N. 66 SENTENZA 5 - 24 febbraio 1992

 
(GU n.10 del 4-3-1992 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: dott. Aldo CORASANITI;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele PESCATORE,  avv.  Ugo  SPAGNOLI,  prof.  Francesco  Paolo
    CASAVOLA,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato  GRANATA,  prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3  della  legge
 della  Regione  Emilia-  Romagna  23 aprile 1987, n. 16 (Disposizioni
 integrative della legge regionale 2 agosto 1984, n. 42  "Nuove  norme
 in  materia di enti di bonifica. Delega di funzioni amministrative"),
 promosso con ordinanza emessa il 26 ottobre  1990  dal  Consiglio  di
 Stato  sul  ricorso proposto dalla s.r.l. Azienda Agricola Mugnano ed
 altri contro la Regione Emilia- Romagna ed altri iscritta al  n.  590
 del  registro  ordinanze  1991  e pubblicata nella Gazzetta ufficiale
 della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1991;
    Visti gli atti  di  costituzione  della  s.r.l.  Azienda  Agricola
 Mugnano ed altri e della Regione Emilia-Romagna;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  21  gennaio  1992  il  Giudice
 relatore Antonio Baldassarre;
    Uditi gli avvocati Giorgio Berti  e  Guido  Viola  per  la  s.r.l.
 Azienda  Agricola  Mugnano  ed  altri  e  Giandomenico  Falcon per la
 Regione Emilia-Romagna;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un giudizio d'appello avverso una  sentenza  del
 Tribunale  amministrativo  regionale dell'Emilia- Romagna proposto da
 alcuni titolari di aziende agricole in relazione a delibere regionali
 con le quali  e'  stato  disposto  il  riordino  dei  comprensori  di
 bonifica  e  la conseguente istituzione di consorzi ricomprendenti le
 aziende degli appellanti, il  Consiglio  di  Stato,  con  l'ordinanza
 indicata   in   epigrafe,  ha  sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale nei confronti dell'art. 3 della  legge  della  Regione
 Emilia-Romagna  23 aprile 1987, n. 16 (Disposizioni integrative della
 legge regionale 2 agosto 1984, n. 42 "Nuove norme in materia di  enti
 di  bonifica. Delega di funzioni amministrative"), nella parte in cui
 prevede che l'intero territorio regionale, ad esclusione  delle  aree
 golenali  riferite  a  opere  idrauliche di seconda e terza categoria
 (artt. 5 e  7  del  r.d.  n.  523  del  1904)  e  ferme  restando  le
 classificazioni  esistenti  adottate  con  provvedimenti  statali, e'
 classificato di bonifica di seconda categoria. Secondo il  giudice  a
 quo,  tale  disposizione si pone in contrasto con gli artt. 117, 97 e
 18 della Costituzione.
    Sotto   il   profilo   della   violazione   dell'art.   117  della
 Costituzione, il Consiglio di  Stato,  dopo  aver  ricordato  che,  a
 seguito  del  trasferimento operato dall'art. 73 del d.P.R. 24 luglio
 1977, n. 616, la materia  della  bonifica  e'  stata  assegnata  alla
 competenza   regionale   di   tipo  concorrente,  osserva  che  nella
 legislazione statale il concetto di bonifica,  dall'iniziale  nozione
 di  prosciugamento delle paludi, si e' evoluto, a partire dal r.d. 13
 febbraio 1933, n. 215, fino a ricomprendere il  compimento  di  opere
 idonee   a   modificare   l'ambiente  allo  scopo  di  sviluppare  le
 potenzialita' produttive del territorio e di istituire equi  rapporti
 sociali  (come  richiesto  dall'art.  44 della Costituzione). In tale
 quadro finalistico, continua il giudice a quo, si collocano  numerose
 leggi  regionali,  fra  le  quali  quella impugnata, che collegano le
 opere di bonifica a scopi di sviluppo della produzione  agricola,  di
 difesa  del  suolo  e  dell'ambiente,  di  miglioramento  del reddito
 dell'agricoltura e dell'assetto del territorio.  Senonche',  prosegue
 lo  stesso  giudice,  nel  classificare l'intero territorio regionale
 come area di bonifica,  la  legge  impugnata  appare  derogare  a  un
 principio  fondamentale  della  legislazione  statale, secondo cui e'
 coessenziale alla nozione di bonifica l'individuazione di determinate
 e specifiche zone del territorio che  dovranno  essere  suddivise  in
 comprensori  di  bonifica,  sui  quali  dar  vita  a  enti consortili
 sostanzialmente  conformi  a  quelli  previsti   nella   legislazione
 statale.
    La  deroga a questo principio di "specialita'" della bonifica e la
 conseguente interruzione del nesso necessario fra  l'appartenenza  al
 comprensorio  e  al  consorzio  e le finalita' della bonifica stessa,
 comportano  altresi',  sempre  ad  avviso  del  giudice  a  quo,   la
 violazione  del  principio  d'imparzialita',  garantito  dall'art. 97
 della Costituzione, nonche' l'incisione sul diritto  di  associazione
 dei privati, riconosciuto dall'art. 18 della Costituzione.
    2.  -  Le  parti appellanti dinnanzi al Consiglio di Stato si sono
 costituite in giudizio per sostenere l'illegittimita'  costituzionale
 della disposizione impugnata.
    Oltreche'  ribadire  le  argomentazioni  svolte  nell'ordinanza di
 rimessione, le parti  private  sottolineano  come  le  leggi  statali
 presuppongono, non gia' la coincidenza fra lo spazio territoriale del
 potere  regionale  e quello assoggettato agli interventi di bonifica,
 ma la definizione di ambiti territoriali limitati e corrispondenti ai
 programmi di opere di bonifica di volta in volta deliberati. In  base
 a   questo   principio  della  legislazione  statale,  relativo  alla
 specialita'  e  alla  concretezza  dell'attivita'  di   bonifica,   i
 comprensori  debbono  corrispondere  a  effettive  aree di intervento
 bonificatorio e i consorzi possono aggregare soltanto  i  proprietari
 ricadenti  nella  medesima area. Contro tale principio, concludono le
 parti private, dispone l'articolo impugnato, che  suddivide  l'intero
 territorio regionale in comprensori di bonifica, preponendo a ciascun
 comprensorio  un ente consortile raggruppante i proprietari ricadenti
 nel comprensorio stesso.
