N. 298 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 dicembre 1992- 31 maggio 1993
N. 298 Ordinanza emessa il 15 dicembre 1992 (pervenuta alla Corte costituzionale il 31 maggio 1993) dalla commissione tributaria di primo grado di Reggio Calabria sul ricorso proposto da Sgro' Caterina Anna ed altra contro l'u.t.e. di Reggio Calabria. Tributi in genere - Nuove tariffe d'estimo delle unita' immobiliari - Revisione - Previsione di diversi criteri, uno per la revisione in via definitiva ed un altro per quella in via provvisoria valevole comunque fino al 31 dicembre 1993 - Ingiustificata disparita' di trattamento con incidenza sul principio di capacita' contributiva. (D.L. 24 novembre 1992, n. 455, art. 2). (Cost., artt. 3 e 53).(GU n.25 del 16-6-1993 )
LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI PRIMO GRADO Ha emesso la seguente decisione sul ricorso n. 92/1848 presentato l'11 aprile 1992 (avverso: tariffe estimo contr. catastali) da Sgro' Caterina Anna residente a Reggio Calabria in viale Calabria, 88 e Sgro' Maria Concetta residente a Reggio Calabria in viale Calabria, 88, contro l'u.t.e. di Reggio Calabria. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con il ricorso proposto a questa commissione si denunzia l'illegittimita' e l'eccessivita' della rendita catastale attribuita all'unita' immobiliare di proprieta' della parte ricorrente, perche' stabilita sulla base delle tariffe d'estimo determinate con il d.m. 20 gennaio 1990, delle quali si denuncia pure l'illegittimita' e si chiede la disapplicazione. MOTIVI DELLA DECISIONE L'art. 15 del d.P.R. 1 dicembre 1949, n. 1142, stabilisce, come criterio generale (salvo il caso eccezionale al quale si riferisce l'art. 27), che il reddito lordo, sulla base del quale e' calcolata la tariffa di estimo, e' rappresentato dal canone annuo di fitto ordinariamente ritraibile. Il d.m. 20 gennaio 1990, che ai sensi dell'art. 6 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 604, ha autorizzato la revisione delle tariffe di estimo, stabilisce che ai fini della detta revisione si tenga conto del valore unitario di mercato ordinariamente ritraibile dall'immobile. Avverso il d.m. 20 gennaio 1990, sono stati proposti ricorsi in sede giurisdizionale davanti al t.a.r. del Lazio, ed altri numerosissimi ricorsi straordinari al Capo dello Stato. Il t.a.r. Lazio, sez. II, con sentenza n. 1184, del 29 aprile 1992, depositata il 6 maggio 1992, ha pronunciato l'illegittimita' del citato d.m. 20 gennaio 1990 e del d.m. 27 settembre 1991, con il quale il Ministro delle finanze ha determinato per l'intero territorio nazionale le tariffe d'estimo delle unita' immobiliari urbane a decorrere dal 1 gennaio 1992. Il Consiglio di Stato, sezione III, in data 31 marzo 1992 ha espresso il parere n. 285, in sede di esame di alcuni ricorsi straordinari, con il quale ha ritenuto l'illegittimita' del d.m. 20 gennaio 1990. La motivazione essenziale e' la seguente: "Vero e che il Ministero delle finanze ha il potere di autorizzare la periodica revisione delle tariffe; ma il decreto ministeriale, salvo che la stessa norma primaria attributiva del potere di revisione non lo preveda espressamente, non puo' innovare ai criteri che la legge ha stabilito (rectius nella fattispecie il d.P.R. n. 1142) per individuare il reddito immobiliare rilevante ai fini della determinazione della tariffa d'estimo. E' questa, in effetti, l'applicazione di un principio generale, di recente riaffermato dall'art. 17 della legge n. 400/1988, che i ricorrenti invocano, con cui si precisa (terzo comma) che pure i decreti ministeriali aventi contenuto regolamentare, e adottati nell'esercizio di un potere attribuito al Ministro con legge, non possono contrastare con i regolamenti emanati dal Governo (e cioe' con la forma del d.P.R.). Cio' dimostra, a maggior ragione, che il decreto ministeriale non avente contenuto di regolamento - come e' nel caso in esame - puo' derogare a norme regolamentari emanate con d.P.R. (come quelle del d.P.R. n. 1142/1949) soltanto ove la legge, con espressa specifica statuizione, cio' consenta caso per caso". La commissione e' investita della controversia relativa alla applicazione in concreto della tariffa di estimo calcolata secondo i criteri e la normativa del citato d.m. 20 gennaio 1990. La commissione ritiene opportuno, preliminarmente procedere alla verifica della propria competenza, pur non essendo stata sollevata specifica eccezione di incompetenza. La commissione e' dell'avviso che la controversia rientra nella propria competenza, in quanto ha come