N. 249 SENTENZA 5 - 19 maggio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Pena  -  Sanzioni  sostitutive  -  Reati commessi in violazione delle
 norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro -  Applicabilita'
 -  Esclusione  - Intervento del nuovo codice e delle nuove competenze
 del pretore - Irragionevolezza di una  preclusione  relativamente  al
 reato  di  lesioni  personali  colpose  -  Lesione  del  principio di
 uguaglianza - Illegittimita' costituzionale.
 
 (Legge 24 novembre 1981, n. 689, art. 60)
 
 (Cost., artt.  3 e 24).
(GU n.22 del 26-5-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: dott. Francesco GRECO, prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo
    SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,
    avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi di legittimita' costituzionale dell'art. 60, della legge
 24 novembre 1981, n.  689  (Modifiche  al  sistema  penale),  nonche'
 dell'art. 238 (recte: 234) del decreto legislativo 28 luglio 1989, n.
 271  (Norme  di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice
 di procedura penale), in relazione agli artt. 2 e 6  della  legge  16
 febbraio  1987, n. 81 (Delega legislativa al Governo della Repubblica
 per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale), 7 c.p.p.,  54
 e 60 della legge n. 689 del 1981, promossi con le seguenti ordinanze:
      1)  ordinanza  emessa il 7 marzo 1992 dal Pretore di Taranto nel
 procedimento penale a carico  di  Notaristefano  Domenico  ed  altri,
 iscritta  al  n.  254  del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella
 Gazzetta Ufficiale della Repubblica  n.  20,  prima  serie  speciale,
 dell'anno 1992;
      2)  ordinanza emessa il 9 maggio 1992 dal Pretore di Taranto nel
 procedimento penale a carico di D'Aprile Donato ed altri, iscritta al
 n. 394 del  registro  ordinanze  1992  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  35, prima serie speciale, dell'anno
 1992;
    Visti gli atti di intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del  31 marzo 1993 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
                           Ritenuto in fatto
   Con due ordinanze di contenuto identico, emesse il 7 marzo ed il  9
 maggio  1992,  il  Pretore  di  Taranto  ha  sollevato  questione  di
 legittimita' dell'art. 60  della  legge  24  novembre  1981,  n.  689
 (Modifiche al sistema penale), in riferimento agli artt. 3 e 24 della
 Costituzione,   nonche'   dell'art.  238  (recte:  234)  del  decreto
 legislativo  28  luglio  1989,  n.  271  (Norme  di  attuazione,   di
 coordinamento  e  transitorie  del  codice  di procedura penale), per
 violazione dell'art. 3 della Costituzione, in relazione agli artt.  2
 e  6  della  legge  16  febbraio  1987,  n. 81 (Delega legislativa al
 Governo  della  Repubblica  per  l'emanazione  del  nuovo  codice  di
 procedura  penale),  7  c.p.p.,  54 e 60 della legge n. 689 del 1981,
 nonche' per violazione dell'art. 76 della Costituzione, in  relazione
 agli artt. 54 e 60 della legge n. 689 del 1981.
    Ha  osservato  in  proposito  il giudice a quo che l'aumento della
 competenza pretorile  scaturito  dall'entrata  in  vigore  del  nuovo
 codice  di  procedura  penale (art. 7 c.p.p.) ha determinato, a norma
 dell'art.  54  della  legge  n.  689  del  1981,  un   corrispondente
 ampliamento  dei  casi  in  cui  e'  consentita  l'applicazione delle
 sanzioni sostitutive previste dall'art. 53 della medesima legge: casi
 fra i quali e' possibile  annoverare  anche  l'ipotesi  dell'omicidio
 colposo   aggravato   dal   fatto   commesso   con  violazione  delle
 disposizioni in materia di prevenzione degli infortuni sul  lavoro  o
 relative  all'igiene  del  lavoro.  Da cio' scaturisce, ad avviso del
 remittente, una disparita' di trattamento sanzionatorio fra  la  meno
 grave
  fattispecie  delle lesioni personali colpose commesse con violazione
 delle norme antinfortunistiche - oggettivamente  escluse  dall'ambito
