legge 11 febbraio
 1992, n. 128, per contrasto con gli artt. 3 e 24 della Costituzione.
    Il Pretore riservava la decisione.
    2.  -  L'art.  1  della  legge  11  febbraio  1992,  n.  128 cosi'
 testualmente stabilisce: All'art. 413 del c.p.c. dopo il terzo  comma
 e'   inserito   il   seguente:  "Competente  per  territorio  per  le
 controversie previste dal numero 3) dell'art. 409 e' il giudice nella
 cui  circoscrizione  si   trova   il   domicilio   dell'agente,   del
 rappresentante  di commercio ovvero del titolare degli altri rapporti
 di collaborazione di cui al predetto numero 3) dell'art. 409".
    La  legge  in  argomento,  sovrapponendosi  alla   interpretazione
 giurisprudenziale,  oramai  consolidata,  formatasi sull'art. 413 del
 c.p.c. in relazione ai rapporti di cui all'art. 409 n. 3, del  c.p.c.
 (fra  le  tante  Cass.  7 dicembre 1989, n. 5450; 26 ottobre 1983, n.
 6331), ha  profondamente  innovato  la  disciplina  della  competenza
 territoriale  per  le  controversie  relative  ai richiamati rapporti
 rientranti nell'ampia previsione di cui all'art. 409, n. 3 del c.p.c.
    Secondo la previgente normativa  la  competenza  territoriale  per
 questo tipo di cause era fissata sulla base di due fori alternativi e
 concorrenti  fra di loro, che potevano essere indifferentemente aditi
 a scelta della parte attrice: il foro del  luogo  ove  era  sorto  il
 rapporto e il foro del luogo ove si trovava l'azienda.
    A  seguito  della  legge  n.  128/1992,  invece, la competenza per
 territorio deve essere determinata soltanto sulla base  del  criterio
 di   collegamento   del   luogo   di   domicilio   dell'agente,   del
 rappresentante  di  commercio  o  del  titolare   dei   rapporti   di
 collaborazione "parasubordinata".
    In  sostanza  la legge n. 128/1992 non solo ha introdotto un nuovo
 criterio di collegamento  non  previsto  dalla  precedente  normativa
 (quello  del  luogo  del  domicilio  dell'agente  o  del titolare del
 rapporto di parasubordinazione), ma lo ha  anche  imposto  come  foro
 esclusivo.
    Siffata   conclusione   puo'  essere  agevolmente  ricavata  dalla
 formulazione  letterale  della  disposizione  e  dalla   tecnica   di
 costruzione della norma utilizzata dal legislatore.
    Sotto  il  profilo  della  interpretazione  letterale  non possono
 sussistere dubbi sulla portata  della  legge  attesa  la  particolare
 chiarezza  della  medesima;  sotto  l'altro  aspetto merita di essere
 evidenziata l'intenzione del legislatore  di  creare  una  disciplina
 specifica   innovativa   per   la   determinazione  della  competenza
 territoriale nelle controversie rientranti nella previsione dell'art.
 409 n. 3 del c.p.c.
    Il legislatore, infatti, non ha interpolato il testo  del  secondo
 comma   dell'art.   413   del   c.p.c.   (che,  come  noto,  contiene
 l'elencazione  dei   criteri   di   collegamento   primari   per   la
 determinazione  della  competenza  per territorio nello speciale rito
 del lavoro), ma ha aggiunto un ulteriore comma, da inserire  dopo  il
 terzo  comma  dell'art. 413 del citato, nel quale ha dettato la nuova
 disciplina della  competenza  territoriale  per  i  rapporti  di  cui
 all'art. 409, n. 3).
    In  tal  modo risulta evidente che il legislatore, per questo tipo
 di rapporti, ha inteso svincolare la disciplina della competenza  per
 territorio  dalla  previsione  del  secondo  comma  dell'art. 413 del
 c.p.c. e fissare una normativa specifica.
