N. 23 ORDINANZA 12 - 29 gennaio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo penale - Verbalizzazione riassuntiva - Attivita' -  Forme  e
 scelta  relativa  -  Richiamo  alle  sentenze nn. 529/1990, 77/1991 e
 284/1992 della Corte - Irrilevanza e genericita' della
 questione - Manifesta inammissibilita' - Riproposizione di questioni
 gia' disattese dalla Corte - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., artt. 140,  primo  comma,  e  567,  terzo  comma;  legge  16
 febbraio 1987, n. 81, art. 2, primo comma, punto 8).
 
 (Cost.,  artt.  3,  24,  76  e 97; convenzione ratificata con legge 4
 agosto 1955, n. 848, art. 6, primo comma, parte prima).
(GU n.5 del 3-2-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele  PESCATORE,  avv.  Ugo
 SPAGNOLI,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi
 MENGONI, prof. Enzo CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Francesco
 GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale degli artt. 140, primo
 comma, e 567, terzo comma, del codice di procedura penale e dell'art.
 2, primo comma, punto 8, della legge 16 febbraio 1987, n. 81  (Delega
 legislativa  al  Governo  della Repubblica per l'emanazione del nuovo
 codice di procedura penale), promosso  con  ordinanza  emessa  il  13
 gennaio  1992  dal Pretore di Bergamo, Sezione distaccata di Grumello
 del Monte  nel  procedimento  penale  a  carico  di  Rossini  Ettore,
 iscritta  al  n.  331  del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  27,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 19 novembre  1992  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello.
    Ritenuto  che  nel  corso  di  un  procedimento penale a carico di
 Ettore Rossini, imputato di lesioni colpose da sinistro stradale,  il
 Pretore  di  Bergamo,  Sezione  distaccata di Grumello del Monte, con
 ordinanza del 13 gennaio 1992  (reg.  ord.    n.  331  del  1992)  ha
 sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 24, 76, 97 Cost. (l'art. 76
 in relazione ai punti 1, 2, 8, 73, 103 della legge delega 16 febbraio
 1987 n. 81), questioni di  legittimita'  costituzionale  degli  artt.
 140,  primo comma, 567, terzo comma, del codice di procedura penale e
 2, primo comma, punto 8, della legge n.   81  del  1987  cit.  "nella
 parte  in  cui  tali  norme  consentono  che la verbalizzazione delle
 attivita'  dibattimentali  avvenga  in  forma  solo  riassuntiva,  in
 generale,  quando si tratti di atti semplici o di limitata rilevanza;
 in particolare, nel processo pretorile, in ogni caso in  cui  vi  sia
 l'accordo  delle  parti  alla  verbalizzazione  solo  riassuntiva;  e
 comunque consentono che la verbalizzazione integrale  possa  avvenire
 in  forma  manuale  anziche'  fonografica  o  analoga; e comunque non
 impongono  che  la  verbalizzazione  sia  integrale   per   tutti   i
 dibattimenti,   avanti  qualunque  giudice  o  corte,  per  qualunque
 imputazione ed imputato";
      che  il  pretore  premette  che:  a)  nel  caso  di  specie   la
 complessita'   dei   fatti   da   accertare  rendeva  inopportuna  la
 verbalizzazione riassuntiva; b) era rimasta disattesa  dal  Ministero
 di  grazia  e  giustizia  la  richiesta  di strumenti di riproduzione
 fonica;  c)  si  rendeva  percio'  necessaria,  in  alternativa  alla
 semplice  verbalizzazione  riassuntiva,  la  verbalizzazione  manuale
 integrale (art. 134, secondo comma, cod. proc. pen.).
