N. 777 ORDINANZA (Atto di promovimento) 27 marzo - 4 dicembre 1992

                                N. 777
        Ordinanza emessa il 27 marzo 1992 (pervenuta alla Corte
     costituzionale il 4 dicembre 1992) dalla pretura di Bergamo,
  sezione distaccata di Clusone, nel procedimento penale a carico di
                           Bonadei Giuseppe
 Processo penale - Dibattimento - Divieto di testimonianza sulle
    dichiarazioni  dell'imputato  rese  anche prima del formale inizio
    dell'indagine  -  Irragionevolezza  -  Lesione  dei  principi   di
    adeguatezza  della  motivazione  e  del  libero  convincimento del
    giudice - Eccesso di delega - Mancata attuazione  della  finalita'
    dell'accertamento della verita'.
 (C.P.P. 1988, art. 62).
 (Cost., artt. 3, 76 e 111).
(GU n.53 del 23-12-1992 )
                              LA PRETURA
    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel procedimento penale n.
 3029/1992 rg. pretura Clusone, a carico di Bonadei Giuseppe (nato  il
 10  marzo  1963  a  Clusone, res. Rovetta, via Tomasoni, 6, difeso da
 dott. proc. L. Valsecchi di fiducia);
                          OSSERVA IL PRETORE
    Bonadei Giuseppe e' stato citato a  giudizio  per  rispondere  del
 furto  aggravato  di  energia  elettrica  in  danno di Zamboni Gemma,
 asseritamente commesso mediante allacciamento  abusivo  al  contatore
 del bar di questa gestito, sino al 14 gennaio 1991.
    All'udienza  del  27  marzo  1992,  esaurita  la  fase  degli atti
 preliminari, iniziava l'escussione  dei  testi,  anzitutto  la  parte
 offesa Zamboni.
    Ad   un  certo  punto,  la  Zamboni  ha  iniziato  a  riferire  di
 dichiarazioni fattale dal Bonadei prima della denuncia.
    La  difesa  del  Bonadei   si   e'   strenuamente   opposta   alla
 verbalizzazione  di  tali  dichiarazioni  riferite  dalla teste-parte
 offesa,  facendo  riferimento  ad  imprecisata  giurisprudenza  della
 sezione I della s.c.
   Par  di comprendere che tale opposizione della difesa si ricolleghi
 al  fatto  che  tale  risposta,  la  quale  potrebbe  (eventualmente)
 consentire  alla  teste  di  fornire  dichiarazioni rese da uno degli
 imputati (evidentemente  prima  dell'iscrizione  nel  registro  delle
 notizie  di  reato  del fatto per cui oggi si procede), non possa non
 ritenersi  resa  nel  corso  del  procedimento,  sicche',  ai   sensi
 dell'art.  62  del c.p.p. 1988, la testimonianza in parte qua sarebbe
 inammissibile.
    Non  ignora,  il  pretore,  che  la  suprema  Corte,  con  l'unica
 pronuncia  nota  in  materia - ossia la sentenza n. 3084 emessa dalla
 prima sezione (presidente C. Carnevale) in  data  12  novembre  1990,
 alla  quale  par riferirsi la difesa - ha gia' avuto modo di statuire
 che le dichiarazioni, alle quali unicamente puo' riferirsi il divieto
 di cui all'art.  62  del  c.p.p.  sono  quelle  rese  nel  corso  del
 procedimento, e dunque non in pendenza di esso.
    Ora,  a prescindere che la distinzione suddetta non pare del tutto
 nitida,  sfugge  comunque,  a  questo  giudice  del   merito,   quale
 sostanziale differenza vi sia fra le dichiarazioni rese dall'indagato
 (non  solo  alla polizia giudiziaria ex art. 357 del c.p.p., ma anche
 semplicemente ad un quivis e populo, stante la  assoluta  generalita'
 del  divieto  di  cui  all'art.  62  del c.p.p.), durante le indagini
 preliminari successive alla formazione  del  fascicolo  del  pubblico
 ministero  da  un  lato,  e, dall'altro lato, le dichiarazioni rese a
 chicchessia  magari  ancor  prima  che  pubblico  ministero o polizia
 giudiziaria abbiano avuto sentore della pur  remota  configurabilita'
 di un reato.
    Ed   infatti,   quel   divieto   di   riferire  al  giudice  sulle
 dichiarazioni comunque rese  dall'imputato,  se  si  interpreta  come
 esclusivamente riferito alle dichiarazioni rese dall'imputato durante
 il  procedimento,  appare  affatto  irragionevole, posto che potrebbe
 essere  agevolmente  aggirato  con  il  riportare,  le  dichiarazioni
 indizianti,  ad epoca anteriore all'iscrizione della notizia di reato
 (salvo forse alcune ipotesi di scuola nelle quali tale retrodatazione
 sarebbe problematica).
    Se invece si ipotizzasse l'assoluta inutilizzabilita' di qualunque
 dichiarazione comunque resa dall'indagato, come gia' stabilito  dalla
 declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale parziale di cui alla
 sentenza n. 259/1991 di codesta Corte  (ma  in  relazione  alle  sole
 dichiarazioni    rese    alla    polizia    giudiziaria),   e   anzi,
 l'inutilizzabilita'  di   ogni   dichiarazione,   resa   anche   solo
 dall'indagaturo   a   persona   che  non  appartenga  alla  p.g.,  si
 perverrebbe, a parere di questo pretore, ad un  risultato  del  tutto
 irragionevole,  giacche'  si  finirebbe per attribuire alla letterale
 locuzione impiegata dal legislatore delegato nell'art. 62 del  c.p.p.
