N. 118 SENTENZA 24 - 26 marzo 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Acque pubbliche e private - Tribunale superiore delle acque pubbliche
 -  Componenti  -  Indennita'  mensile - Magistrati e membri tecnici -
 Disparita'  di   trattamento   -   Specialita'   delle   connotazioni
 dell'organo   giurisdizionale   -  Improponibilita'  di  raffronti  -
 Discrezionalita' legislativa - Non fondatezza.
 
 (Legge 1› agosto 1959, n. 704, art. 1).
 
 (Cost., artt. 3, 36 e 97).
 
(GU n.14 del 31-3-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro  FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.  Renato
 GRANATA, prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge
 1› agosto 1959, n. 704 (Indennita' ai componenti dei Tribunali  delle
 acque pubbliche), promosso con ordinanza emessa il 15 aprile 1992 dal
 Tribunale  amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da
 Rebuffat  Francesco  ed  altri  contro  il  Ministero  di  Grazia   e
 Giustizia,   iscritta  al  n.  485  del  registro  ordinanze  1992  e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  39,  prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto di costituzione di Carboni Raffaele ed altri nonche'
 l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  26  gennaio  1993  il  Giudice
 relatore Cesare Mirabelli;
    Uditi  l'avvocato Enrico Romanelli per Carboni Raffaele ed altri e
 l'avvocato dello Stato Carlo Bafile per il Presidente  del  Consiglio
 dei ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  Nel corso di un procedimento promosso da Rebuffat Francesco
 ed  altri  contro  il  Ministero  di  grazia  e  giustizia,  per  far
 dichiarare  il  diritto  ad  una retribuzione equa per le prestazioni
 lavorative  rese  dai  ricorrenti  quali  componenti  del   Tribunale
 superiore   delle   acque   pubbliche,  il  Tribunale  amministrativo
 regionale del Lazio, con ordinanza  emessa  il  15  aprile  1992,  ha
 sollevato,  in  riferimento agli artt. 3, 36 e 97 della Costituzione,
 questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1 della  legge  1›
 agosto  1959,  n.  704  (Indennita' ai componenti dei Tribunali delle
 acque pubbliche), nella parte in cui prevede  che  ai  componenti  di
 quell'organo  giurisdizionale  e'  attribuita  un'indennita'  mensile
 rimasta immutata nel tempo e divenuta irrisoria.
    Il giudice rimettente osserva che le funzioni dei  componenti  del
 Tribunale superiore delle acque pubbliche sono autonome ed aggiuntive
 rispetto a quelle dagli stessi svolte nell'ambito dell'ufficio (Corte
 di cassazione o Consiglio di Stato, per i magistrati) o dell'istituto
 di   appartenenza.  Si  tratta  di  funzioni  che  dovrebbero  essere
 specificamente   compensate,   sicche'    l'assoluta    inadeguatezza
 dell'indennita'  prevista (lire 30.000 per i magistrati e lire 20.000
 per i membri tecnici) configurerebbe un contrasto della legge che  la
 disciplina con l'art. 36 della Costituzione.
    Ad  avviso  del  giudice rimettente sarebbe anche violato l'art. 3
 della Costituzione, in quanto  il  trattamento  economico  attribuito
 dall'art.  1  della legge n. 704 del 1959 ai componenti del Tribunale
 superiore  delle  acque  pubbliche   sarebbe   irragionevolmente   ed
 illogicamente  deteriore  rispetto a quello previsto per i componenti
 di altri organi  di  giurisdizione  speciale  (quali  le  commissioni
 tributarie)   o  per  lo  svolgimento  di  incarichi  extragiudiziari
 (arbitrati, collaudi, commissioni di concorso).
    La sopravvenuta inadeguatezza  del  compenso  dei  componenti  del
 Tribunale   superiore   delle   acque   pubbliche   potrebbe  inoltre
 determinare inconvenienti per l'ordinato  funzionamento  dell'organo,
 in   ragione   della  difficolta'  di  reperire  magistrati  esperti,
 disponibili ad assumere o mantenere l'incarico, con la conseguenza di
 un loro continuo ricambio. Sotto questo  aspetto  e'  prospettato  il
 contrasto  della  norma denunciata con il principio di buon andamento
 dell'amministrazione (art. 97 della Costituzione).
    2. - Si sono costituiti in giudizio  Raffaele  Carboni,  Salvatore
 Tumbiolo,  Angelo  Grieco, Giuseppe Bozzi e Raffaele Maria De Lipsis,
 ricorrenti  nel  giudizio  a  quo,  chiedendo  che   sia   dichiarata
 l'illegittimita' costituzionale della norma denunciata.
