N. 24 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 3 luglio 1993

                                 N. 24
    Ricorso per conflitto di attribuzioni depositato in cancelleria
  il 3 luglio 1993 (del procuratore della Repubblica presso il
  tribunale di Milano)
 Deliberazione della Camera del 29 aprile 1993 con la quale e' stata
    negata  l'autorizzazione  a  procedere  nei   confronti   dell'on.
    Benedetto  Craxi,  detto Bettino, per i capi di imputazione di cui
    alla ipotesi di corruzione e concessa per i  capi  concernenti  le
    ipotesi  di  violazione delle norme sul finanziamento dei partiti.
    Asserita spettanza al p.m. della ricostruzione dei fatti  e  delle
    qualificazioni    giuridiche    degli   stessi   con   conseguente
    formulazione della richiesta di autorizzazione a procedere  per  i
    reati  in  relazione  ai  quali  ritiene  di  dover  procedere  e,
    viceversa, non spettanza alla Camera del  potere  di  concedere  o
    negare  l'autorizzazione  modificando la ricostruzione dei fatti e
    le qualificazioni giuridiche prospettate dal p.m. Riferimento alla
    sentenza della Corte costituzionale n. 1150/1988. (Conflitto  gia'
    dichiarato ammissibile con ordinanza n. 265/1993).
 (Deliberazione della Camera del 29 aprile 1993).
 (Cost., artt. 68, 101, 102, 104 e 112).
(GU n.31 del 28-7-1993 )
    Ricorso  per  conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato, ai
 sensi dell'art. 134 della Costituzione della Repubblica  e  dell'art.
 37  della  legge  11  marzo  1953,  n.  87,  fra il procuratore della
 Repubblica presso il tribunale ordinario di Milano e  la  Camera  dei
 deputati,  in relazione alla autorizzazione a procedere nei confronti
 dell'on. Benedetto Craxi, detto Bettino,  in  parte  concessa  ed  in
 parte negata nella seduta del 29 aprile 1993, per ritenuta violazione
 delle  disposizioni  di  cui agli artt. 68, 101, 102, 104 e 112 della
 Costituzione della Repubblica;
    Letti gli atti del procedimento penale n.  8655/92  r.g.n.r.  mod.
 21;
    Vista  in  particolare  la richiesta di autorizzazione a procedere
 formulata in data 12 gennaio 1993 nei  confronti  dell'on.  Benedetto
 Craxi detto Bettino;
    Vista  altresi'  la  nota  in  data  7 maggio 1993 con la quale il
 Presidente  della  Camera  dei  deputati  comunicava   la   decisione
 dell'assemblea sulla menzionata richiesta;
    Propone  conflitto  di  attribuzione con la Camera dei deputati in
 relazione alla deliberazione stessa, per i seguenti
                              M O T I V I
    1. - Premessa.
    Questa  autorita'  giudiziaria  procede   per   svariati   episodi
 qualificati  come  delitti  contro  la  pubblica amministrazione o in
 danno della stessa, violazioni della normativa sul finanziamento  dei
 partiti, ricettazione ed altro nei confronti di numerose persone.
    Nell'ambito  di  tale  procedimento e' stata inoltrata alla Camera
 dei deputati, il 12  gennaio  1993,  richiesta  di  autorizzazione  a
 procedere (allegato 1), successivamente integrata (allegati 2, 3 e 4)
 nei  confronti dell'on. Benedetto Craxi, gia' segretario politico del
 Partito Socialista Italiano, per vari episodi di ricezione di  denaro
 versato   da   imprenditori  in  relazione  ai  rapporti  da  costoro
 intrattenuti con la pubblica amministrazione.
    In essa i capi dal numero 1 al numero 20 sono relativi a fatti  di
 ricezione  di  somme  di denaro versato da varie imprese in relazione
 agli appalti per i lavori  della  metropolitana  milanese  e  per  il
 passante ferroviario di Milano.
