N. 318 SENTENZA 5 - 15 luglio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Lavoro  - Aziende di pubblici servizi di trasporto - Prepensionamento
 obbligatorio dei dipendenti dichiarati (prima  del  20  giugno  1986)
 inidonei  alle  mansioni  proprie  della  loro  qualifica  - Ritenuta
 applicabilita' anche nei confronti di quei dipendenti che, pur avendo
 riacquistato la idoneita', non sono stati dall'azienda riadibiti alle
 loro proprie mansioni  -  Ingiustificata  disparita'  di  trattamento
 rispetto  ai  lavoratori  gia'  dichiarati  inidonei, ma poi di fatto
 adibiti  a  mansioni   superiori,   ai   quali   la   normativa   sul
 prepensionamento  non  si  applica - Esclusione - Questione sollevata
 sulla base di errata interpretazione - Non fondatezza  nei  sensi  di
 cui in motivazione.
 
 (Legge 12 luglio 1988, n. 270, art. 3).
 
 (Cost., art. 3).
(GU n.30 del 21-7-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO, avv. Mauro FERRI, prof.
    Luigi MENGONI, prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Francesco   GUIZZI,   prof.   Cesare   MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3  della  legge
 12 luglio 1988, n. 270 (Attuazione del contratto collettivo nazionale
 di lavoro del personale autoferrotranviario ed internavigatore per il
 triennio 1985-1987, agevolazioni dell'esodo del personale inidoneo ed
 altre  misure),  promosso con ordinanza emessa il 18 gennaio 1993 dal
 Pretore di Modena, nel procedimento civile vertente tra Masetti Mauro
 e l'Azienda Trasporti Consorziali di Modena, iscritta al n.  117  del
 registro  ordinanze  1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della
 Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visti gli atti di costituzione di  Masetti  Mauro  e  dell'Azienda
 Trasporti Consorziali di Modena;
    Udito nell'udienza pubblica del 22 giugno 1993 il Giudice relatore
 Ugo Spagnoli;
    Uditi  l'avv.  Roberto  Muggia  per  Masetti  Mauro e l'avv. Mario
 Ghezzi per l'Azienda Trasporti Consorziali di Modena;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Con ordinanza del 18 gennaio 1993 (r.o. n. 117 del 1993),  il
 Pretore  di  Modena ha sollevato, in riferimento all'articolo 3 della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'articolo
 3  della  legge  12  luglio  1988  n.  270, che consente alle aziende
 esercenti   pubblici   servizi   di   trasporto   di   disporre    il
 prepensionamento    obbligatorio,    secondo   programmi   di   esodo
 quinquennali, dei lavoratori che entro il 20 giugno 1986 siano  stati
 dichiarati inidonei rispetto alle mansioni proprie della qualifica di
 provenienza  e  che  abbiano  maturato - o maturino nel quinquennio -
 almeno  quindici  anni  di  effettiva  contribuzione  al   Fondo   di
 previdenza  del  personale  addetto ai pubblici servizi di trasporto.
 Dall'ambito di applicazione di tale norma sono peraltro esclusi  -  a
 seguito  della  pronunzia  di  parziale illegittimita' costituzionale
 resa dalla Corte con sentenza n.  60  del  1991  -  coloro  che,  pur
 essendo  stati  dichiarati  inidonei  rispetto  alle mansioni proprie
 della qualifica di  provenienza,  abbiano  successivamente  svolto  e
 svolgano mansioni ad esse equivalenti o superiori. Secondo il giudice
 a  quo,  non sussistono ragionevoli giustificazioni per differenziare
 la situazione di costoro rispetto a quella di  coloro  che,  pur  non
 essendo  stati  adibiti a mansioni equivalenti o superiori, sarebbero
 stati in grado di espletarle per aver riacquistato  la  capacita'  di
 lavoro prima perduta.