    In  relazione  alla  violazione  degli  artt.  97   e   18   della
 Costituzione,  le parti appellanti del giudizio a quo rilevano che la
 trasformazione in aree di bonifica dell'intero  territorio  regionale
 comporta  la  rottura  del  rapporto necessario tra l'appartenenza al
 comprensorio e al consorzio, da un  canto,  e  i  fini  di  bonifica,
 dall'altro,  sicche'  i  proprietari  sono obbligati ad associarsi in
 ragione  di  una  contribuzione  finanziaria ad opere che possono non
 riguardare in  alcun  modo  i  loro  fondi  e,  nello  stesso  tempo,
 l'amministrazione  e'  autorizzata a porre in essere comportamenti al
 di fuori di ogni proporzione oggettiva e verificabile con l'attivita'
 di bonifica e con il finanziamento di questa attivita' da  parte  dei
 privati.  In  breve,  conclude  la difesa dei proprietari di aziende,
 appare  violato,  anzitutto,  il  principio  secondo   il   quale   i
 comprensori  di  bonifica conseguono alla classificazione dei terreni
 per gli scopi  di  bonifica  e  vanno  dimensionati  agli  interventi
 bonificatori  considerati necessari per aree determinate; e, inoltre,
 risulta  violato  il   principio   che   sancisce   un   collegamento
 proporzionale tra la classificazione dei comprensori di bonifica e la
 spesa occorrente per il compimento delle opere e il funzionamento dei
 consorzi  di  gestione  dei  comprensori stessi. Di qui deriva: a) la
 violazione dei principi di imparzialita',  razionalita',  e  di  buon
 andamento  del  comportamento  amministrativo,  nonche'  la  connessa
 violazione del principio di eguaglianza  in  relazione  agli  effetti
 lesivi  arbitrariamente  prodotti  in  confronto ai diritti di alcuni
 proprietari soltanto; b) la violazione della liberta' di associazione
 in conseguenza dell'obbligo irrazionalmente imposto dalla regione  ad
 alcuni  proprietari di far parte di enti associativi, considerato che
 la liberta' di associarsi puo' convertirsi in un  dovere  associativo
 solo  laddove  si  tratti di istituire un'organizzazione pubblica che
 risponda razionalmente e obiettivamente agli  scopi  per  i  quali  i
 proprietari vengano associati.
    3.  -  La  Regione Emilia-Romagna si e' costituita in giudizio per
 sostenere   l'infondatezza   della    questione    di    legittimita'
 costituzionale sollevata.
    L'ordinanza   di  rimessione,  ad  avviso  della  Regione,  appare
 inficiata da una  palese  contraddizione  allorche',  per  un  verso,
 afferma  che la legge impugnata si adegua coerentemente al piu' ampio
 concetto di bonifica, avente la propria  finalita'  nell'assetto  del
 territorio  e  nello  sviluppo  delle  potenzialita'  produttive  ivi
 insediate  (come  indica,  fra  l'altro,  l'art.   857   cod.   civ.,
 interpretato  in armonia con gli artt. 9 e 44 della Costituzione), e,
 per altro  verso,  sostiene  che  l'art.  3  della  stessa  legge  e'
 illegittimo   costituzionalmente,   in   quanto  classifica  l'intero
 territorio regionale come area di bonifica. In realta',  prosegue  la
 Regione,  l'art.  3  e'  la coerente conseguenza della definizione di
 bonifica contenuta nell'art. 1 della stessa legge, ai sensi del quale
 la Regione "riconosce, promuove ed organizza l'attivita' di  bonifica
 come  funzione essenzialmente pubblica ai fini della difesa del suolo
 e di un equilibrato sviluppo del proprio territorio, della  tutela  e
 della  valorizzazione  della  produzione agricola e dei beni naturali
 con particolare riferimento alle risorse  idriche".  A  questi  fini,
 prosegue la Regione, le attivita' di bonifica possono ben interessare
 l'intero  territorio  regionale,  e  non  soltanto  specifiche  zone,
 caratterizzate da condizioni del tutto particolari.
    Ricordando che e' pacifico nella giurisprudenza costituzionale (v.
 sent. n. 271 del 1986) che l'evoluzione dell'ordinamento,  pur  senza
 incidere   formalmente   sulle  disposizioni  interessate,  puo'  far
 modificare il significato di queste ultime, al punto da  far  perdere
 ad  esse  anche  il  carattere  di  principi fondamentali, la Regione
 osserva che la legge impugnata accoglie il significato piu' ampio del
 concetto  di  bonifica inglobando nella nozione di quest'ultima anche
 le funzioni che erano collegate alla  bonifica  montana  e  a  quelle
 proprie dei consorzi idraulici (che, infatti, vengono soppressi dalla
 legge  impugnata). In altri termini, l'idea di fondo di tale legge e'
 quella di dare forza a una moderna concezione  della  bonifica,  che,
 nella  prospettiva  della  tutela  dell'ambiente  e  della produzione
 agricola, sostituisce a strumenti di interventi disorganici  un'unica
 rete  organica,  costituita  dai  nuovi  comprensori  e  consorzi  di
 bonifica: si tratta di un'idea che si distacca dalla legislazione del
 1933  per  riallacciarsi  a  principi  presenti  nella   legislazione
 statale, piu' in armonia con le norme costituzionali.