    Poiche'  il  domicilio  consiste  nel  luogo  ove  un  soggetto ha
 stabilito la sede principale dei suoi affari o interessi (art. 43 del
 c.c.), con la normativa in esame il  legislatore  ha  voluto  che  il
 lavoratore  autonomo  parasubordinato  venisse chiamato in giudizio o
 potesse agire in giudizio nei confronti della sua controparte, sempre
 e soltanto nel luogo ove il medesimo ha stabilito il centro dei  suoi
 affari.
    3.  -  Applicando la disciplina della legge n. 128/1992 al caso in
 esame,  dovrebbe  essere  dichiarata  l'incompetenza  per  territorio
 dell'adito  pretore, dal momento che risulta pacificamente dagli atti
 che l'Apostolico, gia' agente di commercio della societa' ricorrente,
 ha domiciliato in  Battipaglia  (Salerno)  e  non  a  Ferrara,  luogo
 quest'ultimo ove ha invece sede l'azienda mandante.
    Appare,   quindi,   rilevante   la   questione   di   legittimita'
 costituzionale sollevata  dalla  difesa  della  societa'  ricorrente,
 perche',   secondo   la  norma  censurata,  deve  essere  esclusa  la
 competenza territoriale dell'adito giudice, pur se competente secondo
 la previgente normativa.
    4. - La questione di legittimita' costituzionale appare, altresi',
 non manifestamente infondata in relazione agli artt.  3  e  24  della
 Costituzione.
    Anche  procedendo dal presupposto che debba essere riconosciuta al
 legislatore  un'ampia  discrezionalita'  nella  determinazione  delle
 regole  sulla competenza, deve rilevarsi, in relazione all'articolo 3
 della Costituzione, che la legge n. 128/1992 sembra  censurabile  per
 la   violazione  del  principio  di  eguaglianza  e  per  difetto  di
 ragionevolezza.
    A tale proposito si osserva che, secondo i  principi  generali  in
 materia  desumibili dagli artt. 18 e 19 del c.p.c., la competenza per
 territorio viene ad essere di regola determinata in base al luogo  di
 residenza o domicilio del convenuto.
    Nello  speciale  rito  del  lavoro,  pero',  tale regola assume un
 valore  meramente  residuale  rispetto   alla   disciplina   prevista
 dall'art. 413 del c.p.c.
    Nello  speciale rito del lavoro, infatti, la scelta dei criteri di
 collegamento per la determinazione della competenza  territoriale  e'
 stata  orientata  in modo tale da attribuire la competenza al giudice
 che si trova il piu' vicino possibile al luogo ove trova  svolgimento
 il rapporto di lavoro, dove si sono verificati i fatti e dove e' piu'
 facile reperire i documenti e citare i testimoni.
    Nel  caso  del  rapporto  di  agenzia  e  degli  altri rapporti di
 collaborazione  parasubordinata,  la  legge  n.  128/1992  ha  inteso
 attribuire  la  competenza  proprio al giudice del luogo ove viene ad
 essere posta in essere l'attivita' di lavoro  autonomo,  identificato
 nel luogo di domicilio dell'agente o del titolare del rapporto.
    La  scelta  del legislatore, se puo' trovare giustificazione nella
 parte  in  cui  comporta  l'introduzione  del   nuovo   criterio   di
 collegamento  del  luogo  di domicilio dell'agente o del titolare del
 rapporto   di   collaborazione   parasubordinata,    sembra    essere
 irragionevole  nella  parte  in  cui  stabilisce  in via esclusiva la
 competenza del foro del  domicilio,  sopprimendo  la  concorrenza  di
 altri fori.
    La  legge n. 128/1992 attribuisce, infatti, ai lavoratori autonomi
 parasubordinati un particolare privilegio processuale che li pone  in
 una  situazione di maggior favore rispetto ai lavoratori subordinati,
 ed in particolare di quelli a domicilio, e che  del  tutto  sacrifica
 senza  una  apprezzabile  ragione  gli interessi dell'altra parte del
 rapporto di collaborazione.
    Al riguardo si osserva che l'art. 413  del  c.p.c.  non  elargisce
 alcun  privilegio  del  genere  ai  lavoratori  subordinati,  anche a
 domicilio, e ai titolari dei rapporti previsti nei numeri 2) 4) e  5)
 dell'art. 409.
