N. 142 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 novembre 1992

                                N. 142
 Ordinanza emessa il 12 novembre  1992  dal  tribunale  amministrativo
 regionale  per  il  Piemonte - Torino sul ricorso proposto da Corolla
 S.r.l. contro il comune di Suno
 Regione Piemonte - Edilizia e urbanistica - Mutamento di destinazione
 d'uso di immobile superiore  e  settecento  metri  cubi  senza  opere
 edilizie   -  Assoggettamento  a  concessione  edilizia  -  Lamentata
 difformita' rispetto a quanto stabilito dalla legislazione statale in
 materia.
 (Legge regione Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, art. 48, primo comma,
 e successive modificazioni).
 (Cost.,  art.  117;  legge  12  febbraio 1985, n. 47, art. 25, ultimo
 comma).
(GU n.14 del 31-3-1993 )
                 IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
   Ha pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n.  305/1991
 proposto  da Corolla S.r.l. in persona del legale rappresentante pro-
 tempore, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Andrea  Comba  presso
 il  quale  e'  elettivamente domiciliato in Torino, via Mercantini 6,
 contro  il  comune  di  Suno  in  persona  del  sindaco  pro-tempore,
 rappresentato   e  difeso  dagli  avv.ti  Mauro  Bolognesi  e  Sergio
 Sandrone, elettivamente domiciliato presso lo studio di  quest'ultimo
 in  Torino,  via  XX Settembre 62, per la condanna del comune di Suno
 alla  restituzione  della  somma  di  L.  128.096.000   indebitamente
 percepita  a  titolo  di oneri di urbanizzazione oltre agli interessi
 legali, interessi ex art. 1238 del c.c. ed al maggior danno;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto l'atto di costituzione in giudizio del comune intimato;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle  rispettive
 difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Udita  alla pubblica udienza del 12 novembre 1992 la relazione del
 cons. dott. Montini e uditi, altresi', il dott. proc. Marco Coscia su
 delega del prof. Comba  per  la  ricorrente  e  l'avv.  Sandrone  per
 l'amministrazione resistente;
    Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:
                               F A T T O
    Con  licenza edilizia n. 42/1968, il comune di Suno autorizzava il
 mobilificio  "Corolla"  S.a.s.  a  "costruire  uno  stabilimento  con
 relativi uffici in frazione Baraggia superiore".
    Successivamente,  la  Corolla  S.a.s.,  che  ai sensi della citata
 licenza aveva eretto un laboratorio industriale per la costruzione di
 mobili, mutava di  proprieta'  e  diveniva  Corolla  S.r.l.  I  nuovi
 proprietari   intendevano   adibire   il   fabbricato   ad  esercizio
 commerciale, non dovendo a  tal  fine  eseguire  lavori  edilizi  ne'
 interni ne' esterni.
    A tale scopo la ricorrente si rivolgeva al comune di Suno il quale
 rilasciava  concessione  edilizia  per  cambio  di destinazione d'uso
 dell'immobile, chiedendo il pagamento di L. 128.096.000  quali  oneri
 di urbanizzazione primaria e secondaria.
    La ricorrente significava verbalmente al comune di ritenere che ai
 sensi   della   vigente  legislazione  urbanistico-edilizia  non  era
 necessaria, in quel particolare caso, una  concessione  edilizia,  e,
 dunque, non era dovuto il pagamento dei relativi oneri, ma il comune,
 con lettera del 17 ottobre 1990, tornava a chiedere il versamento.
    La  Corolla S.r.l. pagava allora le somme pretese dal comune (come
 da quietanza Banca Popolare di Novara n. 547 del 26 ottobre  1990)  e
 con lettera 11 gennaio 1991 intimava formalmente la restituzione.
    Non avendo il comune provveduto, nei suoi confronti viene proposta
 azione diretta alla restituzione dell'indebito per i seguenti motivi:
    1.  -  Violazione  di  legge  per falsa applicazione dell'art. 17,
 ottavo  comma,  della  legge  n.  765/1967,  introduttivo   dell'art.
