N. 241 ORDINANZA (Atto di promovimento) 19 giugno 1992- 12 maggio 1993

                                N. 241
 Ordinanza  emessa  il  19   giugno   1992   (pervenuta   alla   Corte
 costituzionale  il 12 maggio 1993) dalla Corte dei conti, di Palermo,
 sezione  giurisdizionale  per  la  regione  siciliana,  sul   ricorso
 proposto da Amore Armando contro il Ministero delle finanze.
 Pensioni - Impiegati militari e civili dello Stato - Diritto alla
    riliquidazione  delle  pensioni  al personale cessato dal servizio
    dopo  il  31  dicembre  1978  -  Esclusione   del   diritto   alla
    riliquidazione  per  i pensionati collocati a riposo anteriormente
    alla predetta data - Ingiustificata disparita' di  trattamento  di
    situazioni  identiche  in  base  al  mero  elemento  temporale  in
    contrasto col principio di ragionevolezza giuridica -  Riferimento
    alla sentenza della Corte costituzionale n. 504 (recte: 501/1988).
 (D.L. 6 giugno 1981, n. 283, art. 26, convertito in legge 6 agosto
    1981, n. 432).
 (Cost., art. 3).
(GU n.22 del 26-5-1993 )
                          LA CORTE DEI CONTI
   Ha  pronunciato  la seguente ordinanza n. 66/93/ord. sul ricorso in
 materia di pensione civile, iscritto al n.  1426/C,  ex  117502,  del
 registro  di segreteria, proposto dal sig. Amore Armando, residente a
 Catania, via Vezzosi n. 46/A, contro il Ministero delle finanze;
    Uditi alla pubblica udienza  del  19  giugno  1992,  il  relatore,
 consigliere dott.ssa Luciana Savagnone ed il pubblico ministero nella
 persona del vice procuratore generale dott. Guido Carlino;
    Esaminati gli atti ed i documenti della causa;
                               F A T T O
    Con  ricorso, depositato il 19 aprile 1983, il sig. Armando Amore,
 collocato a riposo in  data  1  aprile  1978,  con  la  qualifica  di
 contabile  capo del Ministero delle finanze, ha impugnato il silenzio
 rifiuto  opposto  dall'amministrazione   alla   revisione   del   suo
 trattamento  di  quiescenza in rapporto alle disposizioni di cui alle
 leggi 11 luglio 1980, n. 312 e 6 agosto 1981, n. 432.
    Osserva  il  ricorrente  che  con  la  legge  ultima  citata,   le
 retribuzioni  connesse ai livelli erano state aumentate conformemente
 agli accordi intercorsi tra associazioni sindacali  e  Governo.  Tali
 miglioramenti  venivano estesi, ai sensi dell'art. 26 della legge, al
 personale cessato dal servizio dopo  il  1  gennaio  1979  anche  con
 riferimento   all'anzianita'   maturata   fino  alla  cessazione  dal
 servizio.
    Il ricorrente, in pensione da una data anteriore a quella indicata
 nella norma, lamenta il mancato allineamento della sua pensione  alle
 modifiche retributive del corrispondente personale in servizio.
    In proposito, assume che non avendo il legislatore stabilito nulla
 per coloro che sono stati collocati in quiescenza prima del 1 gennaio
 1979,  si  e' venuta a creare una carenza legislativa che puo' essere
 colmata   mediante   l'applicazione   dei    principi    fondamentali
 dell'ordinamento  di  cui all'art. 12 delle disposizioni preliminari,
 dovendo  necessariamente  esservi  una  correlazione  tra  i  termini
 "stipendio-pensione".
    In  via principale il sig. Amore chiede, quindi, la riliquidazione
 della pensione sulla base delle retribuzioni vigenti per il personale
 in servizio di pari livello e anzianita', con decorrenza dal febbraio
 1981, in rispondenza al disposto  dell'art.  26,  ultimo  comma,  del
 d.l. 6 giugno 1981, n. 283, convertito nella legge 6 agosto 1981, n.
 432.
    In  subordine, il ricorrente solleva due questioni di legittimita'
 costituzionale.
    Con la prima eccepisce l'incostituzionalita'  dell'art.  26  della
 legge  6  agosto  1981,  n.  432,  nella  parte  in  cui  dispone  la
 riliquidazione del trattamento pensionistico per i dipendenti cessati
 dal servizio dopo il 1 gennaio 1979, mentre nulla viene stabilito per
 il personale posto in quiescenza precedentemente; questione sollevata
 in relazione sia all'art. 36 della Costituzione, sia all'art. 3.