    Come  segnalato nella richiesta di autorizzazione a procedere, per
 ogni fatto sono state  formulate  due  ipotesi  di  reato,  ossia  la
 corruzione  propria  e  la  violazione  della legge sul finanziamento
 pubblico dei partiti (cfr. richiesta di autorizzazione  a  procedere,
 pag. 83).
    I  capi  dal  numero  21  al  numero  35  sono relativi a fatti di
 ricezione di somme di denaro versate alla  segreteria  nazionale  del
 P.S.I.   in  relazione  ai  rapporti  intrattenuti  con  la  pubblica
 amministrazione dagli imprenditori eroganti (riferiti dagli eroganti,
 tranne il fatto di cui al capo 35 desunto dal versamento di denaro da
 parte del segretario nazionale amministrativo al segretario regionale
 attraverso le indicazioni fornite al momento della consegna).
    Anche in questi capi, per ogni  fatto  sono  state  formulate  due
 ipotesi  di  reato, ossia la corruzione propria e la violazione della
 legge sul finanziamento  pubblico  dei  partiti  (cfr.  richiesta  di
 autorizzazione a procedere pag. 83).
    I  capi  dal  numero  36  al  numero  41  sono relativi a fatti di
 ricezione di somme di denaro provenienti da reati contro la  pubblica
 amministrazione  o in danno della stessa, fatti in relazione ai quali
 sono state configurate le ipotesi di ricettazione e di  finanziamento
 illecito dei partiti.
    Con nota n. 1993.7.7 in data 7 maggio 1993 il procuratore generale
 della  Repubblica  presso la corte d'appello di Milano restituiva gli
 atti inviati alla Camera e trasmetteva copia della nota del 7  maggio
 1993  del Ministro di grazia e giustizia (allegato 5), informando che
 nella seduta  del  29  aprile  1993  la  Camera  dei  deputati  aveva
 deliberato:
      -  di non concedere l'autorizzazione a procedere in relazione ai
 capi d'imputazione di cui ai numeri 1), 3), 5),  7),  9),  11),  13),
 15), 17), 19), 35), 36), 37), 38), 39), 40), e 41);
      - di concedere l'autorizzazione a procedere in relazione ai capi
 di  cui  ai numeri 2), 4), 6), 8), 10), 12), 14), 16), 18), 20), 21),
 22), 23), 24), 25), 26), 27), 28), 29), 30), 31), 32), 33), 34) della
 domanda.
    Per quanto attiene i capi da 1 a  20,  l'autorizzazione  e'  stata
 dunque  concessa per ciascun fatto, limitatamente alla fattispecie di
 violazione della normativa sul finanziamento dei partiti,  mentre  e'
 stata negata per la fattispecie di corruzione relativa all'erogazione
 della stessa somma di denaro.
    La  Camera  ha  poi negato autorizzazione a procedere in relazione
 all'ulteriore fatto di corruzione ed agli altri  fatti  ciascuno  dei
 quali  ricondotto  alle  fattispecie  di ricettazione e di violazione
 della disciplina sul finanziamento dei partiti.
    Le  doglianze  di  questo  ufficio  attengono  alla  parte   della
 deliberazione dell'assemblea afferente i capi da 1 a 20, in relazione
 alla  diversa  determinazione adottata circa la doppia qualificazione
 penalmente illecita che questa procura aveva attribuito ai fatti.
    2. - Profili relativi alla legittimazione ad elevare conflitto.
    Ai sensi dell'art. 37 della legge n.  87/1953,  il  conflitto  tra
 poteri dello Stato e' risoluto dalla Corte costituzionale, se insorto
 tra  organi  competenti  a dichiarare definitivamente la volonta' del
 potere cui appartengono.
