N. 179 ORDINANZA (Atto di promovimento) 18 febbraio 1993
N. 179 Ordinanza emessa il 18 febbraio 1993 dalla pretura di Salerno, sezione distaccata di Eboli, nel procedimento civile vertente tra Provenza Gerarda e Villecco Maria Locazione di immobili urbani - Uso abitativo - Proroga biennale del contratto - Ritenuta operativita' di diritto anche in assenza di trattative relative a nuovo canone - Irragionevole compressione del diritto di proprieta' senza alcun bilanciamento per il locatore del sacrificio autoritativamente imposto - Richiamo ai principi delle sentenze nn. 89/1984 e 108/1986. Locazione di immobili urbani - Uso abitativo - Esclusione del diritto di recesso dal contratto del locatore, per necessita', alla scadenza dello stesso o nel corso della proroga biennale - Compressione del diritto di proprieta' - Violazione del diritto di difesa - Richiamo ai principi della sentenza n. 22/1980. (D.L. 11 luglio 1992, n. 333, art. 11, comma 2-bis, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359). (Cost., artt. 24, primo comma, e 42, secondo comma).(GU n.18 del 28-4-1993 )
IL PRETORE Sciogliendo la riserva e letti gli atti; O S S E R V A Con atto di intimazione di licenza per finita locazione e contestuale citazione per la convalida notificato il 15 ottobre 1992, la signora Provenza Gerarda, premettendo di essere proprietaria di un appartamento sito in Battipaglia (Salerno) alla v. Olevano n. 13, terzo piano, concesso in locazione, per uso abitativo, alla signora Villecco Maria in virtu' di contratto regolarmente sottoscritto e con decorrenza dall'1 gennaio 1982, e sulla scorta della considerazione che, a norma delle vigenti leggi in materia, il contratto stesso sarebbe venuto a scadenza il 31 dicembre 1993, essendo stato, peraltro, disdetto, per impedirne la ulteriore rinnovazione, con racc. a.r. n. 6302 del 6 ottobre 1992, ricevuta in data 7 ottobre 1992, intimava alla predetta Villecco licenza per finita locazione in ordine al descritto immobile per la indicata data del 31 dicembre 1993 e, nel contempo, la conveniva innanzi a questo giudice per sentir convalidare l'intimata licenza, con il conseguente ordine di rilascio e la fissazione della data per la sua esecuzione, e, in via subordinata, per l'ipotesi di opposizione, per sentir pronunciare ordinanza (provvisoria) di rilascio immediatamente esecutiva ai sensi dell'art. 665 del c.p.c., il tutto, ed in ogni caso, con il riconoscimento del favore per le spese legali, da attribuirsi al procuratore antistatario. Radicatosi, ritualmente, il contraddittorio, all'udienza prestabilita si costituiva in giudizio l'intimata, la quale instava per il rigetto della domanda e, comunque, di tutte le richieste for- mulate dalla parte avversa; di contro il procuratore dell'intimante insisteva per l'emanazione dell'ordinanza inimpugnabile di rilascio, con riserva delle eccezioni della convenuta. Questo giudicante si riservava di decidere sulla anzidetta istanza, concedendo congruo termine per il deposito di note illustra- tive di parte. Rileva questo pretore che la fattispecie in considerazione, alla stregua delle prospettazioni delle parti e della controversa interpretazione del disposto di cui all'art. 11 della legge 8 agosto 1992, n. 359, di conversione del d.l. 11 luglio 1992, n. 333 (recante "misure urgenti per il risanamento della finanza pubblica"), meriti un approfondito e pregiudiziale esame in ordine al profilo inerente l'applicabilita' ad essa della appena richiamata regolamentazione normativa e, all'esito, in caso di risposta positiva, un'altrettanto incisiva ed attenta analisi in merito alle possibili censure di incostituzionalita' che potrebbero investire lo stesso dettato legislativo. Con riferimento all'individuazione dell'ambito di applicabilita' del menzionato art. 11 e, segnatamente, del comma 2- bis, in cui e' imposta la proroga coatta biennale del contratto locativo qualora le parti, alla prima scadenza del contratto successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione (14 agosto 1992), non concordino, rideterminandolo liberamente, sulla misura del canone, le problematiche maggiormente rilevanti che hanno affaticato la dottrina e la giurisprudenza si sono incentrate, e che ricoprono una fondamentale importanza ai fini della risoluzione del caso di specie, sono due: la prima investe