N. 44 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 23 dicembre 1992
N. 44 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 23 dicembre 1992 (del Presidente del Consiglio dei Ministri) Regione Sardegna - Impiego pubblico - Norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo contrattuale per il triennio 1991-93 relativo al personale dell'amministrazione regionale della Sardegna e degli enti pubblici strumentali della regione - Fissazione della decorrenza giuridica ed economica dell'accordo al 1½ gennaio 1991 - Determinazione di nuove misure di indennita' varie, in particolare di trasferimento e di missione, applicabili dal 1½ gennaio 1993 - Attribuzione, sempre dal 1½ gennaio 1993, di un'indennita' di coordinamento (generale, di servizio e di settore) parametrata sullo stipendio iniziale di ciascuna qualifica funzionale apicale - Asserito contrasto della impugnata normativa con le norme del d.l. n. 384/1992 che hanno disposto l'ultrattivita' degli accordi di comparto, il differimento al 1½ gennaio 1994 degli effetti dei nuovi accordi ed imposto "tetti" alla misura delle indennita', compensi ed emolumenti in genere nonche' dell'indennita' di missione e di trasferimento - Conseguente violazione delle linee generali della politica economica nazionale fissata con d.l. n. 384/1992 - Attribuzioni al presidente della giunta ed alla giunta del potere di approvazione dell'accordo (ad esito della verifica di compatibilita' finanziaria accertata dai competenti assessori) anziche' al consiglio regionale come stabilito dallo statuto - Riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 371/1985. (Decreto del presidente della giunta della regione Sardegna 8 settembre 1992, n. 212). (Cost., artt. 3, 97 e 116; statuto regione Sardegna, artt. 3, lett. a), e 27).(GU n.1 del 7-1-1993 )
Ricorso per regolamento di competenza del Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato contro il presidente della giunta della regione Sardegna, in relazione e per l'annullamento del d.p.g.r. 8 settembre 1992, n. 212 (in boll. uff., suppl. straord. n. 40 del 14 ottobre 1992) - recante "norme risultanti dalla disciplina prevista dall'accordo contrattuale per il triennio 1991-1993 relativo al personale dell'amministrazione regionale della Sardegna e degli enti pubblici strumentali della regione" - siccome emanato in violazione degli artt. 3, 97 e 116 della Costituzione; 3, lett. a), e 27 dello statuto speciale, in riferimento agli artt. 1 e 13 della legge 29 marzo 1983 n. 83 (legge-quadro sul pubblico impiego) nonche' agli artt. 2, terzo comma e 3 della legge regionale 25 giugno 1984, n. 33. 1. - Per contenere il disavanzo pubblico e fronteggiare, con interventi adeguati, l'attuale, grave situazione economica e finanziaria, il d.l. 19 settembre 1992, n. 384 ha - tra le altre misure - dettato incisive disposizioni in materia di pubblico impiego, risolventisi in un sostanziale "congelamento", fino al 31 dicembre 1993, del trattamento economico dei dipendenti pubblici appartenenti ai comparti di cui alla legge-quadro n. 93/1983 (alla quale la regione Sardegna ha dato attuazione con legge regionale 25 giugno 1984, n. 33). In particolare, l'art. 7 del citato d.l. 384/1992 ha stabilito: al primo comma, (ed in deroga implicita all'art. 13, primo e secondo comma, legge n. 93/1983) l'ultrattivita' della vigente disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto (tenuta "ferma" sino al 31 dicembre 1993), al tempo stesso fissando al primo gennaio 1994, gli effetti dei "nuovi" accordi; al secondo e terzo comma, il blocco per tutto il 1993 degli incrementi retributivi, dipendenti da automatismi stipendiali; al quarto comma, il contenimento - per tutto il 1993 - dei fondi di incentivazione e per il miglioramento dell'efficienza dei servizi in ammontare non superiore ai correlativi stanziamenti di bilancio per il 1991; al quinto comma, l'invarianza, rispetto alle misure del 1992, delle indennita', compensi, gratifiche ecc., comprensivi di una