N. 235 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 marzo 1993

                                N. 235
 Ordinanza emessa il 22 marzo 1993 dalla pretura di  Venezia,  sezione
 distaccata  di Mestre, nel procedimento civile vertente tra Bianchini
 Ettore e Toneatto Severino
 Locazione di immobili urbani - Uso abitativo - Proroga biennale del
    contratto - Ritenuta operativita' di diritto anche in  assenza  di
    trattative  relative  al  nuovo  canone  -  Impossibilita'  per il
    locatore di sottrarsi alla proroga anche in presenza di necessita'
    propria o dei congiunti - Lesione dei  principi  di  tutela  della
    proprieta' privata e di uguaglianza.
 (Legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 11, comma 2-bis).
 (Cost., artt. 3 e 42).
(GU n.22 del 26-5-1993 )
                       IL VICE PRETORE ONORARIO
    Letti  gli  atti  di causa e a scioglimento della riserva che pre-
 cede, osserva quanto di seguito esposto.
    Va, anzitutto, rilevato che non e' controversa  tra  le  parti  la
 data di cessazione del contratto, sorto il 1 marzo 1987 e tacitamente
 rinnovatosi  ex  art.  3  della legge n. 392/1978 sino al 28 febbraio
 1995.
    All'udienza di prima comparizione l'intimato si e'  costituito  in
 giudizio tramite difensore, invocando l'applicazione alla fattispecie
 dell'art.  11, comma 2- bis, della legge n. 359/1992 e richiedendo la
 determinazione della cessazione del contratto al 28 febbraio 1997.
    Il  difensore  dell'intimante  ha  per  converso  insistito  nella
 convalida  della licenza per la data del 28 febbraio 1995, chiedendo,
 in subordine, emissione di ordinanza di  rilascio  ex  art.  665  del
 c.p.c.
    A   quest'ultimo   riguardo   varra'   precisare   che  la  difesa
 dell'intimato ha realizzato  una  vera  e  propria  opposizione  alla
 convalida   e   conseguentemente  unico  provvedimento  astrattamente
 ammissibile in questa fase processuale resta l'ordinanza ex art.  665
 del c.p.c.
    Cio' premesso, alcune osservazioni s'impongono.
    L'entrata   in   vigore   dell'art.  11  del  d.l.  n.  333/1992,
 successivamente convertito nella  legge  n.  359/1992,  ha  sollevato
 numerosi problemi interpretativi di non pronta soluzione, dando luogo
 ad un acceso dibattito giuirisprudenziale.
    In  particolare  si  sono registrate pronunce alquanto eterogenee,
 anche all'interno di  un  medesimo  ufficio  giudiziario,  in  ordine
 all'ambito di applicabilita' dell'art. 11, comma 2- bis, della legge,
 secondo  il quale "nei casi in cui, alla prima scadenza del contratto
 successiva all'entrata in  vigore  della  legge  di  conversione  del
 presente  decreto,  le  parti non concordino sulla determinazione del
 canone, il contratto stesso e' prorogato di diritto per due anni".
    Ed  accanto  alle  decisioni  favorevoli   ad   una   operativita'
 automatica  della  proroga  legale, ne sono intervenute altre, per le
 quali detta proroga e' "condizionata" all'esistenza di una trattativa
 diretta al rinnovo contrattuale.
    Invero si avverte prima facie che l'ambiguita' della  formulazione
 letterale   della   norma   in   discorso   determina   un  labirinto
 interpretativo,  nel  quale   e'   impossibile   reperire   soluzioni
 ermeneutiche convincenti.
    Ad  avviso  di  questo  pretore  non  convince appieno l'indirizzo
 giurisprudenziale che prevede la prosecuzione coattiva  del  rapporto
 locativo per ulteriori due anni, soltanto nel caso in cui vi e' stata
 una  trattativa  per  il  rinnovo  del  contratto, fallita perche' e'
 mancato l'accordo sulla misura del nuovo canone.
    A favore di detto  orientamento  parrebbe  militare  un  argomento
 letterale  di  decisiva  importanza,  ossia  la  condizione posta dal
 dettato normativo, che "le parti non concordino sulla  determinazione
 del canone".