    Anzi  la  giurisprudenza  ha riconosciuto il diritto del datore di
 lavoro attore di  radicare  la  controversia  di  lavoro  davanti  al
 giudice  di un foro diverso, pur se rientrante tra quelli alternativi
 previsti dall'art. 413 del  c.p.c.,  rispetto  a  quello  in  cui  in
 concreto  viene svolta la prestazione di lavoro (cassazione 23 maggio
 1991,  n.  5797;  13  giugno  1991,  n.  6659)  e  la  stessa   Corte
 costituzionale,  nella  sentenza 21 dicembre 1985, n. 362, ha ammesso
 la fondatezza costituzionale della disciplina prevista dall'art.  413
 secondo comma del c.p.c.
    La legge n. 128/1992 ha, dunque, l'effetto riflesso di penalizzare
 i   lavoratori   subordinati,   ai  cui  rapporti  di  lavoro  rimane
 applicabile  la  competenza  alternativa  di  tre   fori   tra   loro
 concorrenti  che possono essere aditi a scelta della parte attrice, e
 di  favorire  il  lavoro  autonomo   parasubordinato   senza   alcuna
 apprezzabile giustificazione.
    La  disparita' di trattamento appare evidente considerando che nel
 lavoro subordinato a  domicilio  (ipotesi  questa  assimilabile  alle
 forme  di  collaborazione  parasubordinata  di cui al n. 3) dell'art.
 409) il prestatore puo' essere citato o puo' agire  in  giudizio  nei
 tre fori alternativi e concorrenti di cui al secondo comma, dell'art.
 413 del c.p.c., che possono anche non coincidere con il luogo del suo
 domicilio,   mentre   il   lavoratore   autonomo  parasubordinato  ha
 riconosciuto il privilegio di utilizzare il foro esclusivo del  luogo
 del suo domicilio.
    La  norma  censurata  appare, altresi', irrazionale nel momento in
 cui, imponendo il foro esclusivo  del  domicilio  dell'agente  o  del
 titolare del rapporto di parasubordinazione, trascura il luogo ove ha
 sede la mandante o il destinatario della prestazione.
    A parte il rilievo di mero fatto che nella vasta gamma di rapporti
 rientranti  nell'ampia  previsione  di  cui al n. 3 dell'art. 409 del
 c.p.c. possono essere  riscontrate  ipotesi  in  cui  la  prestazione
 parasubordinata  viene  resa  presso  la  sede  della  azienda  o del
 destinatario della prestazione  o,  addirittura,  con  riferimento  a
 luoghi  diversi  da  quello  del  domicilio  del  lavoratore autonomo
 parasubordinato, si deve, al proposito, osservare che una particolare
 importanza assume anche il  luogo  ove  ha  sede  la  mandante  o  il
 destinatario  della prestazione nell'ambito delle vicende relative al
 rapporto di collaborazione.
    Non  puo'  essere,  infatti,  dimenticato,  volendo  riferirsi  ad
 esempio  al  contratto di agenzia, che l'agente, pur prestando la sua
 attivita' nella zona di competenza, e' spesso chiamato presso la sede
 della  mandante  per  incontri   di   aggiornamento,   per   ricevere
 istruzioni,  per  ritirare materiale promozionale o altro; che presso
 la sede della mandante e' accentrata  la  gestione  amministrativa  e
 contabile  del  rapporto  ed  e' custodita parte della documentazione
 relativa al rapporto.
    Del  resto  nei  rapporti  di  parasubordinazione  l'attivita' del
 prestatore di lavoro, ancorche'  autonoma,  deve  essere  coordinata,
 cioe'  inserita  in quella del preponente dalla quale non puo' essere
 del tutto avulsa.
    Ne consegue, allora, che puo' assumere rilevanza, nell'ambito  dei
 rapporti  fra  le parti, sia il luogo ove viene svolta la prestazione
 sia il luogo ove tale prestazione viene in qualunque modo  utilizzata
 dal destinatario.
