N. 32 SENTENZA 16 gennaio - 4 febbraio 1993

 
 
 Giudizio sull'ammissibilita' della richiesta di referendum
 popolare.
 
 Corte  costituzionale  -  Abrogazione della legge 6 febbraio 1948, n.
 29, recante "Norme per la  elezione  del  Senato  della  Repubblica",
 limitatamente  alle  seguenti  parti:  art.  17, secondo comma, cosi'
 modificato  dall'art.  1  della  legge  23  gennaio  1992,   n.   33,
 limitatamente alle parole "comunque non inferiore al 65 per cento del
 loro  totale";  art. 18, primo comma, limitatamente alle parole "alla
 segreteria del Senato, che ne rilascia ricevuta, qualora sia avvenuta
 la proclamazione del candidato e,  nel  caso  contrario,";  art.  19,
 primo  comma,  limitatamente  alle  parole  "o delle comunicazioni di
 avvenuta proclamazione"; secondo  comma,  limitatamente  alle  parole
 "presentatisi nei collegi"; terzo comma, cosi' modificato dall'art. 1
 della  legge  28  aprile  1967,  n.  262,  limitatamente  alla parola
 "suddetti";  ultimo  comma,  limitatamente  alla  parola   "soltanto"
 nonche'  alle  parole "il candidato che in detto collegio ha ottenuto
 il maggior  numero  di  voti  validi,  e"  -  Aspetti  non  incidenti
 sull'operativita'  del  sistema  elettorale  -  Ammissibilita'  della
 richiesta di referendum popolare
 
(GU n.6 del 8-2-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, dott. Francesco GRECO, prof.
    Gabriele  PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,
    prof. Vincenzo CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof. Luigi  MENGONI,
    prof.  Enzo  CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI,
    prof. Francesco GUIZZI, prof.  Cesare  MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio sull'ammissibilita', ai sensi dell'art. 2, primo comma,
 della legge costituzionale 11 marzo 1953, n. 1,  della  richiesta  di
 referendum popolare per l'abrogazione della legge 6 febbraio 1948, n.
 29,  recante  "norme  per  la  elezione del Senato della Repubblica",
 limitatamente alle seguenti parti:
    Articolo 17
      secondo comma, cosi' come modificato dall'art. 1 della legge  23
 gennaio   1992,  n.  33,  limitatamente  alle  parole  "comunque  non
 inferiore al 65 per cento del loro totale";
    Articolo 18
      primo comma, limitatamente  alle  parole  "alla  segreteria  del
 Senato,   che   ne   rilascia   ricevuta,  qualora  sia  avvenuta  la
 proclamazione del candidato e, nel caso contrario";
    Articolo 19
      primo comma, limitatamente alle parole "o delle comunicazioni di
 avvenuta proclamazione";
      secondo  comma,  limitatamente  alle  parole  "presentatisi  nei
 collegi";
      terzo  comma, cosi' modificato dall'art. 1 della legge 28 aprile
 1967, n. 262, limitatamente alla parola "suddetti";
      ultimo comma, limitatamente alla parola "soltanto" nonche'  alle
 parole  "il  candidato  che  in detto collegio ha ottenuto il maggior
 numero di voti validi, e", iscritto al n. 50 del registro referendum.
    Viste le ordinanze  del  10  e  15  dicembre  1992  con  le  quali
 l'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione ha
 dichiarato legittima la richiesta;
    Udito nella camera di consiglio del 13 gennaio il Giudice relatore
 Luigi Mengoni;
    Uditi  gli  avvocati Paolo Barile, Nicolo' Lipari e Valerio Onida,
 per i presentatori del referendum.
                           Ritenuto in fatto
    1. - L'Ufficio centrale per il referendum,  costituito  presso  la
 Corte  di  Cassazione, in applicazione della legge 25 maggio 1970, n.