    D'altro   canto   tale  interpretazione  puo'  essere  agevolmente
 accusata di rendere alquanto improbabile l'applicazione della novella
 legislativa.  Infatti  risulta  palmare  che  la  norma   condurrebbe
 all'effetto perverso di indurre il locatore ad astenersi da qualsiasi
 trattativa,  proprio  per  evitare l'eventualita' di una prosecuzione
 coattiva del rapporto locatizio.
    E se  la  ratio  della  legge  va  indubbiamente  ricercata  nella
 necessita'  di superare la insostenibile situazione di crisi creatasi
 nel mercato  degli  alloggi,  la  suddetta  soluzione  interpretativa
 perverrebbe   ad  un  risultato  diametralmente  opposto  all'intento
 legislativo.
    Accertata l'impercorribilita'  di  questa  via,  pare  inevitabile
 l'adesione  all'opinione favorevole all'applicazione automatica della
 proroga. In  realta'  tale  orientamento  suscita  seri  dubbi  sulla
 legittimita'  della previsione normativa, in riferimento agli artt. 3
 e 42 della Costituzione,  comportando  un'indubbia  violazione  delle
 disposizioni  poste  a  tutela del diritto di proprieta', nonche' del
 principio di liberta'  ed  uguaglianza  dei  cittadini  davanti  alla
 legge.
    Ed  infatti  alla ingiustificata anomalia dell'applicazione di una
 proroga legale ai contratti in  corso,  nel  momento  stesso  in  cui
 riprende  il  via  il  sistema  dell'autonomia negoziale, si affianca
 l'ulteriore anomalia dell'assoluta impossibilita' per il locatore  di
 sottrarsi  alla  proroga del rapporto, pure in presenza di situazioni
 tali, da giustificare un recesso anticipato per la necessita' propria
 o dei suoi congiunti.
    Cio'  detto,  appare  di  tutta  evidenza  che  la  norma non puo'
 sottrarsi al sospetto di un ritorno all'oscuro regime  della  proroga
 legale,   improntato   all'incongrua   compressione  del  diritto  di
 proprieta'.
    Al  riguardo  si  rammenta  il  consolidato   orientamento   della
 giurisprudenza  costituzionale in materia di disciplina vincolistica,
 ritenuta  legittima  solo  ove  risponda  ad  esigenze  di  carattere
 straordinario e transitorio.
    In  particolare,  chiamata  ad  esprimersi sull'art. 15- bis della
 legge n. 94/1982, la Corte ha ammonito con  rigore  che  non  avrebbe
 ritenuto ammissibili ulteriori proroghe.
    In   altri   termini  ha  voluto  condannare  ogni  indiscriminato
 intervento  legislativo  che   possa   tradursi   in   un'alterazione
 dell'equilibrio dei contrapposti interessi delle parti contraenti, ad
 esclusivo danno di una di esse.
    A mente delle suesposte considerazioni, l'ambigua formulazione del
 comma  2-  bis dell'art. 11 e' inevitabilmente destinata a scontrarsi
 con fondate e gravi preoccupazioni di illegittimita' e  ogni  se  pur
 lodevole   tentativo  di  conformare  la  disposizione  ai  parametri
 costituzionali appare inopportuno.
    Pertanto la suddetta norma, invocata dall'intimato  per  sostenere
 il  diritto  ad  una  proroga  del  contratto  rispetto alla scadenza
 dedotta dall'intimante,  comportando  un'ingiustificata  compressione
 del  diritto  di  proprieta',  nonche'  un'irrazionale  disparita' di
 trattamento  nel  vigore  del  regime  dell'autonomia  negoziale,  va
 rimessa al giudizio della Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
    Ritenuta  rilevante e non manifestamente infondata la questione di
 legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 2- bis, della legge 8
 agosto  1992,  n.  359,  in  relazione  agli  artt.  3  e  42   della
 Costituzione;
    Ordina  la  trasmissione  degli  atti  alla Corte costituzionale e
 sospende il giudizio in corso (r.g. n. 5318/1992);
    Dispone che, a cura della cancelleria, la presente ordinanza venga
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Mestre, addi' 22 marzo 1993
             Il vice pretore onorario: (firma illeggibile)

 93C0532