 di applicazione delle sanzioni sostitutive a norma dell'art. 60 della
 legge n. 689 del 1981 - e quella piu' grave dell'omicidio colposo per
 fatti  analoghi. Disparita', questa, che secondo il giudice a quo non
 rinviene giustificazione alcuna, in  quanto  le  due  fattispecie  si
 pongono   in   rapporto   di  progressivita',  ledendo  entrambe,  in
 differente misura, lo stesso bene giuridico. Scartata la possibilita'
 di ritenere in via interpretativa che anche  l'ipotesi  dell'omicidio
 colposo   sia   compresa   nell'ambito   delle  esclusioni  oggettive
 concernenti le sanzioni sostitutive, il remittente  osserva  come  la
 questione  sia  frutto  di  una  lacuna  normativa  colmabile  con la
 disciplina di  coordinamento,  la  quale  ultima,  a  sua  volta,  e'
 peraltro   sottoposta   agli   stessi  limiti  imposti  dalla  delega
 legislativa per l'emanazione del nuovo codice di rito.  Alla  stregua
 di  tali  rilievi,  consegue  dunque,  secondo  il  giudice a quo, un
 duplice  profilo  di  illegittimita'  dell'art.   234   del   decreto
 legislativo  28  luglio  1989, n. 271, in relazione agli artt. 76 e 3
 della Costituzione. Quanto al primo parametro, infatti, si deduce  la
 violazione dei criteri direttivi stabiliti dall'art. 6 della legge 16
 febbraio  1987, n. 81 in relazione all'art. 2, punto 45, della stessa
 legge-delega, nella  parte  in  cui  e'  stato  omesso  di  prevedere
 l'abrogazione,   fra   le  cause  di  esclusione  oggettiva  previste
 dall'art. 60 della legge n. 689 del 1981, della  fattispecie  di  cui
 all'art.  590,  secondo  e  terzo  comma, del codice penale, divenuto
 incompatibile con l'art. 54 della stessa legge n. 689  del  1981.  La
 norma  impugnata  violerebbe, poi, il principio di uguaglianza, nella
 parte in cui, pur dovendo coordinare le disposizioni della  legge  n.
 689  del  1981  alla  mutata  competenza  pretorile  che  consente di
 applicare le sanzioni sostitutive al reato  previsto  dall'art.  589,
 capoverso, del codice penale, ha omesso di sopprimere il reato di cui
 all'art.  590  dello  stesso codice per fatti commessi con violazione
 delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, dal novero
 delle esclusioni oggettive previste dall'art. 60 della medesima legge
 n. 689 del 1981.
    Esclusa la possibilita' di interventi  additivi  o  interpretativi
 intesi  a superare il limite previsto dall'art. 54 della legge n. 689
 del 1981, e rilevato come l'intera materia delle esclusioni oggettive
 meriterebbe una approfondita rivisitazione da parte del  legislatore,
 specie  per  cio'  che  concerne  le  ipotesi delittuose successive a
 quella legge, il giudice a quo conclusivamente rileva  come,  per  le
 ragioni  anzidette,  il  regime stabilito dall'art. 60 della legge n.
 689 del 1981 finisca per porsi in contrasto non  solo  con  l'art.  3
 della  Costituzione  ma  anche  con l'art. 24 della stessa Carta, dal
 momento che l'esclusione delle sanzioni sostitutive per l'ipotesi  di
 lesioni  colpose  commesse  con  violazione delle norme relative alla
 prevenzione degli infortuni sul lavoro, e non anche per l'ipotesi  di
 omicidio  colposo commesso con violazione delle stesse norme, integra
 una limitazione del "diritto di difesa  dell'imputato  nell'ulteriore
 svolgimento del processo, su di un aspetto che ha conseguenze sul pi-
 ano sostanziale".
    2.  -  Nei  giudizi e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
 ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  Generale  dello
 Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata, essendo
 nella   sostanza   analoga   ad   altra   questione  gia'  dichiarata
 manifestamente infondata con ordinanza n. 442/1991.
                        Considerato in diritto
    1.   -   Entrambe   le  ordinanze  sollevano,  con  argomentazioni
 identiche, le medesime questioni: i relativi giudizi vanno, pertanto,
 riuniti al fine di essere decisi con un'unica sentenza.