quota d'indennita' integrativa speciale; al sesto comma, nei limiti del tasso programmato d'inflazione le variazioni consentite delle indennita' di missione e di trasferimento, nonche' di quelle aventi natura di rimborso spese. Le riferite misure (che riprendono e sviluppano quelle gia' adottate con l'art. 2, terzo, quinto e sesto comma, del precedente d.l. 11 luglio 1992 n. 333) sono state dichiarate "applicabili nelle regioni a statuto speciale e nelle province autonome di Trento e Bolzano" con la legge di conversione 14 novembre 1992, n. 438 la quale ha aggiunto al d.l. n. 438/1992, in questione, un art. 13- ter evidentemente destinato a costituire quella "diversa disposizione" cui ha riguardo l'art. 15, quinto comma, legge 23 agosto 1988, n. 400, agli effetti dell'entrata in vigore delle modifiche apportate ad un decreto-legge all'atto della sua conversione. Per la sua formulazione letterale, oltre che per la sua incontrovertibile ratio (intesa ad assicurare la generale perequazione delle gia' viste misure di "congelamento", dettate dalla straodinaria necessita' ed urgenza di contenere il disavanzo pubblico), il citato art. 13- ter ha dunque comortato - per l'essenziale - che gia' a decorrere dal 19 settembre 1992 dovesse riconoscersi eccezionalmente derogata, con effetto pure nelle regioni a statuto speciale, la regola dell'efficacia triennale degli accordi, dettata dall'art. 13 della legge-quadro n. 93/1983 ed avente valore di norma fondamentale di riforma economico-sociale (come tale recepita, in particolare, e letteralmente riprodotta dall'ultimo comma dell'art. 4 della legge regionale Sardegna 25 giugno 1984, n. 33). 2. - Alla ripetura data del 19 settembre 1992 risultava emanato - ma non ancora efficace, nelle more della registrazione della Corte dei conti che sarebbe intervenuta il successivo 8 ottobre - il decreto 8 settembre 1992, n. 212 col quale il presidente della giunta regionale della Sardegna ha conferito natura regolamentare alla disciplina risultante dall'accordo contrattuale, per il triennio 1991-1993, relativo al personale dell'amministrazione regionale e degli enti pubblici strumentali della regione. L'iter destinato a rendere operante il menzionato accordo si e', quindi, concluso con la pubblicazione del d.p.g.r. cit. nel bollettino ufficiale del 14 ottobre 1992. In tale accordo figurano, peraltro, alcune norme in palese contrasto con le misure come sopra adottate e tali, quindi, da compromettere insieme ai princip/' di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione l'attuazione di punti essenziali della politica economica nazionale. Risultano, in particolare, incompatibili con l'esigenza di contenimento della spesa pubblica nel settore de quo: l'art. 7, quarto comma, dell'accordo recepito, che ne fissa al 1½ gennaio 1991 la decorrenza degli effetti giuridici ed economici; l'art. 10, che stabilisce le nuove misure del trattamento economico per il personale delle varie qualifiche; l'art. 11 che porta le nuove misure di indennita' varie - in particolare di trasferimento e di missione - applicabili dal 1½ gennaio 1993; l'art. 12 che, sempre con effetto dal 1½ gennaio 1993, attribuisce una indennita' di coordinamento (generale, di servizio e di settore) parametrata sullo stipendio iniziale di ciascuna qualifica funzionale apicale. Tali norme invero confliggono, insieme al complesso della recepita disciplina contrattuale, con la disposta ultrattivita' degli accordi di comparto in vigore (per il periodo 1988-1990) e con l'espresso differimento al 1½ gennaio 1994 degli effetti dei "nuovi" accordi (art. 7, primo comma, del d.l. n. 384/1992); e contrastano altresi', per quanto attiene ai rispettivi contenuti specifici, con i "tetti" imposti alla misura delle indennita', compensi ed emolumenti in genere nonche' delle indennita' di missione e di trasferimento (art. 7 citato, quinto e sesto comma). Per tal modo il decreto del presidente della giunta, destinato a rendere operanti le commentate norme dell'accordo, si pone oggettivamente in contrasto con gli "interessi nazionali" e con la deroga eccezionalmente apportata, in via temporanea, al principio espresso dall'art. 13 legge-quadro n. 93/1983, violando cosi' quei limiti che, imposti alla stessa competenza legislativa regionale (art. 3 dello statuto speciale), non possono non essere osserati nella produzione di atti di normazione secondaria (o regolamentare) qual e' il provvedimento presidenziale all'esame. 