 41-quinquies, della legge n. 1150/1942.
    L'immobile  in  questione  e'  stato  costruito durante la vigenza
 della legge n. 765/1967, ma prima che entrasse in vigore la legge  n.
 10/1977, e sarebbe pertanto sottoposto, per quanto riguarda i vincoli
 di  destinazione,  ad una disciplina diversa da quella che regola gli
 immobili costruiti dopo il 31 gennaio 1977.
    Stando alla disciplina  della  legge  n.  765/1967,  sussisterebbe
 vincolo di destinazione d'uso solo a condizione che essa sia prevista
 dal p.r.g. e sia di conseguenza indicata nella licenza edilizia. Solo
 in  base  alla legge n. 10/1977, la quale differenzia l'importo degli
 oneri di urbanizzazione da  pagare  al  momento  del  rilascio  della
 concessione,  a  seconda  della  destinazione  d'uso dell'immobile da
 costruire, si e'  resa  necessaria  l'indicazione  sulla  concessione
 della destinazione stessa.
    L'immobile in questione, costruito in base ad una licenza edilizia
 del  29  novembre  1968,  la  quale  si  limita  a  descriverlo  come
 "stabilimento con relativi uffici e  servizi"  e  dunque  nulla  dice
 circa  una  sua eventuale destinazione d'uso, sarebbe "a destinazione
 libera", e non si potrebbe parlare di mutamento di destinazione.
    2. - Violazione di legge per contrasto con il  combinato  disposto
 degli artt. 8 e 25 ultimo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47.
    Ove   non   si   ritenesse   invece  l'immobile  in  questione  "a
 destinazione libera", la lettura della legge n. 47/1985 porterebbe  a
 concludere  che  l'attivita' svolta dalla ricorrente non necessita di
 alcuna concessione e, di conseguenza, non comportava il pagamento  di
 alcunche' al comune di Suno.
    Infatti  la  legge  n.  47/1985  distingue,  all'art. 7, tra opere
 eseguite in assenza di  concessione,  in  totale  difformita'  o  con
 variazioni  essenziali. All'art. 8, primo comma, specifica quali sono
 le variazioni essenziali, e tra di esse, alla lett. a), inserisce  il
 "mutamento  della  destinazione  d'uso  che implichi variazioni degli
 standards approvati dal  d.m.  2  aprile  1968",  equiparandolo  alle
 costruzioni  in assenza o in essenziale difformita' dalla concessione
 edilizia. L'art. 25, ultimo comma, poi, recita: "La  legge  regionale
 stabilisce  altresi'  criteri  e  modalita'  cui dovranno attenersi i
 comuni, all'atto delle predisposizioni degli  strumenti  urbanistici,
 per  l'eventuale  regolamentazione, in ambiti determinati del proprio
 territorio, delle destinazioni d'uso degli immobili, nonche' dei casi
 in cui  per  la  variazione  di  essa  sia  richiesta  la  preventiva
 autorizzazione  del  sindaco".  Dal  combinato disposto di queste due
 norme si puo' dedurre che  il  mutamento  di  destinazione  o  e'  da
 considerarsi   variazione   essenziale,   ed   allora   necessita  di
 concessione (art.  8,  primo  comma,  lett.  a),  ovvero  non  e'  da
 considerarsi   variazione   essenziale,   ed   allora   necessita  di
 autorizzazione solo nei casi previsti  dalla  legislazione  regionale
 (art. 25, ultimo comma).