    Nel caso di specie, ci si duole della decisione della  Camera  dei
 deputati  sulla  richiesta di autorizzazione a procedere avanzata nei
 confronti dell'on. Craxi,  in  conseguenza  della  quale,  ad  avviso
 dell'organo    ricorrente,    viene   illegittimanente   condizionato
 l'esercizio dell'azione penale, obbligatoria ai sensi  dell'art.  112
 della  Costituzione,  e  come tale soggetta solo alla legge, salvo il
 controllo del giudice.
    Nel  vigente  ordinamento,  titolare  del  potere  -   dovere   di
 esercitare  l'azione  penale  e'  il  pubblico ministero, con l'unica
 eccezione, posta con legge costituzionale,  del  collegio  inquirente
 per i reati ministeriali.
    Ne  consegue che organo competente a dichiarare definitivamente la
 volonta' dello Stato in ordine all'esercizio  dell'azione  penale  e'
 l'ufficio  del  pubblico  ministero  procedente,  che, pertanto, deve
 ritenersi legittimato a proporre conflitto di attribuzione.
    Non ignora l'ufficio ricorrente che, in  piu'  occasioni,  codesta
 Corte  ha escluso la legittimazione del p.m. a sollevare conflitto di
 attribuzione (ordinanza n. 16/1979; sentenza n. 52/1976). Va tuttavia
 osservato che, nel caso in esame,  il  pubblico  ministero  agisce  a
 difesa  di  attribuzioni  che gli sono riconosciute in via diretta ed
 esclusiva dalla norma costituzionale (art. 112)  e  non  dalla  legge
 ordinaria.  Quando  dovesse escludersi la legittimazione del pubblico
 ministero, nessun altro  organo  dell'ordine  giudiziario,  ancorche'
 titolare  di funzioni giurisdizionali, sarebbe competente a sollevare
 conflitto di  attribuzione  in  relazione  all'esercizio  dell'azione
 penale.  Non il g.i.p., il quale, ove non condivida le determinazioni
 del p.m. in ordine  all'esercizio  dell'azione  penale  (rectius:  al
 mancato  esercizio),  puo'  disporre  la  redazione  coatta  del capo
 d'imputazione, che e' comunque atto proprio del  pubblico  ministero.
 Non  il  giudice  del  dibattimento,  la cui funzione giurisdizionale
 presuppone  l'esercizio  dell'azione  penale,   atto   genetico   del
 processo.
   Del  resto  la  legittimazione  del  publico  ministero a sollevare
 conflitto in ordine al diniego di autorizzazione a procedere,  lesivo
 delle  attribuzioni riservategli dall'art. 112 della Costituzione, si
 scioglie a contrario ove  si  consideri  l'ipotesi  in  cui  l'organo
 d'accusa,  malgrado il diniego dell'assemblea legislativa, proceda ad
 indagini  ed,  eventualmente,  eserciti  l'azione  penale.   Non   e'
 dubitabile  che, in siffatta ipotesi, l'assemblea sarebbe legittimata
 a  tutelare  le  proprie  prerogative  costituzionalmente   rilevanti
 attraverso  il  procedimento  previsto  dagli  artt. 37 e segg. della
 legge 11 marzo 1953, n. 87, gia' nei confronti dello stesso  pubblico
 ministero  procedente,  e  senza  dover  attendere  l'intervento  del
 giudice (si pensi ai casi di perquisizioni  personali  o  domiciliari
 disposte dal publico ministero).
    Cio' dimostra la legittimazione del pubblico ministero a sollevare
 conflitto in questa materia.
    3. - Profili relativi alla ammissibilita' del conflitto.
    Ai  sensi  dell'art.  68, secondo comma, della Costituzione, senza
 autorizzazione  della  camera  di  appartenenza  nessun  membro   del
 Parlamento puo' essere sottoposto a procedimento penale.
    Attraverso  la deliberazione richiamata in premessa, la Camera dei
 deputati  ha,  dunque,  esercitato  una  potesta'  costituzionalmente
 prevista.