    Con la seconda solleva la questione di costituzionalita' dell'art.
 14, quinto comma, del d.l. n. 653/1979, in quanto  rende  inoperante
 il  primo  comma  dell'art.  2  della legge 29 aprile 1976, n. 177, e
 percio' in contrasto con gli artt. 3 e 36 della Costituzione, nonche'
 con gli artt. 97 e 98 della stessa, che delineano il particolare sta-
 tus dei dipendenti pubblici e ne garantiscono l'imparzialita'.
    Il procuratore generale, nelle sue conclusioni  scritte,  premesso
 che   il   ricorrente   ha  beneficiato  della  rideterminazione  del
 trattamento economico ai fini di quiescenza, sulla base del combinato
 disposto degli  artt.  25  e  160,  secondo  comma,  della  legge  n.
 312/1980, ha ritenuto che l'art. 26 del d.l. n. 283/1981, convertito
 nella  legge n. 432/1981, non sia applicabile al sig. Amore in quanto
 cessato dal servizio in un momento anteriore, rispetto al periodo  di
 vigenza  contrattuale 1979/1981: ha chiesto, pertanto, il rigetto del
 ricorso.
    In data 23 aprile 1992, il ricorrente ha  depositato  una  memoria
 integrativa nella quale, replicando alle affermazioni del procuratore
 generale,  precisa di non avere beneficiato dell'intera anzianita' di
 servizio effettivamente maturata e legalmente  riconosciuta  all'atto
 di  collocamento  a  riposo. Insiste, inoltre, per l'accoglimento del
 ricorso, rilevando che gia' la Corte costituzionale, con la  sentenza
 n.  504/1988,  ha sancito, con riferimento ai dipendenti della scuola
 collocati in quiescenza nel periodo  1  giugno  1977-1  aprile  1979,
 l'illegittimita'  costituzionale  della  norma  che  li escludeva dai
 benefici concessi al personale collocato a  riposo  nel  corso  della
 vigenza contrattuale 1979/1981.
    All'udienza dibattimentale, il magistrato requirente ha confermato
 le  richieste  contenute  nell'atto scritto, rilevando l'infondatezza
 delle questioni di legittimita' costituzionale sollevate.
                             D I R I T T O
    Il ricorrente,  inquadrato  nei  livelli  funzionali  retributivi,
 introdotti  dalla  legge  11  luglio 1980, n. 312, ai soli fini della
 pensione, lamenta di essere stato escluso, all'atto del  collocamento
 a   riposo,   dalla   piena   valutazione   del   servizio   prestato
 anteriormente, al contrario dei dipendenti posti in  quiescenza  dopo
 il 1 gennaio 1979, ai quali e' stato riconosciuto, ai sensi dell'art.
 26  della  legge  n. 432/1981, il diritto al recupero della pregressa
 anzianita'.
    Egli,  infatti,  collocato  a  riposo  il  1  aprile  1978,   data
 l'equiparazione  operata  dall'art.  180  della legge n. 312/1980 col
 personale in servizio al 1 aprile  1979  di  quello  messo  a  riposo
 successivamente  al  1  giugno  1977,  ha  usufruito  della sola base
 retributiva contenuta nell'art. 51 della stessa legge.
    Osserva, in proposito, il collegio che la norma dell'art.  26  del
 d.l.  6  giugno  1981,  n.  283,  ha  quali  esclusivi destinatari i
 dipendenti cessati dal servizio dopo il 1 gennaio 1979, e,  pertanto,
 non  puo'  essere applicata al ricorrente il quale e' stato collocato
 in quiescenza anteriormente alla data predetta.
    Ne', d'altra parte esiste nel nostro ordinamento, contrariamente a
 quanto affermato  dal  sig.  Amore,  una  norma  o  un  principio  di
 carattere generale che imponga l'automatica estensione al trattamento
 di  quiescenza  dei miglioramenti economici conferiti al personale in
 servizio.
    Cio' posto, in mancanza di una espressa  norma  di  legge  che  di
 volta  in  volta  o  in  via  permanente  disponga  di far luogo alla
 riliquidazione delle pensioni  per  tenere  conto  dei  miglioramenti
 retributivi  concessi  al  personale  in  attivita'  di  servizio, la
 domanda proposta in via principale appare infondata.
