N. 147 ORDINANZA 1 - 6 aprile 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia   -   Abusivismo  -  Violazione  di  sigilli  -  Trattamento
 sanzionatorio  penale  -  Reato  continuato  -  Pena  applicabile   -
 Sospensione  -  Irrilevanza  della  questione  nel giudizio   a quo -
 Identica questione gia' decisa (ordinanza  n.  20/1993)  -  Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (C.P., art. 81, primo e secondo comma).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.16 del 14-4-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro FERRI, prof. Enzo CHELI, dott. Renato GRANATA, prof.  Francesco
 GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 81, primo e
 secondo comma, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 24
 marzo 1992 dal Pretore di Napoli nel procedimento penale a carico  di
 Gargiulo  Gaetano,  iscritta  al n. 477 del registro ordinanze 1992 e
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  n.  39,  prima
 serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del 24 febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Enzo Cheli;
    Ritenuto  che  nel  corso del procedimento penale nei confronti di
 Gargiulo  Gaetano,  al  quale  sono  stati  contestati  i  reati   di
 violazione  di  sigilli  (art. 349 c. p.) e di costruzione abusiva in
 zona sottoposta a vincolo (art. 20, lett. c, della legge  n.  47  del
 1985)  il Pretore di Napoli, con ordinanza del 24 marzo 1992 (R.O. n.
 477  del  1992),  ha  sollevato,  in  riferimento  all'art.  3  della
 Costituzione,  la  questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 81, primo e secondo comma, del codice penale, nella parte concernente
 il trattamento sanzionatorio del reato continuato;
      che il giudice remittente rileva che chi deve  rispondere  della
 sola  contravvenzione urbanistica di cui all'art. 20, lett. c), della
 legge n. 47 del 1985  potra'  vedersi  irrogata  una  pena  detentiva
 minima  di  5  giorni  di  arresto e una pena pecuniaria minima di 30
 milioni di lire di ammenda, e che, eseguite le dovute  operazioni  di
 ragguaglio,  neppure  nei  casi  di  abusi  edilizi  di  trascurabile
 entita', commessi da soggetti incensurati, all'imputato potra' essere
 concesso il beneficio  della  sospensione  condizionale  della  pena,
 mentre  nei  riguardi  di  chi,  come nel caso di specie, non solo si
 rende responsabile del reato di cui alla lett. c) dell'art. 20  della
 legge  n.  47,  ma  viola i sigilli apposti alla costruzione abusiva,
 commettendo cosi' anche il piu' grave delitto previsto dall'art.  349
 del  codice  penale,  unito dal vincolo della continuazione, non puo'
 opporsi pregiudizialmente lo sbarramento  invalicabile  rappresentato
 dall'entita'  della pena per escludere l'applicabilita' del beneficio
 della  sospensione  condizionale,   con   la   conseguenza   che   e'
 astrattamente  possibile  per  il  giudice  decidere  se  il  reo sia
 meritevole del beneficio in questione, mentre nel caso di  violazione
 della   sola   contravvenzione   urbanistica  risulta  negata  questa
 possibilita';
      che,  sempre  ad  avviso  del  giudice  a   quo,   tale   regime
 sanzionatorio   sarebbe   irragionevole,   dal  momento  che  con  la
 disciplina della continuazione il legislatore ha inteso  mitigare  il
 principio  del  cumulo  materiale  delle  pene, mentre l'applicazione
 dell'art. 81 del codice penale consente la concessione del  beneficio
 della  sospensione  condizionale  anche  quando il reato satellite e'
 punito con una pena minima edittale cosi' elevata che, nella  diversa
 ipotesi  di  sola commissione del medesimo reato, lo stesso beneficio
 non sarebbe concedibile, e che pertanto  la  norma  impugnata  appare
 illegittima nella parte in cui non prevede che la pena complessiva da
 irrogare  per il reato continuato non possa essere inferiore a quella
 prevista per il o i reati satelliti;
      che,  sulla  rilevanza  della  questione  nel  giudizio  a  quo,
 nell'ordinanza  si espone che nel caso in esame, sussistendo tutte le
 condizioni di legge per riconoscere il  vincolo  della  continuazione
 tra  i  reati  contestati  e  per concedere all'imputato il beneficio
 della sospensione condizionale  della  pena,  se  non  si  sollevasse
 questione  dell'art. 81, primo e secondo comma, del codice penale per
 contrasto  con  l'art.   3   della   Costituzione,   dovrebbe   farsi
 un'applicazione  della  norma  impugnata ingiustamente favorevole per
 l'imputato;
      che nel giudizio avanti alla Corte  ha  spiegato  intervento  il
 Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
 dall'Avvocatura generale dello Stato, per chiedere che  la  questione
 sia dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata;
    Considerato   che  la  questione  sollevata,  ove  fosse  accolta,
 determinerebbe  come   conseguenza   un   aggravamento   del   regime
 sanzionatorio  attualmente  operante  nei confronti dell'imputato nel
 giudizio  a  quo,  al  quale  sarebbe  negato  il   beneficio   della
 sospensione  condizionale  della pena, la cui applicabilita' nel caso
 di specie e' stata invece riconosciuta dal giudice remittente;
      che nell'ord. n. 20 del 1993 questa  Corte,  giudicando  su  una
 identica  censura  di  costituzionalita'  della  norma  impugnata, ha
 affermato che la questione sollevata "non si  presenta  rilevante  ai
 fini  del  giudizio  a  quo,  per  l'impossibilita'  che il richiesto
 aggravamento di regime possa operare  -  in  relazione  al  principio
 sanzionato  nell'art.  25,  secondo comma, della Costituzione - anche
 nell'ambito di detto giudizio e nei confronti  di  un  imputato  gia'
 riconosciuto  dal  giudice  remittente  in  condizione di ottenere il
 beneficio della sospensione condizionale della pena";
      che nell'ordinanza di remissione non si adducono argomenti nuovi
 rispetto a quelli gia' esaminati e che,  pertanto,  la  questione  va
 dichiarata manifestamente inammissibile;
    Visti  gli  artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara manifestamente inammissibile la questione di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  81,  primo  e  secondo  comma,  del codice
 penale, sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione,  dal
 Pretore di Napoli, con l'ordinanza di cui in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 1› aprile 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                          Il redattore: CHELI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 6 aprile 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0358