l'interpretazione della parte della norma in cui si pone riferimento "alla prima scadenza del contratto successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione"; la seconda concerne direttamente la focalizzazione del meccanismo di operativita' della prevista proroga legale. E', innanzitutto, doveroso operare una precisazione. La previsione della piu' volte richiamata proroga si atteggia come la previsione di una indiscutibile proroga del contratto e non dell'esecuzione, per cui, secondo l'opinione largamente predominante, essa investe i rapporti in corso al momento dell'entrata in vigore della legge n. 359/1992, connotandosi come una disposizione di carattere transitorio. Orbene, nel mentre appare incontrovertibile che la proroga si applica ai contratti in corso con prima scadenza contrattuale successiva al 14 agosto 1992, integrando la fattispecie, esaustivamente, la condizione normativamente contemplata dal comma 2- bis, discutibile si profila l'estensibilita' della proroga ai contratti pendenti alla predetta data e gia' rinnovatisi in tempo pregresso con scadenza (successiva alla prima) a verificarsi posteriormente all'indicato momento discretivo temporale. E' appena il caso di specificare l'essenzialita' della risoluzione di questo punctum pruriens, dal momento che, nell'ipotesi che ci occupa, il contrasto in discussione si era gia' rinnovato per due volte e soltanto in relazione alla terza scadenza (successiva al 14 agosto 1992) e' stata intimata licenza per finita locazione. Ritiene il decidente che, in relazione al fondamento giustificativo dell'intervento di proroga (ovvero di graduare, in generale, il passaggio da una disciplina con sistema vincolato ad una disciplina che preveda un regime di mercato tendenzialmente libero, in cui la regolamentazione del rapporto locativo sia rimesso all'esclusiva volonta' dei contraenti) e alla correlazione sistematica delle disposizioni contenute globalmente nella norma in esame, anche ponendo mente agli interventi legislativi del passato in tema di proroga delle locazioni, e fronteggiando quello che deve valutarsi come un infortunio di coordinamento letterale, la definizione di "prima scadenza del contratto" deve intendersi in senso cronologico e temporale, e non con una valenza tecnica e contrattuale, per cui nella proroga devono ricomprendersi anche i contratti con scadenze rinnovate successive al 14 agosto 1992. Come conservato, infatti, da un raffinato orientamento dottrinale la circostanza che la norma si richiama specificamente alla prima scadenza del contratto "successiva all'entrata in vigore della legge" implica e lascia trasparire che la volonta' del legislatore si sia intesa rivolgere indiscriminatamente a tutte le locazioni pendenti de iure alla predetta data, ovvero ai rapporti gia' in corso, perche' altrimenti non sarebbe stata necessaria una tale puntualizzazione. Superato ermeneuticamente questo primo scoglio, e' il memento ora di affrontare l'altra tormentata questione sulla natura del procedimento di operativita' della proroga coatta, ovvero quella della risoluzione del dilemma del se trattasi di una "proroga automatica e generalizzata" oppure di una "proroga particolare e condizionata" (cfr. pret. Napoli, ord. 13 novembre 1992, in Rass. equo canone 1992, 397). Al riguardo si sono sbizzarrite le tesi piu' disparate: 1) secondo alcuni la proroga legale sarebbe applicabile di diritto in maniera indiscriminata, senza necessita' di alcuna richiesta delle parti interessate e senza alcuna prova del mancato disaccordo per il rinnovo del contratto (indirizzo propendente per la c.d. "proroga secca o incondizionata", al quale, peraltro, aderisce anche la procuratrice dell'intimata nel giudizio de quo, invocando, pertanto, il rigetto dell'istanza di emanazione dell'ordinanza ex art. 665 del c.p.c.) (v. per tutti in giurisprudenza, Pret. Milano 10 novembre 1992, est. Tateo, in Giustizia civ. 1992, 2904, con nota adesiva di Nunzio Izzo); 2) ad avviso di altri la proroga legale sarebbe suscettibile di applicazione soltanto nell'ipotesi in cui sia stata concretata una trattativa tra le parti o, quantomeno, una manifestazione di disponibilita' del locatore a stipulare un nuovo contratto (c.d. proroga condizionata dalle parti) (v. in giurisprudenza, pret. Milano, 20 ottobre 1992, est. Vitali, in foro it. 1992, 