    Nella  fattispecie  esaminata  dal  giudice a quo, il lavoratore -
 dichiarato prima del 20 giugno 1986 inidoneo  alle  mansioni  proprie
 della qualifica di provenienza ed adibito quindi a mansioni inferiori
 -  era  stato  inserito nel programma quinquennale di esodo, ma aveva
 poi riacquistato l'idoneita' alle mansioni originarie  e  cio'  prima
 della data prevista per la risoluzione del rapporto. Tale fattispecie
 -  si  osserva  nell'ordinanza  di  rimessione - non e' riconducibile
 all'ipotesi che la sentenza n. 60 del 1991 aveva escluso  dall'ambito
 di operativita' del censurato articolo 3 della legge n. 270 del 1988;
 ma  -  si  sostiene  -  non  vi  e'  alcuna  apprezzabile ragione per
 differenziare, agli effetti dell'esodo coattivo,  chi  sia  stato  in
 concreto  riqualificato (e tale riqualificazione puo' essere avvenuta
 anche  dopo  il  20  giugno  1986  nonche'  dopo  l'inserimento   del
 lavoratore  nel  piano  quinquennale di esodo) rispetto a chi non sia
 stato destinato ad esercitare  mansioni  superiori  o  equivalenti  a
 quelle  proprie  della  qualifica  di provenienza, ma sia in grado di
 esercitarle in ragione della riacquistata capacita' di lavoro.
    2. - Nel giudizio davanti a questa Corte  entrambe  le  parti  del
 giudizio  a  quo si sono costituite ed hanno anche depositato memorie
 difensive aggiuntive.
    Il ricorrente ha illustrato  le  ragioni  della  propria  adesione
 all'eccezione  sollevata  dal  Pretore di Modena ed in particolare ha
 ricordato  i  principi  enunciati  dalla  Corte,  nella  piu'   volte
 menzionata  sentenza n. 60 del 1991. In definitiva, secondo la difesa
 del ricorrente,  la  questione  di  costituzionalita'  sottoposta  al
 vaglio  della Corte si riduce al quesito se sia razionale e legittimo
 che venga posto in esodo per  invalidita'  un  lavoratore  che  prima
 della risoluzione del rapporto abbia pienamente recuperato la propria
 condizione  fisica  e  sia  quindi  divenuto  pienamente  idoneo alle
 mansioni di provenienza.
    L'Azienda dei trasporti consorziali di Modena  ha  invece  chiesto
 che  la  questione  fosse dichiarata non fondata. La situazione degli
 inidonei  riqualificati  e  quella  degli  ex  inidonei  che  abbiano
 riacquistato l'idoneita' ma non siano stati riqualificati - assume la
 difesa dell'Azienda - non sono assimilabili. In tale seconda ipotesi,
 infatti,    non   necessariamente   sussiste   la   possibilita'   di
 riassegnazione alle mansioni originarie, ne' il piano quinquennale  -
 in  rapporto  al  quale  si  procede a nuove assunzioni - puo' essere
 continuamente rivisto alla  luce  dell'evolvere  della  capacita'  di
 lavoro  degli esodati, con conseguente ingestibilita' operativa delle
 aziende. La sentenza n. 60 del 1991 aveva valorizzato non  l'astratto
 recupero  di  idoneita',  bensi' il concreto reinserimento nella vita
 dell'azienda con l'effettivo svolgimento di  mansioni  corrispondenti
 al  trattamento economico percepito. Non vi e' quindi eadem ratio tra
 le due situazioni, poiche' soltanto l'attuale effettiva utilizzazione
 in  mansioni  di  pari  o  superiore  livello  contribuisce  a   quel
 riequilibrio  organizzativo  che  rappresenta l'obiettivo della norma
 denunziata.
    3. - Non vi e' stato intervento del Presidente del  Consiglio  dei
 Ministri.
                        Considerato in diritto
    1. - L'articolo 3 della legge 12 luglio 1988 n. 270 stabilisce che
 le  aziende esercenti pubblici servizi di trasporto possono collocare
 anticipatamente a riposo - in base ad un  programma  quinquennale  di
 esodo,  articolato  secondo l'anzianita' dei dipendenti interessati e
 secondo un'omogenea ripartizione  annuale  dei  relativi  oneri  -  i
 lavoratori  iscritti al Fondo di previdenza, che, prima del 20 giugno
 1986, siano stati dichiarati inidonei rispetto alle mansioni  proprie
 della  qualifica di provenienza e che abbiano maturato o maturino nel
 quinquennio almeno quindici anni di effettiva contribuzione al  Fondo
 suddetto. Ai dipendenti cosi' collocati a riposo viene attribuita una
 pensione  anticipata,  commisurata  all'anzianita'  contributiva gia'
 maturata,  aumentata  del  periodo  mancante  al  raggiungimento  dei
 trentasei   anni   di  contribuzione  ovvero  al  raggiungimento  del
 sessantesimo  anno  di  eta'.  La  contribuzione  relativa   a   tale
 anzianita' convenzionale - che non puo' essere superiore a dieci anni
 -  e'  posta  a  carico  dell'azienda  e  del  lavoratore, secondo le
 rispettive quote di pertinenza.
