N. 110 ORDINANZA (Atto di promovimento) 29 ottobre 1992
N. 110 Ordinanza emessa il 29 ottobre 1992 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Guareschi Giuditta e Parducci Mario ed altri Circolazione stradale - Assicurazione obbligatoria per i danni derivanti dalla circolazione dei veicoli - Previsione, nel caso di dolo o colpa grave dell'impresa assicuratrice nella liquidazione del sinistro, e di "notevole sproporzione" fra l'offerta e la somma liquidata al danneggiato, di un illecito amministrativo - Applicabilita' della relativa sanzione solo ai sinistri con danni alle cose o con danni lievi alle persone, e non anche a quelli produttivi di lesioni con postumi di natura permanente - Ingiustificata disparita' di trattamento. (D.L. 23 dicembre 1976, n. 857, art. 3, convertito, con modificazioni, nella legge 26 febbraio 1977, n. 39). (Cost., art. 3).(GU n.12 del 17-3-1993 )
IL TRIBUNALE All'esito dell'odierna udienza di discussione della causa rubricata al numero di ruolo sopra riportato, ha pronunciato la seguente ordinanza di rimessione alla Corte costituzionale PREMESSO IN FATTO In data 6 ottobre 1988 Guareschi Giuditta, mentre attraversava a piedi la via Lorenteggio, in Milano, veniva investita dall'autovettura condotta da Parducci Mario, assicurata per la responsabilita' civile presso la S.p.a. Riunione Adriatica di Sicurta' (RAS). Dagli accertamenti e dai rilievi eseguiti dai vigili urbani nell'immediatezza del fatto risultava che: la Guareschi era stata investita quando aveva quasi terminato l'attraversamento (il punto d'urto veniva localizzato a m. 2 di distanza dal marciapiedi di destinazione del peddone); il Parducci procedeva impegnando la parte sinistra della carreggiata unidirezionale interessata ed aveva operato il sorpasso di altra vettura; il Parducci stesso procedeva, in centro abitato, a velocita' molto elevata, come riferito dal teste oculare sentito a sommarie informazioni dai verbalizzanti, e come era all'evidenza desumibile dalle tracce di frenata lasciate al suolo dal veicolo investitore, misurate in ben m. 30,22. L'infortunata subiva un "gravissimo insieme menomante permanente" con un danno biologico valutato del 75% (v. ctu medico-legale in atti). La Guareschi conveniva in giudizio conducente, proprietaria ed assicuratore del veicolo investitore, chiedendo il risarcimento dei gravi danni subiti. La causa veniva istruita e, all'udienza del 29 ottobre 1992 passava in decisione. Sino all'udienza di discussione la RAS non ha avanzato alcuna offerta di indenizzo all'attrice, contestato integralmente la responsabilita' del sinistro. PREMESSO IN DIRITTO Il collegio ritiene che il comportamento totalmente omissivo della RAS, rispetto all'obbligo di indennizzare la Guareschi, sia ascrivibile a dolo o, quanto meno, a colpa grave della compagnia assicuratrice, atteso che: in caso di investimento di pedone opera la presunzione di responsabilita' di cui all'art. 2054, primo comma, del c.c. a carico dell'investitore e, conseguentemente, dei soggetti che con quest'ultimo debbano rispondere solidalmente; dalle modalita' del sinistro sopra riassunte, inoltre, emerge ed emergeva sin ab initio una macroscopica colpa del Parducci per non aver avvistato il pedone, gia' da tempo in fase di attraversamento (la Guareschi aveva 81 anni al momento del sinistro e va escluso che abbia percorso gli 8,50 metri, prima di essere investita, in modo repentino) e per aver proceduto a velocita' molto elevata (il conducente veniva contravvenzionato per guida pericolosa). La compagnia era, dunque, pienamente consapevole di dover risarcire la danneggiata, almeno in forma parziale, non potendosi ragionevolmente prospettare una completa esclusione della responsabilita' del Parducci. L'entita' delle lesioni e dei postumi residuati alla Guareschi, poi, dovevano indurre la compagnia, quanto meno, alla corresponsione di in acconto idoneo a contribuire alle ingenti spese di assistenza generica rese necessarie dalla gravissima invalidita' permanente riportata dall'infortunata. La RAS, invece, e' rimasta a tutt'oggi inerte. Va rilevato che nella specie ricorrono tutti gli estremi previsti dall'art. 3 del d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito nella legge 26 febbraio 1977, n. 39, per l'applicabilita' della sanzione ivi comminata e, in particolare: 1) la notevole sproporzione tra la somma liquidata alla danneggiata con la sentenza non definitiva in pari data (L. 321.125.000) e l'offerta (zeroĆ) di indennizzo da parte della compagnia (la s.C., con sent. n. 4468 del 24 aprile 1991, ha affermato l'applicabilita' della sanzione in discorso anche, ed a maggior ragione, nelle ipotesi di mancata offerta da parte dell'assicuratore); 2) il dolo o, quanto meno, la colpa grave dell'impresa, desumibile da quanto sin qui detto. Deve osservarsi che il disposto dell'art. 3 del d.l. cit. va correttamente interpretato alla luce delle considerazioni seguenti. Il nono comma delll'art. 3 cit. configura una ipotesi di illecito amministrativo del tutto autonoma rispetto a quella riconducibile alla violazione