N. 42 ORDINANZA (Atto di promovimento) 20 novembre 1992

                                 N. 42
    Ordinanza emessa il 20 novembre 1992 dalla Corte di appello di
  Palermo nel procedimento civile vertente tra Di Maria Giuseppe ed
  altro ed il comune di Palermo
 Espropriazione per pubblico interesse - Espropriazioni per la
    realizzazione di opere da parte o per conto dello Stato o di altri
    enti pubblici - Determinazione dell'indennita' di esproprio per le
    aree edificabili in base alla media tra il valore dei  terreni  ed
    il  reddito  dominicale  rivalutato, con la riduzione dell'importo
    cosi'  determinato   del   quaranta   per   cento   -   Esclusione
    dell'applicazione  di detta disciplina ai procedimenti per i quali
    l'indennita' predetta  sia  stata  accettata  dalle  parti  o  sia
    divenuta non impugnabile o sia stata definita con sentenza passata
    in  giudicato alla data di entrata in vigore della norma impugnata
    - Ingiustificato deteriore trattamento dell'espropriato che agisce
    giudizialmente  rispetto  a  quello  che  ricorre  alla   cessione
    volontaria  del  bene  espropriato,  con conseguente incidenza sul
    diritto  di  difesa  in  giudizio  -  Violazione  del   principio,
    affermato nella giurisprudenza della Corte, che l'indennizzo debba
    costituire un serio ristoro dell'espropriazione - Riferimento alle
    sentenze  della  Corte  costituzionale  nn.  231/1984,  530/1988 e
    216/1990.
 (Legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 5-bis, primo e secondo comma).
 (Cost., artt. 3, 24 e 42).
(GU n.7 del 10-2-1993 )
                          LA CORTE DI APPELLO
    Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al  n.
 131/1989  del  reg. gen. cont. civ. di questa Corte di appello, posta
 in decisione all'udienza collegiale del 13 novembre 1992, e  promossa
 da Di Maria Giuseppe e Di Maria Giovanni, elettivamente domiciliati a
 Palermo, in via Liberta' n. 171, presso lo studio dell'avv. Francesco
 Mistretta  del  Foro  di  Palermo,  che  li rappresenta e difende per
 procura in calce all'atto di citazione, attori, contro il  comune  di
 Palermo,   in   persona   del   sindaco   pro-tempore,  elettivamente
 domiciliato a Palermo in via Liberta' n. 135 rappresentato  e  difeso
 del  dott. proc.  Giovanni Airo' Farulla, giusta procura alle liti in
 nota Pizzuto, elettivamente domiciliato presso l'avvocatura  comunale
 in corso Vittorio Emanuele n. 261, convenuto;
    Letti  gli  atti,  sentito  il relatore, rilevato che i germani Di
 Maria con atto di citazione notificato l'8 febbraio  1989  convenendo
 in giudizio davanti a questa Corte il comune di Palermo han proposto,
 ai   sensi  dell'art.  19  della  legge  22  ottobre  1971,  n.  865,
 opposizione alla stima della indennita' definitiva dei beni  di  loro
 proprieta',  costituiti  in  parte  da immobili urbani ed in parte di
 aree edificabili di pregio, espropriati dal sindaco  di  Palermo  con
 decreto del 25 agosto 1986 per la costruzione di alloggi popolari;
    Considerato che il comune costituitosi ha chiesto il rigetto della
 domanda;
    Ritenuto  che  il  consulente  tecnico di ufficio, nel corso della
 istruttoria,  riscontrato  che  l'area   espropriata   aveva   natura
 edificabile  in  quanto  inserita,  nel piano di edilizia economica e
 popolare del  comune  di  Palermo,  applicando  il  criterio  di  cui
 all'art.  39  della  legge  25 giugno 1865, n. 2359, ha stimato in L.
 290.000 al mq il valore di mercato della detta superficie;
    Rilevato che nel corso del giudizio e' entrata in vigore la  legge
 8 agosto 1992, n. 339, la quale, all'art. 5-bis, primo comma, dispone
 che  fino  alla  emanazione  di  una organica disciplina per tutte le
 espropriazioni  preordinate  alla  realizzazione  di   opere   o   di
 interventi  da  parte  e  per conto dello Stato, delle regioni, delle
 provincie, dei comuni e  degli  altri  enti  pubblici  o  di  diritto
 pubblico,   anche  non  territoriali,  o  comunque  preordinate  alla
 realizzazione di opere o interventi dichiarati di pubblica  utilita',
 l'indennita' di espropriazione per le aree edificabili e' determinata
 a  norma  dell'art.  13, terzo comma, della legge 15 gennaio 1885, n.