    Con  sentenza  n.  60  del  1991,  questa  Corte   ha   dichiarato
 l'illegittimita'  costituzionale  di  tale  norma, nella parte in cui
 essa si applicava anche a coloro che, pur essendo  stati  dichiarati,
 prima del 20 giugno 1986, non idonei alle mansioni proprie della loro
 qualifica,  avessero  poi  svolto  e svolgessero mansioni diverse, ma
 equivalenti o superiori rispetto a quelle per le  quali  erano  stati
 dichiarati inidonei.
    Il  Pretore  di  Modena,  con  l'ordinanza  indicata  in epigrafe,
 ritiene che il principio di uguaglianza di cui all'articolo  3  della
 Costituzione  imponga  di  estendere l'esclusione dall'applicabilita'
 del prepensionamento coattivo in esame anche a coloro che, dichiarati
 inidonei, prima del 20 giugno 1986, alle mansioni proprie della  loro
 qualifica   e   quindi   adibiti   a   mansioni   inferiori,  abbiano
 successivamente riacquistato - pur dopo l'inserimento  nel  programma
 quinquennale  di esodo, ma prima della risoluzione del rapporto - una
 piena   idoneita'   allo   svolgimento   dell'attivita'    lavorativa
 originaria,  pur  non essendo stati riadibiti alle relative mansioni.
 Di qui la richiesta di un intervento correttivo di questa Corte.
    2. - Il giudice a quo  ritiene  quindi  che  per  l'applicabilita'
 della  norma  impugnata  non  sia  necessaria  la  sussistenza di una
 condizione di attuale inidoneita'  allo  svolgimento  delle  mansioni
 proprie  della  qualifica, ma sia sufficiente che tale inidoneita' vi
 sia stata e sia stata dichiarata prima del 20 giugno 1986.
    Tale  interpretazione  non  puo'  essere  condivisa  e  va  quindi
 dichiarata  non  fondata  la questione di legittimita' costituzionale
 che ha in essa il suo presupposto.
    L'ambito soggettivo di applicazione dell'articolo 3 della legge n.
 270 del 1988, come indicato dalla rubrica della  disposizione  e  dal
 titolo  della  legge,  e' rappresentato dagli inidonei (alle mansioni
 proprie della loro qualifica) ed  il  riferimento  al  fatto  che  la
 dichiarazione  di inidoneita' sia intervenuta in un momento anteriore
 al 20 giugno 1986 costituisce una  delimitazione  ulteriore  di  tale
 campo  di  applicazione: la norma riguarda cioe' gli inidonei, ma non
 tutti costoro, bensi' solo coloro che  siano  stati  dichiarati  tali
 prima  della  data  suddetta. Coloro che sono inidonei, ma sono stati
 dichiarati tali successivamente a tale  data  sono  soggetti  ad  una
 diversa  disciplina:  quella  menzionata  al  n. 6 della lettera a) e
 descritta  alla  lettera  b) dell'accordo 3 luglio 1986, che prevede,
 ove vi sia disponibilita'  di  posti,  il  collocamento  in  un'altra
 qualifica  professionale  e, solo per i piu' anziani, il mantenimento
 dell'eventuale  differenza  retributiva  come  assegno  ad   personam
 progressivamente   riassorbibile   (tale  accordo,  a  seguito  della
 "delegificazione" disposta dall'articolo 1, comma 2, della  legge  n.
 270   del   1988,   costituisce   fonte  normativa  prevalente  sulle
 disposizioni contenute nel Regolamento allegato A al regio decreto  8
 gennaio  1931  n. 148 e sulle successive norme di legge modificative,
 sostitutive o aggiuntive a tale  regolamento).  Il  riferimento  alla
 data  del  20  giugno  1986  rappresenta  quindi  il  discrimine  per
 l'applicazione  di  due  diverse  discipline,  riguardanti  entrambe,
 peraltro, gli inidonei e non coloro che sono stati tali in passato.