    Dopo  aver  sottolineato  che,  ai  sensi  dell'art. 7 della legge
 regionale n. 42 del 1984, le opere necessarie ai fini generali  della
 bonifica  e  della  utilizzazione  agricola delle acque sono a totale
 carico delle finanze regionali e che le  opere  di  utilita'  privata
 godono  di contributi in conto capitale che arrivano al 70% o al 30%,
 la  Regione  rileva  che  non  e'  in  discussione  il  principio  di
 correlazione  tra  oneri  e  vantaggi,  per  il  quale  ogni  tipo di
 contribuzione da parte dei privati  e'  strettamente  commisurato  ai
 benefici ricavati dagli interventi sui loro fondi (v. artt. 8, 9 e 13
 della  legge  regionale n. 42 del 1984): quest'ultimo e', in realta',
 il vero principio fondamentale della legislazione  statale,  conclude
 la  Regione,  mentre  non  lo  e' quello, presunto, per il quale solo
 alcuni terreni, e non tutti, devono essere inclusi in comprensori  in
 cui possono essere compiute opere di bonifica.
    Quanto agli altri profili di costituzionalita', la Regione osserva
 che  nel  caso  non  si  puo' parlare di liberta' di associazione (la
 quale, all'art. 18 della Costituzione, si riferisce alle persone come
 tali), ma, piuttosto,  di  diritti  e  di  doveri  di  partecipazione
 connessi  alla  proprieta'  fondiaria  o, piu' precisamente, connessi
 alla funzione sociale relativa alla proprieta'  privata,  commisurata
 ai  valori  della  tutela  del  territorio e dell'ambiente, oltreche'
 all'integrita' economica (artt. 42, 44 e  9  della  Costituzione):  i
 soggetti,   infatti,   sono   chiamati  a  compartecipare  all'azione
 amministrativa di bonifica in quanto  si  trovano  nella  particolare
 condizione   di  proprietari  fondiari,  e  non  gia'  in  quella  di
 cittadini.
    4. - In prossimita' dell'udienza pubblica hanno presentato memorie
 le parti appellanti nel giudizio a quo e la Regione Emilia-Romagna.
    La difesa  delle  parti  private,  in  replica  alle  osservazioni
 contenute  nell'atto  di  costituzione  della Regione Emilia-Romagna,
 osserva che quest'ultima non puo' considerarsi libera di stabilire, a
 sua  discrezione,  tanto  l'ampiezza  della  funzione  bonificatoria,
 quanto  il  raccordo fra l'attivita' di bonifica, l'organizzazione di
 quest'ultima e la distribuzione degli oneri a carico dei privati.  In
 realta',  l'art.  857  cod.  civ.  pone chiaramente l'esigenza di una
 correlazione tra i fini igienici, demografici, economici e sociali  e
 l'assoggettamento  agli  interventi  necessari per raggiungere questi
 fini dei terreni, "che  si  trovano  in  un  comprensorio",  i  quali
 richiedono  per  le loro condizioni di dissesto o di improduttivita',
 interventi speciali. In altri termini, a base della bonifica dovrebbe
 esserci, come fine  preminente,  la  trasformazione  dell'ordinamento
 produttivo  dell'agricoltura,  nella cui proiezione possono rientrare
 anche altri fini piu' particolari (ambientali, di difesa  del  suolo,
 demografici,  etc.),  senza tuttavia che questi ultimi esorbitino dai
 propri confini  per  imporre  finalita'  generali  di  riassetto  del
 territorio.  Secondo  le  parti  private, ritenere il contrario, come
 pretende invece la Regione Emilia-Romagna, significa  riconoscere  un
 potere  regionale  libero  di  invadere  altri  campi  di  competenza
 normativa (anche estranei alle attribuzioni regionali)  e,  per  quel
 che  qui  interessa,  comporta  lo  snaturamento  dei  consorzi quali
 associazione dei proprietari che traggono  benefici  dagli  specifici
 interventi  di  bonifica  in  organismi  cui  i  proprietari  vengono
 associati per il godimento di utilita' collettive, cioe' uti cives. I
 comprensori e i consorzi  verrebbero  cosi'  indebitamente  delineati
 come una sorta di ente intermedio.
    Nella  legge  regionale  n.  42 del 1984, rilevano ancora le parti
 private,  i  principi   ora   ricordati   erano   in   qualche   modo
 salvaguardati,   dal   momento   che  vi  operava  ancora  una  certa
 proporzione tra la bonifica, come complesso di fini integrati,  e  la
 predisposizione    degli    strumenti   organizzativi   mediante   la
 costituzione  di  comprensori  definiti   in   funzione   di   questi
 interventi.  Tuttavia,  ad  avviso della stessa difesa, tali principi
 sono stati rovesciati dall'impugnato art. 3 della legge regionale  n.
 16  del 1987, laddove si stabilisce che tutto il territorio regionale
 viene classificato  di  bonifica  di  seconda  categoria  e  che  per
 ciascuno  dei  comprensori  in  cui  il  territorio  e'  suddiviso e'
 istituito un consorzio di bonifica: con queste disposizioni, infatti,
 risulterebbero  infranti  sia  il   principio   di   formazione   dei
 comprensori in ragione dei programmi di bonifica, sia il nesso fra il
 comprensorio   e  il  consorzio,  tanto  che  quest'ultimo,  anziche'
 associare solo i proprietari che traggono beneficio  dalla  bonifica,
 finirebbe  per  costringere  al  suo  interno tutti i proprietari dei
 suoli esistenti nella regione indipendentemente  dai  benefici  reali
 che  questi ne possano trarre. In tal modo, i contributi di bonifica,
 conclude sul punto la predetta difesa, si  verrebbero  a  configurare
 come  una  nuova  imposta,  diretta  a  tenere  in  piedi  una  nuova
 organizzazione politico amministrativa  vo'lta  al  perseguimento  di
 fini molteplici.