    Ritiene tuttavia questo ufficio che l'esercizio di siffatto potere
 possa  essere  sindacato  dalla  Corte costituzionale, ai sensi degli
 artt. 37 e segg. della legge n. 87/1953, allorquando, mediante il suo
 uso non conforme ai principi della Costituzione, siano state lese  le
 attribuzioni di altri poteri dello Stato.
    Ed  invero, la ragion d'essere dell'art. 68 della Costituzione non
 e' quella di garantire una insindacabile area d'impunita'  ai  membri
 del  Parlamento,  che non possono ritenersi legibus soluti, ma quella
 di garantire la liberta' e l'autonomia delle Camere. Ne consegue  che
 il  potere  delle  Camere,  pure amplissimo, non e' arbitrario, ma e'
 obiettivamente limitato dalla funzione per cui e'  previsto  e  dalle
 attribuzioni  costituzionalmente  riservate  agli  altri poteri dello
 Stato.
    In tal senso  e'  significativo  il  precedente  costituito  dalla
 sentenza  n. 1150/1988 della Corte costituzionale, con la quale si e'
 riconosciuta   l'ammissibilita'   del   "conflitto   da   lesione   o
 menomazione" sollevato dalla corte d'appello di Roma in ordine ad una
 deliberazione  del  Senato  secondo  cui i fatti, per i quali pendeva
 giudizio  civile  presso  gli  uffici  giudiziari  di   Roma,   erano
 ricompresi   nella   prerogativa   della  insindacabilita',  prevista
 dall'art. 68, primo comma, della Costituzione. In tale circostanza la
 Corte, ammettendo conflitto di  attribuzioni  sollevato  dalla  corte
 d'appello di Roma, ha enunciato il seguente principio:
      "  ..  In  quanto  e'  attribuito  nei  limiti della fattispecie
 indicata nell'art. 68,  primo  comma,  e  solo  entro  questi  limiti
 legittimamente  esercitato,  il potere valutativo delle camere non e'
 arbitrario o  soggetto  soltanto  ad  una  regola  interna  di  self-
 restraint.   Nella  nostra  Costituzione,  che  riconosce  i  diritti
 inviolabili  dell'uomo  (tra  cui  il  diritto  all'onore   ed   alla
 reputazione)  come  valori  fondamentali dell'ordinamento giuridico e
 prevede un organo  giurisdizionale  di  garanzia  costituzionale,  il
 detto  potere  e'  soggetto ad un controllo di legittimita', operante
 con lo strumento del conflitto di attribuzione a  norma  degli  artt.
 134 della Costituzione e 37 e segg. della legge n. 87/1953, e percio'
 circoscritto  ai  vizi  che  incidono,  comprimendola, sulla sfera di
 attribuzioni della autorita' giudiziaria ..".
    In ordine agli altri requisiti di ammissibilita' del conflitto  va
 rilevato che:
      la  camera  dei  deputati,  nel momento del voto assembleare, e'
 certamente organo idoneo ad affermare definitivamente la volonta' del
 potere che rappresenta;
      il procuratore della Repubblica presso il tribunale ordinario di
 Milano e', secondo le  vigenti  disposizioni,  organo  competente  ad
 affermare  definitivamente,  in questa fase, la volonta' del pubblico
 ministero, nell'ambito del procedimento di cui si e' detto.
    4. - Profili di diritto.
    Ai sensi degli  artt.  101,  102,  104  della  Costituzione  della
 Repubblica, l'ordine giudiziario e' indipendente da ogni altro potere
 e  la  funzione  giurisdizionale  -  regolata  legislativamente  - e'
 esercitata da magistrati ordinari.
