N. 219 SENTENZA 23 aprile - 5 maggio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 "
 Impiego  pubblico - Polizia di Stato - Inquadramenti - Ex marescialli
 della terza e quarta qualifica del ruolo degli  ispettori  -  Accesso
 alla   qualifica   di   commissario  -  Esclusione  -  Richiamo  alla
 giurisprudenza della Corte (cfr. sentenze nn. 662/1987 e 158/1985)  -
 Discrezionalita'  legislativa nella scelta dei sistemi e delle proce-
 dure  di  progressione  in  carriera  dei   dipendenti   pubblici   -
 Ragionevolezza  di  una  disciplina  transitoria  differenziata - Non
 fondatezza.
 "
 (Legge 1› aprile 1981, n. 121, art.  36,  decima  direttiva,  n.  30;
 d.P.R. 24 aprile 1982, n. 336, art. 52).
 "
 (Cost., artt, 3, 4 e 97)
(GU n.20 del 12-5-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI,  prof.  Antonio  BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,
    avv. Mauro FERRI, prof. Luigi MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.
    Renato  GRANATA,  prof. Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli  artt.  36,  decima
 direttiva,   n.  30  della  legge  1›  aprile  1981,  n.  121  (Nuovo
 ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza), e 52  del
 d.P.R.  24 aprile 1982, n. 336 (Inquadramento nei ruoli della polizia
 di Stato del personale che espleta funzioni di polizia), promosso con
 ordinanza emessa il  28  maggio  1992  dal  Tribunale  amministrativo
 regionale per il Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Carrante Saido
 Berardino  ed  altri  contro  il  Ministero  dell'interno  ed  altro,
 iscritta al n. 794 del registro ordinanze  1992  e  pubblicata  nella
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  n.  11, prima serie speciale,
 dell'anno 1993;
    Visto l'atto di costituzione di Carrante Saido Berardino ed  altri
 nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 23 marzo 1993 il Giudice  relatore
 Gabriele Pescatore;
    Uditi l'avv. Giuseppe Salemi per Carrante Saido Berardino ed altri
 e  l'Avvocato  dello  Stato  Stefano  Onufrio  per  il Presidente del
 Consiglio dei Ministri.
                           Ritenuto in fatto
    1. - Il Tribunale  amministrativo  regionale  per  il  Lazio,  con
 ordinanza  28  maggio  1992,  ha  sollevato questione di legittimita'
 costituzionale,  in  riferimento  agli  artt.  3,  4   e   97   della
 Costituzione,  degli artt. 36, decima direttiva, n. 30 della legge 1›
 aprile 1981, nn. 121 e 52 del d.P.R. 24 aprile 1982,  n.  336,  nella
 parte  in  cui,  a  parita'  di  anzianita'  e  titolo di studio, non
 consentono agli  ex  marescialli  inquadrati  nella  terza  e  quarta
 qualifica  del  ruolo  degl'ispettori,  di  partecipare  al  concorso
 riservato per commissario, previsto per le assistenti  del  disciolto
 corpo di polizia femminile.
    Nell'ordinanza  si  espone  che  il  giudizio a quo ha per oggetto
 l'impugnazione, da parte di alcuni ispettori capo  della  polizia  di
 Stato,  ex  marescialli del disciolto corpo delle guardie di p.s., di
 due bandi di  concorso  interno  per  il  conferimento  di  posti  di
 commissario di ruolo della polizia di Stato. In base a tali bandi, in
 conformita'   della   normativa  impugnata,  erano  state  ammesse  a
 partecipare  ai  concorsi  esclusivamente  le  appartenenti  alla  ex
 carriera  di  concetto del disciolto corpo della polizia femminile in
 servizio alla data di entrata in vigore del d.P.R. 24 aprile 1982, n.
 336.