 352, e successive modificazioni, ha esaminato la richiesta di  refer-
 endum  popolare  presentata il 16 settembre 1991 da Mariotto Giovanni
 Segni,  Augusto  Antonio  Barbera  ed  altri  diciassette   cittadini
 elettori, sui seguenti quesiti:
    Volete  voi  che  sia  abrogata  la  legge 6 febbraio 1948, n. 29,
 recante  "norme  per  l'elezione  del   Senato   della   Repubblica",
 limitatamente alle parti seguenti:
      art.  17,  secondo  comma,  limitatamente alle parole "al 65 per
 cento dei votanti";
      art. 18, primo comma, limitatamente alle parole "alla segreteria
 del Senato,  che  ne  rilascia  ricevuta,  qualora  sia  avvenuta  la
 proclamazione del candidato e, nel caso contrario";
      art.  19,  primo  comma,  limitatamente  alle  parole  "o  delle
 comunicazioni   di   avvenuta    proclamazione";    secondo    comma,
 limitatamente  alle  parole  "presentatisi nei collegi"; terzo comma,
 modificato  dall'art.  1  della  legge  26  aprile  1967,   n.   262,
 limitatamente  alla  parola  "suddetti";  ultimo comma, limitatamente
 alla parola "soltanto" nonche' alle parole "il candidato che in detto
 collegio ha ottenuto il maggior numero di voti validi, e"
    2. - L'Ufficio centrale, verificata la regolarita' della richiesta
 e dopo avere modificato, con ordinanza del  10  dicembre  1992  -  in
 considerazione  della  intervenuta  legge  23  gennaio  1992, n. 33 -
 l'oggetto del quesito relativo  all'art.  17,  secondo  comma,  della
 legge  n.  29 del 1948, nei termini seguenti: "comunque non inferiore
 al sessantacinque per cento del loro totale",  ne  ha  dichiarato  la
 legittimita', con ordinanza del 15 dicembre 1992.
    3.   -   Ricevuta  la  comunicazione  dell'ordinanza  dell'Ufficio
 centrale, il Presidente di questa  Corte  ha  fissato  il  giorno  13
 gennaio  1993  per  la  conseguente  deliberazione,  dandone regolare
 comunicazione.
    4. - In data 24 dicembre 1992 i presentatori  della  richiesta  di
 referendum     hanno    depositato    una    memoria    a    sostegno
 dell'ammissibilita' dello stesso.
    Una memoria di intervento e' stata depositata anche dal  "Comitato
 per  la  difesa  ed  il  rilancio della Costituzione", nella veste di
 soggetto controinteressato all'ammissione del referendum proposto.
    5. -  Ad  integrazione  delle  difese  scritte,  nella  camera  di
 consiglio  del  13 gennaio 1993 sono stati uditi, per i promotori del
 referendum, gli avvocati  Paolo  Barile,  Nicolo'  Lipari  e  Valerio
 Onida.
                        Considerato in diritto
    1.   -   Preliminarmente   deve  essere  dichiarato  inammissibile
 l'intervento del  "Comitato  per  la  difesa  ed  il  rilancio  della
 Costituzione" per le medesime ragioni gia' indicate nella sentenza n.
 47  del  1991, contro le quali la memoria depositata dal Comitato non
 ha  addotto  nuovi  argomenti   pertinenti   alla   questione   della
 legittimazione a interloquire sulla ammissibilita' della richiesta di
 referendum.
    2.  -  Ai  fini  di  tale  giudizio  occorre prendere le mosse dai
 criteri elaborati  dalla  giurisprudenza  di  questa  Corte,  e  piu'
 specificamente  dalle  premesse  fissate  dalla  sentenza ora citata,
 relativa a una richiesta avente oggetto e finalita' analoghi a quella
 in esame, ma formulata in termini diversi.
    Sono  assoggettabili  a  referendum  popolare   anche   le   leggi
 elettorali   relative   ad   organi  costituzionali  o  di  rilevanza
 costituzionale, alla duplice condizione che i quesiti siano  omogenei
 e  riconducibili  a  una matrice razionalmente unitaria, e ne risulti
 una coerente normativa residua, immediatamente applicabile, in  guisa
 da  garantire,  pur  nell'eventualita'  di  inerzia  legislativa,  la
 costante operativita' dell'organo.