3161 e segg. con nota di Piombo); 3) secondo l'opinione di altri ancora la proroga troverebbe applicazione anche se non si sia realizzata alcuna trattativa inter partes, purche' il giudice tenti, in sede giudiziaria, l'accordo tra le parti per il rinnovo (c.d. proroga condizionata dall'intervento del giudice); 4) ad avviso di altri, infine, la proroga si applicherebbe a favore del conduttore che la invochi, a condizione che vi sia stata una comunicazione del locatore ovvero una richiesta dello stesso conduttore, anche in mancanza di risposta della controparte (trattasi di orientamento esprimente una sottospecie di quello sub 2). A parere di questo pretore appare condivisibile il primo indirizzo, peraltro ampiamente accolto nella giurisprudenza gia' dipanatasi sul punto. In effetti - come tra l'altro, oculatamente evidienziato dalla migliore dottrina - l'art. 11, comma 2- bis, in discorso non prevede alcuna prescrizione sui modi e sui tempi dell'eventuale trattativa tra le parti, ne' impone di far luogo ad un preventivo tentativo di conciliazione, ed, inoltre, non contempla alcuna sanzione a carico della parte che non abbia voluto addivenire all'intesa in deroga, e non subordina ad alcuna attivita' di natura precontenziosa sia la proponibilita' della domanda giudiziale di rilascio da parte del locatore, sia la proponibilita' dell'eccezione di proroga legale da parte del locatario. La vasta portata ed il tenore secco della norma in oggetto manifesta che, in fondo, quel che rileva sufficientemente, allo scopo di far scattare l'efficacia immediata della proroga biennale, e' un dato di fatto che si connota come negativo, ovvero che il contratto non venga a scadere secondo la prescrizione normativa (ossia successivamente al 14 agosto 1992) e non sia stato raggiunto alcun accordo in deroga, non interessando (in difetto di un'esplicitazione sul punto del legislatore) se a seguito di fallimento della intestata trattativa od anche in manzanza di un qualsiasi approccio tra le parti o di una qualunque iniziativa bilaterale o semplicemente unilaterale. Pertanto, sempre sulla scia della dottrina piu' accreditata, puo' sostenernsi che la proroga biennale deve ritenersi presupposta dal locatore in sede di intimazione di licenza o di sfratto per finita locazione, naturalmente riferibile ad una scadenza successiva alla data innanzi richiamata, cosi' come deve reputarsi opponibile la relativa eccezione ad opera del locatario, senza che quest'ultimo sia onerato dall'incombente di dover fornire la prova dell'esito negativo della preventiva trattativa. Sull'onda di tali argomentazioni appare fondatamente sostenibile che la proroga coatta sia sollevabile, sotto la forma di eccezione, sempre dal conduttore, pure nella fase di merito ed anche allorquando sia stata emanata, all'esito della fase di cognizione superficiale o sommaria, ordinanza ex art. 665 del c.p.c. anteriormente al 14 agosto 1992 in ordine ad una scadenza posteriore a tale "fatidica" data, e, peraltro, sentita altrettanto degna di adesione la considerazione secondo cui la predetta proroga sia eccepibile dal conduttore anche come motivo legittimante la proposizione di opposizione all'esecuzione, nel momento in cui il titolo esecutivo (sia esso sotto forma di titolo provvisorio, riconducibile alla condanna con riserva enucleata nel menzionato art. 665 del c.p.c., sia esso nella sua caratterizzazione di titolo definitivo) abbia conosciuto la sua formazione in epoca antecedente alla data cruciale ripetutamente ribadita, ancorche' in relazione ad una data successiva all'anzidetta: tale ultima riflessione si collega al principio, abbracciato dalla prevalente giurisprudenza, in virtu' del quale la proroga sopravvenuta, non essendo possibile farla valere all'atto della formazione del titolo, non viene ad essere coperta dal velo del giudicato. In definitiva, ad avviso di questo decidente, tenendo presente la scadenza per la quale e' stata intimata la licenza nel caso in esame (31 dicembre 1993) e il meccanismo di operativita' della disposta proroga legale (improntato ad automaticita'), non puo' esservi dubbio che il contratto oggetto del giudizio di cui trattasi rientra nella sfera di applicabilita' della proroga stessa. Senonche', optandosi per l'appena cennata soluzione ermenutica, l'intimante, a mezzo del suo procuratore, per