   Il  giudice  a  quo,  nel  sollevare  questione   di   legittimita'
 costituzionale,  sostiene che la legge n. 121 del 1981 ha attribuito,
 nel passaggio dal  vecchio  al  nuovo  ordinamento  della  p.s.,  una
 situazione  di  privilegio  alle  ex  assistenti  di  polizia, avendo
 stabilito all'art. 36, decima direttiva, n.  30,  che  i  decreti  da
 emanarsi  in  forza  della delega prevista nel primo comma, dovessero
 assicurare che alle assistenti della polizia femminile,  in  servizio
 all'atto  della sua entrata in vigore, continuasse ad applicarsi, per
 un periodo di dieci anni, la normativa  vigente  per  l'accesso  alla
 carriera  direttiva  concernente gli impiegati civili dello Stato. Il
 legislatore  delegato, pertanto, in conformita' di tale direttiva, ha
 previsto un concorso riservato per titoli di servizio e colloquio per
 l'accesso alla qualifica di commissario e non ha attribuito lo stesso
 trattamento agli ex marescialli inquadrati nel ruolo degli ispettori.
    Il giudice a quo ammette che tale diverso trattamento  deve  farsi
 risalire  a situazioni non equiparate del precedente ordinamento, che
 collocava le assistenti di polizia nella carriera di concetto;  esse,
 come  tali  avevano  titolo  ad  accedere sic et simpliciter al ruolo
 degli ispettori di polizia (aventi mansioni di  concetto),  mentre  i
 marescialli   appartenevano   a  categoria  non  equiparabile  (senza
 ulteriori verifiche)  a  quella  di  concetto.  Peraltro,  lo  stesso
 legislatore  avrebbe "individuato punti di coincidenza fra le diverse
 posizioni, nel momento in cui ha disposto l'inquadramento di entrambe
 le categorie, sia pure sulla  base  di  differenti  presupposti,  nel
 medesimo ruolo degli ispettori".
    In  particolare l'equiparazione sarebbe stata riconosciuta: a) fra
 assistenti che abbiano maturato il tredicesimo  anno  di  servizio  e
 marescialli  carica  speciale  che  abbiano  superato un concorso per
 titoli di servizio, nonche' marescialli di prima classe scelti  e  di
 prima  classe  che abbiano superato un concorso interno per titoli di
 servizio e colloquio: tutti inquadrabili, sia pure con diverso ordine
 di graduatoria nella qualifica finale del ruolo degli  ispettori;  b)
 fra  assistenti  fino a tredici anni di servizio e marescialli carica
 speciale che non abbiano superato il concorso o che  non  vi  abbiano
 partecipato,   e  marescialli  di  prima  classe  aventi  titolo  per
 l'inquadramento nella qualifica finale  (ma  ivi  non  collocati  per
 mancanza  di  posti),  tutti  inquadrabili  nella terza qualifica del
 ruolo degli ispettori.
    Il  giudice  remittente  rileva  che,  per  i  marescialli  carica
 speciale,  la  verifica  di  merito e' stata prevista dal legislatore
 esclusivamente per l'accesso alla quarta  qualifica,  mentre  non  e'
 richiesta  per  l'inquadramento nella terza qualifica del ruolo degli
 ispettori, "con cio' stabilendosi una  assoluta  equiparabilita'  fra
 assistenti  (fino a tredici anni di servizio) e l'anzidetta categoria
 dei marescialli carica speciale", la quale trova  il  suo  fondamento
 nella riconducibilita' delle mansioni a quelle proprie della carriera
 di concetto.
    Muovendo  da  tali considerazioni, nell'ordinanza di rimessione si
 afferma che "nel quadro normativo tracciato dalla decima direttiva e'
 intravedibile  una  equiordinazione  delle  categorie  assistenti  di
 pubblica  sicurezza  -  marescialli,  quanto  meno  a  partire  dalla
 posizione di maresciallo di prima classe, sia  pure  condizionata  ad
 una  previa verifica della professionalita' e preparazione culturale,
 neppure richiesta tuttavia per i marescialli carica  speciale,  salvo
 per   cio'   che   concerne  l'accesso  alla  qualifica  finale".  Ne
 deriverebbe che le disposizioni che consentono alle  sole  assistenti
 di  polizia di accedere alle posizioni di commissario, avvalendosi di
 un  concorso  riservato  per  titoli  ed  esami,  senza  che  analogo
 beneficio  venga  accordato agli ex marescialli collocati in identica
 posizione nel ruolo degli ispettori e con coincidente  anzianita'  (e
 titolo  di  studio),  sarebbero  discriminatorie,  irrazionali  e  in
 contrasto con i principi posti dagli artt. 3 e 97 della Costituzione.