oggetto l'attribuzione in concreto della rendita catastale per l'immobile di proprieta' del ricorrente, fissata con l'applicazione delle tariffe di estimo determinate secondo le norme emanate con il citato d.m. 20 gennaio 1990. Detta attribuzione in concreto della rendita catastale, allo stato, e' illegittima, essendo illegittimo l'atto generale, cioe' il d.m. 20 gennaio 1990, che ne e' il presupposto, in esecuzione del quale e' attribuita la rendita stessa. Il d.m. 20 gennaio 1990 ha perduto efficacia erga omnes in conseguenza della sentenza esecutiva del t.a.r. Lazio, sezione seconda, n. 1184/1992, che ha dichiarato l'illegittimita' dell'atto e ne ha pronunciato l'annullamento. D'altra parte, la commissione, mentre non puo' pronunciare l'annullamento del decreto ministeriale (perche' la giurisdizione in materia di annullamento di atti amministrativi appartiene al giudice amministrativo), puo' pero' disapplicare l'atto stesso, allorche' incidentalmente ne accerti l'illegittimita', che per il d.m. esaminato sussiste per le motivazioni (che vengono interamente recepite) espresse nel parere del Consiglio di Stato soprariportato e nella citata sentenza del t.a.r. L'esame della controversia, tuttavia, non si puo' fermare a questo punto, senza tenere conto del successivo intervento del legislatore. Il consiglio di Stato, esprimendo il parere sull'illegittimita' del decreto ministeriale, aveva evidenziato che "resta salva l'eventuale adozione di norme, aventi rango legislativo, idonee a modificare il criterio di cui alle citate disposizioni del d.P.R. n. 1142 e del t.u. n. 917 del 1986". Risultano successivamente adottati tre decreti legge: il d.l. 24 luglio 1992, n. 348; il d.l. 24 settembre 1992, n. 388, ed infine il d.-.l. 24 novembre 1992, n. 455. I primi due decreti legge sono decaduti perche' non convertiti in legge entro i termini. Tutt'e tre i decreti legge contengono un'identica norma reiterata, cioe' e' disposto: "Con decreto del Ministro delle finanze da emanare entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto ai sensi dell'art. 17 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e' disposta la revisione delle tariffe d'estimo e delle rendite delle unita' immobiliari urbane. Tale revisione avverra' sulla base di criteri che, al fine di determinare la redditivita' media ordinariamente ritraibile, facciano riferimento ai valori del mercato degli immobili e delle locazioni. Fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe e delle nuove rendite e comunque non oltre il 31 dicembre 1993 restano in vigore e continuano ad applicarsi con la decorrenza di cui all'art. 4, quarto comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 405, le tariffe d'estimo e le rendite gia' determinate in esecuzione del decreto del Ministro delle finanze 20 gennaio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 31 del 7 febbraio 1990 .." (art. 2 d.l. 24 novembre 1992, n. 455). Il d.l. 24 novembre 1992, n. 455, e' vigente alla data della decisione di questa commissione, che, pertanto, e' tenuta a farne applicazione. Va evidenziato che detto decreto, in via provvisoria e comunque non oltre il 31 dicembre 1993, non apporta variazioni rispetto alle tariffe d'estimo ed alle rendite determinate in esecuzione del d.-m. finanze del 20 gennaio 1990, sicche' non e' possibile ritenere che il ricorso possa essere accolto o che sia cessata la materia del contendere facendo riferimento soltanto all'annullamento dell'atto amministrativo pronunciato dal t.a.r. Lazio, o facendone disapplicazione, perche' le tariffe d'estimo e la determinazione della rendita rimangono in vita nella stessa misura in forza della norma sopravvenuta. E' opportuno rilevare che l'art. 2 del del d.l. n. 455/1992, richiamando testualmente il d.-l. finanze 20 gennaio 1990, fa perdere al medesimo la natura di puro e semplice atto amministrativo, perche' lo recepisce integralmente come norma di legge, con l'eliminazione dei vizi di legittimita' attinenti alla fonte ed al rango gia' rilevati dal giudice amministrativo e dal parere del Consiglio di Stato. La commissione, dunque, dopo essere giunta alla conclusione dell'illegittimita' delle tariffe d'estimo e della conseguenziale determinazione della rendita catastale per effetto dell'annullamento o della disapplicazione dell'atto amministrativo, (d.m. finanze 20 gennaio 1990), dovrebbe tuttavia confermare l'atto di determinazione della rendita catastale effettuata sulla base delle medesime tariffe d'estimo ora vigenti per effetto della norma di legge sopravvenuta (art. 2 del d.l. 