N. 69 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 30 novembre 1992

                                 N. 69
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
                    cancelleria il 30 novembre 1992
                    (della regione Emilia-Romagna)
 Sanita' pubblica - Proroga di durata in carica dei comitati dei
    garanti e degli  amministratori  straordinari  delle  UU.SS.LL.  -
    Limitazione      del     trattamento     economico     assegnabile
    all'amministratore  straordinario  al   doppio   dello   stipendio
    iniziale del direttore amministrativo capo-servizio - Attribuzione
    al presidente della giunta, su conforme deliberazione della giunta
    stessa, del potere di nominare i nuovi amministratori straordinari
    delle   UU.SS.LL.  -  Attribuzione  al  presidente  della  giunta,
    altresi', del potere, su delibera della giunta,  di  confermare  o
    rinnovare   l'amministratore  straordinario  -  Asserita  indebita
    invazione della  sfera  di  competenza  regionale  in  materia  di
    organizzazione  degli  uffici  e  di  rapporti  tra  gli organi di
    vertice della regione - Incidenza sui principi di uguaglianza,  di
    retribuzione  proporzionata  ed adeguata e di imparzialita' e buon
    andamento  della  p.a.,  per  la  limitazione  della  retribuzione
    dell'amministratore  straordinario  al  di  sotto  dei livelli del
    dirigente amministrativo o medico come,  invece,  gli  spetterebbe
    nell'unita' sanitaria di provenienza.
 (D.-L. 26 ottobre 1992, n. 418).
 (Cost., artt. 3, 36, 97, 117, 119 e 123).
(GU n.51 del 9-12-1992 )
    Ricorso  per  la regione Emilia-Romagna, in persona del presidente
 della giunta regionale  pro-tempore,  autorizzato  con  deliberazione
 della  giunta regionale n. 5578 del 17 novembre 1992, rappresentata e
 difesa, come da mandato a margine, dall'avv. Giandomenico  Falcon  di
 Padova,  con  domicilio eletto in Roma presso l'avv. Luigi Manzi, via
 Confalonieri, 5, contro il Presidente del Consiglio dei Ministri  per
 l'annullamento  del  d.-l.  26 ottobre 1992, n. 418, recante "Proroga
 dei termini di durata in carica dei  comitati  dei  garanti  e  degli
 amministratori  straordinari  delle  unita' sanitarie locali, nonche'
 norme per le attestazioni da  parte  delle  unita'  sanitarie  locali
 della  condizione di handicappato in ordine all'istruzione scolastica
 e  per  la  concessione  di  un  contributo  compensativo  all'Unione
 italiana  ciechi"  (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 253 del 27
 ottobre 1992), e precisamente:
      dell'art. 1, quarto comma, nella parte in cui tale disposizione,
 innovando la precedente disciplina legislativa, limita il massimo del
 trattamento    assegnabile    dalle    regioni     all'amministratore
 straordinario  al  doppio  dello  stipendio  iniziale  del  direttore
 amministrativo capo-servizio, in violazione degli  artt.  117,  primo
 comma,  e  119,  in  connessione anche con gli artt. 3, 36 e 97 della
 Costituzione;
      dell'art.  1,  secondo comma, nella parte in cui dispone che sia
 il presidente della giunta, su conforme deliberazione  di  giunta,  a
 nominare  i  nuovi amministratori straordinari delle unita' sanitarie
 locali,  illegittimamente  sovrapponendosi  alle  disposizioni  dello
 statuto regionale, in violazione dell'art. 123 della Costituzione.
                               F A T T O
    Il  d.-l.  26  ottobre  1992,  n.  418,  qui  impugnato,  concerne
 fondamentalmente (a parte talune disposizioni disomogenee che qui non
 interessano, anche se di per se' esse costituiscono  proprio  per  la
 loro disomogeneita' violazione dell'art. 15, terzo comma, della legge
 n.  400/1988)  disposizioni  urgenti  relative  alla disciplina degli
 amministratori straordinari delle unita'  sanitarie  locali  previsti
 dal  d.-l. 6 febbraio 1991, n. 35 (convertito in legge 4 aprile 1991,
 n. 111).
