N. 231 SENTENZA 3 - 13 maggio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Edilizia - Provincia autonoma di Trento - Abusivismo  -  Sanatoria  -
 Regolamentazione   del   procedimento   Introduzione   di  disciplina
 differenziata rispetto a quella statale - Violazione del principio di
 riserva  di  legge  statale  in  materia  penale   -   Invasione   di
 attribuzioni riservate allo Stato - Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge provincia autonoma di Trento del 5 settembre 1991, n. 22, art.
 129, primo e terzo comma)
 
 (Cost.,  artt.  3,  25,  secondo  comma,  116  e 117;Statuto speciale
 Trentino Alto-Adige, artt. 4 e 8)
(GU n.21 del 19-5-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici:  dott.  Francesco  GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
 SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo CAIANIELLO,  avv.
 Mauro  FERRI,  prof.  Luigi  MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.  Renato
 GRANATA, prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.  Francesco  GUIZZI,  prof.
 Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 129, commi 1 e
 3 della legge della Provincia autonoma di Trento 5 settembre 1991, n.
 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del  territorio),  promosso  con
 l'ordinanza  emessa il 13 maggio 1992 dal Pretore di Trento - sezione
 distaccata di Borgo  Valsugana  nei  procedimenti  penali  riuniti  a
 carico  di  Lenzi  Giovanni ed altro, iscritta al n. 660 del registro
 ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1992;
    Visto l'atto di intervento della Provincia autonoma di Trento;
    Udito nell'udienza  pubblica  del  23  febbraio  1993  il  Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
    Udito  l'avv.  Umberto  Pototschnig  per  la Provincia autonoma di
 Trento;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso di un procedimento penale per  l'esecuzione,  senza
 concessione,  di  lavori  edilizi,  il  Pretore  di  Trento,  sezione
 distaccata di Borgo Valsugana, con  ordinanza  emessa  il  13  maggio
 1992, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art.
 129,  commi  1  e 3, della legge della Provincia autonoma di Trento 5
 settembre  1991,  n.  22  (Ordinamento  urbanistico  e   tutela   del
 territorio),  in relazione agli artt. 3, 25, secondo comma, 116 e 117
 della Costituzione, e agli artt. 4 e 8 dello  Statuto  della  Regione
 Trentino-Alto Adige, approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.
    Violerebbe  l'art. 3 della Costituzione il comma 1 del citato art.
 129, che introduce nella provincia  di  Trento  una  disciplina  piu'
 favorevole  rispetto  a  quella  vigente  nel  resto  del  territorio
 nazionale: mentre infatti l'art. 13,  primo  comma,  della  legge  28
 febbraio  1985, n. 47, subordina la concessione edilizia in sanatoria
 all'assenza di contrasto con gli strumenti urbanistici  vigenti  "sia
 al  momento  della  realizzazione  dell'opera,  sia  al momento della
 presentazione della domanda", la legge provinciale  n.  22  del  1991
 lascia  aperta  la possibilita' di ottenere la sanatoria nell'ipotesi
 in cui l'opera, pur  difforme  rispetto  agli  strumenti  urbanistici
 vigenti  all'epoca  della  realizzazione, risulti comunque conforme a
 quelli approvati in seguito,  fino  al  momento  della  presentazione
 della domanda. E contrasterebbe con l'art. 3 della Costituzione anche
 il  comma  3  dell'art.  129. L'autore di violazioni urbanistiche che
 chieda la concessione in sanatoria potrebbe  dilazionare  il  termine
 ivi  previsto  per  la  pronunzia  del  sindaco  su  tale  richiesta,
 ritardando la produzione di documenti: i  sessanta  giorni  decorrono
 infatti  -  secondo  la  legge  provinciale  -  dalla ricezione della
 documentazione, e non dalla  data  di  presentazione  della  domanda,
 secondo  quanto prescrive la legge nazionale (art. 13, secondo comma,
 della legge n. 47 del 1985).
   Vi sarebbe altresi' lesione degli artt. 25, secondo  comma,  116  e
 117  della  Costituzione:  le  norme,  teste'  indicate,  della legge
 provinciale violerebbero il principio di riserva di legge statale  in
 materia  penale.  Mediante  l'introduzione  di  una  disciplina della
 concessione in sanatoria piu' favorevole di quella statale, la  legge
 provinciale,    operando   sulla   regolamentazione   amministrativa,
 finirebbe per estendere le cause  di  estinzione  del  reato  (punito
 dall'art.  20, lett. b) della legge n. 47 del 1985) a casi ulteriori,
 non contemplati dalla legge statale.
    Il  giudice  a  quo  riconosce  che  la  Provincia  di  Trento  ha
 competenza primaria in materia di urbanistica (artt. 4 e 8, n. 5, del
 d.P.R.  n.  670  del  1972), ma aggiunge che tale attribuzione non le
 consente di introdurre deroghe alle sanzioni penali determinate dalla
 legge statale.
