N. 461 SENTENZA 5 - 19 novembre 1992

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Sanita'  pubblica   -   Professioni   sanitarie   -   Pubblicita'   -
 Autorizzazione amministrativa - Regione Lombardia - Attribuzioni
 -  Violazione  -  Posizione  di  norme  tecniche  - Esclusione - Non
 fondatezza.
 
 (Legge 5 febbraio 1992, n. 175, art. 5, primo comma).
 
 (Cost., artt. 117 e 118).
 
 Sanita'   pubblica   -   Professioni   sanitarie   -   Pubblicita'  -
 Autorizzazione  amministrativa  -  Provincia  autonoma  di  Trento  -
 Rinunzia al ricorso - Estinzione del processo per rinuncia.
 
 (Legge 5 febbraio 1992, n. 175).
 
 Sanita'  pubblica- Professioni sanitarie- Pubblicita'- Autorizzazione
 amministrativa-  Regione  Lombardia-  Poteri  di   vigilanza   e   di
 autorizzazione-  Richiamo  alla  giurisprudenza della Corte (sentenze
 nn.   391,  204  e  49  del  1991)-  Limitazione  della  sfera  delle
 competenze della regione - Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge 5 febbraio 1992, n. 175, art. 5, secondo comma)
(GU n.49 del 25-11-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Enzo
    CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi riuniti di legittimita' costituzionale degli artt. 1, 2,
 4, 5, commi 1 e 2, e 6, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n.  175
 ("Norme   in  materia  di  pubblicita'  sanitaria  e  di  repressione
 dell'esercizio abusivo delle professioni  sanitarie"),  promossi  con
 ricorsi della Regione Lombardia e della Provincia autonoma di Trento,
 notificati  rispettivamente  il  27  e  30  marzo 1992, depositati in
 cancelleria, il primo, il 2 aprile 1992 ed il  secondo  il  7  aprile
 successivo ed iscritti ai nn. 35 e 37 del registro ricorsi 1992;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 6 ottobre 1992 il Giudice relatore
 Francesco Guizzi;
    Uditi  gli  avvocati  Giuseppe  Franco  Ferrari  per  la   Regione
 Lombardia  e  Valerio  Onida  per  la  Provincia autonoma di Trento e
 l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per il Presidente del Consiglio
 dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ricorso regolarmente notificato e depositato, la  Regione
 Lombardia  ha impugnato l'art. 5, commi 1 e 2, della legge 5 febbraio
 1992, n. 175, che pone norme in materia di pubblicita' sanitaria e di
 repressione dell'esercizio abusivo delle  professioni  sanitarie.  La
 ricorrente   ricorda  che  la  materia  dell'assistenza  sanitaria  e
 ospedaliera appartiene  alla  competenza  legislativa  regionale,  ai
 sensi dell'art. 117 della Costituzione. La legge di riforma sanitaria
 (23  dicembre 1978, n. 833), in attuazione del riparto costituzionale
 di  competenze  tra Stato e regioni, ha assegnato allo Stato (art. 6,
 lett. s) le  funzioni  amministrative  concernenti  gli  ordini  e  i
 collegi  professionali, riservando alle regioni l'autorizzazione e la
 vigilanza sulle istituzioni sanitarie di carattere privato (art. 43).
    Anche ad ammettere che la pubblicita'  inerente  all'attivita'  di
 singoli professionisti vada ricondotta alla disciplina degli ordini e
 dei  collegi  professionali  (e  la  relativa  autorizzazione  per la
 pubblicita' sia demandata dalla legge  statale  ai  comuni),  e'  del
 tutto  evidente  che il funzionamento delle istituzioni sanitarie non
 ha attinenza con la materia degli ordini  professionali,  ma  rientra
 nelle  attribuzioni  che  la  legge di riforma sanitaria ha assegnato
 alle regioni (art. 43 della legge n. 833 del 1978, citata).