    La normativa in esame appare, quindi, irrazionale perche', ai fini
 della competenza per territorio, non prende in nessuna considerazione
 dei  criteri di collegamento relativi a dei luoghi, diversi da quello
 del domicilio  del  lavoratore  autonomo  parasubordinato,  ove  puo'
 sussistere  un  obiettivo  interesse di una delle parti a radicare la
 controversia.
    Ne'  il  sacrificio  di  questo  interesse  sembra  poter  trovare
 giustificazione  nel favor legislativo nei confronti della c.d. parte
 piu' debole del rapporto, giacche' la disciplina legislativa in esame
 tutela in modo particolare solo le categorie dei prestatori di lavoro
 autonomo parasubordinato e non anche i lavoratori  subordinati,  come
 si e' gia' per altro ampiamente sottolineato.
    5.  -  La  norma censurata sembra anche confliggere con i principi
 sanciti dall'art. 24 della Costituzione  in  forza  dei  quali  tutti
 possono  agire  in  giudizio  per  la  tutela dei propri diritti e la
 difesa  e'  un  diritto  inviolabile  in  ogni  fase  e   stato   del
 procedimento.
    La  legge  n.  128/1992,  infatti,  rende  particolarmente gravoso
 l'esercizio sia del diritto di  difesa  sia  del  diritto  di  azione
 all'imprenditore  o,  piu'  in generale, alla parte che si e' avvalsa
 della collaborazione parasubordinata.
    In senso contrario si potrebbe obiettare  che  la  violazione  del
 diritto  di difesa dovrebbe essere esclusa giacche' ogni criterio che
 radichi la competenza in un luogo che presenti  un  collegamento  con
 una delle parti necessariamente sacrifica l'interesse, che sarebbe di
 mero   fatto,   della  controparte  che  con  tale  luogo  non  abbia
 collegamento alcuno.
    Tale assunto non sembra, tuttavia, condivisibile con riguardo alla
 previsione della legge n. 128/1992  perche'  l'imposizione  del  foro
 esclusivo  del  luogo  del  domicilio di una delle parti, anche se di
 quella piu' debole, comporta l'attrazione di  tutte  le  controversie
 nel foro previsto dalla legge con conseguente limitazione del diritto
 di difesa dell'altra parte del rapporto.
    La   violazione   del   diritto  di  difesa  deve,  cioe',  essere
 individuata nella previsione legislativa di  un  foro  esclusivo,  la
 quale  determina  sempre  e comunque un grave pregiudizio processuale
 per una delle parti.
    Infatti la normativa censurata, nell'obbligare una delle  parti  a
 utilizzare  soltanto  il  foro del domicilio dell'altra, comporta per
 questa parte un continuo sacrificio del suo interesse.
    Del resto la previsione della legge n. 128/1992 puo' determinare a
 carico  delle  aziende  un  ingiustificato  aggravio  nei  costi  per
 l'esercizio del diritto di azione e di difesa.
    A  tale  proposito  e'  sufficiente  osservare  che  nella realta'
 quotidiana  molte  aziende,  come   appunto   la   societa'   odierna
 ricorrente,  si  servono per la commercializzazione dei loro prodotti
 di una rete di agenti capillarmente diffusa sul territorio nazionale,
 con rappresentanti disseminati in tutte le provincie.
    Per  tutte  queste  aziende  l'imposizione  del foro esclusivo del
 domicilio dell'altra parte comporta la polverizzazione  di  tutte  le
 controversie,   con   conseguente   aggravio   di  costi  e  maggiore
 difficolta' di difesa.
    In tale contesto, oltre a diventare antieconomico il recupero  dei
 crediti  per importi non rilevanti che, di fatto, verrebbero abbonati
 all'altra parte, finisce per essere fatto rientrare  nel  rischio  di
 impresa  anche  l'esercizio  del  diritto  di  azione  o di quello di
 difesa.