 Inoltre, la sperequazione attuata all'interno del  medesimo  ruolo  e
 della  stessa  qualifica finirebbe con "l'alterare, in tale posizione
 di  lavoro,  il  rapporto  di  equiordinazione  che  pure  lo  stesso
 legislatore delegato aveva  previsto  fra  marescialli  e  assistenti
 inquadrati   nella   quarta  e  terza  qualifica  ispettiva".  L'aver
 consentito soltanto alle assistenti e non anche  ai  marescialli  una
 possibilita'  privilegiata  di accesso alla qualifica di commissario,
 si risolverebbe "in un minor prestigio professionale della  categoria
 all'interno  del  ruolo e, in definitiva, in una compromissione dello
 sviluppo della personalita' attraverso  un  lavoro  commisurato  alle
 capacita' (art. 4 della Costituzione)".
    2.  -  Dinanzi  a  questa  Corte  e' intervenuto il Presidente del
 Consiglio dei ministri, col patrocinio dell'Avvocatura generale dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.
    Nell'atto  di  costituzione  si  sottolinea  la  diversita'  della
 posizione  giuridica  delle  ex  assistenti  della  polizia femminile
 rispetto agli ex marescialli di p.s.
    In proposito si espone che la legge  7  dicembre  1959,  n.  1083,
 (istitutiva del corpo di polizia femminile), stabiliva espressamente,
 all'art. 1, che le assistenti appartenevano alla carriera di concetto
 e  che, per conseguire la nomina in prova ad assistente di polizia di
 terza classe, occorreva essere in possesso, ai sensi della  legge  1›
 dicembre  1966,  n.  1082,  del  diploma  d'istruzione  secondaria di
 secondo grado e superare due prove scritte e una orale, questa ultima
 vertente, tra l'altro, su  nozioni  di  diritto  penale,  di  diritto
 pubblico,  di  procedura  penale,  di diritto civile, di legislazione
 amministrativa, nonche' su una lingua straniera.
    Le assistenti di polizia femminile, fin dalla loro  immissione  in
 ruolo,  erano  ufficiali  di  polizia  giudiziaria  e  rivestivano la
 qualifica di agente di pubblica sicurezza.
    Diversamente, ai sensi dell'art. 76 della legge 3 aprile 1958,  n.
 460,  il  conferimento del grado di vicebrigadiere aveva luogo, per i
 nove decimi dei posti  disponibili  alla  data  del  bando,  mediante
 concorso interno per esami, al quale partecipavano gli appuntati e le
 guardie in possesso dei requisiti di cui ai successivi artt. 78 e 79;
 per  il  restante  decimo,  mediante  esame  di  idoneita',  al quale
 potevano essere ammessi  gli  appuntati  in  possesso  dei  requisiti
 previsti dal successivo art. 87.
    Per  partecipare al concorso per esami, gli appuntati e le guardie
 dovevano aver prestato almeno tre  anni  di  servizio  effettivo  nel
 corpo  e  non  aver  superato  il  trentacinquesimo anno di eta'; per
 coloro che fossero in possesso di diploma di istituto  di  istruzione
 secondaria  di  primo  grado  o  titolo  equipollente,  il periodo di
 servizio di tre anni era ridotto, rispettivamente, ad anni due  e  ad
 anni  uno.  All'esame di idoneita' di cui al suindicato art. 87 erano
 ammessi gli appuntati in possesso, tra l'altro, di una anzianita'  di
 servizio  di  almeno cinque anni, che avessero riportato, nell'ultimo
 quinquennio, la qualifica di ottimo.