    La legge impugnata  finisce  per  equiparare  la  regione  (quanto
 all'autorizzazione  prevista  per  la  pubblicita'  di  case di cura,
 gabinetti ed ambulatori) al  comune  (competente  ad  autorizzare  la
 pubblicita'  dei  singoli sanitari). Cio' che risulta dalla simmetria
 dei pareri prescritti e dal rinvio ai regolamenti ministeriali per la
 disciplina  delle  modalita'   di   concessione   dell'autorizzazione
 regionale.
    Il legislatore statale ha, in tal modo, conferito alla regione una
 sorta di delega di funzioni amministrative in una materia nella quale
 essa  risulta invece titolare di potesta' legislativa concorrente, ed
 ha previsto  un  regolamento  ministeriale  palesemente  illegittimo,
 anche  alla luce dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, che
 esclude espressamente il ricorso ai regolamenti statali nelle materie
 riservate a competenza regionale, laddove  si  tratti  di  attuare  e
 integrare leggi e decreti legislativi.
    Osserva  infine la ricorrente che il legislatore poteva prevedere,
 al massimo, un  atto  di  indirizzo  e  coordinamento,  non  gia'  un
 regolamento, nella forma del decreto ministeriale.
    2.  -  La  Provincia  autonoma di Trento, con ricorso regolarmente
 notificato e depositato, ha impugnato gli artt. 1, 2, 4, 5 (commi 1 e
 2) e 6 (comma 3) della citata legge n. 175 del 1992,  per  violazione
 dello  Statuto  speciale  della  Regione  Trentino-Alto  Adige  e, in
 particolare, degli artt. 8, nn. 5 e 6; 9, n. 10; 16.
    Dall'esame degli atti di trasferimento delle funzioni alle regioni
 ordinarie e, specificamente alla Provincia di Trento, risulta che  la
 pubblicita'   concernente  l'esercizio  delle  professioni  sanitarie
 nonche' delle case di cura e simili, e' di competenza della Provincia
 autonoma, salvo per quanto attenga agli ordini professionali  (v.  il
 d.P.R.  14  gennaio  1972,  n. 4, art. 1; il d.P.R. 28 marzo 1975, n.
 474; il d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616; il d.P.R. 19 novembre 1987, n.
 526).
    Si duole poi la Provincia autonoma che la legge presenti carattere
 eccessivamente dettagliato, con riguardo  ai  mezzi  e  al  contenuto
 della  pubblicita'.  Anch'essa  reputa  illegittima l'attribuzione al
 Ministro della sanita' del potere
 -  definito  regolamentare  -  di  determinare   le   caratteristiche
 estetiche delle targhe ed inserzioni.
    3.  -  Si  e' costituito, con riferimento a entrambi i ricorsi, il
 Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato  dall'Avvocatura
 generale dello Stato.
    Con riguardo al ricorso della Regione Lombardia fa presente che la
 disciplina   impugnata   attiene   all'esercizio   delle  professioni
 sanitarie: la pubblicita'  tocca  non  tanto  i  luoghi  di  per  se'
 considerati,    quanto    le   sedi   di   esercizio   dell'attivita'
 professionale. Non a caso, le sanzioni comminate  per  l'inosservanza
 della  pubblicita',  anche  quando  questa  concerna  i  luoghi, sono
 tipiche sanzioni disciplinari nei confronti  dei  professionisti  (v.
 l'art. 5, comma 4, e l'art. 8, comma 1, della legge n. 175 del 1992).
    Si  tratta  dunque  di  materia  che  riguarda  l'esercizio  della
 professione e, specificamente, i compiti degli  ordini  professionali
 (che  formano  oggetto  di  riserva  di attribuzione statale), al cui
 intervento gli artt. 4 e 5 della legge affidano un ruolo determinante
 nella procedura  di  rilascio  dell'autorizzazione.  Le  regioni  non
 avrebbero  alcuna competenza da rivendicare in materia di pubblicita'
 delle  professioni  sanitarie,   che   riguarderebbe   esclusivamente
 "profili ordinistici".