 2892, sostituendo  in  oggi  caso  ai  fitti  coacervati  dell'ultimo
 decennio  il  reddito  dominicale  rivalutato  di cui agli artt. 24 e
 seguenti del testo unico delle imposte  sui  redditi,  approvato  con
 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, e che l'importo cosi' determinato va
 ridotto del quaranta per cento;
    Rilevato  che,  ai  sensi del settimo comma del citato art. 5-bis,
 detto nuovo criterio  estimativo  va  applicato  ai  procedimenti  di
 opposizione  alla  stima  in corso e che quindi va applicato anche in
 questo procedimento;
    Ritenuto  che  i  germani  Di  Maria, hanno sollevato questione di
 legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 5- bis  della
 legge  8  agosto  1992,  n.  359, perche' in contrasto con i principi
 costituzionalmente protetti con gli artt. 3,  24,  42,  terzo  comma,
 della Costituzione;
    Rilevato  che  invece  il  comune di Palermo ha sostenuto la piena
 legittimita' della detta norma;
    Considerato in  via  preliminare  che  le  suddette  questioni  di
 incostituzionalita'  sono  rilevanti  per  la  decisione della causa,
 vertendo  sul  criterio  normativo  di  stima  da  applicare  per  la
 determinazione   della   indennita'  da  liquidare  nel  procedimento
 espropriativo di che trattasi;
    Ritenuto che la detta eccezione non e' manifestamente infondata in
 quanto il citato art. 5- bis della  legge  8  agosto  1992,  n.  359,
 violerebbe gli artt. 42, terzo comma, 3 e 24 della Costituzione;
    Atteso,   in  particolare,  per  quanto  attiene  alla  violazione
 dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione, che, come  piu'  volte
 affermato  dalla  Corte costituzionale (sentenze n. 5/1980, 223/1983,
 231/1984, 530/1988 e 216/1990), detto art. 42, pur se non  garantisce
 all'espropriato il diritto ad una indennita' commisurata al valore di
 mercato  del  bene ablato in quanto occorre coordinare il diritto del
 privato  con  l'interesse  generale  che  l'espropriazione   mira   a
 realizzare,  riconosce  che  l'indennita'  non puo' essere fissata in
 misura irrisoria o meramente simbolica, il  suo  ammontare  non  puo'
 scendere  sotto  il  livello  di congruita' e deve essere determinato
 applicando validi e logici criteri di estimo;
    Considerato ora che applicando il criterio di cui al  citato  art.
 5-  bis  secondo  il  quale  la  indennita'  di  espropriazione e' la
 risultante della media  tra  il  valore  di  mercato  ed  il  reddito
 dominicale rivalutato, ridotta del quaranta per cento, si perviene ad
 una indennita' di espropriazione del tutto incongrua, tant'e' che per
 una  area edificabile come quella espropriata agli opponenti, stimata
 dal  c.t.u.,  secondo  valori  di  mercato,  in  L.  290.000  al  mq,
 applicando il criterio dell'art. 5- bis si perviene ad una indennita'
 di  L.  23.300  al  mq  (L. 290.000 + r.d. inesistente trattandosi di
 fabbricati  =  L.  290.000:  2  =  L.  145.000  XX  40%   =   88.000)
 corrispondente,  cioe',  al  solo 30% del valore di mercato dell'area
 espropriata, che non puo' certo considerarsi giusto ristoro.
    Rilevato  che  cio'  si  verifica,  in  primo  luogo,  perche'  il
 legislatore  sostituendo,  come  elemento  per la stima dell'area, ai
 fitti coacervati dell'ultimo decennio di cui alla legge n. 2892/1885,
 il reddito dominicale sia pure aggiornato, ha fatto riferimento ad un
 elemento del tutto disomogeneo e quindi tale da portare  a  risultati
 aberranti  in  quanto  il  reddito  dominicale e' proprio dei terreni
 agricoli, il cui valore e' notevolmente inferiore rispetto  a  quello
 delle  aree  edificabili,  e  la  cui determinazione avviene peraltro
 mediante un metodo di accertamento che prescinde dalla individuazione
 del reddito effettivo;
   Ritenuto che l'art. 5- bis suddetto, nella parte in cui  condiziona
 la  riduzione  del 40% della indennita' alla mancanza di accettazione
 della indennita' provvisoria indicata, dall'epropriante ovvero  della
 indennita'  definitiva  fissata  dalla  Commissione  provinciale,  in
 concreto,  per  un  aspetto,   avrebbe   un   sostanziale   carattere
 sanzionatorio  e  punitivo  della  volonta'  del  proprietario di non
 accettare  l'indennita'  offerta  e  di  non  voler  addivenire  alla
 cessione  volontaria,  e  per  questo  profilo  sarebbe in violazione
 dell'art. 42, terzo comma, della Costituzione cui e' del tutto alieno
 ogni carattere afflittivo dell'espropriato,
      che, per  altro  verso,  tale  carattere  sanzionatorio  sarebbe