    Il  d.P.R.  n. 616 del 1977, allorche' trasferisce alle regioni le
 funzioni in materia di classificazione, di ripartizione dei territori
 in consorzi di bonifica e  di  approvazione  dei  piani  generali  di
 bonifica e dei programmi di sistemazione dei bacini montani (artt. 69
 e   73),  continua  la  difesa  delle  parti  private,  si  riferisce
 chiaramente alla  disciplina  della  bonifica  contenuta  nel  codice
 civile.  In  questa,  oltre al principio contenuto nell'art. 857 cod.
 civ. (specialita' dell'intervento), c'e' anche quello, espresso dagli
 artt. 859 e 860, secondo il quale  il  comprensorio  non  e'  che  la
 proiezione organizzativa di un piano generale di attivita', dalla cui
 approvazione conseguono gli obblighi dei proprietari situati entro il
 perimetro  del  comprensorio,  per il fatto che soltanto in relazione
 agli  interventi  ivi  previsti  possono  misurarsi   l'interesse   o
 l'utilita'  dei  privati.  Ad  avviso  della  predetta difesa, questa
 rigorosa correlazione tra classificazione dei comprensori,  programma
 di opere, costituzione dei consorzi tra i proprietari e distribuzione
 degli  oneri  fra  questi  ultimi  risulterebbe stravolta dalla legge
 regionale impugnata, la quale,  andando  oltre  i  propri  limiti  di
 interpretazione  dei principi statali, allarga la nozione di bonifica
 fino  a  ricomprendere  le piu' disparate funzioni sul territorio e a
 impiantare, di conseguenza, una  organizzazione  parallela  a  quella
 regionale  fondamentale, nei cui rispetti i privati vengono coinvolti
 al di la' dei benefici a loro diretti  (in  violazione  dell'art.  44
 della   Costituzione,  relativamente  ai  limiti  conformativi  della
 proprieta' privata). Nel far cio', concludono le  parti  private,  la
 legge  della  Emilia-Romagna si distacca persino dalle leggi di altre
 regioni,  che  invece  mantengono  salda  l'anzidetta   correlazione,
 rivelando cosi' la piena irrazionalita' della disposizione impugnata,
 con   conseguente   disparita'   di   trattamento   fra  i  cittadini
 dell'Emilia-Romagna e quelli di altre regioni.
    5. - Nella propria memoria la Regione Emilia- Romagna precisa,  in
 apertura,  che  la  classificazione  operata  dalla  legge  impugnata
 risulterebbe giustificata anche se si volesse seguire la nozione piu'
 ristretta di bonifica, tanto che, prima della legge regionale  n.  16
 del  1987,  l'87,50%  del  territorio  regionale  era  ricompreso nei
 comprensori  di  bonifica  "integrale"  e  "montana".  Tuttavia,   il
 legislatore  regionale  ha  ritenuto  che  tale  preesistente rete di
 comprensori  fosse   incongruente   ai   fini   di   una   coordinata
 realizzazione  degli  interventi  di bonifica tanto in considerazione
 della separazione tra le  aree  montane  e  le  sottostanti  aree  di
 pianura,  quanto  in  considerazione  del  fatto che le delimitazioni
 comprensoriali non risultavano sempre coincidenti con  i  bacini  dei
 principali  corsi d'acqua e presentavano vuoti proprio nei punti piu'
 delicati e vulnerabili per  la  corretta  regimazione  idraulica  dei
 terreni,  vale  a  dire  nei  punti  di  congiunzione  tra montagna e
 pianura. Queste ultime aree -  in  una  delle  quali,  peraltro  gia'
 sottoposta  in  parte  ad  alcune  opere di bonifica e di irrigazione
 gestite dal Comune di Modena, ricadono gli immobili degli  appellanti
 nel   giudizio   a   quo   -   non   potevano  essere  escluse  dalla
 classificazione operata dalla legge impugnata, una volta  che  si  e'
 accettata   una   visione   unitaria   di   bacino  relativamente  al
 coordinamento degli interventi sui territori di montagna e di pianura
 e una volta che negli ultimi decenni si e' verificata  in  tali  zone
 una   consistente   trasformazione   dei   suoli   e   una  rilevante
 urbanizzazione, le quali hanno posto gravi problemi per la  sicurezza
 idraulica   e   la   corretta  utilizzazione  delle  risorse  idriche
 superficiali  e  sotterranee.  Pertanto,  conclude  la  difesa  della
 Regione sul punto, la legge impugnata ha esteso la classificazione al
 restante  12%  del  territorio,  non  gia' per un'astratta ragione di
 completezza del sistema, ma per ragioni relative alle caratteristiche
 proprie dei singoli terreni interessati. E cio' e' tanto vero che  il
 contestato art. 3 della legge n. 16 del 1987 non e' che la "sanzione"
 in   forma   legislativa   di   una   scelta  gia'  compiuta  in  via
 amministrativa dal Consiglio regionale (delibera n. 1241 del 1987)  a
 seguito  di  una complessa procedura, comprensiva anche di ampie fasi
 partecipative nel corso delle quali nessuna  osservazione  e'  giunta
 dagli appellanti nel giudizio a quo.
    Inoltre,  continua  la  difesa  della  Regione, non puo' ritenersi
 violato il principio, desumibile dalla legislazione statale, relativo
 alla "specialita'" della bonifica. Infatti, anche ad ammettere che un
 principio simile a quello invocato esista, esso non potrebbe tradursi
 nell'idea che soltanto  una  parte  del  territorio  regionale  possa
 essere  classificato  di bonifica, quando, in realta', ciascuna parte
 dello   stesso  territorio,  singolarmente  considerata  per  le  sue
 caratteristiche, meritasse e richiedesse quella  classificazione.  Se
 cosi'   non  fosse,  quel  principio  comporterebbe  un'irragionevole
 esigenza di astrattezza della relativa valutazione. Nel caso, invece,
 la classificazione dell'intero territorio e' conseguita,  secondo  la
 Regione,  alla  scelta  di  rendere possibile un'ordinata e razionale
 gestione sul territorio delle attivita' di bonifica e di  irrigazione
 nel quadro di una semplificazione organizzativa mirante a concentrare
 nei  consorzi  ogni  attivita'  di bonifica e a perseguire il fine di
 stabilire  unita'  omogenee  sotto  il  profilo  idrografico   e   di
 realizzare  una  tendenziale  corrispondenza  del comprensorio con il
 bacino idrografico. E cio', conclude sul punto la  Regione,  risponde
 pienamente al principio di "specialita'", il quale significa, tutt'al
 piu',  che la classificazione deve corrispondere alle caratteristiche
 specifiche dei territori considerati.