    Nella  disciplina   originaria   la   figura   dell'amministratore
 "straordinario"   aveva,   conformemente   alla   sua  denominazione,
 carattere puramente  provvisorio  in  attesa  del  riordinamento  del
 Servizio  sanitario nazionale, tanto che ad essa era posto il termine
 perentorio del 30 giugno 1992.
    Essendo tale termine scaduto (e scaduta altresi' una breve proroga
 che era stata disposta), il d.-l. n. 418/1992 dispone  una  ulteriore
 proroga di tale forma di amministrazione "fino al 31 dicembre 1993".
    Gli  attuali  amministratori,  tuttavia,  secondo il secondo comma
 dell'art. 1 decadono dalla carica il 1ยบ gennaio 1993,  e  le  regioni
 devono  provvedere  alla  conferma  o al rinnovo degli amministratori
 scaduti.
    Ma   incongruamente,   sovrapponendosi   alla   disciplina   delle
 competenze  degli  organi regionali disposta dallo statuto regionale,
 in attuazione dell'art.  123  della  Costituzione,  la  stessa  norma
 dispone  che alla nomina debba provvedere "il presidente della giunta
 della regione .  su conforme deliberazione della rispettiva  giunta".
 Di qui una prima illegittimita' costituzionale.
    Inoltre,  e  soprattutto,  la  nuova  disciplina,  pur  mantenendo
 inalterate le caratteristiche della figura, i requisiti di nomina  ed
 i  compiti, innova il regime retributivo, stabilendo che l'indennita'
 annua spettante agli  amministratori  straordinari,  al  lordo  delle
 ritenute  erariali,  da  una  parte  e'  determinata  "in  misura non
 inferiore alla somma dello stipendio iniziale lordo, della indennita'
 integrativa speciale, della tredicesima mensilita' e  dell'indennita'
 di  direzione dei direttori amministrativi capi-servizio delle unita'
 sanitarie locali", dall'altra "non puo' risultare superiore al doppio
 della predetta somma".
    Ne deriva una evidente limitazione  della  facolta'  regionale  di
 stabilire    l'adeguato    compenso    spettante   all'amministratore
 straordinario: ma la limitazione  cosi'  posta  si  rivela  anch'essa
 lesiva dell'autonomia regionale per le ragioni di seguito illustrate.
                             D I R I T T O
    1.   -   Illegittimita'  costituzionale  della  limitazione  della
 facolta'  regionale  di  stabilire  l'adeguato   compenso   spettante
 all'amministratore straordinario.
    Conviene   ricordare   che   la  materia  del  compenso  spettante
 all'amministratore straordinario era gia' disciplinata  dal  d.-l.  6
 febbraio 1991, n. 35 (convertito in legge 4 aprile 1991, n. 111).
    Secondo  tale  decreto  all'amministratore straordinario competeva
 "un compenso in misura fino a cinque volte quello gia' percepito  dal
 presidente   del   comitato  di  gestione,  commisurato  all'ampiezza
 dell'unita' sanitaria locale o  dell'unita'  socio-sanitaria  locale"
 (art.  1, dodicesimo comma). La stessa disposizione conteneva poi una
 norma  speciale  per  gli  amministratori  straordinari  che  fossero
 pubblici  dipendenti,  nei  cui confronti si disponeva che "la misura
 del compenso  non  puo'  essere  comunque  inferiore  al  trattamento
 economico  globale  in godimento, comprensivo delle indennita' aventi
 carattere di generalita',  connesse  alle  funzioni  della  qualifica
 rivestita".
    La  regione Emilia-Romagna non aveva contestato tale disposizione,
 ritenendo che essa consentisse alle regioni una facolta' di decisione
 sufficientemente ampia, idonea a consentire la determinazione  di  un
 compenso proporzionato all'importanza della funzione ed alla gravita'
 delle  connesse  responsabilita', e percio' a consentire la copertura
 dei posti di amministratori straordinari ad un  adeguato  livello  di
 professionalita'.