    Quando siano rispettate tali condizioni, e' di per se' irrilevante
 il modo di formulazione del quesito, che puo' anche includere singole
 parole  o  singole  frasi  della  legge prive di autonomo significato
 normativo, se l'uso di questa tecnica  e'  imposto  dall'esigenza  di
 "chiarezza, univocita' e omogeneita' del quesito" e di "una parallela
 lineare  evidenza  delle  conseguenze  abrogative", si' da consentire
 agli elettori l'espressione di un voto consapevole.
    3. -  Il  fine  intrinseco  dell'atto  abrogativo  proposto  e  le
 conseguenze   dell'abrogazione  sono  apprensibili  con  chiarezza  e
 compiutezza dal primo quesito, concernente l'art. 17, secondo  comma,
 della  legge  n.  29 del 1948, nel testo modificato dalla legge n. 33
 del 1992. Fine intrinseco e' l'eliminazione del  quorum  del  65  per
 cento   dei   voti   validi  prescritto  nell'inciso  finale  per  la
 proclamazione dell'eletto nel collegio, che finora ha reso  di  fatto
 inoperante,   tranne   in   uno  o  due  casi  isolati,  il  criterio
 maggioritario enunciato nella  prima  parte  del  comma;  conseguenza
 dell'abrogazione  e'  la  sostituzione  del  sistema  attuale  con un
 sistema   misto   prevalentemente   maggioritario,   e   precisamente
 maggioritario  con  unico  turno  per  i  238  seggi da assegnare nei
 collegi, proporzionale per i restanti 77  seggi  aggiuntivi  (pari  a
 circa il 25 per cento del totale di 315).
    Questa   conseguenza  si  produce  necessariamente  in  base  alla
 disciplina residua dell'art. 17, secondo comma,  senza  alterare  "la
 sequenza  temporale  delle  operazioni  relative all'assegnazione dei
 seggi, cosi' come disciplinata nell'art. 19" (cfr. sent.  n.  47  del
 1991  cit.,  punto  5  in  diritto):  il candidato designato dal voto
 maggioritario  e'  proclamato  eletto  dal  presidente   dell'ufficio
 elettorale  circoscrizionale, a norma dell'art. 17, prima dell'inizio
 delle operazioni regolate dall'art. 19, non, alla fine di queste, dal
 presidente dell'ufficio regionale a norma dell'ultimo comma dell'art.
 19, come prevedeva la  richiesta  referendaria  del  1990  dichiarata
 inammissibile. Il significato normativo dell'art. 19 viene ridefinito
 alla stregua di una rilettura della legge che valorizza la potenziale
 coerenza   funzionale  della  sua  struttura  logico-sistematica  col
 principio maggioritario corretto, in una certa misura, dal  principio
 proporzionale.  Con  tale  principio non appare incompatibile nemmeno
 l'art. 9, che  prescrive  la  presentazione  delle  candidature  "per
 gruppi ai quali i candidati aderiscono con l'accettazione".
    4.  -  Le ulteriori modifiche della legge n. 29 del 1948, proposte
 in ordine agli  artt.  18  e  19,  sono  strettamente  conseguenziali
 all'abrogazione  parziale  dell'art. 17, secondo comma, nei termini e
 con gli esiti suddetti.
    La piu' importante investe l'art. 19,  secondo  comma,  espungendo
 l'inciso    "presentatisi    nei   collegi",   il   quale   determina
 l'inutilizzabilita', ai fini del calcolo della cifra  elettorale  dei
 singoli  gruppi di candidati, di tutti i voti espressi nei collegi in
 cui e' avvenuta la proclamazione dell'eletto ai sensi  dell'art.  17.
 Nel  sistema risultante dall'abrogazione del quorum del 65 per cento,
 l'assegnazione di  tutti  i  238  seggi  col  criterio  maggioritario
 comporterebbe  l'azzeramento dei voti validi espressi dagli elettori,
 rendendo  impossibile  l'assegnazione  dei  restanti  77  seggi   col
 criterio  proporzionale.  La  soppressione  dell'inciso  modifica  la
 regola in guisa da escludere  dalla  base  di  calcolo  i  soli  voti
 ottenuti  dai  candidati  proclamati  eletti  nei collegi col sistema
 maggioritario.