    2. - Pur se unico e' il petitum che il giudice a quo fa mostra  di
 perseguire,  i  provvedimenti  di  rimessione propongono due distinti
 quesiti di legittimita' costituzionale. Da un  lato,  infatti,  viene
 impugnato  l'art.  60 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche
 al sistema penale), nella parte in  cui  esclude  dall'applicabilita'
 delle  sanzioni  sostitutive  il reato di cui all'art. 590, secondo e
 terzo comma, del codice penale, limitatamente ai fatti  commessi  con
 violazione  delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro
 o relative all'igiene del lavoro, deducendosi  a  tal  proposito,  la
 violazione  degli  artt.  3  e 24 della Costituzione. Il rispetto del
 principio di uguaglianza sarebbe compromesso, secondo  il  giudice  a
 quo,  in quanto, tenuto conto della disposizione dettata dall'art. 54
 della legge n. 689 del 1981 e dei nuovi  criteri  di  competenza  del
 pretore  fissati  dall'art.  7  del  codice  di  procedura penale, e'
 consentita la sostituibilita' della sanzione  detentiva  in  concreto
 irrogata  per  il  piu'  grave  reato  di cui all'art. 589 del codice
 penale  per  fatto  commesso  con  violazione  delle  norme  per   la
 prevenzione  degli  infortuni  sul  lavoro  o relative all'igiene del
 lavoro, nonostante che tra le due fattispecie  poste  a  raffronto  -
 omicidio  colposo  e  lesioni  personali  colpose - possa agevolmente
 intravedersi un "rapporto di  progressivita'",  per  essere  entrambe
 lesive,  in  misura  gradata, dello stesso "bene (vita ed incolumita'
 individuale), che trova protezione nelle norme  penali  di  cui  agli
 artt.  575-593 c.p.". La norma impugnata contrasterebbe, inoltre, con
 l'art. 24 della Costituzione, in quanto  l'esclusione  oggettiva  ivi
 prevista  determina,  secondo  il  rimettente,  la  compressione  del
 diritto  di  difesa  dell'imputato  "nell'ulteriore  svolgimento  del
 processo, su di un aspetto che ha conseguenze sul piano sostanziale".
   In  stretta  correlazione  con  la  prima censura, il giudice a quo
 solleva, poi, questione di legittimita' dell'art.  238  (recte:  234)
 del  decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di attuazione,
 di coordinamento e  transitorie  del  codice  di  procedura  penale),
 assumendone il contrasto:
       a)  con l'art. 76 della Costituzione, in quanto sarebbero stati
 violati i criteri direttivi stabiliti  dall'art.  6  della  legge  16
 febbraio  1987,  n.  81,  in  relazione all'art. 2, numero 45), della
 stessa legge di delega,  nella  parte  in  cui  e'  stato  omesso  di
 prevedere  l'abrogazione  dell'art.  60  della legge n. 689 del 1981,
 limitatamente alla previsione, fra le cause di esclusione  oggettiva,
 della  fattispecie prevista dall'art. 590, secondo e terzo comma, del
 codice penale, divenuta incompatibile con l'art. 54  della  legge  n.
 689  del  1981  a seguito della entrata in vigore del nuovo codice di
 procedura penale (art. 7);
       b) con l'art. 3 della Costituzione per violazione del principio
 di uguaglianza, nella  parte  in  cui,  pur  dovendo  il  legislatore
 delegato  procedere al coordinamento delle disposizioni dettate dalla
 legge n. 689 del 1981 a  quelle  del  nuovo  codice  di  rito  ed  in
 particolare  all'art.  7  dello  stesso codice, che, per il mutamento
 della competenza del pretore, rende  possibile  l'applicazione  delle
 sanzioni  sostitutive al reato previsto dall'art. 589, capoverso, del
 codice penale,  ha  omesso  di  adeguare  quella  disciplina  con  la
 eliminazione  del  reato  di cui all'art. 590 del codice penale per i
 fatti commessi con violazione delle norme per  la  prevenzione  degli
 infortuni   sul  lavoro,  dal  novero  delle  ipotesi  di  esclusione
 oggettiva previste dall'art. 60 della legge n. 689 del 1981.
    3. - La  prima  delle  riferite  censure  e'  fondata.  Lo  stesso
 legislatore  delegato,  infatti,  ebbe a prospettarsi il problema nel
 corso dei lavori preparatori del nuovo codice di rito, al  punto  che
 nella Relazione si ritenne di dover porre in risalto la necessita' di
 un  apposito  intervento normativo, da operare "probabilmente in sede
 di coordinamento", al  precipuo  scopo  di  "cancellare  la  distonia
 derivante  dalla inapplicabilita', a norma dell'art. 60 comma 1 della
 legge 24 novembre 1981,  n.  689,  delle  sanzioni  sostitutive,  (ex
 officio  o  ad  istanza di parte, previste dall'art. 53 e seguenti di
 detta legge) al  reato  di  lesioni  colpose  in  relazione  a  fatti
 commessi   con  violazione  delle  norme  per  la  prevenzione  degli
 infortuni sul lavoro o relative all'igiene  del  lavoro  che  abbiano
 determinato  le  conseguenze  previste nel comma 1 n. 2 e nel comma 2
 dell'art. 583 c.p.: sanzioni che,  invece,  resterebbero  applicabili
 all'omicidio  colposo  commesso  con  violazione delle stesse norme".
