Lettera circolare per l'applicazione delle ordinanze 4 dicembre 1992, concernenti misure di salvaguardia per i parchi nazionali di cui all'art. 34, comma 1, della legge 6 dicembre 1991, n. 394.(GU n.31 del 8-2-1993)
Vigente al: 8-2-1993
In riferimento alle ordinanze 4 dicembre 1992, pubblicate nella Gazzetta Ufficiale n. 300 del 22 dicembre 1992, si forniscono i seguenti chiarimenti interpretativi, riguardanti questioni di generale rilevanza concreta: 1. E' utile premettere che nel procedimento delineato dall'art. 34, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, l'audizione delle regioni e degli enti locali interessati costituisce un momento essenziale ai fini dell'adozione delle misure di salvaguardia. Si osserva, in proposito, che la formulazione di tale parere consente al Ministro dell'ambiente di adottare le suddette misure e rende inefficaci le prescrizioni adottate con ordinanze cautelari ai fini della salvaguardia delle aree medesime. Il predetto parere e' stato richiesto con note trasmesse il 4 gennaio 1993 e deve essere reso entro il 4 aprile p.v. e, se reso in data anteriore, consente di anticipare l'adozione delle misure di salvaguardia da emanarsi tenuto conto delle osservazioni degli enti locali. 2. Il divieto di edificazione indicato all'art. 1, lettera a), riproduce, con esclusione della previsione di eventuali divieti anche nell'ambito dei centri edificati, la misura di salvaguardia contenuta nell'art. 6, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, e relativa alle aree individuate nel programma triennale per le aree naturali protette. L'art. 6, a bilanciamento del divieto di edificazione, prevede che, nei casi di necessita' ed urgenza, il Ministro dell'ambiente possa consentire deroghe al divieto. Tale possibilita', come verra' appresso precisato, deve ritenersi esistente anche in relazione alle misure di salvaguardia introdotte con l'art. 1, lettera a), dell'ordinanza 4 dicembre 1992. Deve osservarsi che l'art. 18 della legge n. 865/1971, richiamato dall'art. 6 e dall'art. 1, lettera a), citati, non e' una disposizione dettata a fini urbanistici, ma aveva la finalita' di suddividere il territorio comunale in zone rilevanti per l'applicazione dei diversi criteri di determinazione dell'indennita' di espropriazione previsti da altre disposizioni della medesima legge; tali criteri, com'e' noto, sono stati dichiarati costituzionalmente illegittimi dalla Corte costituzionale. La circostanza indicata ha fatto si' che, dall'epoca della pronuncia della Corte, i comuni non abbiano piu' adottato ovvero aggiornato le perimetrazioni dei centri edificati, che quindi risultano, nella maggior parte dei casi, superate dalla edificazione realizzata sulla base degli strumenti urbanistici. Tenuto conto di cio', anche alla luce della formulazione dell'art. 6, comma 3, della legge n. 349/1991, nella parte riprodotta nelle ordinanze, il richiamo dell'art. 18, comma 2, e' riferito al criterio sostanziale di individuazione dei centri edificati e non soltanto alle perimetrazioni formalmente adottate dai comuni in base alla disposizione del comma 1. Detto contenuto e' il seguente: "Il centro edificato e' delimitato, per ciascun centro o nucleo abitato, dal perimetro continuo che comprende tutte le aree edificate con continuita' ed i lotti interclusi. Non possono essere compresi nel perimetro dei centri edificati gli insediamenti sparsi e le aree esterne, anche se interessate dal processo di urbanizzazione". 3. Occorre peraltro considerare che il potere di deroga stabilito al comma 3 dell'art. 6, anche se non richiamato nel testo delle ordinanze 4 dicembre 1992, e' comunque esercitabile, in quanto logicamente ricompreso nel potere di ordinanza gia' esercitato. 4. Dalle considerazioni esposte ai punti precedenti, consegue: 4.1 che, ai fini dell'esclusione del divieto di edificazione, hanno efficacia le perimetrazioni dei centri edificati che individuino la situazione esistente alla data del 22 dicembre 1992, anche se adottate successivamente a tale data. I comuni, al fine di consentire l'esercizio dei poteri di vigilanza e di deroga, dovranno trasmettere al Ministero dell'ambiente le perimetrazioni adottate; 4.2 che nelle zone esterne ai centri edificati nelle quali l'edificazione sia prevista dagli strumenti urbanistici attuativi (ad esempio piano di zona per l'edilizia economica e popolare - P.E.E.P., piano