N. 190 ORDINANZA 19 - 23 aprile 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  G.I.P. - Ulteriori atti di indagini - Decorrenza
 del  termine  -  Proroga  -  Intervento  del  p.m.  -  Richiamo  alla
 giurisprudenza della Corte (cfr. sentenza n.  174/1992 e ordinanza n.
 222/1992)  -  Discrezionalita'  del  legislatore  -  Ragionevolezza -
 Richiesta di sentenza additiva - Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P., art. 406, primo e secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3 e 112).
(GU n.18 del 28-4-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 406, primo e
 secondo comma, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza
 emessa il 28 maggio 1992 dal  Giudice  per  le  indagini  preliminari
 presso  il  Tribunale  di  Torino nel procedimento penale a carico di
 Scardino Antonio ed altri, iscritta al n. 581 del registro  ordinanze
 1992  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42,
 prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  24 marzo 1993 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto che il Giudice per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale   di   Torino   ha   sollevato  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 406, primo e secondo comma,  del  codice  di
 procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice possa
 prorogare  il  termine  di  cui  all'art.  405 dello stesso codice, o
 concedere ulteriori proroghe, anche se la richiesta  di  proroga  sia
 formulata  dal pubblico ministero dopo la scadenza del termine stesso
 o di quello prorogato, deducendo la violazione:
       a) dell'art. 112 della Costituzione, in quanto la  disposizione
 impugnata  limita  "con  previsioni di decadenza l'attivita' del P.M.
 nell'esecuzione dell'esercizio dell'azione" penale;
       b) con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, giacche'  "la
 posizione  di limiti al potere autorizzatorio del Giudice per il caso
 di scadenza del termine" finisce  "col  sottoporre  a  disparita'  di
 trattamento casi identici, laddove un P.M. sia rispettoso del termine
 in  parola  ed  altro  non lo sia"; e cio', aggiunge il rimettente, a
 prescindere dalla circostanza che si sottrae "al sindacato del GIP la
 mancata  effettuazione  di  ulteriori  atti   di   indagine   laddove
 artatamente fosse stato fatto decorrere inutilmente il termine di cui
 all'art.    406    c.p.p.    e    fosse    inevitabile    lo   sbocco
 dell'archiviazione";
      che nel giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio  dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata;
    Considerato che la previsione di specifici limiti temporali per lo
 svolgimento delle indagini  preliminari  e'  frutto  di  una  precisa
 scelta   del   legislatore  vo'lta  a  soddisfare,  da  un  lato,  la
 "necessita'  di  imprimere  tempestivita'  alle  investigazioni"   e,
 dall'altro,  "di  contenere  in  un  lasso di tempo predeterminato la
 condizione di chi a tali indagini e' assoggettato"  (v.  sentenza  n.
 174 del 1992 e ordinanza n. 222 del 1992);
      che,  essendo  l'attivita'  di  indagine  destinata unicamente a
 consentire  al  pubblico  ministero  di  assumere  le  determinazioni
 inerenti  all'esercizio  dell'azione  penale, non v'e' contraddizione
 alcuna "tra la previsione di un termine entro il  quale  deve  essere
 portata  a  compimento  l'attivita' di indagine e il precetto sancito
 dall'art. 112 della Costituzione, non essendo quel termine, in se'  e
 per   se'   considerato,   un   fattore  che  sempre  e  comunque  e'
 astrattamente idoneo a turbare  le  determinazioni  che  il  pubblico
 ministero   e'   chiamato  ad  assumere  al  suo  spirare,  cosicche'
 l'eventuale necessita' di svolgere ulteriori atti  di  investigazione
 viene  a  profilarsi  unicamente  come  ipotesi  di  mero  fatto" (v.
 ordinanza n. 48 del  1993),  che,  per  di  piu',  ammette  soluzioni
 complementari all'interno del sistema;
      che  alla  stregua delle riferite considerazioni, le censure del
 giudice a quo si rivelano, dunque, palesemente prive  di  fondamento,
 non  sottacendosi  il  rilievo  che  la  soluzione  additiva  che  il
 rimettente  mostra   di   perseguire   genererebbe   la   paradossale
 conseguenza  di  affidare  alle  incontrollate  scelte  del  pubblico
 ministero il potere di stabilire  il  momento  in  cui  formulare  la
 richiesta  di proroga del termine, cosi' determinando, da un lato, la
 sostanziale vanificazione dell'intera disciplina  e,  dall'altro,  la
 possibile stasi del procedimento per un tempo indefinito;
      e  che,  di  conseguenza  la  questione  deve  essere dichiarata
 manifestamente infondata;
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale dell'art. 406, primo e secondo comma,  del  codice  di
 procedura  penale, sollevata, in riferimento agli artt. 112 e 3 della
 Costituzione, dal Giudice  per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale di Torino, con l'ordinanza in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 19 aprile 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 23 aprile 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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