    La nuova disciplina riduce la facolta' di determinazione regionale
 nella  ristretta  scelta  tra  un  minimo  ed un massimo, determinati
 entrambi in modo assolutamente irrazionale ed  incompatibile  con  le
 esigenze di una giunta politica retributiva.
    Si  consideri  in  primo  luogo il livello minimo: per definizione
 stessa della legge,  tale  livello  altro  non  e'  che  il  compenso
 spettante   ai   dirigenti   direttori  amministrativi  capi-servizio
 all'inizio della carriera, e privo  di  qualunque  eventuale  fattore
 retributivo non meramente tabellare.
    Alla  stregua di tali parametri, l'amministratore straordinario si
 troverebbe per definizione ad avere una  retribuzione  inferiore,  ed
 anche   largamente   inferiore,  rispetto  a  quella  dei  funzionari
 amministrativi  a  lui  immediatamente  subordinati:  non  solo   del
 coordinatore  amministrativo,  con  la  sua  peculiare indennita', ma
 anche  dei  rimanenti  funzionari  aventi  qualifica  e  funzione  di
 direttore  amministrativo  capo-servizio. Infatti, ciascuno di questi
 funzionari   avrebbe   lo   stesso    compenso    dell'amministratore
 straordinario,  ma  con  in  piu'  la  propria anzianita' di carriera
 (mentre il compenso previsto per  l'amministratore  straordinario  e'
 ancorato  allo  stipendio iniziale), e con in piu' la possibilita' di
 percepire  ulteriori   compensi   connessi   a   legittimi   istituti
 contrattuali  e  normativi  previsti  dal d.P.R.   n. 384/1990, quali
 l'indennita' di partecipazione all'ufficio  di  direzione  (art.  46,
 primo comma), l'indennita' di coordinamento (art.  46, secondo comma)
 il  compenso  di una particolare produttivita' (artt. 123 e segg.). I
 soli  compensi  incentivanti  prevedono   una   maggiorazione   dello
 stipendio fino ad un massimo del 70%.
    In  relazione  a  tale  ultimo  istituto  sia  lecito ricordare, a
 illustrazione e chiarimento di  quanto  affermato,  come  la  regione
 Emilia-Romagna,  con  una  scelta di politica sanitaria perfettamente
 legittima ed opportuna, ha utilizzato risorse  risparmiate  in  altri
 ambiti  della  sanita'  per  dare ad esso - unico rimedio attualmente
 disponibile alla burocratica parificazione dei meritevoli e  dei  non
 meritevoli  nel  pubblico  impiego  -  vita  vera;  e  che percio' in
 relazione  ad  una  reale  e  verificata  produttivita'  i   compensi
 tabellari risultano maggiorati anche in modo rilevante.
    E  lo stesso dicasi a maggior ragione per altri dipendenti apicali
 - ad esempio i medici -  dell'unita'  sanitaria,  per  i  quali  sono
 previste  (oltre  alle  precedenti) tutta una serie di indennita' (di
 tempo  pieno,   di   direzione   medico-veterinaria,   specialistica,
 primariale) che superano di gran lunga quelle amministrative.
    E'  evidente  lo  stridente  contrasto  di  tale situazione con il
 principio  generale  di   uguaglianza,   con   il   principio   della
 retribuzione  commisurata  alla  prestazione, al principio stesso del
 buon andamento dell'amministrazione (evidentemente impossibile quando
 alle maggiori responsabilita' e compiti non corrisponda una  maggiore
 retribuzione).
    Ne' la censura non puo' essere superata rilevando che si tratta di
 un  minimo,  che  la regione puo' superare. Da una parte, infatti, e'
 evidente che anche il compenso minimo previsto deve pur sempre -  sia
 pure  ad  un  livello minimale - essere adeguato alle caratteristiche
 della figura professionale e del lavoro prestato.
    Ma d'altra parte, occorre dire che alle stesse  censure  formulate
 per  il livello minimo non si sottrae neppure il livello massimo, che
 la legge statale limita nel rapporto di 1 a 2 rispetto al minimo.