    Ai sensi dell'art. 112 della  Costituzione  della  Repubblica,  il
 pubblico   ministero,   che  dell'ordine  giudiziario  fa  parte,  ha
 l'obbligo   di   esercitare   l'azione   penale   -    nelle    forme
 legislativamente  previste  - al fine di sottoporre alla decisione di
 un giudice soggetto soltanto alla legge le sue  determinazioni  sulla
 fondatezza  delle notizie di reato che gli pervengono e sui risultati
 di  eventuali  indagini  da  lui  compiute.   Nel   vigente   modello
 processuale,  l'atto  di esercizio dell'azione penale si colloca alla
 fine delle indagini preliminari ed e' costituito  dalla  attribuzione
 specifica a taluno, nelle forme indicate dall'art. 405 del c.p.p., di
 un fatto storicamente determinato e giuridicamente qualificato.
    L'art.  68  della  Costituzione della Repubblica, nel prevedere la
 necessita' di autorizzazione per dar corso a procedimento penale  nei
 confronti  di  parlamentari, non individua esso stesso che cosa debba
 intendersi per "procedimento penale", sicche', sul piano tecnico,  il
 contenuto di tale disposizione va desunto dalla legislazione vigente,
 secondo  la  quale  il  procedimento  penale ha come atto genetico la
 notizia di reato, seguita, di regola, dalle indagini preliminari.
    Queste, dunque, si svolgono in relazione ad un  fatto  che  appare
 essere   penalmente   rilevante,   cui   sara'   data   una  compiuta
 qualificazione giuridica nel momento di esercizio dell'azione penale,
 attraverso la formulazione della imputazione, atto proprio del p.m.
    Ne  consegue  che,  nella   fase   delle   indagini   preliminari,
 autorizzare  l'autorita'  giudiziaria  a  sottoporre  un  membro  del
 Parlamento a procedimento penale significa  autorizzare  il  pubblico
 ministero  a svolgere le indagini necessarie in relazione ad un fatto
 per le conseguenti determinazioni in ordine all'esercizio dell'azione
 penale  e  con  la  qualificazione  giuridica necessaria ai soli fini
 dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato.
    In tale fase non vi e' spazio per un'imputazione in senso  tecnico
 (si  noti,  al  riguardo,  che  il termine "imputazione" compare solo
 nell'art. 405 del c.p.p., mentre prima si parla di fatto e  di  norme
 di  legge  che  si  assumono violate - cfr. art. 375, 343 e 111 delle
 disp. att. e 292 del c.p.p.).
    La Camera alla quale appartiene la persona sottoposta ad indagini,
 investita della richiesta di autorizzazione a procedere in  relazione
 ad un determinato fatto che appare essere penalmente rilevante (avuto
 riguardo   alla  qualificazione  giuridica  attribuita  dal  pubblico
 ministero richiedente) puo'  deliberare  di  concedere  o  di  negare
 l'autorizzazione.
    Per  contro  non  puo', ad avviso di questo ufficio, ingerirsi nei
 profili della ricostruzione del  fatto  o  della  sua  qualificazione
 giuridica,   attribuzioni   riservate   dalla  Costituzione  e  dalla
 legislazione vigente dalla autorita' giudiziaria  e,  nella  fase  di
 esercizio dell'azione penale, al pubblico ministero.
    5. - Profili di fatto.
    Nel  caso di specie, ogni singolo episodio di versamento di denaro
 all'on. Craxi, descritto in ciascuna notizia di reato pervenuta a sua
 carico, e'  idoneo,  ad  avviso  di  questo  ufficio,  a  legittimare
 indagini  (ne'  altro puo' pretendersi atteso il termine strettissimo
 che deve intercorrere  tra  l'iscrizione  del  nome  dell'indagato  e
 l'inoltro  della  richiesta  di  autorizzazione)  in relazione sia ad
 ipotesi di violazioni della normativa sul finanziamento  dei  partiti
 politici, sia ad ipotesi di reato contro la pubblica amministrazione,
 sicche'  e'  stato iscritto sotto il titolo degli artt. 7 della legge
 n. 195/1974 e 4 della legge n. 659/1981 e sotto il titolo  del  reato
 di cui all'art. 319 del c.p.