    Da ultimo, la Regione contesta gli argomenti che le parti  private
 hanno  desunto  dalla legge n. 183 del 1989. Non c'e' dubbio, precisa
 la Regione, che la "difesa del  suolo"  sia  nozione  piu'  ampia  di
 qualunque   significato   possibile   di   bonifica,   intesa   quale
 caratteristico intreccio di opere pubbliche a tutela  del  territorio
 nella  prospettiva  della  produzione agricola. Ma questo rilievo non
 comporta che si debba seguire un concetto  "ristretto"  di  bonifica,
 dal momento che la stessa legge n. 183 definisce le istituzioni della
 bonifica  come uno dei fondamentali cardini amministrativi che, entro
 il  coordinamento  generale  del   bacino,   realizzano   l'attivita'
 complessiva di conservazione e di risanamento del territorio.
                         Considerato in diritto
    1.   -   Il   Consiglio   di   Stato   dubita  della  legittimita'
 costituzionale dell'art. 3 della legge della  Regione  Emilia-Romagna
 23 aprile 1987, n. 16 (Disposizioni integrative della legge regionale
 2  agosto  1984,  n.  42 "Nuove norme in materia di enti di bonifica.
 Delega di funzioni amministrative"), nella parte in cui  prevede  che
 tutto il territorio regionale sia classificato territorio di bonifica
 di  seconda  categoria (ad esclusione delle aree golenali riferite ad
 opere idrauliche di seconda e terza categoria di cui agli artt. 5 e 7
 del r.d. 25 luglio 1904, n. 523, e ferme restando le  classificazioni
 attualmente esistenti adottate con provvedimenti statali).
    Ad  avviso  del  giudice  a quo, la norma contestata, nel porsi in
 contrasto con il principio per  il  quale  appare  coessenziale  alla
 nozione di bonifica l'indicazione di zone di territorio determinate e
 specifiche  da  assoggettare al relativo regime giuridico, violerebbe
 gli artt. 117, 97 e 18 della Costituzione. Il  primo  degli  articoli
 citati,   infatti,   risulterebbe   direttamente   leso  dalla  norma
 impugnata, poiche' il  principio  di  "specialita'"  della  bonifica,
 appena   riferito,  costituirebbe  un  principio  fondamentale  della
 materia, desumibile dalle leggi statali, che, ai sensi dell'art.  117
 della  Costituzione,  rappresenta un limite posto all'esercizio della
 competenza  legislativa  delle  regioni  a  statuto   ordinario.   La
 violazione  degli  altri  articoli della Costituzione precedentemente
 riferiti sarebbe, poi, conseguenziale  alla  mancata  osservanza  del
 medesimo  principio,  per il fatto che tale inosservanza, comportando
 la rottura del legame necessario fra l'appartenenza a un  determinato
 comprensorio  e  l'attuazione  delle specifiche finalita' di bonifica
 relative a quell'area, permetterebbe all'amministrazione regionale di
 porre  in  essere  interventi  affatto  svincolati dai fini specifici
 della bonifica (in violazione dei principi  di  imparzialita'  e  del
 buon  andamento,  stabiliti  dall'art.  97  della  Costituzione) e di
 obbligare i proprietari privati ad  associarsi  in  consorzi  pur  in
 assenza   di  qualsiasi  beneficio  derivante  ai  loro  fondi  dalle
 attivita' di bonifica (in violazione della liberta' dei cittadini  di
 associarsi, garantita dall'art. 18 della Costituzione).
    2.  -  Posta  nei  termini  cosi' precisati, la questione non puo'
 essere accolta.
    Le competenze in materia  di  bonifica  esercitate  con  la  legge
 impugnata  sono  state assegnate alle regioni a statuto ordinario con
 il d.P.R. 15 gennaio 1972, n. 11 (art. 1, lettera h), nell'ambito del
 trasferimento delle funzioni nel campo della agricoltura  e  foreste.
 Il  d.P.R.  24  luglio  1977,  n.  616,  ha  completato  il  predetto
 trasferimento, precisando, agli artt. 66, 69 e 73, che oggetto  delle
 funzioni  assegnate  alle  regioni  sono  le  attivita'  di  bonifica
 "integrale" e montana e di sistemazione idrogeologica,  ivi  comprese
 quelle  svolgentesi  a  livello  interregionale e inclusi i poteri di
 vigilanza gia' esercitati sui consorzi di bonifica dagli organi dello
 Stato. Piu' in particolare,  mentre  l'art.  66  ha  trasferito  alle
 regioni  "le  funzioni concernenti la sistemazione idrogeologica e la
 conservazione del suolo, le opere di manutenzione  forestale  per  la
 difesa  delle  coste nonche' le funzioni relative alla determinazione
 del vincolo  idrogeologico",  l'art.  73,  dopo  aver  precisato  che
 spettano  alle  regioni  le  funzioni  per l'innanzi esercitate dallo
 Stato concernenti i consorzi di bonifica e di bonifica montana  anche
 interregionali,   ha   assegnato  alle  stesse  "la  classificazione,
 declassificazione e ripartizione di territori in consorzi di bonifica
 o di bonifica montana e  la  determinazione  di  bacini  montani  che
 ricadono  nel  territorio  di due o piu' regioni e l'approvazione dei
 piani generali di bonifica e dei programmi di sistemazione dei bacini
 montani che ricadono nel territorio di due o piu' regioni".