    Successivamente, la legge 23 novembre  1975,  n.  634,  introdusse
 modifiche  sostanziali  alla  legge 3 aprile 1958, n. 460, prevedendo
 che il conferimento del grado di vice brigadiere avesse luogo: a) per
 cinque decimi dei posti disponibili alla  data  del  bando,  mediante
 concorso per esami, al quale partecipavano gli appuntati e le guardie
 in  possesso  degli  stessi requisiti in precedenza accennati; b) per
 tre  decimi  dei  posti  mediante  esame  di  idoneita',   al   quale
 partecipavano  gli  appuntati  con  almeno tre anni di anzianita' nel
 grado  nonche'  degli  altri  requisiti  sopramenzionati;  c) per due
 decimi dei posti mediante scrutinio ad anzianita' congiunta al merito
 degli appuntati con almeno cinque anni di anzianita' nel grado  e  in
 possesso degli altri requisiti di cui all'art. 3.
    Inoltre  il  legislatore, con l'art. 4 della l. 11 giugno 1974, n.
 253, ha consentito l'accesso al grado di vice brigadiere, fino al  31
 dicembre  1978, anche ai candidati muniti del solo diploma di licenza
 elementare.
    Ottenuta la nomina di vicebrigadiere, l'avanzamento  al  grado  di
 brigadiere  e  poi  di  maresciallo di seconda classe aveva luogo per
 anzianita', ai sensi degli artt. 90 e 97 della legge n. 460 del 1958.
    L'avanzamento al grado di maresciallo di prima  classe,  ai  sensi
 del  combinato  disposto  di cui agli artt. 97 e segg. della legge n.
 460 del 1958 e 11 della legge n. 845 del 1965, aveva  luogo,  infine,
 per  un terzo dei posti disponibili alla data del 31 dicembre di ogni
 anno, mediante concorso  per  esame  di  merito  (al  quale  potevano
 partecipare   i  marescialli  di  seconda  classe  con  tre  anni  di
 anzianita' di grado), per un  terzo  a  scelta  e  per  un  terzo  ad
 anzianita' congiunta al merito.
    Dall'esposizione  dei rispettivi sistemi di assunzione in servizio
 e di avanzamento in carriera delle ex assistenti di polizia  e  degli
 ex  sottufficiali  di  p.s., l'Avvocatura generale dello Stato desume
 l'insussistenza di  un'originaria  equiparazione  tra  le  rispettive
 situazioni, che possa dar fondamento alla questione sollevata.
    Secondo  quanto  si  deduce  con  l'atto di costituzione, le norme
 impugnate concretano una mera applicazione di  quanto  in  precedenza
 stabilito  dall'art.  16  del  d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077. Tale
 norma permetteva  "il  conseguimento  della  nomina  a  direttore  di
 sezione  (qualifica  corrispondente  a  quella  di  commissario) agli
 impiegati civili appartenenti alla carriera di concetto della  stessa
 amministrazione,  mediante  il  superamento  di un concorso per esami
 nella misura di un sesto dei posti annualmente disponibili nel  ruolo
 organico".
    La  questione  sollevata,  pertanto,  sarebbe  infondata, mancando
 nella normativa impugnata  il  carattere  discriminatorio  o  profili
 d'irragionevolezza.  L'inquadramento dei marescialli carica speciale,
 di prima  classe  scelti  e  di  prima  classe,  attraverso  concorsi
 interni,   nel   ruolo  dell'ispettore,  costituirebbe,  infatti,  un
 beneficio, sul quale - proprio perche' tale - non  puo'  fondarsi  la
 pretesa  ad  ottenerne  uno  ulteriore,  attraverso  l'ammissione  al
 concorso riservato alle ex assistenti della  polizia  di  Stato,  che
 avevano,  rispetto ad essi, nell'ordinamento anteriore, una posizione
 differenziata.