      che, cio' premesso, il pretore rimettente esprime il dubbio  che
 l'art.   140,   primo   comma,   che   consente  in  taluni  casi  la
 verbalizzazione solo riassuntiva, e l'art. 567, terzo  comma,  che  a
 sua  volta  prevede,  per  il  processo  pretorile,  "tale  forma  di
 verbale", al di fuori dei casi indicati nell'art. 140 cit., "col solo
 presupposto del  consenso  delle  parti",  cui  il  giudice  "sarebbe
 vincolato", violino:
        a)  l'art.  3  Cost.:  per  ingiustificata discriminazione tra
 imputati nel processo pretorile e imputati nel  processo  davanti  al
 tribunale,  essendo  solo  per  i  primi  e  non  anche per i secondi
 prevista la verbalizzazione riassuntiva  in  base  al  mero  consenso
 delle  parti;  in  ragione della disuguaglianza che si determinerebbe
 fra quegli imputati "con difese piu' agguerrite" e quindi in grado di
 effettuare meglio la scelta della  verbalizzazione  integrale  e  gli
 altri  che, non potendo disporre di tali difese, verrebbero giudicati
 con "materiale probatorio dibattimentale solo sommariamente descritto
 nei verbali"; con riguardo al solo art. 140, primo  comma,  sembrando
 irragionevole     l'attribuzione     al     giudice    di    decidere
 "insindacabilmente" se  gli  atti  da  verbalizzare  abbiano  o  meno
 contenuto   semplice   o   limitata  rilevanza  e  di  dichiarare  la
 contingente indisponibilita' degli  strumenti  di  riproduzione  che,
 essendo    gia'   disponibili   presso   alcune   sedi   giudiziarie,
 genererebbero  una  "inammissibile  disparita'  di  trattamento   fra
 persone  imputate  degli stessi reati, a seconda che il loro processo
 si svolga in sedi ove tali strumenti esistono, ovvero in  altre  sedi
 giudiziarie";
        b)  l'art.  24  Cost.: per l'inidoneita' della verbalizzazione
 sommaria  a  garantire  il  diritto  di  difesa  in   giudizio;   per
 l'inidoneita'   della   valutazione  operata  dal  giudice  circa  il
 carattere  marginale  di  alcuni   "particolari   di   dichiarazioni"
 testimoniali,  che  invece,  dopo  l'esame di altri testi, potrebbero
 assumere  rilevanza  significativa,  "e  dei   quali   peraltro   non
 rimarrebbe   traccia   nel  verbale";  perche'  le  norme  denunciate
 permetterebbero che il giudice, "dovendo badare alla genuinita' delle
 verbalizzazioni (in  forma  riassuntiva)  ..,  possa  incolpevolmente
 perdersi  qualche  battuta  del  teste"  e consentirebbero "che nelle
 pause tra la verbalizzazione integrale manuale di una domanda e della
 successiva risposta il teste prenda tempo .. e mediti sulla  versione
 da esporre in relazione alle domande via via formulategli";
        c) l'art. 76 Cost.: perche' l'eventualita' per ultimo indicata
 (in   riferimento   all'asserita   violazione   dell'art.  24  Cost.)
 profilerebbe anche un contrasto con i punti 73 e 66  della  legge  di
 delega  n.  81  del  1987  che  tendono ad assicurare la lealta' e la
 genuita' dell'esame, attraverso l'immediatezza  e  la  concentrazione
 del  dibattimento,  dato  che la verbalizzazione in forma riassuntiva
 non corrisponderebbe al principio di  massima  semplificazione  degli
 atti  processuali,  enunciato  nell'art.  2,  punto 1, della legge di
 delega,  potendo  in  tal  modo  il  dibattimento  avere  una  durata
 anormale;  con  riguardo al solo art. 567, terzo comma, per contrasto
 con l'art. 2, punti 8 e 103, della legge di delega, perche' la  norma
 denunciata   prevede   la   possibilita'   che  alla  verbalizzazione
 riassuntiva si pervenga con il solo accordo delle parti;
        d)  con  l'art.  97  Cost.,  perche'  i   motivi   ora   detti
 paleserebbero  il contrasto delle norme impugnate anche col principio
 di buon andamento dell'amministrazione della giustizia;
      che "conseguenziale alla  prospettata  illegittimita'  dell'art.