degli obblighi imposti all'assicuratore dai precedenti commi dell'art. 3 stesso e dagli artt. 8 e 13 del d.P.R. 16 gennaio 1981, n. 45. Diversi sono, infatti: a) gli elementi costitutivi dei due illeciti; b) la misura della sanzione; c) l'organo competente per la loro applicazione. In particolare: a) i commi da 1 a 8 dell'art. 3 cit. (e gli artt. da 8 a 13 del d.P.R. n. 45) prevedono l'obbligo per l'assicuratore entro certi termini e di provveddere, comunque, al versamento della somma offerta entro altri termini precisi, subordinando tali obblighi all'adempimento di determinate formalita' da parte del danneggiato (richiesta con raccomandata, compilazione del modulo di cui all'art. 5 del d.l. n. 857/1976, ecc.); mentre il nono comma dell'art. 3 presuppone la "notevole sproporzione" tra l'offerta e la somma liquidata a favore del danneggiato, nonche' il "dolo o la colpa grave" dell'impresa nel procedere alla liquidazione del sinistro; b) l'illecito di cui ai primi commi dell'art. 3 e' punito con la sanzione pecuniaria di L. 100.000, ovvero di importo pari alla somma "offerta" dall'assicuratore; mentre il nono comma consente al giudice la quantificazione discrezionale, nel limite massimo della "differenza fra l'offerta e il liquidato al netto di rivalutazione e interessi"; c) l'applicazione della sanzione di cui ai primi commi dell'art. 3 e' di competenza degli uffici provinciali per l'industria, il commercio e l'artigianato, i quali versano gli importi all'INA; mentre la sanzione di cui al nono comma e' applicata dal giudice ordinario con sentenza, la quale dispone il versamento dell'importo direttamente all'INA. Sarebbe, pertanto, erroneo ritenere che, per la sussistenza dell'illecito di cui al nono comma, debbano essere state espletate dal danneggiato le formalita' di cui al primo comma; si tratterebbe di interpretazione contraria al sistema sanzionatorio delineato dalla legge in due distinte e autonome ipotesi; l'una ricollegata alla violazione di precisi termini, e colpita con sanzione fissa (L. 100.000 o somma pari all'offerta), l'altra nascente da comportamento doloso o gravemente colposo e punita con sanzione graduabile dal giudice nell'ambito discrezionale sopra detto. E', infine, appena il caso di osservare che il legislatore non avrebbe richiesto al giudice l'accertamento del dolo o della colpa grave dell'impresa ove avesse voluto subordinare l'applicazione della sanzione di cui al non comma agli adempimenti formali di cui al primo comma. L'adempimento di dette formalita' da parte del danneggiato, infatti, facendo sorgere nell'assicurazione l'obbligo di fare offerta "congrua", renderebbe superfluo l'accertamento in parola, essendo insiti nella violazione stessa dell'obbligo di fare offerta il dolo o la colpa dell'impresa assicuratrice. Cio' premesso appare di tutta evidenza che, nel verificare la sussistenza dell'autonomo illecito delineato dal nono comma e, in particolare, del dolo o della colpa grave, e' rimesso alla valutazione del giudice anche l'accertamento della possibilita', per l'assicuratore, di prendere contezza del sinistro e dell'entita' delle conseguenze dannose in tempi ragionevoli relativamente alle circostanze. Alla luce di quanto precede deve ritenersi non manifestamente infondata, in relazione all'art. 3 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.l. cit. nella parte in cui non prevede l'applicabilita' della sanzione in oggetto ai sinistri che abbiano causato lesioni personali guarite oltre i quaranta giorni e/o che abbiano prodotto postumi di natura permanente. E', infatti, palese che la limitazione normativa ai soli sinistri con danni a cose o con danni lievi alle persone comporta una ingiustificata disparita' di trattamento di situazioni analoghe; addirittura, esclude l'applicabilita' della sanzione nelle ipotesi di danni piu' gravi e che richiederebbero, invece, una piu' pronta attivazione delle compagnie assicuratrici nella liquidazione del sinistro.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3 del d.l. 23 dicembre 1976, n. 857, convertito con modifiche nella legge 26 febbraio 1977, n. 39, in relazione all'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui non prevede l'applicabilita' della sanzione comminata dal nono comma dell'art. 3 del d.l. cit. in caso di sinistro, che abbia causato lesioni personali guarite oltre quaranta giorni e/o produttive di postumi permanenti; Solleva d'ufficio detta questione di legittimita'; Dispone che, a cura della cancelleria e all'esito degli adempimenti connessi alla pubblicazione della sentenza non definitiva in pari data, gli atti siano trasmessi alla Corte costituzionale; Sospende il giudizio in corso, ai soli fini dell'applicazione eventuale della sanzione di cui all'art. 3 del d.l. cit.; Ordina che, a cura del cancelliere, copia della presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri; Dispone, altresi', che l'ordinanza stessa sia comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Milano, addi' 29 ottobre 1992 Il presidente: DI BLASI Il funzionario di cancelleria: BOVE 93C0219