    Nel  caso  in  questione,  dunque,  qualora  si voglia considerare
 giuridicamente rilevante il mutamento di destinazione, lo si dovrebbe
 ritenere sottoposto esclusivamente a regime autorizzatorio,  anziche'
 a  concessione.  Essendo  l'autorizzazione un atto gratuito, la somma
 versata in relazione alla concessione rilasciata dal comune  di  Suno
 dovrebbe  venire  restituita. Ed anche alla stregua dell'ultimo comma
 dell'art. 25 il conguaglio di concessione richiesto dal comune per il
 mutamento della  destinazione  d'uso  da  industriale  a  commerciale
 sarebbe   dovuto   solo   ove  la  ricorrente  non  avesse  richiesto
 autorizzazione,  mentre la Corolla S.r.l. ha ottenuto una concessione
 che assorbirebbe la funzione autorizzatoria richiesta dalla legge.
    3. - Violazione di legge per falsa applicazione dell'art. 48 della
 legge reg. Piemonte 5 dicembre 1977, n. 56, e successive modifiche.
    Con  la  legge  n.  47/1985  la  autorizzazione  comunale  per  il
 mutamento  di  destinazione  e'  necessaria  solo  ove esplicitamente
 richiesta  dalla  legislazione  regionale.   In   assenza   di   tale
 previsione,  il  mutamento  di destinazione d'uso senza opere diventa
 giuridicamente irrilevante. In Piemonte,  peraltro  l'art.  48  della
 legge  regionale  n. 56/1977, come interpretato dalla giurisprudenza,
 stabilisce la necessita' della concessione edilizia per  i  mutamenti
 di  destinazioni  d'uso anche senza opere, ponendosi in contrasto con
 la successiva legislazione nazionale (legge n. 47/1985) la  quale  ha
 stabilito  che  la  legge  regionale,  in  materia  di  mutamento  di
 destinazione  d'uso  senza  opere,  puo'  al  massimo  prevedere   la
 necessita' di una autorizzazione.
    Si verifica pertanto in questo caso una ipotesi di legge regionale
 in  contrasto  con  una successiva legge quadro, risolto dall'art. 10
 della legge n. 62/1953 con i principi della successione  delle  leggi
 nel  tempo. Non avendo la regione Piemonte adeguato la sua normativa,
 sarebbe  da  ritenersi  abrogata  la  presenza  delle  modifiche   di
 destinazione  d'uso  senza  opere  tra i casi in cui e' necessaria la
 concessione  edilizia.  Ne  conseguirebbe  la  illegittimita'   della
 pretesa  del  comune di Suno di sottoporre a concessione il mutamento
 di destinazione d'uso effettuato dalla ricorrente, e  dunque  la  non
 debenza delle somme versate.
    4. - Violazione di legge per falsa applicazione dell'art. 10 della
 legge  n.  10/1977,  in  violazione dell'art. 14 disp. sulla legge in
 generale, preliminari al codice civile.
    Ove si ritenesse comunque  necessaria  una  concessione  ai  sensi
 della  legge  n.  10/1077,  questa  non comporterebbe il pagamento di
 oneri di urbanizzazione, non essendo dovuto contributo per  opere  di
 trasformazione  di  un  immobile  da  una  ad  un'altra destinazione,
 qualora da tali opere non risultino mutate in  modo  apprezzabile  le
 caratteristiche della zona.
    Si  e'  costituito il comune intimato, eccependo in atti difensivi
 depositati il 9 agosto 1991, il 20 luglio ed il  20  settembre  1992,
 l'inammissibilita'  del  ricorso  per  difetto di valida procura alle
 liti, per difetto di giurisdizione del giudice adi'to sotto  distinti
 profili (vertendosi in materia di diritti soggettivi e di ripetizione
 dell'indebito),   l'irricevibilita'   per   tardivita',   e  comunque
 l'infondatezza nel merito stante la  riconducibilita'  del  mutamento
 funzionale  di destinazione alle attivita' comportanti trasformazione
 urbanistica del  territorio,  con  conseguente  assoggettamento  agli
 oneri  di  urbanizzazione.  Non sussisterebbe contrasto della l.r. n.
 56/1977 con l'art. 25 della  legge  n.  47/1985,  avendo  la  regione
 Piemonte  gia'  sufficientemente  regolamentato  la  materia  con  la
 normativa vigente.