 140/1  c.p.p.  risulta  l'illegittimita'  dell'art. 2, punto 8, della
 legge delega per gli stessi argomenti sopra enucleati";
      che, "ove si optasse per la verbalizzazione  integrale  manuale,
 oltre  a  presentarsi i pericoli di progressiva perdita di genuinita'
 delle deposizioni (per quanto gia' argomentato)  ci  si  scontrerebbe
 con  una  durata del dibattimento (non esauribile in una sola udienza
 ..) difficilmente compatibile con la prescrizione dell'art.  6, comma
 1, parte prima, della convenzione ratificata dall'Italia con legge  4
 agosto 1955 n. 848";
      che  il  Presidente  del Consiglio dei ministri, intervenuto nel
 giudizio, ha chiesto che le questioni siano dichiarate manifestamente
 infondate,  sia  perche'  basate   sulla   prospettazione   di   meri
 inconvenienti   di   fatto,  sia  perche'  le  norme  impugnate  sono
 pienamente aderenti alla delega legislativa;
    Considerato che, nella precedente sentenza n. 529 del 1990, questa
 Corte ha ritenuto che, se dal punto 8  dell'art.  2  della  legge  di
 delega  n. 81 del 1987 si evince la preferenza per la verbalizzazione
 integrale, "questa non costituisce pero'  una  regola  assoluta",  il
 che, "in relazione alla ricorrenza o meno di certi presupposti, rende
 legittima  in  sede  di attuazione della delega la possibilita' .. di
 prevedere l'una o l'altra forma di verbalizzazione";
      che nell'ordinanza n. 77 del 1991 si e' altresi' affermato e, in
 quella n. 284 del 1992, ribadito che,  una  volta  che  la  legge  di
 delega ha previsto come forme fra loro alternative di verbalizzazione
 quella  integrale  e quella riassuntiva, il raffronto delle norme del
 codice di procedura penale deve essere compiuto  in  via  prioritaria
 con  riferimento a questa previsione, "essendo evidente che i criteri
 e i principi della delega devono essere fra loro  armonizzati,  dando
 prevalenza  a  quelli  che  riguardano  specificamente le parti della
 disciplina  presa  in  considerazione"   e   quindi   nella   specie,
 trattandosi   di  verbalizzazione,  ai  criteri  e  ai  principi  che
 riguardano direttamente questo tema, i quali,  come  si  e'  rilevato
 nelle predette pronunce, risultano pienamente rispettati;
      che  di conseguenza le censure formulate in riferimento all'art.
 76 della Costituzione, sono  manifestamente  infondate,  riproponendo
 questioni  gia'  disattese  da  questa Corte con le pronuncie citate,
 senza offrire alcun argomento  nuovo  che  possa  indurre  a  diverso
 avviso;
      che,  quanto  alle  censure  formulate in riferimento all'art. 3
 della Costituzione (in particolare quella che attiene  alla  asserita
 disparita'  tra  imputati  "con  difese  piu' agguerrite" ed imputati
 giudicabili presso sedi giudiziarie gia' fornite di mezzi  automatici
 di riproduzione), si e' in presenza di eventualita' di mero fatto che
 non    possono   trovare   ingresso   in   sede   di   sindacato   di
 costituzionalita' delle leggi (ordinanze nn. 410 del 1990 e  556  del
 1987);
      che  anche  l'altra  censura formulata in riferimento all'art. 3
 della Costituzione - sotto il profilo della disparita' di trattamento
 tra  imputati,  nell'assunto  che  il   metodo   di   verbalizzazione
 dipenderebbe  da una "insindacabile" scelta del giudice - e' priva di
 fondamento; difatti la condotta del processo, anche per  gli  aspetti
 meramente   ordinatori  -  come  quello  preso  in  considerazione  -
 solitamente insuscettibili di riesame, e' affidata  ad  organi  della
 giurisdizione che, in ragione della loro funzione, devono esercitarla
 con  diligenza,  senso  del  dovere, prudente apprezzamento, cosi' da
 garantire, sotto  la  propria  responsabilita',  lo  svolgimento  del
 processo  nel  modo  piu' rispondente alle sue finalita' e nei limiti
 fissati dalla relativa disciplina; il  che  circonda  di  sufficienti
 garanzie la scelta da compiersi circa le modalita' di verbalizzazione
 da  adottarsi,  riducendo al minimo il rischio di quell'arbitrarieta'
 paventata dal giudice rimettente;
      che va, altresi', considerato che la  prevista  possibilita'  di
 ricorrere  alla  verbalizzazione  in  forma  riassuntiva o, comunque,
 facendo   ricorso   alla   scrittura   manuale,   quando    risultino
 indisponibili  i  mezzi di riproduzione costituiti dalla stenotipia o
 da  altro  strumento  meccanico,  e'   imposta   dal   principio   di