    Se infatti si considerano i  fattori  sopra  accennati,  cioe'  la
 circostanza  che  i funzionari e gli operatori delle unita' sanitarie
 locali, dalle cui fila proviene la maggior parte degli amministratori
 straordinari,  da  un  lato  godono  nel  pubblico  impiego  di   una
 considerevole   anzianita',  dall'altro  godono  di  altre  forme  di
 compenso - quali quelle  sopra  dette,  che  la  regione  si  riserva
 comunque di indicare e quantificare con maggiore precisione - diviene
 giocoforza  constatare  che  anche  rispetto al massimo consentito si
 riproduce in  moltissimi  casi  la  stessa  situazione,  nella  quale
 l'amministratore  straordinario  ha  un compenso non solo inferiore a
 quello dei suoi collaboratori (il che e' gia' paradossale ed iniquo),
 ma ben inferiore alla  retribuzione  che  lo  stesso  titolare  della
 funzione  di  amministratore  straordinario  avrebbe se semplicemente
 tornasse  a  fare  il   suo   lavoro   ordinario   (quale   dirigente
 amministrativo o medico) nell'unita' sanitaria di provenienza.
    Non  occorrono  molte  parole  per illustrare il contrasto di tale
 situazione (e della disposizione dalla  quale  essa  deriva)  con  il
 principio  di  uguaglianza,  in  correlazione  con  il  principio  di
 proporzionalita'  della  retribuzione  rispetto  alla   quantita'   e
 qualita'  del  lavoro.  Ma  e'  evidente  altresi' che, in una simile
 situazione,  molti  dei  potenziali  candidati   alla   funzione   di
 amministratore  straordinario  - ed in particolare le migliori e piu'
 sperimentate risorse provenienti dallo stesso  servizio  sanitario  -
 non  avrebbero  piu'  alcun  interesse  a  presentare  in concreto la
 propria  candidatura.  Ne'  e'  possibile  credere  che   qualificati
 dirigenti  esterni  vorrebbero  affluire  ai compiti di direzione del
 Servizio sanitario nazionale, se per lo svolgimento di  tali  compiti
 fosse  prevista  una  retribuzione  non  solo  non competitiva con il
 settore privato, ma  persino  inferiore  a  quella  di  altre  figure
 direttive nella stessa organizzazione da dirigere.
    Ne  risulta  la  violazione  del principio di buon andamento della
 pubblica amministrazione, il quale esige evidentemente che le risorse
 umane migliori siano utilizzate per i compiti piu' impegnativi.
    La  ricorrente  regione  desidera  altresi' precisare che, se essa
 rivendica il proprio obbligo, prima ancora  che  il  proprio  diritto
 costituzionale,  di fissare in termini di adeguatezza organizzativa i
 compensi spettanti all'amministratore straordinario, in relazione  al
 complesso dei compensi degli operatori del settore, cio' non e' certo
 allo  scopo  di  perseguire  una  politica retributiva di particolare
 larghezza,  che  sarebbe  evidentemente  contraria,  oltre  che  alle
 tradizioni   della  regione  stessa,  alle  esigenze  collettive  del
 momento.
    Al tempo stesso, tuttavia, le ristrettezze economiche non  possono
 certo  far  desistere  dalla necessita' di istituire e mantenere, nel
 settore  pubblico,  una  politica  retributiva  fondata  non  su   un
 mortificante  appiattimento,  ma  su  una  precisa  correlazione  tra
 livello retributivo e livello di compiti e di responsabilita'.
    In   questo   contesto,   risultano   del    tutto    irrazionali,
 discriminatorie  e  disfunzionali  limitazioni che non si riferiscano
 all'insieme delle figure professionali di un settore, ma ad una sola,
 ponendo  paradossalmente  la  figura  di  vertice  in  condizioni  di
 inferiorita'  rispetto  a  cio'  che  la  stessa legislazione statale
 prevede per le figure non di vertice. A questa  stregua,  oltretutto,
 gli  amministratori  straordinari non potrebbero mai essere quei man-
 ager del settore che pure la legislazione esige, ma potrebbero essere
 soltanto personale di minore rilievo, privo delle migliori competenze
 ed esperienze che il sistema puo' offrire, con una  motivazione  piu'
 "politica" che professionale.