    2. - E' intervenuta in giudizio la Provincia  autonoma  di  Trento
 per  sostenere  l'infondatezza  di  siffatte  censure di legittimita'
 costituzionale.
    Con  riferimento  alla  denunciata  lesione  dell'art.   3   della
 Costituzione,  rileva che le leggi regionali, secondo quanto chiarito
 dalla giurisprudenza di  questa  Corte,  possono  precisare  secundum
 legem  i  presupposti di applicazione di norme penali statali (sentt.
 nn. 210 del 1972 e 142 del 1969); tutte le volte in cui  non  sia  in
 gioco  la  riserva  di  legge  penale statale, disposizioni attuative
 della stessa possono essere emanate dal legislatore regionale  (sent.
 n.  487  del  1989).  Tale  sarebbe la fattispecie in esame: la legge
 provinciale interviene in  virtu'  di  una  competenza  esclusiva  in
 materia  urbanistica;  non  innova quanto disposto dalla norma penale
 statale, ma disciplina, secondo modalita' diverse da quelle  statali,
 l'esercizio delle funzioni urbanistiche.
    La  norma  penale si esaurisce nel considerare quale reato l'opera
 abusiva realizzata in assenza o in difformita' della concessione.  La
 disciplina  dei  modi  e  dei  limiti entro i quali la concessione in
 sanatoria e' consentita fuoriesce dalla materia penale, e puo' essere
 determinata dalla Provincia autonoma. Non vale dunque  invocare,  sul
 punto, la sentenza di questa Corte n. 487 del 1989.
    Ad un primo esame, la disciplina contenuta nella legge provinciale
 sembrerebbe  piu'  favorevole rispetto a quanto previsto dall'art. 13
 della legge n. 47 del 1985, ma non ci si puo'  limitare,  secondo  la
 Provincia,  al  mero  confronto  letterale delle due disposizioni. In
 realta', la sanatoria  configurata  dalla  normativa  provinciale  e'
 subordinata   ad   un   giudizio   di  compatibilita'  paesaggistico-
 ambientale: qualora l'opera non sia  compatibile  con  tale  aspetto,
 dovrebbe   essere   demolita,   anche   se  conforme  agli  strumenti
 urbanistici (art. 127, comma 3, della citata legge provinciale).
    Quanto al comma 3 dell'art. 129, si fa presente che il termine  di
 sessanta giorni e' stabilito nell'interesse del richiedente, il quale
 puo' si' ritardare la consegna della documentazione, ma non differire
 all'infinito  la domanda, che deve essere presentata entro un termine
 rigido.
    Infondate sono, infine, le doglianze mosse  con  riferimento  agli
 artt.  25, 116 e 117 della Costituzione: non e' certo ammissibile che
 la legge provinciale, incidendo sulla regolamentazione amministrativa
 oggetto di concorrente tutela penale, possa  modificare  il  precetto
 penale;  ma  tale  effetto  - conclude l'interveniente - e' ben lungi
 dall'essersi prodotto.
                        Considerato in diritto
    1. - Il Pretore di Trento, sezione distaccata di Borgo  Valsugana,
 ha  sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 129,
 commi 1 e 3,  della  legge  della  Provincia  autonoma  di  Trento  5
 settembre   1991,  n.  22:  tali  disposizioni,  nell'introdurre  una
 regolamentazione  del procedimento per la concessione in sanatoria di
 opera abusiva differente da quella  statale,  contrasterebbe  con  il
 principio  di  riserva  di legge statale in materia penale, incidendo
 sull'applicabilita' delle cause di estinzione del reato ex  art.  20,
 lett.  b)  della legge n. 47 del 1985: con cio' violando gli artt. 3,
 25, secondo comma, 116 e 117 della Costituzione e gli  artt.  4  e  8
 dello  Statuto  della  Regione  Trentino  - Alto Adige, approvato con
 d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670.
    2. - La questione e' fondata.
    La Provincia autonoma di Trento, nell'esercizio  delle  competenze
 attribuitele  dall'art.  8 dello Statuto speciale, ha introdotto, con
 la  legge  5  settembre  1991,  n.  22,   una   compiuta   disciplina
 sull'assetto  e  lo sviluppo urbanistico del territorio, sulla tutela
 del paesaggio e degli insediamenti storici nella Provincia: il titolo
 X di detta legge provinciale, relativo alla vigilanza  sull'attivita'
 urbanistico-edilizia, prevede, all'art. 129, specifiche modalita' per
 la concessione o l'autorizzazione in sanatoria.