    In data 30 ottobre 1992 parte ricorrente ha depositato una memoria
 ribadendo le proprie censure e precisando, in relazione alla sentenza
 della Corte costituzionale n. 73/1991, che alla stregua del principio
 fondamentale ai sensi dell'art. 117 della Costituzione  dell'art.  25
 della  l.r.  n. 47/1985 la modifica funzionale di destinazione, senza
 interventi edilizi,  puo'  essere  assoggettata  soltanto  al  regime
 dell'autorizzazione,   peraltro   previa   istruttoria  comunale  che
 differenzi le diverse situazioni ed esigenze territoriali.
                             D I R I T T O
    Preliminarmente vanno respinte le eccezioni sollevate dalla difesa
 del comune di difetto di valida procura alla liti  e  di  difetto  di
 giurisdizione del giudice amministrativo.
    Quanto  alla prima, va osservato che la sottoscrizione della parte
 nell'originale del ricorso depositato  e'  autenticata  non  solo  da
 funzionario  comunale  a  cio'  delegato,  ma  anche dal procuratore.
 Quanto  alla  seconda,  la  controversia  in  questione,  rivolta   a
 contestare il diritto del comune ad ottenere il pagamento degli oneri
 di  urbanizzazione  e  a  conseguire  la  ripetizione  dell'indebito,
 rientra nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo alla
 stregua dell'art. 16 della legge n. 10/1977  e  della  giurisprudenza
 delle  ss.uu.  della  Cassazione  (tra  le altre: 4 dicembre 1988, n.
 5350; 19 ottobre 1990, n. 10177).
    La societa' ricorrente, che  in  base  a  concessione  n.  64/1990
 rilasciata  dal  comune  di Suno ha attuato un cambio di destinazione
 d'uso  adibendo,  senza  realizzare  opere  edilizie,  ad   esercizio
 commerciale   un   fabbricato   prima   utilizzato  come  laboratorio
 industriale per la costruzione di mobili,  richiede  la  restituzione
 della somma di lire 128.096.000 in quanto indebitamente percepite dal
 comune   quali   oneri   di  urbanizzazione  relativi  alla  suddetta
 concessione, sostenendo  sotto  vari  profili  che  il  mutamento  di
 destinazione  d'uso  in  questione  non avrebbe potuto, in ogni caso,
 essere assoggettato alla corresponsione degli oneri.
    Cio' premesso, si impone in via preliminare,  anche  con  riguardo
 all'ulteriore  eccezione  di  irricevibilita', l'esame delle censure,
 formulate con il secondo e il terzo motivo di ricorso, di  violazione
 di  legge  per  contrasto della pretesa del comune, con gli artt. 8 e
 25,  ultimo  comma,  della  legge  n.  47/1985,  nonche'   di   falsa
 applicazione  dell'art.  48  della  l.r.  n.  56/1977,  in  quanto il
 mutamento d'uso posto in essere dalla ricorrente  non  necessiterebbe
 di alcuna concessione e non comporterebbe quindi obbligo di pagamento
 di oneri di urbanizzazione.
    Tali  censure,  dirette a contestare in radice l'assoggettabilita'
 di quanto attuato dalla ricorrente a concessione  ed  ai  conseguenti
 oneri,  si  presentano prioritarie non solo in ordine logico rispetto
 agli altri  motivi,  coinvolgenti  l'approfondimento  di  particolari
 aspetti della fattispecie concreta, ma altresi', come gia' accennato,
 ai  fini  dell'esame  dell'eccezione  di irricevibilita' del ricorso,
 notificato il 15 febbraio 1991  mentre  la  concessione  edilizia  e'
 pervenuta alla richiedente il 3 novembre 1990.