    3.  -  E'  intervenuto  il  Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che  la
 questione sia dichiarata non fondata.
    L'Avvocatura  ricorda  che la partecipazione a collegi di soggetti
 che rivestono un determinato status  non  costituisce  un  lavoro  da
 retribuire,  per  il  quale  valga  la  garanzia  dell'art.  36 della
 Costituzione, ma una funzione essenzialmente onoraria,  che,  se  non
 gratuita,   e'   accompagnata   da   una   indennita'   per   la  cui
 quantificazione non si puo' utilizzare alcun criterio di adeguatezza.
    Con riferimento all'art. 3 della Costituzione l'Avvocatura ritiene
 che nessun raffronto possa essere compiuto tra funzioni diverse e non
 assimilabili. Anche l'art. 97 della Costituzione non potrebbe  essere
 utilmente  richiamato,  in  quanto  la  funzione  che alti magistrati
 assolvono presso il Tribunale  superiore  delle  acque  pubbliche  si
 affida alla loro responsabilita' e non ad una indennita', che sarebbe
 sempre inadeguata rispetto alla funzione.
    4. - In prossimita' dell'udienza le parti private hanno depositato
 una  memoria  per  ribadire  le  conclusioni  formulate  nell'atto di
 costituzione.
    L'art. 1 della  legge  n.  704  del  1959  contrasterebbe  con  il
 principio  della retribuzione proporzionata alla quantita' e qualita'
 del lavoro svolto, fissato dall'art. 36  della  Costituzione,  tenuto
 conto  che  le  funzioni  di componente del Tribunale superiore delle
 acque pubbliche, affidate ad alti magistrati ed a dirigenti aventi un
 proprio  stato  giuridico   con   la   relativa   retribuzione,   non
 rientrerebbero   nell'ambito   dell'attivita'   originaria   da  essi
 esercitata.
    La mancanza di un ragionevole compenso sarebbe, inoltre, causa  di
 possibili   disfunzioni   in   relazione  al  continuo  ricambio  dei
 componenti dell'organo ed eserciterebbe una influenza negativa  sulla
 stessa  immagine  di una Corte, che si pone ai vertici della funzione
 giurisdizionale nelle materie attribuite alla sua competenza.
    Le  parti  private  ritengono  anche  ingiustificata,  quindi   in
 contrasto   con   l'art.  3  della  Costituzione,  la  diversita'  di
 trattamento riservata ai membri del Tribunale superiore  delle  acque
 pubbliche  rispetto  ai componenti di altri organi giurisdizionali ai
 quali partecipano magistrati in servizio, ad esempio  le  commissioni
 tributarie;  tanto  piu'  se  si tiene conto che quel Tribunale e' al
 vertice della giurisdizione  di  settore,  al  pari  della  Corte  di
 cassazione,  del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, e che il
 Presidente  del  Tribunale  delle  acque  svolge  funzioni  di  grado
 corrispondente  a  quelle del Procuratore generale presso la Corte di
 cassazione, del Presidente aggiunto della Corte  di  cassazione,  del
 Presidente del Consiglio di Stato e della Corte dei conti.
                        Considerato in diritto
    1.  -  Il  dubbio  di  legittimita' costituzionale prospettato dal
 Tribunale amministrativo regionale del Lazio concerne l'art. 1  della
 legge  1›  agosto  1959,  n.  704,  che  fissa  l'indennita'  mensile
 spettante  ai  componenti  del  Tribunale   superiore   delle   acque
 pubbliche,  determinandola in lire 30.000 per i magistrati ed in lire
 20.000 per i membri tecnici. Questa  indennita',  rimasta  fissa  nel
 tempo  e  divenuta  irrisoria (se rivalutata corrisponderebbe a circa
 460.000 lire per i magistrati e 310.000 lire per i  membri  tecnici),
 non  compenserebbe  la  qualita'  e  quantita'  di  lavoro  prestato;
 discriminerebbe  irragionevolmente  i  titolari  di  queste  funzioni
 rispetto  ad  altri,  quali  i  componenti della Commissione centrale
 tributaria,  che  svolgono   egualmente   funzioni   giurisdizionali;
 renderebbe   difficile  trovare  disponibilita'  a  ricoprire  questo
 incarico, determinando avvicendamenti dannosi per il  buon  andamento
 dell'ufficio.  Da qui il sospetto del contrasto con gli artt. 3, 36 e
 97 della Costituzione.