    In sostanza per queste aziende il diritto di azione e  il  diritto
 di  difesa  sarebbero  pesantemente condizionati non tanto o non solo
 dalla naturale incertezza della singola  controversia  ma  anche  dai
 maggiori oneri economici che dovrebbero essere sostenuti per radicare
 la  controversia nel domicilio della controparte (questo, ovviamente,
 con riferimento non ad una singola controversia ma all'insieme  delle
 possibili  controversie che ciascuna azienda dovrebbe sostenere con i
 suoi collaboratori autonomi).
    D'altra parte, se si considera che gli agenti, come la gran  parte
 dei  titolari degli altri rapporti di collaborazione parasubordinata,
 sono anch'essi degli autonomi imprenditori, soggetti  al  rischio  di
 impresa,  la  scelta  legislativa  di  radicare  in  via esclusiva le
 controversie con  la  controparte  presso  il  domicilio  di  costoro
 evidenzia  una  oggettiva  disparita' tra le parti del processo ed un
 ostacolo ad agire in giudizio, che trarrebbe la  sua  giustificazione
 soltanto  dalla presunta maggiore forza economica di una delle parti.
 In realta' la previsione di cui all'art. 24  della  Costituzione  non
 sembra   debba   essere   considerata  in  astratto,  ma  i  principi
 costituzionali enunciati dall'articolo citato devono trovare concreta
 applicazione.
    La legge n. 128/1992 sembra aver accordato alla  c.d.  parte  piu'
 debole  del  rapporto  una  garanzia  processuale  molto  intensa che
 contrasta, tuttavia, con il diritto di difesa della  controparte,  il
 quale comunque deve essere in concreto salvaguardato dalla legge.
    Ne' l'obiettivo sacrificio del diritto di difesa di una parte puo'
 trovare   giustificazione   nell'interesse   generale  di  avvicinare
 tendenzialmente il processo al luogo ove  trovasi  la  documentazione
 rilevante, giacche', come si e' gia' visto, nei rapporti di agenzia e
 negli   altri  rapporti  di  collaborazione  parasubordinata,  assume
 un'importanza non inferiore a quella  del  domicilio  del  lavoratore
 autonomo parasubordinato anche il luogo ove ha sede l'azienda.
    In tale contesto il riequilibrio dei rapporti fra le parti avrebbe
 dovuto essere eseguito dal legislatore con l'aggiunta agli altri fori
 gia'  previsti  dall'art.  413 secondo comma del c.p.c., quello della
 sede della azienda o del luogo in cui e' sorto il rapporto, del  foro
 del luogo del domicilio, mantenendo il principio della alternativita'
 fra i tre fori concorrenti e riservando alla parte attrice la scelta.
    L'imposizione,  del  foro del domicilio come foro esclusivo sembra
 aver invece privilegiato in modo assoluto  una  parte,  ancorche'  la
 piu'  debole,  sull'altra,  rendendo per quest'ultima l'esercizio del
 diritto di difesa e del diritto di azione particolarmente gravoso.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 134 della Costituzione, l'art. 8 legge costituzionale
 9 febbraio 1948, n. 1 e l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge 11 febbraio 1992,
 n. 128, nella parte in cui e'  stabilita  in  via  esclusiva  per  le
 controversie  previste  dal  numero  3)  dell'art.  409 del c.p.c. la
 competenza per territorio del giudice  nella  cui  circoscrizione  si
 trova  il  domicilio  dell'agente,  del  rappresentante  di commercio
 ovvero del titolare degli altri rapporti  di  collaborazione  di  cui
 all'art.  409,  n.  3 del c.p.c., senza prevedere fori alternativi in
 concorrenza fra loro, quali il foro del luogo ove si trova  l'azienda
 e il foro del luogo in cui e' sorto il rapporto, per violazione degli
 artt. 3 e 24 Costituzione;
    Dispone  la  sospensione del giudizio e la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Manda alla cancelleria  per  l'esecuzione  previa  notifica  della
 presente  ordinanza  alle  parti,  al  Presidente  del  Consiglio dei
 Ministri e previa la sua comunicazione ai Presidenti della Camera dei
 Deputati e del Senato della Repubblica.
      Ferrara, addi' 6 ottobre 1992
                    Il pretore: (firma illeggibile)

 92C1271