    Tale  modifica  -  oltre a richiedere una lieve correzione formale
 dell'art. 19,  terzo  comma,  dove  non  ha  piu'  senso  l'aggettivo
 "suddetti",  essendo  caduto  il suo referente nel comma precedente -
 esige a sua volta che, venuta meno l'alternativa del "caso contrario"
 prevista nell'art. 18,  primo  comma,  l'incidenza  su  questa  norma
 dell'abrogazione del quorum del 65 per cento sia rovesciata nel senso
 di  prevedere  in  ogni  caso  l'invio  immediato di un esemplare del
 verbale delle operazioni  dell'ufficio  circoscrizionale  all'ufficio
 regionale,  senza  di che questo non sarebbe in grado di calcolare le
 cifre elettorali di gruppo. Non per cio' il Senato resta  escluso  da
 ogni comunicazione: resta fermo l'obbligo dei presidenti degli uffici
 circoscrizionali di dare immediata notizia alla segreteria del Senato
 dell'avvenuta  proclamazione  degli  eletti col sistema maggioritario
 (art. 17, terzo comma).
    All'alternativa formulata nell'art. 18, primo comma, e' correlata,
 in termini invertiti,  l'alternativa  prevista  nell'art.  19,  primo
 comma,  la  quale,  pertanto, deve pure essere eliminata, non potendo
 piu' verificarsi il caso di invio  all'ufficio  elettorale  regionale
 soltanto  della  comunicazione  di  avvenuta  proclamazione  ai sensi
 dell'art. 17, anziche' di un esemplare del verbale  delle  operazioni
 elettorali dell'ufficio circoscrizionale.
    Infine  la  richiesta in esame provvede coerentemente a modificare
 l'ultimo comma dell'art. 19 sostituendo all'attuale fattispecie,  che
 non  avrebbe  piu'  senso  dopo  l'eliminazione del quorum del 65 per
 cento, l'ipotesi di parita' di voti  conseguiti  dai  candidati  piu'
 votati   in   un   collegio.   Provvede   allora  alla  proclamazione
 dell'eletto,  dopo  gli   opportuni   accertamenti,   il   presidente
 dell'ufficio regionale scegliendo il candidato piu' anziano di eta'.
    5. - La Corte non si nasconde che la normativa di risulta puo' dar
 luogo ad inconvenienti, ad esempio per cio' che riguarda, da un lato,
 la  diseguale  proporzione in cui l'uno e l'altro sistema di elezione
 sarebbero destinati ad operare nelle singole  regioni,  dall'altro  -
 fermi restando gli artt. 9, secondo comma, e 28 della legge n. 29 del
 1948 - gli effetti che il passaggio al sistema maggioritario semplice
 determina  in  caso  di  ricorso alle elezioni suppletive, secondo la
 legge 14 febbraio 1987, n. 31, al fine di ricoprire i  seggi  rimasti
 vacanti  per  qualsiasi  causa,  e  in  particolare  per  effetto  di
 eventuali opzioni effettuate da candidati eletti in  piu'  collegi  o
 eletti  contemporaneamente  al  Senato e alla Camera dei deputati. Ma
 questi aspetti non incidono sull'operativita' del sistema elettorale,
 ne' paralizzano la funzionalita' dell'organo, e pertanto non  mettono
 in  causa  l'ammissibilita' della richiesta di referendum. Nei limiti
 del divieto di  formale  o  sostanziale  ripristino  della  normativa
 abrogata dalla volonta' popolare (sent. 468 del 1990), il legislatore
 potra' correggere, modificare o integrare la disciplina residua.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  ammissibile  la  richiesta  di  referendum  popolare  per
 l'abrogazione, nelle parti indicate  in  epigrafe,  degli  artt.  17,
 secondo  comma,  18,  primo comma, 19, primo, secondo, terzo e ottavo
 comma, della legge 6 febbraio 1948, n. 29 (norme per la elezione  del
 Senato  della Repubblica), modificata dalla legge 23 gennaio 1992, n.
 33 (modificazioni alla legge 6 febbraio 1948, n. 29,  sulla  elezione
 del   Senato   della   Repubblica),  richiesta  dichiarata  legittima
 dall'Ufficio centrale per il referendum presso la Corte di cassazione
 con ordinanza del 15 dicembre 1992.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: MENGONI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 4 febbraio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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