l'eventualita' in cui ci si fosse schierati per tale orientamento, ha adombrato sospetti di incostituzionalita', adducendo "che ogni attivita' normativa tendente alla sottrazione del potere e del diritto di iniziativa economica e privata ed alla libera disposizione delle commesse facolta', quale e' quella mirante a prorogare rapporti giuridici di natura privatistica, non sfuggirebbe a censura di incostituzionalita', alla luce degli insegnamenti della Corte costituzionale, che, con alcune pronunzie, proprio in subiecta materia, ha affermato fortemente il principio enunciato". I dubbi che possono insorgere circa la compatibilita' costituzionale della norma in discorso (art. 11, comma 2- bis, della legge n. 359/1992), con riferimento alla fattispecie oggetto della controversia e, quindi, correlandosi ad una evidente rilevanza in ordine all'esito del giudizio, ineriscono i parametri enucleati negli artt. 3, 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Carta fondamentale. Ad avviso del giudicante, pero', sull'onda dell'insegnamento della stessa Corte costituzionale, appare manifestamente infondata la questione correlata al disposto dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui si sostiene che i contratti conclusi nello stesso periodo fra proprietari e locatari appartenenti a qualsiasi condizione economica rimangono assoggettati o meno ad un regime di proroga coatta a seconda del momento in cui si verifica la scadenza contrattuale, ovvero a seconda della mera circostanza temporale in virtu' della quale per il contratto locativo sia stata prevista una scadenza naturale antecedente o posteriore al 14 agosto 1992, data di entrata in vigore della legge sui cc. dd. "patti in deroga". Conseguentemente con riferimento ai primi, i locatori, dopo il decorso del periodo utile per la intimazione della disdetta e la successiva cessazione de iure del contratto, rimangono svincolati dall'applicazione della proroga biennale del contratto stesso, la cui protrazione avviene solo de facto fino all'attualizzazione del momento utile per l'esecuzione in relazione al termine fissato ai sensi dell'art. 56 della legge n. 392/1978; in relazione ai secondi, invece, merce' la sola circostanza che la scadenza del contratto, riferita all'esaurimento del termine della disdetta gia' tempestivamente intimata al locatario, sia venuta a coincidere con la stessa data di entrata in vigore della legge n. 359/1992 ovvero con una data successiva che si ricomprenda nell'intervallo temporale del quadriennio previsto come periodo di durata minima del contratto; i locatori subiranno la protrazione legale del contratto, che, sorto con la previsione di una determinata durata, conoscere una diversa scadenza allungata a prescindere dall'esplicitazione di una volonta' negoziale in merito. Senonche', con riferimento a fattispecie analoghe, lo stesso giudice delle leggi ha ritenuto la questione, per l'appunto, manifestamente infondata, dal momento che, non solo rientra nella discrezionalita' del legislatore individuare la data di entrata in vigore di un provvedimento legislativo, essendo connaturale alla generalita' delle leggi la demarcazione temporale, in relazione al principio sancito dall'art. 73, ultimo comma, della Costituzione, ma, soprattutto, perche', in una materia come quella locatizia, non puo' prescindersi dalla previsione di un momento di raccordo tra il vecchio ed il nuovo regime, per cui l'individuazione di una fase transitoria e' riconducibile alla razionalita' di una scelta legislativa idonea a disciplinare, attraverso la previsione di un sistema normativo intermedio, il passaggio ad un definitivo assetto dei rapporti locativi, con la conseguenza che non appare completamente illogica l'individuazione di scadenze differenziate per contratti iniziati in momenti temporalmente differenti (cfr. Corte costituzionale ordinanza 18 febbraio 1988, n. 196; ed anche Corte costituzionale n. 251/1983 e 33/1985). Peraltro non puo' sottacersi che la stessa Corte costituzionale, con la pronuncia del 5 aprile 1984, n. 89, ha ribadito che la scelta di una proroga generalizzata ovvero prevista solo a vantaggio di de- terminate categorie implica il legittimo esercizio dei poteri discrezionali del legislatore. Maggiormente problematico si prospetta l'esame dell'incidente di costituzionalita' in relazione