    Infatti,  anche  a  prescindere  dall'autonomia  dell'obbligazione
 relativa agli  oneri  di  urbanizzazione  rispetto  alla  concessione
 edilizia  (cfr. Cons. St. V 857/90) e dall'applicabilita' del termine
 di  prescrizione  e  non  di  decadenza   al   ricorso   avverso   la
 determinazione  (avente  natura  non  autoritativa  ma  ricognitiva e
 contabile nell'ambito di un rapporto paritetico)  del  contributo  di
 urbanizzazione,  va  osservato  che  un  accoglimento  delle predette
 censure condurrebbe a concludere che l'amministrazione  ha  agito  in
 carenza  di  potere  ed  in violazione di un diritto soggettivo e che
 quindi non occorreva impugnare la concessione,  anche  a  considerare
 (come  fa  in sostanza la difesa del Comune) che l'assoggettamento al
 contributo  di  urbanizzazione  era sorto in seguito all'accoglimento
 della domanda presentata il 18 gennaio 1989.
    Va  premesso  ancora,  per  completezza,  che  il  pagamento   del
 contributo di urbanizzazione non determina acquiescenza (Cons. St. V,
 24/87).
    Nelle  sue  linee  essenziali,  la  tesi  della  ricorrente - come
 ulteriormente precisato in memoria,  con  riferimento  alla  sentenza
 della Corte costituzionale 11 febbraio 1991, n. 74 - e' che il cambio
 di destinazione d'uso senza opere edilizie non puo' essere sottoposto
 a  regime  concessorio.  Pertanto il comune di Suno non avrebbe avuto
 titolo a percepire gli oneri per opere di urbanizzazione.
    All'accoglimento di tale assunto, pur  conforme  ad  un  principio
 gia'  stabilito in varie occasioni dai giudici amministrativi in base
 alla legge n. 10/1977, si oppone pero' nella  legislazione  regionale
 piemontese  l'art.  48,  primo comma, della l.r. n. 56/1977, il quale
 dispone che il  proprietario  o  l'avente  titolo  deve  chiedere  al
 sindaco  la  concessione  o  l'autorizzazione, a norma dei successivi
 articoli, per l'esecuzione  di  qualsiasi  attivita'  comportante  la
 trasformazione  urbanistica  ed  edilizia  del  territorio  comunale,
 escludendo soltanto, anche dall'obbligo di  semplice  autorizzazione,
 "i  mutamenti di destinazione d'uso degli immobili relativi ad unita'
 immobiliari non superiori a 700 mc., che  siano  compatibili  con  le
 norme del p.r.g. e/o degli strumenti urbanistici".
    Il   collegio   ritiene   di  non  avere  motivo  per  discostarsi
 dall'interpretazione  di  questa  norma,  da  parte  sia  del  t.a.r.
 Piemonte   (474/83)   che   dal  Consiglio  di  Stato  (V,  824/1988,
 confermativa della precedente), nel senso che il Piemonte i mutamenti
 di destinazione d'uso degli immobili superiori a 700  mc.,  anche  se
 effettati  senza lavori edilizi, sono subordinati a concessione. Cio'
 in quanto, se la disposizione riguardasse  soltanto  i  mutamenti  di
 destinazione  d'uso  accompagnati  dall'esecuzione di opere edilizie,
 essa sarebbe inutile, poiche' tutte le trasformazioni  edilizie  sono
 gia'  soggette  ad  assegno  essendo  ricomprese  nella  prima  parte
 dell'articolo.
    Va soggiunto che, alla stregua della legge  regionale  piemontese,
 certamente  i  mutamenti  di destinazione d'uso non sono sottoposti a
 semplice autorizzazione, posto che essi non sono affatto  considerati
 dal  successivo  art. 56, che elenca i singoli interventi soggetti ad
 autorizzazione, onde deve concludersi che per essi la legge  reg.  n.
 56/1977  prevede  sempre - con la sola eccezione di cui alla lett. a)
 dell'art. 48 - la necessita' della concessione.