 D'altra  parte,  quella  che  la  Relazione  ha  definito  come   una
 "distonia"  necessariamente  da  sanare,  emergeva  con chiarezza dal
 tessuto normativo, quale naturale conseguenza  delle  scelte  che  il
 legislatore si accingeva ad operare. Posto infatti, che la disciplina
 sostanziale  delle  sanzioni  sostitutive  era  quella prevista dalla
 legge n. 689 del 1981, la  quale  aveva  modellato  l'intero  sistema
 assumendo  a fulcro dello stesso la tipologia dei reati a quell'epoca
 devoluti alla competenza del pretore, era  fin  troppo  evidente  che
 qualsiasi  mutamento  della  sfera  cognitiva di quel giudice avrebbe
 prodotto immediati riflessi sull'equilibrio e la coerenza del sistema
 stesso. Una volta, quindi, che il nuovo  codice  ha  attribuito  alla
 competenza  del  pretore  (art.  7,  comma  2,  lett.  h) il reato di
 "omicidio colposo previsto  dall'articolo  589  del  codice  penale",
 compresa,   dunque,   l'ipotesi  aggravata  del  fatto  commesso  con
 violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro,
 e rendendosi in tal modo applicabili a quella fattispecie le sanzioni
 sostitutive in  virtu'  del  soddisfacimento  del  presupposto  della
 competenza  sancito  dall'art.  54  della  legge  n. 689 del 1981, e'
 venuta  automaticamente  a  perdere  qualsiasi  ragion  d'essere   la
 preclusione  sancita  dall'art. 60 della medesima legge, che inibisce
 l'applicazione delle sanzioni medesime al reato di lesioni  personali
 colpose  previsto  dall'art.  590,  secondo e terzo comma, del codice
 penale, "limitatamente ai fatti commessi con violazione  delle  norme
 per  la  prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative all'igiene
 del lavoro, che abbiano determinato le conseguenze previste dal primo
 comma, n. 2, o dal secondo comma dell'art. 583  del  codice  penale".
 Tenuto  conto,  infatti, del rapporto di naturale continenza che lega
 fra loro il delitto di omicidio colposo e quello di lesioni personali
 colpose nell'ipotesi in  cui  entrambe  le  fattispecie  siano  state
 realizzate  con  violazione  delle norme volte alla prevenzione degli
 infortuni sul lavoro o relativi all'igiene del  lavoro,  finisce  per
 risultare ictu oculi carente di ragionevolezza e si presenta per cio'
 stesso  fortemente  lesivo del principio di uguaglianza, un complesso
 normativo che consente di beneficiare delle  sanzioni  sostitutive  a
 chi  ha  posto  in  essere,  fra  due  condotte  gradatamente  lesive
 dell'identico   bene,   quella   connotata   da   maggiore  gravita',
 discriminando, invece, chi ha realizzato il fatto che meno offende lo
 stesso valore giuridico.
    L'esclusione oggettiva di  che  trattasi  va  pertanto  dichiarata
 costituzionalmente illegittima per contrasto con l'art. 3 della Carta
 fondamentale.   Restano   conseguentemente  assorbiti  gli  ulteriori
 profili di illegittimita' che il giudice  a  quo  ha  prospettato  in
 merito all'art. 60 della legge n. 689 del 1981, nonche' la questione,
 ormai priva di autonomo rilievo, che il medesimo giudice ha sollevato
 con  riferimento all'art. 238 (recte: 234) del decreto legislativo 28
 luglio 1989, n. 271.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,   dichiara   l'illegittimita'   costituzionale
 dell'art.  60  della  legge  24  novembre  1981, n. 689 (Modifiche al
 sistema  penale),  nella  parte  in  cui  stabilisce  che   le   pene
 sostitutive non si applicano al reato previsto dall'art. 590, secondo
 e terzo comma, del codice penale, limitatamente ai fatti commessi con
 violazione  delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro
 o  relative  all'igiene  del  lavoro,  che  abbiano  determinato   le
 conseguenze  previste  dal  primo  comma,  n.  2, o dal secondo comma
 dell'art. 583 del codice penale.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 5 maggio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 19 maggio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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