    Il  rinvio  al  regolamento  ministeriale per la definizione delle
 caratteristiche estetiche dei mezzi pubblicitari, di cui  all'art.  2
 della  legge,  risponde  all'interesse generale al corretto esercizio
 delle professioni sanitarie.  Esigenze  di  uniformita'  giustificano
 anche  la disposizione introdotta dal comma 2 dell'art. 5, che lascia
 pur sempre alle regioni il potere  di  dettare  norme  procedimentali
 integrative.  Per  quanto  concerne  poi  il  ricorso della Provincia
 autonoma di Trento,  non  sarebbero  pertinenti  le  norme  invocate.
 L'art.  1,  secondo  comma,  lettera  f) del d.P.R. n. 4 del 1972 non
 giustifica la rivendicazione di competenza prospettata  con  riguardo
 alle  disposizioni  introdotte  dagli  artt.  1,  2  e  3 della legge
 impugnata. Per altro verso, tutto quanto inerisce all'esercizio della
 professione medica e di quella sanitaria e'  materia  riservata  allo
 Stato  (artt. 6 del d.P.R. n. 4 del 1972; 3, n. 9, del d.P.R. n.  474
 del 1975; 30 del d.P.R. n. 616 del 1977 e 6 della legge  n.  833  del
 1978).
    La pubblicita' cui ha riguardo il denunciato art. 1 della legge n.
 175   del   1992  concerne,  allo  stesso  tempo,  l'esercizio  della
 professione e l'organizzazione  degli  appartenenti  alla  categoria,
 profili per i quali rileva l'autogoverno delle categorie interessate.
 Quanto   al   regolamento   ministeriale   che   dovra'  definire  le
 caratteristiche estetiche dei mezzi pubblicitari, di cui  all'art.  2
 della  legge,  si  ribadisce che esso trova fondamento nell'interesse
 generale al corretto esercizio delle professioni sanitarie.
    4. - Con atto notificato al Presidente del Consiglio dei  ministri
 il  12  settembre 1992, la Provincia autonoma di Trento ha rinunziato
 al ricorso (n. 37), non avendo il Consiglio provinciale ratificato la
 deliberazione della Giunta circa l'impugnazione della citata legge n.
 175.
                        Considerato in diritto
    1. - La questione sottoposta alla Corte riguarda  la  legittimita'
 costituzionale dell'art. 5, commi 1 e 2, della legge 5 febbraio 1992,
 n.  175,  che  pone  norme  in  materia di pubblicita' sanitaria e di
 repressione dell'esercizio abusivo delle professioni sanitarie.  Tali
 disposizioni,  secondo  la  Regione  Lombardia, violano la competenza
 regionale in materia di autorizzazione e vigilanza sulle  istituzioni
 sanitarie  di  carattere  privato.  Palese  sarebbe,  in particolare,
 l'illegittimita'  del  comma  2,  che  prevede   l'adozione   di   un
 regolamento  ministeriale  per  stabilire  le  modalita' del rilascio
 dell'autorizzazione regionale.
    2. - Analizzando il contenuto dei due commi impugnati, e'  agevole
 constatare che essi rispondono a logiche del tutto distinte.
    Il  comma  1  dell'art.  5  individua  la  regione  come autorita'
 amministrativa competente ad autorizzare la pubblicita'  di  case  di
 cura  private,  gabinetti ed ambulatori mono o polispecialistici. Nel
 procedimento, e' previsto  il  parere  degli  ordini  o  dei  collegi
 professionali   per  acquisire  le  necessarie  valutazioni  tecniche
 tipizzate dalla stessa  legge:  accertamento  del  possesso  e  della
 validita'  dei  titoli  accademici  e  scientifici; rispondenza della
 targa,  insegna  o  inserzione  alle  caratteristiche  stabilite  dal
 regolamento  emanato dal Ministro della sanita', sentiti il Consiglio
 superiore di sanita' nonche' gli ordini  o  i  collegi  professionali
 (art. 2, comma 3, della legge n. 175 del 1992).