 gravemente lesivo del diritto di difesa, costituzionalmente garantito
 dall'art.  24  della  Costituzione,  in quanto operando come sanzione
 punitiva nei confronti del proprietario espropriato che  non  intenda
 accettare  la indennita' offertagli, indubbiamente coarta questi che,
 per evitare tale sanzione, sarebbe costretto a non esercitare il  suo
 diritto  di  difesa, e a non proporre l'opposizione alla stima di cui
 all'art. 19 della legge n. 865/1971;
    Atteso inoltre che l'applicazione di detto criterio  normativo  di
 liquidazione    della   indennita'   di   espropriazione   di   certo
 introdurrebbe una evidente irrazionale disparita' di trattamento  tra
 i  proprietari  di  aree  edificabili  oggetto  del  provvedimento di
 espropriazione che, come gia' evidenziato, si vedranno liquidata  una
 indennita'   corrispondente   al   30%  circa  del  valore  del  bene
 espropriato,  ed   i   proprietari   di   aree   aventi   le   stesse
 caratteristiche  e  poste nella stessa zona, i quali possono disporne
 in regime di libera contrattazione e  ottenere  cosi'  il  valore  di
 mercato  pieno, sicche' l'applicazione di detta norma importerebbe la
 violazione dell'art. 3 della Costituzione  gia'  peraltro  dichiarata
 dalla  Corte  costituzionale  in analoghe fattispecie con sentenza 30
 gennaio 1980, n. 5;
    Atteso che,  come  eccepito  dalla  opponente,  altro  profilo  di
 incostituzionalita'  dell'art. 5-bis, sesto comma, della citata legge
 n. 359/1992, in relazione  all'art.  3  della  Costituzione,  di  non
 manifesta  infondatezza,  vi  sarebbe, stante che tale nuova norma ha
 creato una irragionevole e grave disparita' di  trattamento  tra  gli
 espropriati   che   hanno   accettato  la  indennita'  loro  proposta
 convenendo  la  cessione  volontaria  ovvero   proprietari   la   cui
 indennita'  sia  divenuta  non  impugnabile  o sia stata definita con
 sentenza passata in giudicato  prima  dell'entrata  in  vigore  della
 legge  di conversione, e gli altri soggetti espropriati con lo stesso
 procedimento di espropriazione le cui  opposizioni  alla  stima,  per
 varie vicissitudini giudiziarie non imputabili agli stessi opponenti,
 non  si  sono ancora concluse con sentenza passata in giudicato e che
 quindi si vedranno applicare  il  nuovo  criterio  di  determinazione
 dell'indennita'  venendo  cosi'  a percepire soltanto il 30% circa di
 quanto hanno percepito i primi;
    Ritenuto, ancora,  che  non  appare  manifestamente  infondata  la
 questione  di  incostituzionalita'  della  disposizione  normativa in
 esame  perche'  determinerebbe  una   irragionevole   disparita'   di
 trattamento,  in  violazione  dell'art.  3  della  Costituzione,  tra
 espropriati nei cui  confronti,  al  momento  della  sua  entrata  in
 vigore, e' stato emesso il decreto di espropriazione che ha importato
 la perdita del diritto di proprieta' del bene espropriato i quali non
 possono  quindi piu' convenire la cessione volontaria senza subire la
 riduzione del quaranta per cento  dell'importo  determinato  mediando
 tra  valore  venale  e  reddito  dominicale rivalutato, e proprietari
 invece nei cui confronti  nello  stesso  procedimento  non  e'  stato
 ancora   emesso   il   decreto   ablativo  e  che  quindi  accettando
 l'indennita'  offerta e convenendo la cessione volontaria ben possono
 evitare la decurtazione del 40% dell'ammontare  della  indennita'  di
 espropriazione;
                               P. Q. M.
    Dichiara   la   non  manifesta  infondatezza  delle  questioni  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 5-bis, primo comma, della legge
 8 agosto 1992, n. 359, in riferimento agli artt. 42, terzo comma, 3 e
 24 della Costituzione, e dell'art. 5-bis, secondo comma, della stessa
 legge in riferimento all'art. 3 della Costituzione;
    Dispone  la  sospensione  del  giudizio  e  ordina  la   immediata
 trasmissione,  a  cura  della  cancelleria,  degli  atti  alla  Corte
 costituzionale, la notificazione della presente ordinanza alle  parti
 in  causa  ed  al  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri e la sua
 comunicazione ai presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Palermo, addi' 20 novembre 1992
                         Il presidente: NASCA
    Depositato nella cancelleria  della  prima  sezione  civile  della
 Corte il 18 dicembre 1992.
               Il collaboratore di cancelleria: ZINNANTI

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