alla valutazione della sussistenza o meno di una giustificazione in linea con i parametri costituzionali e, segnatamente, con quello contemplato dall'art. 42, secondo comma, della Costituzione, della imposizione autoritativa di una proroga coatta indiscriminata, cosi' come concentrata nell'art. 11, comma 2- bis, della legge n. 359/1992. Da parte di qualche orientamento giurisprudenziale, (v. pret. Roma, 25 novembre 1992, in rass. equo canone 1992, 371 e ss.), gia' espresso sul punto, si e' ritenuto che tale giustificazione e' rinvenibile nel carattere straordinario e temporalmente limitato della proroga in discorso che, - guardando al fondamento della normativa - tenderebbe a garantire un passaggio graduale e dilazionato da un regime fondamentalmente vincolistico, agganciato all'equo canone, ad un regime di sostanziale liberta' negoziale nella quantificazione del canone quale controprestazione della concessione in godimento dell'immobile adibito ad uso abitativo, cosi' come introdotto con le norme riportate ai commi primo e secondo dell'art. 11 della piu' volte menzionalta legge. E, sempre secondo il prospettato indirizzo, il certo sacrificio al quale rimarrebbe assoggettato il diritto alla proprieta' privata sarebbe adeguatamente compensato dai vantaggi usufruibili dalla categoria dei locatori in virtu' della totale ed immediata abrogazione dell'equo canone per gli immobili di nuova costruzione (ai sensi dell'art. 11, primo comma) e della eventualita' di concordare alle scadenze dei contratti in corso de iure o, comunque, per i contratti stipulati successivamente al 14 agosto 1992 (ai sensi dell'art. 11, secondo comma) corrispettivi rapporti agli effettivi valori applicati all'ambito del mercato immobiliare. Senonche', secondo il parere di questo pretore, sembra piuttosto che con la previsione del comma 2- bis del cit. art. 11 il legislatore abbia inteso, in un certo modo, "sanzionare" la resistenza delle parti a pervenire alla conclusione di un accordo in deroga, colpendo, pero', in pratica il solo locatore, presupponendo implicitamente che l'esito negativo del patto in deroga debba indispensabilmente imputarsi solo a quella parte contrattuale, comprimendo, in tal modo, ingiustificatamente, le esplicazioni del suo diritto di proprieta', senza, peraltro, prevedere, con riferimento alla sola ipotesi della proroga coatta (che va, comunque, esaminata disgiuntamente dal corpo delle altre due disposizioni contenute nello stesso art. 11) un meccanismo di bilanciamento del sacrificio autoritativamente imposto (cfr. anche, l'art. 17 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo). Bene e' stato detto in dottrina, procedendo ad una rapida comparazione delle strutture normative, che si prospettava fondata su un principio di maggiore ragionevolezza la previsione del sistema individuato dall'art. 1, commi 9- bis e segg., della legge n. 118/1985, poi dichiarato costituzionalmente illegittimo (cfr. sent. 22 aprile 1986, n. 108), che, ancorche' con riferimento ai contratti destinati ad uso diverso dall'abitativo, sanciva la possibilita' di compensare con un adeguamento del canone il sacrificio derivante in capo al locatore per effetto della imposizione di una nuova proroga legale. Invero a seguito della nota pronuncia n. 108/1986 il giudice delle leggi sembra aver voluto statuire che non possa piu' operarsi una razionale distinzione tra proroghe legali tollerate e non, e, comunque, ha inteso ribadire che non puo' prescindersi, nell'imposizione autoritativa di un allungamento dei contratti locativi, dal prevedere quale funzione sociale si ricolleghi alla protrazione imperativa, qualificandosi questo come l'unico ostacolo eccezionale alla libera gestione della cosa privata, cosi' come desumibile dal chiaro disposto dell'art. 42, secondo comma, della Costituzione. Orbene, nell'ipotesi della proroga legale contemplata dalla legge n. 359/1992 non e' individuata alcuna funzione sociale alla quale possa essere ricondotto, a mo' di giustificazione razionale, il sacrificio addossato al locatore di dover vedere allungato di altri due anni il contratto concluso nell'esplicazione della piena e libera autonomia contrattuale. Nel sistema della legge sui patti in deroga e', infatti, prevista una possibilita' alternativa nei riguardi del locatore: a questi e' demandata la facolta' di