    2.  -  La  valutazione  della  legittimita'  costituzionale  della
 disposizione   denunciata    rende    necessario    considerare    la
 configurazione della posizione, limitatamente ai profili rilevanti in
 relazione  alla  questione  sottoposta  all'esame  della  Corte,  dei
 componenti il Tribunale superiore delle acque pubbliche. Si tratta di
 un organo, previsto e disciplinato  dal  regio  decreto  11  dicembre
 1933,  n.  1775,  che  ha  carattere di specialita', in ragione della
 competenza sulla  materia  trattata,  ma  che  non  e'  avulso  dalla
 articolazione  complessiva del sistema organizzativo ed ordinamentale
 della giurisdizione. Anzi,  la  giurisdizione  in  materia  di  acque
 pubbliche  vede  in primo grado la competenza, per materie altrimenti
 attinenti alla giurisdizione ordinaria, di  un  Tribunale  regionale,
 che  ha  le  connotazioni  proprie di una sezione specializzata della
 Corte d'appello, integrata da tecnici dell'amministrazione dei lavori
 pubblici (art. 138 del regio decreto n. 1775 del 1933).
    Il  Tribunale  superiore  delle  acque  pubbliche,   anch'esso   a
 composizione  mista  (magistrati  della  giurisdizione  ordinaria  ed
 amministrativa,  tecnici  dei  lavori  pubblici),  ha  cognizione  di
 appello  in ordine alle pronunce dei Tribunali regionali e cognizione
 diretta per l'impugnazione di  provvedimenti  in  materia  di  acque,
 altrimenti deferibili alla giurisdizione amministrativa.
    L'assegnazione  a  tale  organo  presuppone  sempre  la permanente
 titolarita'  di  un  altro  ufficio  (consigliere  della   Corte   di
 cassazione,  consigliere  di  Stato, componente tecnico del Consiglio
 superiore dei lavori  pubblici)  ed  il  perdurante  esercizio  delle
 funzioni  che  legittimano  la  nomina. Inoltre la stessa nomina trae
 origine dalla  designazione  effettuata  dal  Presidente  dell'organo
 (Corte  di  cassazione,  Consiglio  di Stato, Consiglio superiore dei
 lavori pubblici) nel quale i componenti del Tribunale superiore delle
 acque continuano a rimanere incardinati. Dell'attivita' svolta presso
 questo organo si tiene, evidentemente, conto nella determinazione del
 carico di lavoro nell'ufficio di appartenenza.
    3. - Le speciali connotazioni del Tribunale superiore delle  acque
 escludono che possa essere proposta, quale utile termine di raffronto
 del   trattamento   economico  corrisposto  ai  suoi  componenti,  la
 condizione dei titolari di altri  incarichi,  anche  giurisdizionali,
 privi  di  una  cosi'  stretta  aderenza,  strutturale  e funzionale,
 all'ufficio gia' ricoperto, se non addirittura privi di ogni elemento
 di omogeneita' con la posizione dei componenti del Tribunale  stesso.
 La  diversita'  di  situazioni  non  consente  di ritenere violato il
 principio di eguaglianza (art. 3 della Costituzione), rimanendo nella
 discrezionalita' del legislatore la fissazione e  la  quantificazione
 di   una   indennita'   per  l'esercizio  di  funzioni  distinte,  ma
 integrative e complementari rispetto a quelle proprie dell'ufficio di
 appartenenza, al quale rimangono collegate.
    Le stesse considerazioni escludono che risulti violato  l'art.  36
 della Costituzione. In presenza di una molteplicita' di attivita' che
 hanno  per  presupposto un unico rapporto di impiego o la titolarita'
 di un ufficio pubblico, la retribuzione sufficiente per assicurare  a
 se'  ed  alla  propria  famiglia  un'esistenza  libera  e  dignitosa,
 proporzionata alla quantita' e qualita' di lavoro prestato, e' quella
 complessiva, corrispondente al cumulo delle diverse  retribuzioni  ed
 indennita', comunque corrisposte.
    Infine, seppure invocabile, non risulta comunque leso il principio
 di  buon  andamento  dell'amministrazione,  giacche',  per  i profili
 segnalati   nell'ordinanza   di    rimessione,    la    temporaneita'
 dell'incarico  (prevista in cinque anni) e' gia' disposta dalla legge
 (art. 139 del  regio  decreto  n.  1775  del  1933)  e  l'affidamento
 dell'incarico  stesso, che rientra nell'ambito dei complessivi doveri
 di ufficio, non richiede accettazione del designato.
    La questione di legittimita' costituzionale e' pertanto infondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  1  della  legge  1›  agosto  1959,  n.  704 (Indennita' ai
 componenti  dei  Tribunali  delle  acque  pubbliche),  sollevata,  in
 riferimento  agli  artt. 3, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale
 amministrativo  regionale  del  Lazio  con  l'ordinanza  indicata  in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: MIRABELLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 26 marzo 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0302