    Pertanto nel caso di modificazioni  delle  destinazioni  d'uso  in
 assenza   di   opere  edilizie,  il  mutamento  di  destinazione,  se
 consentito dal piano regolatore, sara'  possibile  senza  concessione
 solo  se  l'unita'  immobiliare  non supera i 700 mc.; se invece esso
 interessa un'unita' superiore a detto limite,  occorrera'  sempre  il
 preventivo  e  formale  controllo  del  comune, che si attua mediante
 concessione (cfr. altresi' l'art. 65, quarto comma, della legge  reg.
 cit.).
    Nel  caso  in  esame, e' pacifico che il mutamento di destinazione
 non prevede (come specificato nella domanda 18 gennaio  1989)  alcuna
 opera  edilizia  ed interessa un'unita' eccedente i 700 mc, onde alla
 stregua della legge piemontese e' stato  assoggettato  a  concessione
 con   l'ulteriore   conseguenza   dell'obbligo   del   contributo  di
 urbanizzazione.
    Non essendo possibile superare in via interpretativa la previsione
 della legge regionale, che non consente di differenziare agli effetti
 in  questione  i  mutamenti di destinazione con opere da quelli senza
 opere, ritiene il collegio che si appalesi non priva di fondamento  -
 oltre  che  rilevante  ai  fini  della  decisione della controversia,
 poiche' su di essa si fonda il potere esercitato  dal  sindaco  -  la
 questione  di  legittimita'  costituzionale della normativa regionale
 sopra  citata  in  riferimento  all'art.  117   della   Costituzione,
 prospettata nei termini seguenti.
    La  materia  in questione e' oggetto di legislazione ripartita tra
 norme statali di principio e norme regionali di sviluppo e dettaglio.
    Come gia' precisato dalla Corte costituzionale con la sentenza  n.
 73/1/991,  la  legge  n.  47/1985, disciplinando ex-novo gli istituti
 della concessione  e  dell'autorizzazione  edilizia  ed  individuando
 l'ambito  degli  interventi  di  spettanza del legislatore regionale,
 enuncia i principi fondamentali cui devono attenersi  le  regioni  in
 detta materia.
    Con riguardo al mutamento di destinazione, l'art. 8 ne ha previsto
 l'assoggettabilita'  al  regime  concessorio solo quando, in sintesi,
 esso  comporti  variazioni  essenziali  al  progetto  (che  la  legge
 regionale  dovra'  definire  nei limiti dei criteri fissati dall'art.
 stesso) e sia connesso con modifiche strutturali dell'immobile.
    Mentre il mutamento  di  destinazione,  comunque  accompagnato  da
 qualsiasi  intervento  edilizio,  anche se solo interno, per il quale
 non sia altrimenti prevista la concessione, e' assoggettabile in base
 a quanto si desume dall'art. 26 a regime autorizzatorio, il mutamento
 di destinazione senza opere e' considerato (Corte  costituzionale  n.
 73/1991  cit.)  dall'art.  25,  ultimo  comma, della legge statale n.
 47/1985, che attribuisce  al  legislatore  regionale  il  compito  di
 stabilire  "criteri  e  modalita'  cui  dovranno  attenersi i comuni,
 all'atto  della  predisposizione  di   strumenti   urbanistici,   per
 l'eventuale  regolamentazione,  in  ambiti  determinati  del  proprio
 territorio, della destinazione d'uso degli immobili, nonche' dei casi
 in cui, per la  variazione  di  essa,  sia  richiesta  la  preventiva
 autorizzazione".
    Si  evince  dunque  da  questa norma, nonche', "a contrario" dalle
 altre disposizioni della  legge  n.  47/1985  che  si  riferiscono  a
 variazioni  d'uso  comportanti  l'esecuzione di opere (artt. 7, primo
 comma;  8,  primo  comma,  lett.  a);  15;  26)  che   il   principio
 fondamentale  posto  dalla  legge quadro e' che la modifica meramente
 funzionale e  non  strutturale  della  destinazione  puo'  essere  al
 massimo  assoggettata  ad autorizzazione secondo le leggi regionali e
 soltanto allorche' in sede  di  pianificazione  urbanistica  comunale
 abbia   avuto  luogo  un  preventivo  apprezzamento  di  insieme  del
 territorio inteso a  verificare  la  compatibilita'  con  il  tessuto
 urbanistico.