    E'  ben  noto  che  la  tendenza attuale della legislazione e' nel
 senso di chiamare le regioni ad un livello di maggiore e piu' diretta
 responsabilita' nella  gestione  del  Servizio  sanitario  nazionale:
 responsabilita'  sia  sul  piano  organizzativo  ed operativo, con lo
 stringersi di un diretto collegamento tra unita' sanitarie e regione,
 sia sul piano finanziario, con la chiamata delle regioni a far fronte
 con i propri mezzi alla spesa sanitaria quando  questa  superi  certi
 limiti.  Ma  a  tale maggiore responsabilizzazione regionale non puo'
 non corrispondere  il  possesso  degli  strumenti  per  garantire  la
 migliore  organizzazione  del  servizio,  tra  i  quali  -  anche con
 riferimento all'autonomia di  spesa  garantita  dall'art.  119  della
 Costituzione - la possibilita' di gestire in termini di adeguatezza i
 compensi agli amministratori straordinari.
    2.   -  Illegittimita'  costituzionale  della  individuazione  nel
 presidente  della  giunta  regionale,  su   delibera   della   giunta
 regionale,  dell'organo  regionale  competente  alla  conferma  o  al
 rinnovo dell'amministratore straordinario.
    Come detto in narrativa, l'art. 1, secondo  comma,  dell'impugnato
 decreto-legge,  direttamente  dispone  che  sia  il  presidente della
 giunta,  su  "conforme"  deliberazione  della  rispettiva  giunta,  a
 nominare  i  nuovi amministratori straordinari delle unita' sanitarie
 locali.
    Ma in questo modo la legislazione statale disciplina le competenze
 degli organi regionali di vertice,  ed  i  loro  reciproci  rapporti,
 illegittimamente  sovrapponendosi  alle  disposizioni  dello  statuto
 regionale, in violazione dell'art. 123 della Costituzione.
    Sia consentito qui di richiamare  la  sentenza  di  codesta  Corte
 costituzionale  n.  407/1989,  ove e' espressamente stabilito che "la
 ripartizione delle competenze tra i vari  organi  regionali  rientra,
 salvo  ovviamente il rispetto dell'art. 121 della Costituzione, nella
 materia  'organizzazione  interna della regione', che la Costituzione
 riserva allo statuto regionale" (punto 2 in diritto).
    Espressamente   allora   la    Corte    costituzionale    affermo'
 l'illegittimita'  costituzionale  "anche  ad evitare che in futuro si
 riproducano disposizioni analoghe, le quali certamente non rispondono
 a criteri di rigorosa conformita' al  dettato  costituzionale,  dando
 cosi' luogo ad occasioni di contenzioso tra lo Stato e le regioni".
    E'  evidente  che  il  precedente  e  le affermazioni di allora si
 attagliano perfettamente al caso di  oggi  nel  quale,  senza  alcuna
 ragione, il legislatore del decreto-legge impugnato si spinge persino
 oltre la semplice indicazione di competenze, individuando addirittura
 un  modulo di rapporti tra gli organi di vertice (atto del presidente
 su conforme deliberazione della giunta regionale)  che  incide  sulla
 forma di governo, e la cui ammissione o esclusione rientra nella sola
 autonomia statutaria e legislativa regionale.
    Di  qui la palese illegittimita' costituzionale della disposizione
 impugnata.
   Tutto cio' premesso, la  ricorrente  regione  Emilia-Romagna,  come
 sopra  rappresentata  e  difesa  chiede  che  l'eccellentissima Corte
 costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale  del
 d.-l.  26  ottobre  1992,  n.  418,  in  relazione  alle disposizioni
 specificamente impugnate, per  violazione,  nei  termini  illustrati,
 degli   artt.   3,  36,  97,  117,  primo  comma,  119  e  123  della
 Costituzione.
      Padova-Roma, addi' 24 novembre 1992
                    Avv. prof. Giandomenico FALCON

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