particolareggiato, piano di lottizzazione) che siano stati adottati alla data del 22 dicembre 1992 e che non necessitino di approvazione da parte dell'autorita' regionale, l'edificazione potra' essere consentita dal Ministro dell'ambiente attraverso l'esercizio del potere di autorizzazione in deroga su specifica e documentata richiesta dei comuni interessati. Deve osservarsi in proposito che nei tempi intercorrenti tra la richiesta di parere alle regioni ed agli enti locali interessati avanzata dal Ministro dell'ambiente sulle misure di salvaguardia e la formulazione di detto parere (novanta giorni) i casi di adozione di strumenti urbanistici generali ed attuativi in variante ai vigenti P.R.G. sono da ritenere una fattispecie limitata ad un ridotto numero di casi, tale da consentire una rapida definizione da parte del Ministero dell'ambiente delle relative richieste. Del resto l'esame delle varianti di P.R.G. e' preordinato ad assicurare che l'istituendo ente parco possa armonizzare la disciplina del parco con quella da valere nell'ambito della pianificazione urbanistica dei singoli comuni. 5. Il divieto di edificazione, stabilito nelle ordinanze, nella concreta portata risultante dalle precisazioni sopraesposte, non inibisce l'esercizio delle potesta' amministrative spettanti agli enti territoriali e locali. Anche dopo il 22 dicembre 1992 possono quindi essere rilasciate le concessioni edilizie consentite dalle disposizioni vigenti. Peraltro, il divieto di edificazione comporta che i lavori oggetto delle concessioni non possono essere iniziati. Da cio' consegue che il termine per l'inizio dei lavori e quello di efficacia della concessione decorrono soltanto a partire dal momento in cui, per effetto del venir meno del divieto (in conseguenza dell'intervenuto rilascio dell'autorizzazione in deroga da parte del Ministro dell'ambiente ovvero dell'adozione di misure di salvaguardia ai sensi dell'art. 34, comma 3, della legge n. 394/1991 che diversamente dispongano) sara' possibile intraprendere la realizzazione delle opere. Inoltre, i comuni dovranno informare dell'esistenza del vincolo gli intestatari delle concessioni; cio' dovra' avvenire attraverso l'inserimento di specifica clausola nel testo dei provvedimenti rilasciati in futuro, ovvero attraverso uno specifico provvedimento integrativo da notificare a coloro ai quali siano state rilasciate concessioni dopo il 22 dicembre 1992. 6. Sempre con riferimento alle facolta' edificatorie, si sottolinea che, in base a quanto disposto dall'art. 2, ultimo comma, delle ordinanze, e' consentita la realizzazione delle opere gia' autorizzate se in corso d'opera. In analogia a quanto disposto dall'art. 6, comma 3, della legge n. 394/1991, deve anche ritenersi consentita la realizzazione degli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria di cui alle lettere a) e b) della legge n. 457/1978, nonche' degli altri interventi di recupero, risanamento e consolidamento non integranti nuove opere. Si precisa che devono intendersi in corso d'opera le opere per le quali siano iniziati i lavori ovvero, trattandosi di opere pubbliche, sia stata effettuata la consegna dei lavori a termini della disciplina vigente in materia di esecuzione di dette opere. Gli organi comunali nell'ambito dei propri poteri di sorveglianza sono incaricati di vigilare sull'osservanza delle predette disposizioni. 7. Per quanto concerne le attivita' e le opere escluse dall'ambito di applicazione delle ordinanze del 4 dicembre 1992 a tenore dell'art. 2 delle stesse va precisato che e' necessario acquisire apposita autorizzazione del Ministro dell'ambiente dopo che le autorita' competenti a diverso titolo a pronunciarsi sullo svolgimento delle attivita' e sulla realizzazione delle opere abbiano emesso le proprie determinazioni. Quanto ai tagli boschivi di cui all'art. 2, lettera d), si precisa che devono ritenersi consentiti, senza necessita' dell'autorizzazione ministeriale, i tagli boschivi effettuati in attuazione di programmi gia' approvati, trattandosi, nella specie, di fattispecie in tutto assimilabile alla realizzazione di opere autorizzate ed in corso d'opera. Resta inteso che gli usi civici, ivi compreso l'uso di beni del demanio comunale, sono esclusi dall'assetto di applicazione delle ordinanze del 4 dicembre 1992 e non richiedono autorizzazione preventiva del Ministro dell'ambiente. Il Ministro: RIPA DI MEANA