concludere un contratto in virtu' di un accordo in deroga per la determinazione del canone libero, oppure e' previsto l'assoggettamento dello stesso all'osservanza della proroga coatta biennale, con il conseguente effetto automatico della soppressione della facolta' di disdetta alla prima scadenza, per cui non si vede, argomentando in termini razionali, quale funzione, sotto il profilo del perseguimento degli interessi generali, puo' conferirsi ad una sorta di sanzione di fatto, conseguente all'omessa conclusione del nuovo contratto, che veste i panni di quella che, argutamente, e' stata ritenuta, in effetti, una proroga generalizzata "mascherata". Pertanto, alla luce dei profili innanzi esposti, si rivela come non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale - in relazione all'art. 42, secondo comma, della Costituzione - dell'art. 11, comma 2- bis del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito nella legge 8 agosto 1992, n. 359, che prevede una proroga biennale alla prima scadenza del contratto di locazione successiva alla data di entrata in vigore della legge di conversione nell'ipotesi di mancato raggiungimento di accordo sul canone, perche' comportante un'ingiustificata, indiscriminata e irrazionale compressione del diritto di proprieta' unitamente alle ordinarie facolta' di godimento in cui esso si esplica. E' appena il caso di evidenziare la rilevanza della questione nel presente giudizio, dal momento che dall'operativita' (come invocata dalla parte intimata) o meno della proroga coatta, una volta chiaritosi che trattasi di "proroga automatica", nei sensi di cui innanzi, dipende la convalidabilita' dell'intimata licenza, ancorche' con riserva delle altre eccezioni sollevate dalla parte convenuta. Ma, ad avviso del decidente, si prospetta come non manifestamente infondata anche l'altra questione, peraltro dipendente dalla soluzione della prima e chiaramente rilevante nell'ipotesi di mancato accoglimento della predetta, in virtu' della quale si profilerebbe l'incostituzionalia' sempre dell'art. 11, comma 2- bis, della legge citata, nella parte in cui non contiene la previsione del diritto di recesso del locatore alla scadenza naturale del contratto, o, comunque, nel corso della proroga coatta biennale, qualora sussita la necessita' di disporre dell'immobile oggetto del contratto per adibirlo ad una delle destinazioni o per effettuarvi le opere rispettivamente contemplata negli artt. 29 e 59 della legge n. 392/1978. La mancata previsione di una tale "valvola di salvaguardia", come efficacemente e' stata qualificata in dottrina, infatti, appare irragionevole e, comunque, ingiustificata, con la conseguente intollerabilita' della compressione del diritto di proprieta' e la derivante incompatibilita' con la garanzia prevista dall'art. 42 della Costituzione. Al riguardo appare sufficiente ricordare che anche quando la Corte costituzionale era tollerante verso le proroghe legali, ne subordinava la legittimita' alla previsione del riconoscimento della facolta' di recesso al locatore in presenza di sue esigenze apprezzabili di vita e di lavoro, ora normativizzate negli artt. 29 e 59 della legge 27 luglio 1978, n. 392. Peraltro e' opportuno considerare che, in ordine al complesso delle proroghe legali dei contratti di locazioni nel periodo vincolistico, era stata sempre ammessa la possibilita' del predetto "recesso" collegato a fondamentali esigenze del locatore, secondo il limpido disposto dell'art. 4 della legge n. 253/1950, facolta' non piu' prevista dall'ordinamento e non richiamata dalla legge n. 359/1992. Al riguardo appare conferente riportare quanto sostenuto dalla stessa Corte costituzionale nella sentenza 22 febbraio 1980, n. 22: "nel complessivo sistema vincolistico .. l'istituto della necessita' come causa di cessazione della proroga legale ha assunto nella comune interpretazione adeguatrice carattere strumentale per la composizione dei contrapposti interessi, prevalendo, di regola, quelli dei conduttori, che rimangono sacrificati di fronte all'esigenza del locatore proprietario di ottenere la disponibilita' dell'immobile in caso di necessita'" (cfr., anche, Corte costituzionale n. 132/1972 e Corte costituzionale n. 300/1983). Ne' l'ostacolo della mancata previsione esplicita dell'anzidetta facolta' di recesso appare