    3. - Dinanzi a questa  Corte  si  sono  costituiti  i  ricorrenti,
 chiedendo  che  la  normativa  sottoposta  a giudizio di legittimita'
 costituzionale  sia  dichiarata  illegittima  nei  termini   indicati
 dall'ordinanza  di  rimessione. In una successiva memoria, a sostegno
 di tale richiesta, hanno  rilevato  che,  nell'ordinamento  anteriore
 alla  riforma,  i  marescialli e le assistenti di polizia, "pur nella
 diversita'  delle  mansioni,  avevano  attribuzioni   sostanzialmente
 uguali   quanto   a   grado   di   responsabilita'   e   preparazione
 professionale", con la conseguenza che la normativa impugnata avrebbe
 leso il principio  di  uguaglianza,  ostacolando  lo  sviluppo  della
 personalita'  dei  ricorrenti  attraverso  l'accesso alle funzioni di
 commissario,  ledendo  anche  l'interesse  al  buon  andamento  della
 pubblica amministrazione.
                         Considerato in diritto
    1. - Questa Corte e' chiamata a decidere se gli artt.  36,  decima
 direttiva,  n. 30, della legge 1› aprile 1981, n. 121 e 52 del d.P.R.
 24 aprile 1982, n. 336, nella parte in cui, a parita' di anzianita' e
 titolo di studio, non  consentono  agli  ex  marescialli,  inquadrati
 nella  terza e quarta qualifica del ruolo degl'ispettori, di accedere
 alla qualifica di  commissario  partecipando  al  concorso  riservato
 previsto  per  le  ex  assistenti  del  disciolto  corpo  di  polizia
 femminile, contrastino con gli artt. 3, 4 e 97 della Costituzione.
    Secondo  il  giudice  a  quo  le  norme   impugnate   -   inerenti
 all'attuazione,   sul  piano  organizzativo,  del  nuovo  ordinamento
 dell'amministrazione    della    pubblica    sicurezza,    attraverso
 l'inquadramento  nei  ruoli  della polizia di Stato del personale che
 gia' prestava funzioni di polizia secondo il precedente ordinamento -
 avrebbero, innanzitutto, posto  in  essere  un'equiparazione  tra  ex
 assistenti di pubblica sicurezza e talune categorie di ex marescialli
 inquadrati  nelle stesse qualifiche del ruolo ispettivo; inoltre esse
 avrebbero discriminato  questi  ultimi,  ancorche'  forniti  di  pari
 anzianita' e titolo di studio, prevedendo solo per le prime l'accesso
 alla  qualifica  di  commissario attraverso un concorso riservato per
 titoli ed esami. Cio' con violazione del principio di uguaglianza, di
 quello   di   buon   andamento   della   pubblica    amministrazione,
 compromettendo  anche  lo  "sviluppo della personalita' attraverso un
 lavoro commisurato alle capacita'", in contrasto con la  garanzia  in
 tal senso assicurata dall'art. 4 della Costituzione.
    2. - La questione non e' fondata.
    Va premesso che l'art. 36, decima direttiva, n. 30, della legge 1›
 aprile  1981,  n. 121 ha disposto che il legislatore delegato dovesse
 prevedere che alle assistenti della polizia  femminile  "continui  ad
 applicarsi,  per  un  periodo di dieci anni, la normativa vigente per
 l'accesso alla carriera direttiva prevista  per  gl'impiegati  civili
 dello  Stato".  L'art.  52  del  d.P.R.  24  aprile  1982, n. 336, ha
 statuito che le assistenti del disciolto corpo di  polizia  femminile
 in  servizio  alla  data di entrata in vigore del decreto legislativo
 possono, per un periodo di dieci anni da tale  data,  "accedere  alla
 qualifica  di  commissario  del ruolo dei commissari della polizia di
 Stato, mediante concorso per titoli  di  servizio  e  colloquio,  nel
 limite  di un sesto dei posti annualmente disponibili nella dotazione
 organica delle qualifiche di vice commissario e commissario".
    Al  concorso  sono  ammesse   le   assistenti   in   possesso   di
 un'anzianita' di effettivo servizio non inferiore a nove anni, ovvero
 non  inferiore  a  cinque  anni  se in possesso di uno dei diplomi di
 laurea di cui alla legge n. 1082 del 1966.