 indefettibilita'   della   funzione   giurisdizionale,  come  momento
 necessario  dell'ordinamento,  che  non  potrebbe  certamente  essere
 impedita  o  sospesa a causa della materiale indisponibilita' di tali
 strumenti e cio' anche in ossequio a molti dei principi invocati  dal
 giudice a quo;
      che,  per  quel  che  riguarda la censura dedotta in riferimento
 all'art. 24 della Costituzione, in ordine alle  maggiori  difficolta'
 cui si va incontro quando si fa ricorso alle verbalizzazioni alterna-
 tive  anziche'  a  quella  da  effettuare con strumenti meccanici, va
 rilevato che - qualora, per ovviare a quelli  che  nell'ordinanza  di
 rinvio   vengono   prospettati  come  inconvenienti,  si  addivenisse
 all'accoglimento della questione  -  stante  l'obbiettiva  perdurante
 indisponibilita' di mezzi di riproduzione automatica, per non esserne
 stati  ancora  dotati  tutti  gli  uffici  giudiziari,  si verrebbe a
 paralizzare l'esercizio della funzione giurisdizionale presso  quegli
 uffici  che ancora non disponessero di tali strumenti; e cio' sarebbe
 in  palese   contrasto   con   il   gia'   enunciato   principio   di
 indefettibilita'   della  giurisdizione,  che  deve  essere  comunque
 esercitata, una volta assicurate sufficienti garanzie di difesa,  che
 possono  reputarsi  parimenti  soddisfatte  anche  se nel processo si
 ricorre a forme di verbalizzazioni diverse da quella  realizzata  con
 sussidi tecnici;
      che  manifestamente  inammissibile  e'  la  censura sollevata in
 riferimento all'art. 97 della Costituzione, perche' essa  si  risolve
 in  una generica doglianza di inefficienza degli uffici giudiziari, a
 causa  della  mancata  dotazione  di  mezzi  necessari  per  il  loro
 funzionamento;
      che   manifestamente  inammissibili  per  irrilevanza  sono  gli
 ulteriori profili di censura - sollevati sia in riferimento  all'art.
 3   della   Costituzione   che   in  riferimento  all'art.  76  della
 Costituzione - delle norme denunciate nella parte in cui prevedono la
 possibilita', "su accordo delle parti", della redazione  del  verbale
 in  forma  riassuntiva,  in  quanto dalla narrativa dell'ordinanza di
 rimessione non risulta  che  tale  evenienza  si  sia  verificata  in
 concreto nel giudizio a quo;
      che manifestamente inammissibile per genericita', non essendo il
 contenuto  del  profilo  dedotto  ne'  argomentato ne' desumibile dal
 contesto,  e'  infine  la  censura  formulata  in  riferimento  "alla
 prescrizione dell'art. 6, comma primo, parte prima, della convenzione
 ratificata dall'Italia con legge 4 agosto 1955 n. 848";
      che  del pari manifestamente inammissibile per genericita' e' la
 censura svolta nei confronti "dell'art. 2, punto 8,  della  legge  di
 delega" n. 81 del 1987, non essendo in alcun modo chiarite le ragioni
 della  asserita consequenzialita' della illegittimita' costituzionale
 di  tale  norma,  in  relazione  "alla   prospettata   illegittimita'
 dell'art. 140/1 c.p.p.";
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87 e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   delle  questioni  di
 legittimita' costituzionale degli artt. 140, comma 1, e 567, comma 3,
 del codice di procedura penale e dell'art. 2, comma 1, punto 8, della
 legge 16 febbraio 1987 n. 81 "Delega  legislativa  al  Governo  della
 Repubblica  per  l'emanazione  del nuovo codice di procedura penale")
 sollevate, in riferimento agli artt. 3, 76 e 97 della Costituzione ed
 "all'art. 6, comma  1,  parte  prima,  della  convenzione  ratificata
 dall'Italia  con  la  legge  4  agosto  1955  n. 848", dal Pretore di
 Bergamo, sezione distaccata di Grumello del  Monte,  con  l'ordinanza
 indicata in epigrafe;
    Dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimita'
 costituzionale  degli  artt. 140, comma 1, e 567, comma 3, del codice
 di procedura penale sollevate, in riferimento agli artt.  3,  24,  76
 della  Costituzione  ed  in  relazione  all'art. 2, comma 1, punto 8,
 della legge 16 febbraio 1987 n. 81, dal Pretore di  Bergamo,  sezione
 distaccata di Grumello del Monte, con la stessa ordinanza.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 12 gennaio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: CAIANIELLO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 29 gennaio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0073