    Le attivita' di bonifica trasferite alle competenze  regionali  si
 inquadrano  in  una intelaiatura di funzioni estremamente complessa e
 articolata, nella quale sono compresi poteri attinenti allo  sviluppo
 economico  della  produzione  agricola,  all'assetto  paesaggistico e
 urbanistico del territorio, alla difesa del  suolo  e  dell'ambiente,
 alla   conservazione,  regolazione  e  utilizzazione  del  patrimonio
 idrico. In altri termini, poiche' le funzioni concernenti la bonifica
 sono dirette al consolidamento e alla trasformazione di un territorio
 sul quale si esplicano varie altre attivita' rivolte a fini  identici
 od   omologhi,   esse   costituiscono   un   settore  della  generale
 programmazione  del  territorio  e,  piu'  precisamente,  di   quella
 riguardante  la  difesa e la valorizzazione del suolo con particolare
 interesse verso l'uso  di  risorse  idriche:  un  settore,  il  quale
 presenta   molteplici   aspetti  di  connessione  con  altre  materie
 assegnate alle competenze regionali.
    Oltreche' dall'esame complessivo delle competenze trasferite  alle
 regioni,  il  carattere  settoriale  delle  funzioni  attinenti  alla
 bonifica si deduce anche dalla pur frammentata legislazione statale e
 dalla Costituzione medesima.
    Sotto il primo profilo, l'ampiezza e la generalita' dei  fini  che
 tanto  il  r.d.  13  febbraio  1933,  n. 215 (art. 1, secondo comma),
 quanto l'art. 857 cod. civ. prepongono  alle  attivita'  di  bonifica
 rivelano chiaramente come queste ultime siano configurate dalle leggi
 statali  come  una  delle varie forme di intervento sul territorio al
 servizio di finalita' che, pur sfrondate dagli scopi  ritenuti  ormai
 superati    o   anacronistici   (come   quelli   demografici   o   di
 colonizzazione), costituiscono gli obiettivi generali (fini economici
 e sociali) della complessiva opera di  programmazione  incidente  sul
 territorio  e sugli insediamenti umani ivi stabiliti. La piu' recente
 legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo  e
 funzionale  della  difesa  del  suolo)  conferma  i  caratteri  sopra
 delineati, laddove configura i consorzi di bonifica  come  una  delle
 istituzioni principali per la realizzazione degli scopi di difesa del
 suolo,  di  risanamento  delle  acque, di fruizione e di gestione del
 patrimonio idrico per gli  usi  di  razionale  sviluppo  economico  e
 sociale, di tutela degli aspetti ambientali ad essi connessi.
    La  settorialita'  delle  attivita'  di  bonifica  ha  finanche un
 rilievo  costituzionale,  essendo   chiaramente   presupposta   anche
 dall'art.  44  della  Costituzione,  che,  seppur  nel  quadro  della
 disciplina pubblicistica  della  proprieta'  terriera,  prefigura  la
 bonifica  delle  terre come uno degli strumenti essenziali al fine di
 conseguire il razionale sfruttamento del suolo e  di  stabilire  equi
 rapporti sociali nella agricoltura.
    3.  -  Sul  piano  dei principi fondamentali della materia, cui, a
 norma dell'art. 117 della  Costituzione  deve  attenersi  l'esercizio
 della    potesta'    legislativa    delle   regioni,   il   carattere
 intrinsecamente settoriale delle funzioni di bonifica si articola  in
 duplice  senso:  a)  come specialita' degli interventi, da realizzare
 sulla base di un piano  e  di  un  progetto  di  opere  concretamente
 individuate,  dirette  alla bonifica e al miglioramento fondiario; b)
 come operativita' della bonifica stessa in relazione a un determinato
 territorio, dalle caratteristiche idrogeologiche omogenee,  il  quale
 deve  riferirsi  a  un'area  suscettibile di trasformazione a fini di
 valorizzazione o, piu' semplicemente, di conservazione.
    Questi principi - i quali sono  desumibili  dall'art.  1,  secondo
 comma,  del  r.d.  n.  215  del  1933  e  dall'art.  857  cod. civ. -
 comportano indubbiamente una regola generale, alla cui osservanza non
 puo' sottrarsi l'esercizio delle competenze regionali in  materia  di
 bonifica,  secondo  la  quale deve sussistere una correlazione tra la
 previsione del complesso delle opere pubbliche di bonifica  e  quelle
 di  trasformazione  fondiaria,  da  un  lato, e la determinazione del
 territorio cui quelle opere  si  riferiscono  (c.d.  comprensorio  di
 bonifica),   dall'altro.  Tale  correlazione,  tuttavia,  deve  esser
 commisurata alla complessa orditura delle istituzioni  amministrative
 vo'lte  all'organizzazione  e  allo  svolgimento  della bonifica, nel
 senso che, come risulta chiaramente dalla legislazione statale  sulla
 materia,  essa,  lungi  dal  dover  caratterizzare  ogni  momento del
 procedimento, dall'inizio alla fine, deve concernere, piuttosto,  gli
 interventi  previsti  nel  piano  o nel progetto di trasformazione in
 rapporto alla specifica area in  cui  i  predetti  interventi  devono
 essere attuati.
    In  particolare,  il  r.d.  n.  215 del 1933 - i cui principi sono
 stati ripresi anche dalla legge  sulla  bonifica  montana  (legge  25
 luglio  1952,  n.  991)  e  sono  riecheggiati  dalla scansione delle
 funzioni operata dalle norme legislative sul trasferimento delle rel-
 ative competenze alle regioni - prevede, in relazione  alla  bonifica
 integrale,  un  procedimento  che si articola nelle seguenti fasi: a)
 classificazione dei territori da sottoporre a bonifica in comprensori
 di prima o di seconda categoria,  sulla  base  dei  criteri,  fondati
 sull'importanza,  determinati nello stesso atto legislativo (art. 2);
 b)  redazione  del  piano  generale  di  bonifica  o,  comunque,  del
 programma  di interventi, vo'lti a individuare le opere da compiere e
 a  ripartire  il   territorio   in   aree,   aventi   caratteristiche
 idrogeologiche  omogenee,  da  assoggettare ai vincoli comportati dal
 piano o dal progetto di interventi (art. 4);  c)  perimetrazione  del
 comprensorio  in  relazione  alle  aree  da  vincolare, la quale puo'
 essere contestuale  o  meno  rispetto  al  piano  o  al  progetto  di
 interventi  previsto  (art. 5); d) istituzione degli enti consortili,
 nel numero di uno o piu' (quando sono distinguibili  vari  nuclei  di
 interessi   omogenei)   per   ciascun   comprensorio,   composti  dai
 proprietari degli immobili che traggono beneficio  dalla  bonifica  e
 aventi il compito di provvedere alla esecuzione o alla manutenzione e
 all'esercizio delle opere di bonifica (artt. 54-58).