24 novembre 1992, n. 455). E' manifesta, quindi, ai fini della decisione, la rilevanza della verifica della legittimita' costituzionale della norma in discussione. La questione, nei termini che vengono chiariti e precisati qui di seguito, non si presenta manifestamente infondata. L'art. 2 del citato d.l. n. 455/1992 per la revisione delle tariffe d'estimo e delle rendite delle unita' immobiliari urbane fissa criteri difformi da adottare con il decreto ministeriale; cioe', mentre per la revisione in via definitiva stabilisce che, al fine di determinare la redditivita' media ordinariamente ritraibile, i criteri dovranno fare riferimento ai valori di mercato degli immobili e delle locazioni; in via provvisoria, e comunque fino al 31 dicembre 1993 (con la decorrenza stabilita dall'art. 4, quarto comma, della legge 29 dicembre 1990, n. 405), stabilisce che le tariffe d'estimo vanno fissate come e' indicato dal d.m. 20 gennaio 1990, recepito dalla norma di legge, cioe' che si tenga conto del valore unitario di mercato ordinariamente ritraibile dall'immobile, senza alcun riferimento ai valori delle locazioni. Dubbi di legittimita' costituzionale della norma sorgono perche', enunciando i criteri relativi alla determinazione definitiva delle tabelle d'estimo e dei redditi, la norma di legge, non fornisce alcun indice di riferimento, ne' alcun criterio guida da adottare e da seguire nella mescolanza e nella fissazione della media dei due valori, quello di mercato degli immobili e quello delle locazioni. Dubbi ancor piu' gravi sorgono sulla legittimita' costituzionale della norma per la determinazione in via provvisoria delle tariffe d'estimo e delle rendite (questione che e' immediatamente rilevante nel caso controverso), giacche' il legislatore adotta due criteri non uniformi senza alcuna giustificazione; in via definitiva si riferisce al criterio di entrambi i valori, quello di mercato e quello delle locazioni; mentre in via provvisoria si riferisce soltanto al criterio del valore di mercato, omettendo il riferimento a qualsiasi parametro deducibile dal mercato delle locazioni. Il riferimento al parametro soltanto del valore di mercato degli immobili realizza una disarmonia del sistema tributario ed intacca il principio generale della proporzionalita' rispetto alla capacita' contributiva. Il parere del consiglio di Stato, sezione terza, dal 31 marzo 1992, n. 285, facendo riferimento all'art. 15 del d.P.R. n. 1142/1949, confermato dall'art. 35, primo comma, del t.u. 22 dicembre 1986, n. 917, ha gia' evidenziato "l'intento del legislatore di evitare che per gli immobili effettivamente dati in locazione il proprietario sia costretto addirittura a versare al fisco somme uguali o maggiori di quelle percepite dal conduttore; poiche' altrimenti, il sistema sarebbe suscettibile .. di censura sotto il profilo della violazione degli artt. 42 e 53 della Costituzione". La norma esaminata, a giudizio di questa commissione, incorre in detta censura. La rilevante differenza dei criteri da seguire per la determinazione delle tariffe d'estimo in via definitiva ed in via temporanea fino al 31 dicembre 1993, con le conseguenziali differenti imposizioni, aggrava i sospetti di illegittimita' costituzionale con riferimento ai principi fissati negli artt. 3 e 53 della Costituzione. Nei termini sopraprecisati la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.l. 24 novembre 1992, n. 455 non e' manifestamente infondata, e si rende necessaria la remissione della decisione alla Corte costituzionale.
P. Q. M. La commissione tributaria di primo grado di Reggio Calabria, seconda sezione, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 2 del d.l. 24 novembre 1992, n. 455 nella parte in cui dispone che fino alla data di entrata in vigore delle nuove tariffe e delle nuove rendite e comunque non oltre il 31 dicembre 1993 restano in vigore e continuano ad applicarsi le tariffe d'estimo e le rendite gia' determinate in esecuzione del d.m. finanze 20 gennaio 1990, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio 1990; Dispone la sospensione del presente giudizio; Ordina che a cura della segreteria gli atti e copia della presente ordinanza siano trasmessi alla Corte costituzionale; Ordina altresi' che a cura della segreteria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e comunicata ai Presidenti della Camera e del Senato e sia espletato ogni altro incombente di legge. Cosi' deciso nella camera di consiglio della commissione tributaria in Reggio Calabria addi' 15 dicembre 1992. Il presidente relatore: NERI 93C0631