 (ma  espressamente prevista dal legislatore delegante in alcuna delle
 direttive di cui alla legge n. 81/1987),  la  efficacia  di  impedire
 l'ingresso  nel  dibattimento di qualunque teste indiretto sul punto,
 senza che ve ne sia alcuna seria necessita'.
    A prescindere dunque dall'altro caso (ossia le dichiarazioni rese,
 durante il processo, alla p.g., per le quali vige l'assoluto  divieto
 di  cui all'art. 357 del c.p.p.), si pone quindi e comunque, in forza
 del generalissimo divieto di cui all'art. 62  del  c.p.p.,  anche  il
 problema  delle  dichiarazioni  rese a chi non sia, come nella specie
 non e' ne' era la Zamboni, ne' ufficiale ne' agente di p.g.
    La ammissibilita' solo  parziale  delle  testimonianze  de  relato
 sulle   dichiarazioni   rese   dall'indagaturo,   consentita  appunto
 dall'art. 62 del c.p.p. (anche alla luce dell'interpretazione che  di
 tale  norma  ha  fatto il giudice di legittimita'), appare quindi del
 tutto irragionevole perche' tale norma, nel  tentativo  di  escludere
 l'ammissibilita'  delle  dichiarazioni  rese durante il processo, col
 riferimento  alla  persona  sottoposta  alle  indagini  preclude,  in
 effetti,  l'ammissione  di qualunque testimonianza de relato comunque
 resa dall'indagato anche prima che egli fosse indagato. La violazione
 del principio di ragionevolezza appare quindi in contrasto  coll'art.
 3 della Costituzione.
    Inoltre,  ponendo  un  argine  invalicabile  al giudice anche alla
 semplice assunzione della deposizione de relato,  senza  consentirgli
 invece di utilizzare criticamente tale dichiarazione indiretta, viola
 l'art. 111/1 della Costituzione, dacche' sostanzialmente impedisce al
 giudice  di  motivare  adeguatamente  la  sua  valutazione,  la quale
 dovrebbe essere necessariamente libera non  risultando  eliminato  il
 principio  del  libero  convincimento  in  materia, delle complessive
 emergenze processuali.
    Insomma, sarebbe  certo  piu'  ragionevole  almeno  consentire  al
 giudice   di  far  proseguire  l'esame  del  teste  anche  in  ordine
 dichiarazioni   rese   dall'imputato   o   indagato   o   indagaturo,
 indifferentemente  rese prima o durante o nel corso del processo, per
 attenersi  alla  tassonomia adottata dalla suprema Corte, atteso che,
 comunque, il giudice dovra' in  sentenza  render  conto  dei  criteri
 utilizzati  per  la  valutazione della prova e quindi, se necessario,
 potrebbe in quella sede decidere che e' dubbio  se  le  dichiarazioni
 furono rese dall'indagato che era gia' tale o dall'indagato in fieri.
    Ancora,  poiche'  nella  legge di delegazione n. 87/1989 non vi e'
 alcuna direttiva idonea a  giustificare  il  radicale  divieto  posto
 dalla  norma denunciata, vi e' un ulteriore profilo di illegittimita'
 costituzionale, e  precisamente  la  violazione  dell'art.  76  della
 Costituzione per eccesso di delega.
    D'altro  canto,  il  sistema  costituzionale consente di ravvisare
 nell'esercizio dell'azione penale, non solo la finalita' di punizione
 dei responsabili di reati, ma  anche  quella  di  accertamento  della
 verita'.
   E  poiche',  per l'accertamento della verita', non pare ragionevole
 prescindere apoditticamente ed apriooristicamente da quanto testimoni
 possono riferire di aver udito dall'imputato o indagato o indagaturo,
 si  deve  nuovamente  prospettare  la  violazione  del  principio  di
 ragionevolezza ex art. 3 della Costituzione.
    In  forza  di  tutti  gli  argomenti  svolti,  considerata  la non
 manifesta infondatezza della questione, e la sua  rilevanza  al  fine
 del  decidere,  in  questa  fase  dunque, unico potere legittimamente
 esercitabile dal giudicante, dopo la prospettazione  della  questione
 di legittimita' costituzionale, e' quello di sospendere il processo.
    Gli  atti vanno percio' trasmessi alla Corte costituzionale per la
 relativa decisione, previ i necessari adempimenti di cancelleria;  il
 presente processo deve essere sospeso.
                               P. Q. M.
    Letti  ed  applicati  gli  artt.  134 della Costituzione, 23 della
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara non manifestamente infondata  e  rilevante  ai  fini  del
 decidere la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 62 del
 c.p.p.  nella  parte  in  cui  vieta  tassativamente  di acquisire al
 dibattimento le deposizioni testimoniali concernenti le dichiarazioni
 rese dalla persona sottoposta ad indagine, anche  prima  del  formale
 inizio   dell'indagine;   e   dunque   in  riferimento  ai  parametri
 costituzionali  rappresentati  dagli  artt.  3,  76   e   111   della
 Costituzione, per i motivi sopra esposti;
    Sospende  il  procedimento  penale  in  corso  a carico di Bonadei
 Giuseppe;
    Dispone  che  tutti  gli  atti   del   presente   giudizio   siano
 tempestivamente trasmessi alla Corte costituzionale;
    Dispone  che,  a cura della cancelleria, la presente ordinanza sia
 immediatamente  notificata  (oltre  che  all'imputato,  al   pubblico
 ministero  e  al difensore) al Presidente del Consiglio dei Ministri,
 nonche' comunicata al Presidente del Senato della  Repubblica  ed  al
 Presidente della Camera dei deputati della Repubblica.
      Clusone, addi' 27 marzo 1992
                          Il pretore: PERTILE
    Depositato in cancelleria oggi 25 agosto 1992.
         Il collaboratore di cancelleria: (firma illeggibile)

 92C1339