    Si   e'  in  presenza  di  un  caso  tipico  di  concorso  formale
 eterogeneo, riscontrandosi una condotta - la ricezione di denaro come
 corrispettivo di una pluralita' di atti amministrativi - che  integra
 violazioni di diverse norme incriminatrici.
    Pertanto  non  si  e' in presenza di diversi fatti, ma di un unico
 fatto, per ogni episodio  storico,  riconducibile  a  diverse  figure
 delittuose.
    La  inscindibilita' in concreto fra le due figure di reato (almeno
 nella fase delle indagini preliminari) peraltro si coglie agevolmente
 ove si consideri che la illiceita'  del  finanziamento  si  e'  fatta
 derivare  non  solo dal mancato rispetto delle forme di pubblicita' e
 di trasparenza previste dalla legge, ma anche dalla  circostanza  che
 trattavasi di finanziamenti comunque vietati dalla legge, per l'ovvia
 ragione che integravano gli estremi del reato di corruzione propria.
    Ne'  tale  assunto puo' essere revocato in dubbio obbiettando che,
 in relazione  alle  due  diverse  norme  incriminatrici,  sono  state
 redatte  distinte ipotesi d'imputazione, giacche' l'idendita' storica
 dei fatti contestati e' evidente (la ricezione del denaro e' elemento
 costitutivo del reato di corruzione e, nello stesso tempo,  fatto  di
 consumazione  del  reato  di illecito finanziamento) e la distinzione
 per capi e' frutto di una scelta  di  comodita'  espositiva,  dettata
 anche dalla circostanza che per alcuni episodi di ricezione di denaro
 puo' procedersi in ordine soltanto al reato di corruzione, poiche' il
 reato di finanziamento illecito e' coperto da amnistia.
    Del  resto  la sussistenza, in relazione alle condotte contestate,
 del concorso formale eterogeneo era nota alla  Camera  dei  deputati,
 se,  nel  suo intervento alla seduta della Camera del 29 aprile 1993,
 l'on. Pinza, relatore sulla richiesta di autorizzazione a  procedere,
 precisava:
      "  ..  Tale sistema di finanziamenti paralleli propone per altro
 problemi assai complessi per quanto concerne i reati di  ricettazione
 e corruzione (mi limito a questi perche' quello di concussione non e'
 contestato  nel  caso in esame). In particolare, la corruzione spesso
 costituisce il  fatto  reato  che  consente  l'acquisizione  in  modo
 illecito  di denaro, sicche' accade sovente che, come in questo caso,
 entrambi i  reati  siano  congiuntamente  contestati  .."  (resoconto
 seduta 29 aprile 1993, pag. 13).
    Nella   stessa   richiesta   di   autorizzazione  a  procedere  si
 evidenziava:
      " .. si segnala che per  ogni  fatto  sono  state  indicate  due
 imputazioni, quella relativa al reato di corruzione o di ricettazione
 e  quella  relativa  al  reato  di  violazione  della  disciplina sul
 finanziamento dei partiti politici insita nella stessa ricezione  del
 denaro .." (richiesta, pag. 83).
    Va  altresi'  rilevato,  sul  piano procedurale, che la Camera dei
 deputati non ha votato distintamente su ogni capo  d'imputazione,  ma
 per   blocchi   di   contestazioni,  individuati  in  relazione  alla
 qualificazione giuridica del fatto.
    Tale modalita' di voto e' indice sintomatico  dello  sconfinamento
 di attribuzioni posto in essere dalla Camera.
    Attraverso  tale  procedura infatti l'assemblea non ha potuto, ne'
 poteva,  apprezzare  la  corrispondenza  tra  singoli  fatti   e   la
 qualificazione   giuridica   attribuita   nelle  richieste,  ma  solo
 esprimere interpretazioni di  ordine  generale  in  tema  di  diritto
 penale sulla applicazione della legge.