    In cio' ritiene il collegio che si  rinvenga  la  rilevanza  della
 questione  di  legittimita'  costituzionale  proposta  ai  fini della
 decisione della presente controversia.
    Invero, secondo l'insegnamento della  Corte  costituzionale,  deve
 ritenersi che il legislatore, entro i limiti della ragionevolezza, ha
 il  potere  di  fissare  discrezionalmente  le misure ed i limiti dei
 benefici pensionistici, anche in maniera differenziata per le diverse
 categorie, rapportandoli al concreto momento storico ed economico.
    Tuttavia, ritiene il collegio, che, una volta estesi al  personale
 gia'  cessato dal servizio alla data di entrata in vigore della legge
 il  recupero  dell'anzianita'  ed  i   miglioramenti   di   stipendio
 successivi  all'assetto stabilito dalla legge 11 luglio 1980, n. 312,
 non c'era alcuna logica ragione  per  escluderne  il  ricorrente,  il
 quale,   sebbene   collocato  in  pensione  in  data  anteriore  alla
 decorrenza  economica  della  legge n. 312/1980 (1 aprile 1979), era,
 tuttavia, stato inquadrato, ai sensi dell'art. 160, nelle  qualifiche
 retributivo  funzionali, perche' ancora in servizio al 1 giugno 1977,
 momento da cui iniziavano a decorrere  gli  effetti  giuridici  della
 legge.
    A  seguito  di  tale  esclusione  risulta,  appunto,  vulnerata la
 garanzia della parita' di trattamento, avendo il legislatore disposto
 diversamente nei confronti di soggetti che  possedevano  il  medesimo
 status.
    In   virtu'   delle   medesime   considerazioni,   codesta   Corte
 costituzionale, nella sentenza n.  504,  citata  dal  ricorrente,  ha
 ritenuto  non  razionale  la disciminazione, all'interno dell'insieme
 omogeneo del personale inquadrato, ai sensi  del  combinato  disposto
 degli artt. 46 e 160 della legge n. 312/1980, nel nuovo assetto delle
 qualifiche funzionali ai fini della riliquidazione delle pensioni, di
 coloro  che  erano  collocati  a  riposo  tra il 1 giugno 1977 e il 1
 aprile 1979 da una parte i cessati dal servizio tra il 1 aprile  1979
 e   il  1  febbraio  1981,  dall'altra  dichiarando  l'illegittimita'
 costituzionale dell'art. 8 del decreto-legge n. 255/1981, nella parte
 in  cui  non  prevedeva  l'estensione  ai  dipendenti  della   scuola
 collocati  in  quiescenza  nel  periodo  tra il 1 giugno 1977 ed il 1
 aprile 1979, dei benefici concessi ai dipendenti cessati dal servizio
 dopo quest'ultima data.
    Pertanto,  la  sezione  ritiene  rilevante  e  non  manifestamente
 infondata  la  questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 26
 del d.l. 6 giugno 1981, n. 283, convertito con  modificazione  nella
 legge  6  agosto  1981,  n.  432,  per  contrasto  con l'art. 3 della
 Costituzione, restando in tale pronuncia assorbite  le  eccezioni  in
 parte analoghe dedotte dal ricorrente.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 134 della Costituzione e 23 della legge 11 marzo
 1953, n. 87;
    Ritiene rilevante e non manifestamente infondata la  questione  di
 legittimita'  costituzionale dell'art. 26 del d.l. 6 giugno 1981, n.
 283, convertito nella legge 6  agosto  1981,  n.  432,  in  relazione
 all'art. 3 della Costituzione;
    Sospende  il  giudizio  ed  ordina la trasmissione degli atti alla
 Corte costituzionale;
    Ordina che, a cura della segreteria  della  sezione,  la  presente
 ordinanza sia notificata alle parti in causa, al procuratore generale
 della  Corte  dei  conti ed al Presidente del Consiglio dei Ministri,
 nonche' comunicata al Presidente della  Camera  dei  deputati  ed  al
 Presidente del Senato della Repubblica.
    Cosi'  provveduto  in  Palermo,  nella  camera di consiglio dal 19
 giugno 1992.
                     Il presidente f.f.: RAPISARDA
    Depositata oggi in segreteria nei modi di legge.
      Palermo, 26 febbraio 1993
                 Il direttore della segreteria: BADAME

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