    Con specifico riferimento all'attivita' di classificazione di zone
 del  territorio come aree di bonifica, occorre sottolineare che - pur
 prescindendo dalla indubbia perdita del senso originario, legato alla
 distinzione dei comprensori fra quelli di prima e quelli  di  seconda
 categoria e alla conseguente ripartizione delle relative attivita' di
 qualificazione  fra  la legge e il decreto regio (presidenziale) - il
 significato della funzione ora considerata ha  subi'to  un  mutamento
 con  il  trasferimento  della  stessa  alle competenze regionali. Non
 avendo piu' come suo scopo essenziale  l'accertamento  della  "minore
 importanza"   di   determinate   zone  ai  fini  della  bonifica,  la
 classificazione demandata alle regioni  ha,  piuttosto,  il  fine  di
 determinare  i  terreni  che,  in considerazione del loro stato, sono
 potenzialmente assoggettabili alle attivita' di  bonifica.  In  altri
 termini,    essa    costituisce    essenzialmente    il   presupposto
 procedimentale che legittima le successive attivita' di delimitazione
 dei comprensori e di individuazione delle opere  di  bonifica,  senza
 comportare  una  necessaria  identita'  fra  le  aree  coperte  dalla
 classificazione  stessa  e  quelle  effettivamente  sottoposte   alla
 bonifica  e,  come  tali,  inserite nel territorio (comprensorio) del
 consorzio di bonifica.
    Quest'ultima  connotazione,  la  quale  e'   stata   indubbiamente
 accentuata dal trasferimento della relativa funzione alle regioni, e'
 peraltro inerente al concetto stesso di classificazione sin dalle sue
 origini,  tanto  che  e'  stato  sempre  pacificamente ammesso che il
 territorio della bonifica puo' esser limitato soltanto  a  una  parte
 dell'area  classificata e che il provvedimento di classificazione del
 comprensorio puo'  non  contenere  l'esatta  indicazione  dei  limiti
 territoriali del comprensorio stesso.
    Tutto  cio'  mostra  che,  contrariamente  a  quanto suppongono il
 giudice a quo e le parti private intervenute nel  presente  giudizio,
 la classificazione del territorio come area di bonifica non coincide,
 di  regola, con la precisa perimetrazione dei comprensori. Come tale,
 essa sfugge a quella rigorosa correlazione che  deve  sussistere  fra
 programma  delle  specifiche  opere da realizzare, determinazione del
 territorio  sul  quale  eseguire  quelle  opere  e  istituzione   del
 consorzio  di  bonifica  fra  i  proprietari  interessati  alle opere
 medesime.  Detto  in  altri  termini,  i  principi  desumibili  dalla
 legislazione   statale  non  impongono  che  la  classificazione  del
 territorio  come  area  di  bonifica  contenga   anche   la   precisa
 perimetrazione  del  comprensorio,  ma lasciano libero il legislatore
 regionale di  configurare  quella  funzione  come  attivita'  diretta
 all'individuazione  di massima delle zone sottoponibili alla bonifica
 ovvero di configurarla come attivita' coincidente con la  definizione
 dei confini del comprensorio in correlazione al programma delle opere
 da attuare.
    4.  -  Premesso  che,  pur  configurando la disposizione impugnata
 un'ipotesi  di  legge-provvedimento,  il  giudizio  di   legittimita'
 costituzionale  non puo' esorbitare, anche in tal caso, dai limiti di
 un esame sulla palese  irragionevolezza  della  scelta  compiuta  dal
 legislatore  e  non  puo' spingersi fino a considerare la consistenza
 degli  elementi  di  fatto  posti  a  base  della  scelta   medesima,
 l'estensione  della  classificazione come area di bonifica all'intero
 territorio della Regione Emilia-Romagna, operata dall'art.  3,  primo
 comma,  della  legge  regionale  n.  16 del 1987, non e' contraria ai
 principi  fondamentali  stabiliti  in  materia  di   bonifica   dalla
 legislazione statale.
    Non   v'e'   dubbio  che,  rispetto  a  tale  conclusione,  assume
 particolare rilievo il fatto che la legislazione della Emilia-Romagna
 ha fatto proprio un concetto di bonifica particolarmente comprensivo,
 il cui oggetto copre, oltre che le attivita' proprie  della  bonifica
 integrale,  anche  quelle riferibili alla bonifica montana e a quella
 idraulica (i cui  consorzi  sono  stati  soppressi,  rispettivamente,
 dall'art. 11 della legge regionale n. 42 del 1984 e dall'art. 4 della
 legge  impugnata).  Ne'  puo'  negarsi  rilevanza  al  fatto  che  il
 territorio dell'Emilia-Romagna e'  tradizionalmente  considerato,  in
 larghissima  parte,  come  zona  suscettibile di bonifica (tanto che,
 prima dell'avvento della legge impugnata, una notevole  porzione  del
 territorio regionale era classificato come area di bonifica). Ma cio'
 che  e'  decisivo,  sotto  il  profilo  del  giudizio di legittimita'
 costituzionale,  e'  il  rilievo  che  il   sistema   prescelto   dal
 legislatore  regionale comporta che la classificazione del territorio
 come area di bonifica preceda la precisa  definizione  dei  perimetri
 dei  comprensori  e  contenga  semplicemente  l'individuazione  e  la
 delimitazione di massima dei comprensori stessi.