    Tali  disposizioni  non  ledono  in  alcun  modo  l'art.  4  della
 Costituzione,  non incidendo esse sul diritto al lavoro genericamente
 garantito dalla norma costituzionale, senza  alcun  riferimento  alla
 progressione  di  carriera e senza creare posizioni di diretta tutela
 (sentenze n. 622/1987 e n. 158/1985).
    Quanto ai profili attinenti agli artt. 3 e 97 della  Costituzione,
 questa  Corte  ha  costantemente  affermato  che  al  legislatore  va
 riconosciuta un'ampia discrezionalita' nella  scelta  dei  sistemi  e
 delle  procedure di progressione in carriera dei dipendenti pubblici,
 con  il  limite,  derivante dall'art. 97 della Costituzione, che tale
 scelta  sia  compatibile  con  il  buon  andamento   della   pubblica
 amministrazione  (sentt.  n.  81/1983 e n. 964/1988). In particolare,
 detta discrezionalita' e' stata ribadita a proposito  dell'ammissione
 di  particolari  categorie di pubblici impiegati a concorsi riservati
 per  l'accesso  a  qualifiche  superiori  (sentt.  n.  187/1990;   n.
 331/1988;  nn.  232  e 188 del 1974). Di tale principio e' stata gia'
 fatta   specifica   applicazione   (sent.   n.   524/1987)   riguardo
 all'inquadramento  nei ruoli della polizia di Stato, secondo il nuovo
 ordinamento, di personale  gia'  di  ruolo  in  base  all'ordinamento
 precedente  (marescialli carica speciale, marescialli di prima classe
 scelti, marescialli di prima, seconda e terza classe). Inoltre,  alla
 stregua della suddetta giurisprudenza, la violazione del principio di
 buon  andamento della pubblica amministrazione, puo' essere censurata
 soltanto  sotto  il  profilo  dell'arbitrarieta'  o  della  manifesta
 irragionevolezza.
    Nel   caso   di  specie,  la  disposizione  impugnata  non  appare
 arbitraria o manifestamente irragionevole, trovando fondamento  nella
 differente  situazione  giuridica  che  le  assistenti  del  corpo di
 polizia  femminile  ed   i   marescialli   avevano   nel   precedente
 ordinamento,   nonche'   nella  correlata  esigenza  di  dettare  una
 disciplina transitoria la quale - nel regolare il passaggio al  nuovo
 ordinamento - tenga conto di tale posizione differenziata.
    In proposito va considerato che la legge 7 dicembre 1959, n. 1088,
 istitutiva  del  corpo di polizia femminile, richiedeva per l'accesso
 al ruolo delle assistenti di  polizia,  il  possesso  di  un  diploma
 d'istituto d'istruzione secondaria di secondo grado (artt. 5 e 6), la
 conoscenza  di  una lingua straniera ed il superamento di un concorso
 caratterizzato da prove particolarmente selettive  comprendenti,  tra
 l'altro, nozioni di diritto penale, di diritto pubblico, di procedura
 penale,  di diritto civile, di legislazione amministrativa in materia
 di sicurezza pubblica, di protezione e assistenza  alle  donne  e  ai
 minori,  nonche'  legislazione  sul funzionamento del tribunale per i
 minorenni  e  sull'organizzazione  dei  centri  di  rieducazione  dei
 minorenni.
    Viceversa,  l'accesso al grado di maresciallo, a norma della legge
 3 aprile 1958, n. 460 e successive  modificazioni,  avveniva  con  un
 sistema   completamente  diverso,  attraverso  il  conferimento  agli
 appuntati ed alle guardie di p.s. del grado di vicebrigadiere  (artt.
 81-86)   previo   concorso   o   esame  d'idoneita'  (art.  76);  per
 l'ammissione  ad  essi  non  era  prescritto  il  diploma  d'istituto
 d'istruzione   secondaria   di  seconda  classe  (art.  78),  essendo
 sufficiente quello di scuola media e, in taluni  casi  (cfr.  art.  4
 legge 11 giugno 1974, n. 253), il solo diploma di licenza elementare.