    Con  tale  nuovo  principio fondamentale posto dalla legge statale
 contrasta ora la preesistente normativa della legislazione  regionale
 piemontese  in  materia  urbanistica che all'art. 48, primo comma, ha
 assoggettato  indiscriminatamente   i   mutamenti   di   destinazione
 riguardanti  unita'  eccedenti i 700 mc., compresi quelli senza opere
 edilizie, al regime concessorio.
    Trattandosi di fonti facenti parte di diversi ordini normativi, il
 rapporto  tra  la  legge cornice e la legge regionale non e' regolato
 secondo un criterio di generale preferenza della legge statale,  onde
 non  puo'  ritenersi  verificato un effetto abrogativo, e l'antinomia
 tra la disposizione di legge regionale ed il  principio  fondamentale
 posto  dalla  legge  statale  sopravvenuta  va ad avviso del collegio
 definito in termini di invalidita'  della  prima  per  contrasto  con
 l'art.  117  della  Costituzione  perche'  assoggetta direttamente ed
 indiscriminatamente a concessione tutti i mutamenti  di  destinazione
 non  comportanti la esecuzione di opere edilizie relativi alle unita'
 immobiliari superiori a 700 mc., e cio' in difformita' dal  principio
 fondamentale della legge statale, che non prevede per detti mutamenti
 la   concessione   edilizia   e   demanda  alla  legge  regionale  di
 disciplinare il potere dei comuni di regolamentare, se  lo  ritengono
 opportuno, in ambiti determinati del loro territorio, le destinazioni
 d'uso  degli  immobili,  assoggettandone  eventualmente i mutamenti a
 semplice autorizzazione.
    Ritiene pertanto  il  collegio  non  manifestamente  infondata  la
 questione di costituzionalita' dell'art. 48, primo comma, della legge
 regionale  del  Piemonte 5 dicembre 1987, n. 56, e succ. mod. e int.,
 nella  parte  in  cui  assoggetta  a  concessione  i   mutamenti   di
 destinazione d'uso non accompagnati dall'esecuzione di opere edilizie
 relativi ad unita' immobiliari superiori a 700 mc., per contrasto con
 l'art.  117  della  Costituzione,  considerato  che l'art. 25, quarto
 comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, costituisce un  principio
 fondamentale  cui  la  legge  regionale  in  materia urbanistica deve
 attenersi.
                               P. Q. M.
    Dichiara,   per   le   ragioni   esposte   in   motivazione,   non
 manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 48, primo comma,  della  legge  regionale  del  Piemonte  5
 dicembre  1977,  n. 56, e succ. mod. e int., con riferimento all'art.
 117 della Costituzione, per contrasto con l'art.  25,  ultimo  comma,
 della legge statale 12 febbraio 1985, n. 47;
    Sospende il giudizio in epigrafe;
    Rimette  alla  Corte  costituzionale  a  norma dell'art. 134 della
 Costituzione e dell'art. 23 della legge  11  marzo  1953  la  dedotta
 questione di legittimita' costituzionale;
    Manda   alla   segreteria   della   sezione   di  provvedere  alla
 notificazione della presente ordinanza alle parti in causa nonche' al
 presidente  della  Giunta  regionale  del  Piemonte,   nonche'   alla
 comunicazione  della  medesima  al presidente del consiglio regionale
 del Piemonte;
    Cosi' deciso in Torino, nella camera di Consiglio del 12  novembre
 1992.
                  Il presidente ed estensore: MONTINI
                                       I consiglieri: CALVO - PUGLIESE
 93C0291