    In  materia  di  controllo dell'attivita' urbanistico-edilizia, di
 snellimento delle procedure, di recupero degli  insediamenti  abusivi
 (capi  I,  II  e III della legge 28 febbraio 1985, n. 47), le regioni
 usufruiscono di un margine  di  "variabilita'"  rispetto  alla  legge
 dello  Stato, di cui debbono rispettare, per l'appunto, i "principi".
 Se esiste dunque spazio per autonome  previsioni  normative  adottate
 dalle  regioni a statuto ordinario, tanto piu' cio' deve dirsi per le
 regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e  di
 Bolzano,  la  cui sfera di competenza e' specificamente salvaguardata
 dall'art. 1, terzo comma, della citata legge n. 47 del 1985. Ma  cio'
 non  significa che tale competenza non sia soggetta a limiti, che nel
 caso in esame sono espressamente sanciti dagli  artt.  4  e  8  dello
 Statuto  speciale:  e'  vero che la Provincia di Trento ha competenza
 primaria in materia di urbanistica e piani regolatori (art. 8, n.  5,
 Statuto),  ma e' pure vero che l'esercizio della potesta' legislativa
 provinciale dovra' avvenire "in armonia" con la Costituzione e con  i
 principi dell'ordinamento giuridico dello Stato, e nel rispetto degli
 interessi   nazionali   e  delle  norme  fondamentali  delle  riforme
 economico-sociali della Repubblica (art. 4 Statuto).
    E'    innegabile    che    le    due    disposizioni    sospettate
 d'incostituzionalita' non modificano il sistema delle sanzioni penali
 delineato  dalla  legge  statale;  ma  e'  altrettanto  evidente che,
 nell'introdurre una regolamentazione del procedimento  amministrativo
 piu'  favorevole  al  soggetto  privato  rispetto  a  quanto  risulta
 dall'art. 13 della legge n. 47 del 1985, esse portano  all'estinzione
 del  reato  urbanistico  anche  nell'ipotesi  di  mancata conformita'
 dell'opera con gli  strumenti  urbanistici  vigenti  all'epoca  della
 costruzione  dell'opera  stessa.  Ora,  come  questa  Corte  ha  gia'
 chiarito (sent. n. 370 del 1988), la sanatoria ex art. 13 della legge
 n. 47 del 1985 presuppone  la  verifica  dell'intrinseca  "giustizia"
 sostanziale  dell'opera,  che  deve risultare conforme agli strumenti
 urbanistici gia' nel  momento  della  costruzione:  l'estinzione  del
 reato  trova  dunque  giustificazione  nell'accertata inesistenza del
 "danno urbanistico".
    Va  aggiunto,  poi,  che  le  due  disposizioni  denunziate non si
 limitano a integrare le formule adottate dal legislatore statale,  ad
 esempio  a  fini di maggiore chiarezza (si veda sul punto la sentenza
 di questa Corte n.  201  del  1992):  esse  introducono  elementi  di
 irrazionale  difformita'  e  compromettono,  su un punto decisivo, il
 delicato equilibrio che la legge n.  47  del  1985  ha  definito  tra
 presupposti  per  la  concessione  in sanatoria e perseguibilita' dei
 reati previsti dalle vigenti norme urbanistiche,  a  salvaguardia  di
 fondamentali esigenze di governo del territorio (sentt. nn. 370 e 369
 del 1988).
    Incidendo sull'applicabilita' delle cause di estinzione del reato,
 le  disposizioni  in esame interferiscono nella "materia penale", per
 la quale vale la riserva di disciplina a favore dello Stato,  che  si
 configura  come  un  principio  di  rango costituzionale e condiziona
 l'autonomia legislativa regionale anche  nel  caso  delle  regioni  a
 statuto  speciale  e delle province autonome (nella giurisprudenza di
 questa Corte, v. in particolar modo le sentt. nn. 18  del  1991,  487
 del   1989,  179  del  1986,  con  specifico  riguardo  alla  materia
 urbanistico- edilizia, ed anche le sentt. nn. 437 del 1992, 504, 213,
 197, 117 del 1991, 239 del 1982).
    La legge  provinciale,  nella  parte  denunziata,  risulta  dunque
 invasiva  delle  attribuzioni riservate allo Stato per tutto cio' che
 attiene alla materia penale, con cio' esorbitando dai limiti che  gli
 articoli  4  e  8  dello Statuto speciale pongono all'esercizio della
 potesta' legislativa della Provincia autonoma.
      Restano assorbite le censure mosse con riguardo  agli  artt.  3,
 25, secondo comma, 116 e 117 della Costituzione.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la illegittimita' costituzionale dell'art. 129, commi 1 e
 3, della legge della Provincia autonoma di Trento 5  settembre  1991,
 n. 22 (Ordinamento urbanistico e tutela del territorio).
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 3 maggio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GUIZZI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 13 maggio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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