superabile, ritenendosi, con estensione interpretativa analogica, operante al riguardo l'istituto del diniego di rinnovazione incluso nell'art. 11, secondo comma, seconda parte, della legge n. 359/1992, dal momento che tale meccanismo e' applicabile, quanto al suo ambito di operativita', solo alla scadenza quadriennale dei contratti conclusi in virtu' della prima parte della stessa disposizione normativa. Peraltro, come pure e' stato ritenuto in giurisprudenza (cfr. la cit. pretura Roma 25 novembre 1992), il prospettato diniego di rinnovo, operando nei limiti precisati, potrebbe soltanto consentire al locatore di evitare l'ingresso del contratto nel regime di proroga, ma non gia' di farlo cessare, "medio tempore", durante il decorso del biennio per una sopravvenuta esigenza di necessita'. Tra l'altro l'inoperativita' del menzionato meccanismo di diniego di rinnovo in relazione all'ipotesi di cui al comma 2- bis, deriva dal carattere eccezionale della previsione dell'istituto, con la conseguenza che la relativa norma non appare suscettibile di subire estensioni non contemplate dalla medesima per la fattispecie considerata. Risulta, inoltre, con riferimento all'omessa previsione della facolta' di recessione per i contratti prorogati ex lege violato anche il parametro costituzionale di cui all'art. 24, primo comma, della Costituzione, relativo alla salvaguardia del fondamentale diritto di difesa, derivando l'impossibilita' per il locatore di far valere in giudizio esigenze di vita e di lavoro particolarmente qualificate e degne di tutela, sempre salvaguardate dalla precedente legislazione vincolistica, come innanzi detto, ed apprezzabilmente valutate anche in ordine alla fase di esecuzione del provvedimento di rilascio, come puo' evincersi dal disposto degli artt. 2 e 3 della legge n. 61/1989. La questione prospettata e' rilevante nel presente giudizio, in quanto la licenza, correlata al contenuto dell'intimata disdetta, si fonda sull'esigenza, manifestata da parte del locatore, di adibire l'immobile ad uso proprio, riconoscendosi in tale intenzione la sussistenza di uno stato di necessita' personale del locatore, per cui, nel caso in cui non dovesse essere fondata la questione di costituzionalita' principale innanzi prospettata, e dovesse, invece, essere accolta quella da ultimo evidenziata, potrebbe, comunque, valutandosi l'esistenza di tutte le altre richieste condizioni, adottarsi il provvedimento di rilascio per l'addotta e comprovata necessita' del locatore, non senza aver prima disposto il mutamento del rito ex art. 48 della legge n. 392/1978. In definitiva, alla stregua delle argomentazioni svolte, non possono che ritenersi rilevanti e non manifestamente infondate le prospettate questioni di costituzionalita' inerenti l'art. 11, comma 2- bis, della legge 8 agosto 1992, n. 359, nei sensi innanzi profilati, eccepite dal procuratore dell'intimante e considerate in modo piu' ampio ex officio da questo giudicante con l'adozione delle conseguenti statuizioni di cui al dispositivo e la verificazione della sospensione della presente controversia in relazione alla fase sommaria, dipendendo ogni pronuncia, da adottarsi all'esito di essa, dalla risoluzione della sollevata questione incidentale di legittimita' costituzionale, prima di far luogo alle ulteriori disposizioni in ordine alla successiva fase per la decisione nel merito.
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Sospende il giudizio in corso iscritto al n. 12310/1992 r.a.c.c. di quest'ufficio pendente tra Provenza Gerarda e Villecco Maria; Dichiara rilevanti e non manifestamente infondate le questioni di legittimita' costituzionale, di cui in parte motiva, dell'art. 11, comma 2- bis, del d.l. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, nella legge 8 agosto 1992, n. 359, per contrasto con gli artt. 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione; Ordina: 1) la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale, unitamente alle prove degli adempimenti di seguito indicati; 2) la notificazione, a cura della cancelleria, della presente ordinanza alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri; 3) la comunicazione del presente provvedimento al Presidente della Camera dei deputati e al Presidente del Senato della Repubblica. Eboli, addi' 18 febbraio 1993 Il pretore: CARRATO 93C0406