3. - In ragione di cio' e della gia' rilevata compromissione che l'atto inquestione e' idoneo ad arrecare alle linee generali della politica economica nazionale, quali fissate dagli organi statali, il deducente Presidente del Consiglio dei Ministri - in conformita' della assunta delibera governativa - ricorre per regolamento di competenza avverso il decreto in epigrafe, che si appalesa viziato - in via derivata - per l'illegittimita' del procedimento di approvazione dell'accordo contrattuale de quo, nel corso del quale si e' fatta applicaizone dell'ultimo comma dell'art. 3 della legge regionale 25 giugno 1984, n. 33, che e' norma chiaramente incostituzionale nella parte in cui stabilisce che le norme risultanti dalla disciplina prevista dagli accordi sono emanate "con decreto del presidente della giunta, previa deliberazione della giunta regionale", cui cosi' e' - in definitiva - demandata l'approvazione dell'accordo (ad esito della verifica di compatibilita' finanziaria condotta sulla base di apposita relazione dei competenti assessori). Evidente, allora, il contrasto del riferito dettato normativo con l'art. 27 dello statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) che riserva al consiglio regionale di esercitare le "funzioni legislative e regolamentari" attribuite alla regione, essendo - del pari - fuor di dubbio che il procedimento di approvazione ed il conclusivo decreto di emanazione sono - appunto - destinati a conferire natura di normazione secondaria (o regolamentare) alle clausole degli accordi contrattuali in parola. E' palese, d'altro canto, la rilevanza che la prospettata questione di legittimita' riveste agli effetti della pronuncia sul presente ricorso, una volta che dalla disapplicazione - che dovesse farsi - del denunciato art. 3, ultimo comma, della legge regionale 25 giugno 1984, n. 33, conseguirebbero l'illegittimita' del decreto presidenziale impugnato e la rimozione - quindi - della turbativa con lo stesso arrecata alle commentate attribuzioni statali in tema di politica economica generale e di contenimento del disavanzo. Quanto alla "non manifesta infondatezza della questione" appare, qui, sufficiente richiamare i princip/' gia' enunciati dalla Corte, con riguardo all'art. 27 dello statuto speciale, nella sentenza n. 371/1985 ed osservare che, anche a termini dell'art. 3 dello statuto citato, certamente e' da attribuire alla regione la funzione di normazione secondaria nella quale si risolve la ricezione degli accordi contrattuali.
Per i motivi esposti, il ricorrente Presidente del Consiglio dei Ministri chiede che - ritenuta la rilevanza e la non manifesta infondatezza della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3, ultimo comma, della legge regionale 25 giugno 1984, n. 33, in relazione all'art. 27 dello statuto speciale della Sardegna, ed adottati i provvedimenti di competenza 156 ex art. 23 della legge n. 87/1953 - la Corte, all'esito del conseguente giudizio incidentale, dichiari che non spetta al presidente della giunta regionale di emanare le norme risultanti dalla disciplina dell'accordo contrattuale 2 settembre 1992, per il triennio 1991-1993, approvato con la deliberazione di giunta n. 27/23, del 3 settembre 1992, cosi' annullando, per l'effetto, l'impugnato decreto 8 settembre 1992 n. 212; Con l'originale notificato del presente ricorso e copia del provvedimento impugnato sara' prodotta la deliberazione di cui all'art. 2.2, lett. g, della legge n. 400/1988. Roma, addi' 10 dicembre 1992 Sergio LAPORTA, avvocato dello Stato 92C1375