    Tale   attivita'   puo'  essere  svolta  mediante  interpretazione
 autentica, attribuzione del legislatore nel suo complesso e solo  con
 le forme di un atto avente forza di legge, e non da parte di una sola
 delle  assemblee  legislative,  con un atto quale la deliberazione su
 richiesta di autorizzazione a procedere.
    Inoltre un'autorizzazione a procedere parziale, ossia  limitata  a
 determinate  qualificazioni  giuridiche  del fatto, si traduce, nella
 sostanza, in una autorizzazione a procedere "condizionata", nel senso
 che si subordina,  di  fatto,  l'esercizio  dell'azione  penale  alla
 possibilita'  di  ravvisare,  in  relazione  ad un fatto, solo talune
 ipotesi  di  reato.  E  non  sembra  che  l'atto  di  autorizzazione,
 irrevocabile, possa essere soggetto a termini od a condizioni.
    6. - Conclusioni.
    La  Camera  dei  deputati autorizzando, quanto ciascuna notizia di
 reato e fattispecie, in  relazione  ai  capi  1/20,  il  procedimento
 soltanto  per  taluno  dei  titoli  di reato ipotizzati ha sconfinato
 dalle sue attribuzioni, invadendo quelle della autorita' giudiziaria,
 sola competente a ricostruire  i  fatti  ed  a  qualificarli  secondo
 diritto.
    Pertanto,  deve  essere  richiesto  alla  Corte  costituzionale di
 dichiarare che spetta alla  autorita'  giudiziaria,  ed  al  pubblico
 ministero  in sede di indagini preliminari e di esercizio dell'azione
 penale, ricostruire il fatto e deciderne la qualificazione giuridica,
 mentre  alla assemblea legislativa di appartenenza spetta concedere o
 negare l'autorizzazione a procedere in relazione a tale ricostruzione
 ed a tale qualificazione giuridica, senza possibilita' di modificarle
 ovvero di apporre condizione o termine alla concessa autorizzazione.
    Conseguentemente,  del  parziale  diniego  di   autorizzazione   a
 procedere, di cui alla seduta in data 29 aprile 1993 della Camera dei
 deputati,  va  richiesto l'annullamento con rinvio allo stesso organo
 per una nuova deliberazione.
    Si osserva  infine,  sotto  il  profilo  processuale,  che  questo
 ufficio deve ritenersi legittimato a stare direttamente in giudizio a
 mezzo  dei  magistrati  che  ne  hanno la rappresentanza sia ai sensi
 dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, e dell'art. 26  D.C.C.
 16   marzo   1956,   sia   in   applicazione  dei  principi  generali
 dell'ordinamento giudiziario, per  i  quali  il  pubblico  ministero,
 quando  e'  titolare della legittimazione sostanziale, lo e' anche di
 quella processuale, come dello ius postulandi.
                               P. Q. M.
    Visti gli artt. 68, 101, 102, 104, 112  della  Costituzione  della
 Repubblica,  37  della legge 11 marzo 1953, n. 87, 26 D.C.C. 16 marzo
 1956;
    Chiede  che  la  Corte  costituzionale,  accogliendo  il  presente
 ricorso, voglia:
      dichiarare  che  spettano al pubblico ministero la ricostruzione
 dei fatti e le qualificazioni giuridiche degli stessi con conseguente
 formulazione delle richieste di  autorizzazione  a  procedere  per  i
 reati in relazione ai quali ritiene di dover procedere;
      che  spetta  a  ciascuna delle assemblee legislative concedere o
 negare l'autorizzazione senza poter modificare la  ricostruzione  dei
 fatti   e  le  qualificazioni  giuridiche  prospettate  dal  pubblico
 ministero;
      anullare i dinieghi di autorizzazione a procedere  di  cui  alla
 seduta del Senato della Repubblica del 18 marzo 1993, con conseguente
 rinvio allo stesso organo per una nuova deliberazione.
               Il procuratore della Repubblica: BORRELLI

 93C0754