    Secondo   la   legge  n.  460  del  1958,  le  materie  di  esame,
 differenziandosi da quelle previste  per  l'accesso  al  ruolo  delle
 assistenti  di  polizia  femminile,  vertevano, per il concorso (art.
 80), su "due prove: una scritta su argomenti di  cultura  generale  e
 d'indole  professionale;  una  orale  su materie attinenti ai servizi
 d'istituto"; per l'esame d'idoneita'  (art.  88)  era  prevista  "una
 prova orale su materie attinenti ai servizi d'istituto". Dal grado di
 vicebrigadiere  si accedeva, per anzianita', al grado di brigadiere e
 poi a quello di maresciallo di terza classe, attraverso  un  concorso
 per  titoli (artt. 90 e 94). L'avanzamento al grado di maresciallo di
 seconda  classe  avveniva  per  anzianita'  (art.   96);   quello   a
 maresciallo  di  prima classe, per un terzo per esame di merito (art.
 97) "su materie attinenti ai servizi d'istituto (art. 99) e  per  due
 terzi "a scelta".
    Tale sistema fu in parte modificato dalla legge 13 luglio 1965, n.
 845  e  dalla  legge  28 novembre 1975, n. 634, con disposizioni che,
 peraltro, non hanno alterato la sostanza del sistema  di  accesso  ai
 gradi  di maresciallo, restando nettamente differenziati, rispetto al
 concorso per l'accesso al ruolo delle assistenti di polizia, i titoli
 di studio e le materie d'esame previsti.
    Ne deriva che il legislatore,  con  le  norme  impugnate,  non  ha
 operato  un'arbitraria  diversificazione  tra  categorie omogenee, ai
 fini  dell'accesso  alla  qualifica  di  commissario  attraverso   un
 concorso  riservato,  ma  -  al contrario - ha dettato una disciplina
 appropriata a categorie di personale che, nel precedente ordinamento,
 erano gia' differenziate.
    In particolare, va  sottolineato  che  tale  differenziazione  era
 accentuata  dall'art.  3  della  legge  n.  1088 del 1959, secondo il
 quale, alle assistenti di polizia femminile - a differenza di  quanto
 avveniva  per i marescialli di p.s. - si applicavano "le disposizioni
 previste per gl'impiegati civili dello Stato", ove non  espressamente
 derogate.  Poiche'  le  assistenti  (art.  1)  erano inquadrate nella
 carriera di concetto, ne derivava  l'operativita',  in  loro  favore,
 dell'art. 16 del d.P.R. 28 dicembre 1970, n. 1077, sul passaggio, per
 concorso  interno,  del  personale  della  carriera  di concetto alla
 carriera direttiva.
    La normativa impugnata, pertanto,  con  coerenza  e  con  corretto
 esercizio  della discrezionalita', ha confermato, in via transitoria,
 alle ex assistenti di polizia femminile,  per  un  periodo  di  dieci
 anni, la possibilita' di tale passaggio, attraverso concorso interno,
 dato  che  esse  gia'  ne  fruivano  nel  precedente ordinamento, non
 consentendolo agli ex marescialli di  p.s.,  i  quali,  viceversa  ne
 erano privi.
    Da  tali considerazioni discende la non fondatezza della questione
 anche in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 degli artt. 36, decima direttiva, n. 30, della legge
 1›  aprile 1981, n. 121 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della
 pubblica  sicurezza)  e  52  del  d.P.R.  24  aprile  1982,  n.   336
 (Inquadramento  nei  ruoli  della  polizia di Stato del personale che
 espleta funzioni di polizia), sollevata in riferimento agli artt.  3,
 4  e 97 della Costituzione dal Tribunale amministrativo regionale per
 il Lazio con l'ordinanza indicata
 in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 23 aprile 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: PESCATORE
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 5 maggio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0492