    Tale  regolamento  pone  norme  tecniche, dirette agli ordini e ai
 collegi  professionali,  per  l'esercizio   delle   competenze   loro
 riconosciute   nell'ambito   del   procedimento   amministrativo   di
 autorizzazione;  esso  non  tocca  scelte  di   indirizzo   politico-
 amministrativo  della  regione  e  non  vulnera  l'ambito  delle  sue
 attribuzioni, costituzionalmente protetto (v., da ultimo, la sentenza
 di questa Corte n. 483 del 1991).
    La questione non e'  dunque  fondata,  relativamente  al  comma  1
 dell'art. 5.
    3.  - Deve invece essere accolta la censura mossa al comma 2 dello
 stesso articolo.
    L'indubbio rilievo che va riconosciuto, nella  materia  in  esame,
 agli  ordini  e ai collegi professionali non toglie che e' la regione
 ad avere la titolarita' dei poteri di vigilanza e  di  autorizzazione
 sulle  istituzioni  sanitarie  di carattere privato, stante il chiaro
 dettato dell'art. 43 della  legge  23  dicembre  1978,  n.  833.  Fra
 siffatti   poteri,   rientra  certamente  quello  di  autorizzare  la
 pubblicita' concernente tali istituzioni sanitarie. Questa  Corte  ha
 piu' volte affermato (v., da ultimo, le sentenze nn. 391, 204, 49 del
 1991)  il  principio  secondo  cui  un  regolamento  ministeriale  di
 esecuzione e di attuazione di una legge statale non puo' porre  norme
 volte  a  limitare la sfera delle competenze delle regioni in materie
 loro attribuite. Detto principio deriva dalle  regole  costituzionali
 relative  all'ordine delle fonti normative, ed e' stato espressamente
 sancito dall'art. 17, commi 1, lett. b, e 3, della legge n.  400  del
 1988,  che  circoscrive  la  potesta' regolamentare ministeriale alle
 sole materie  di  competenza  del  Ministro  o  di  autorita'  a  lui
 sottordinate.
    Esiste, d'altronde, una connessione naturale tra la disciplina del
 procedimento  e  la materia dell'organizzazione: la regolamentazione,
 da parte della regione, dei procedimenti  amministrativi  di  propria
 spettanza e' un corollario della competenza in materia di ordinamento
 degli    uffici,    quale   espressione   della   sua   potesta'   di
 autorganizzazione (cfr., da ultimo, la sent. n. 465 del 1991).
    Risulta dunque evidente l'illegittimita' costituzionale del  comma
 2  dell'art.  5,  che  peraltro  era  gia' stata rilevata, in sede di
 parere alla commissione di merito, dalla  prima  commissione  (affari
 costituzionali) del Senato.
    4.  -  Quanto  al  ricorso  presentato dalla provincia autonoma di
 Trento, considerato che la Provincia stessa ha rinunciato al  ricorso
 con  atto notificato il 12 settembre 1992 al Presidente del Consiglio
 dei ministri, il processo va dichiarato estinto, ai  sensi  dell'art.
 25   delle  Norme  integrative  per  i  giudizi  davanti  alla  Corte
 costituzionale.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
    Dichiara l'illegittimita' costituzionale  dell'art.  5,  comma  2,
 della legge 5 febbraio 1992, n. 175 ("Norme in materia di pubblicita'
 sanitaria  e  di repressione dell'esercizio abusivo delle professioni
 sanitarie");
    Dichiara non fondata la questione di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  5,  comma  1,  della  legge  5  febbraio  1992, n. 175, in
 riferimento agli artt. 117 e 118 della Costituzione, sollevata  dalla
 Regione Lombardia con il ricorso in epigrafe;
    Dichiara  estinto il processo, relativamente al ricorso presentato
 dalla Provincia autonoma di Trento, per rinuncia.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 5 novembre 1992.
                       Il Presidente: CORASANITI
                         Il redattore: GUIZZI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 19 novembre 1992.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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