    L'impugnato art. 3, infatti, dopo aver classificato  esso  stesso,
 al  primo comma, l'intero territorio regionale come area di bonifica,
 dispone,  al  comma  successivo,  che  il  "Presidente  della  Giunta
 regionale  provvede  con  decreto  alla definizione dei perimetri dei
 comprensori di bonifica sulla base  della  delimitazione  di  massima
 effettuata  dal  Consiglio  regionale su proposta della Giunta". Come
 risulta anche dalla ripartizione delle competenze fra il Consiglio  e
 la  Giunta,  e'  evidente  che  la  classificazione e' contestuale o,
 comunque, correlata a  una  delimitazione  dei  comprensori  valevole
 soltanto   come  individuazione  di  massima,  la  quale  costituisce
 semplicemente la base su  cui  verra'  successivamente  operata,  con
 decreto  del Presidente della Giunta, la precisa perimetrazione delle
 zone di territorio da assoggettare ai vincoli della bonifica.
    La classificazione e la correlativa delimitazione di massima sono,
 pertanto, provvedimenti dai quali  non  possono  derivare  vincoli  a
 carico degli enti pubblici o dei proprietari privati interessati alla
 bonifica,  poiche'  sono espressioni di funzioni prodromiche rispetto
 alla  perimetrazione  dei comprensori, alla definizione dei programmi
 di bonifica (art. 6 della legge regionale 2 agosto  1984,  n.  42)  e
 alla istituzione dei consorzi composti dai proprietari degli immobili
 interessati alla bonifica stessa (art. 12 della legge regionale n. 42
 del  1984).  Che  sia cosi' si deduce dallo stesso art. 3 della legge
 impugnata, il quale, al quarto comma,  stabilisce  che  il  Consiglio
 regionale,  su  proposta  della  Giunta,  istituisce  un consorzio di
 bonifica "su ciascuno dei comprensori delimitati ai sensi del secondo
 comma del  presente  articolo",  vale  a  dire  definiti  nei  propri
 perimetri  con  decreto  del Presidente della Giunta sulla base della
 delimitazione di massima operata dal Consiglio regionale. Ed e'  solo
 in   riferimento  a  tale  precisa  perimetrazione  dei  comprensori,
 correlata e dimensionata agli interventi di bonifica  progettati  per
 una   determinata   area,   che   assumono  valore  di  vincolo  quel
 collegamento e quella proporzionalita', sottolineati  dal  giudice  a
 quo,   che  devono  esistere  tra  la  definizione  dei  confini  dei
 comprensori, la istituzione dei consorzi  dei  proprietari  ricadenti
 nei  confini  medesimi  e  la distribuzione dei contributi alle spese
 della bonifica fra i titolari degli immobili in ragione dei  benefici
 conseguiti    per   effetto   della   bonifica   stessa   (principio,
 quest'ultimo, recepito dalla legislazione  della  Emilia-Romagna  per
 mezzo dell'art. 13 della legge regionale n. 42 del 1984).
    In  definitiva,  in  considerazione della configurazione conferita
 dal  legislatore  regionale  alla  funzione  di  classificazione  dei
 comprensori,  la  qualificazione dell'intero territorio della Regione
 Emilia-Romagna come area  di  bonifica  (di  seconda  categoria)  non
 appare  arbitraria in riferimento al principio fondamentale stabilito
 dalla legislazione statale in materia di bonifica, secondo  il  quale
 deve  sussistere una ragionevole correlazione di proporzionalita' fra
 la previsione del  complesso  delle  opere  di  trasformazione  o  di
 riordinamento della bonifica e la perimetrazione del comprensorio cui
 le  predette  opere  si  riferiscono  (territorio  del  consorzio  di
 bonifica). E cio' si afferma - in analogia  con  quanto  asserito  da
 questa Corte in altra materia (v. sent. n. 327 del 1990) - sul chiaro
 presupposto  che  la classificazione dell'intero territorio regionale
 come area di bonifica, operata dall'impugnato art. 3, non comporta di
 per se' una generalizzata sottoposizione del predetto  territorio  ai
 vincoli  di  bonifica e, inoltre, non pregiudica affatto il principio
 che tali vincoli siano imposti soltanto in dipendenza di  un  bisogno
 effettivo  di riassetto del territorio considerato e che i contributi
 siano richiesti ai privati soltanto in ragione dei benefici  da  essi
 conseguiti per effetto delle opere di bonifica.
   5.   -   Sulla   base   delle  considerazioni  ora  svolte,  devono
 considerarsi  assorbiti  gli  ulteriori   profili   di   legittimita'
 costituzionale  sollevati  dal  giudice  a  quo, dal momento che sono
 logicamente consequenziali  alla  pretesa  violazione  del  principio
 fondamentale  attinente alla correlazione fra imposizione dei vincoli
 di bonifica e appartenenza dei proprietari a  zone  del  comprensorio
 non necessariamente beneficianti degli effetti della bonifica stessa.
 Ma,  una  volta  che sia stata escluso che la classificazione operata
 dall'impugnato art. 3  comporti  la  violazione  di  quel  principio,
 devono  considerarsi  consequenzialmente  non  lesi anche i parametri
 rappresentati dagli artt. 97 e 18 della Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 3, primo comma, della legge della Regione Emilia-Romagna 23
 aprile 1987, n. 16 (Disposizioni integrative della legge regionale  2
 agosto  1984,  n.  42  "Nuove  norme  in materia di enti di bonifica.
 Delega  di  funzioni  amministrative"),  sollevata,  con  l'ordinanza
 indicata  in  epigrafe,  dal  Consiglio  di Stato in riferimento agli
 artt. 117, 97 e 18 della Costituzione.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 5 febbraio 1992.
                       Il Presidente: CORASANITI
                       Il redattore: BALDASSARRE
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
    Depositata in cancelleria il 24 febbraio 1992.
                       Il cancelliere: FRUSCELLA
 
 92C0243