    Il  caso  di  coloro  che, in un qualsiasi momento anteriore al 20
 giugno 1986, siano stati dichiarati inidonei  alle  mansioni  proprie
 della  loro  qualifica,  ma che, in un qualsiasi momento, anteriore o
 posteriore a tale data, per intervenuta guarigione  o  miglioramento,
 abbiano riacquistato il pieno possesso dei requisiti necessari per lo
 svolgimento  di  tali mansioni, non e' quindi regolato dalla norma in
 esame. Per costoro, il recupero della specifica capacita' lavorativa,
 determina  il  potere  dell'azienda  di  destinarli  nuovamente  alle
 mansioni  proprie della loro qualifica, della quale avevano mantenuto
 il  trattamento  economico,  pur  svolgendo  mansioni  inferiori.  Se
 l'azienda  esercita  tale potere, destinando nuovamente il lavoratore
 alle mansioni originarie, l'inapplicabilita'  della  norma  in  esame
 appare  ovvia,  nonostante  il  silenzio  di essa su tale ipotesi. Ma
 anche se, per fatto dell'azienda, tale assegnazione non vi sia stata,
 la norma impugnata e' ugualmente inapplicabile.
   Tale interpretazione trova una prima  ed  importante  conferma  nel
 testo dell'accordo gia' menzionato, al quale la legge n. 270 del 1988
 ha  espressamente  inteso  dare  attuazione.  Trattandosi di una c.d.
 "legge   contrattata",   l'interprete   puo'   certamente    ricavare
 dall'accordo che essa recepisce indicazioni decisive per una corretta
 lettura  delle  sue  disposizioni,  ove  non  vi  siano  elementi per
 ritenere  che  il  legislatore   abbia   inteso   discostarsi   dalla
 pattuizione,  ne'  vi  siano  elementi  che,  in ragione delle regole
 generali sull'interpretazione della legge,  impongano  di  dare  alla
 disposizione  un altro significato. Orbene, alla lettera a), punto 3,
 del  citato  accordo,   la   disciplina   in   esame   (relativa   al
 prepensionamento  coattivo)  e'  riferita  ai "lavoratori considerati
 inidonei alla stregua del precedente punto 1 e dichiarati tali  entro
 il  20 giugno 1986", dove e' chiaro il riferimento congiuntivo ai due
 elementi:  l'inidoneita',  intesa  come  condizione  attuale,  ed  il
 risalire di essa ad una dichiarazione precedente alla data indicata.
    Alla  medesima  soluzione  interpretativa  conduce  del  resto  la
 considerazione della ratio della norma in esame.
    Come questa Corte ha rilevato nella citata sentenza n. 60 del 1991
 l'accordo collettivo e la legge di ricezione avevano  inteso  ovviare
 agli inconvenienti che si erano determinati in conseguenza di diffuse
 prassi  applicative dell'articolo 27 del regolamento del 1931, per le
 quali numerosi lavoratori, in gran parte addetti  al  c.d.  movimento
 (autisti,   conduttori   ecc.),   divenuti   inidonei,  non  soltanto
 conservavano il posto di  lavoro  e  la  retribuzione  raggiunta,  ma
 mantenevano,  pur essendo impiegati in semplici mansioni ausiliarie o
 di  attesa,  la dinamica salariale e le competenze accessorie proprie
 della qualifica di provenienza, con gravi disfunzioni, non solo nella
 gestione degli organici aziendali,  ma  anche  dello  stesso  sistema
 previdenziale.
    Per  effetto di queste prassi, infatti, si era venuto determinando
 non solo un accrescimento dei costi ed un eccessivo  affollamento  di
 personale  addetto  alle  suddette mansioni ausiliarie o comunque non
 direttamente produttive, ma  anche  un  depauperamento  di  personale
 nelle  qualifiche  del  settore  movimento.  E  tale  depauperamento,
 direttamente incidente sulla funzionalita' del servizio pubblico, non
 poteva essere ovviato, soprattutto a causa dei divieti e  dei  limiti
 alle nuove assunzioni previsti dalla normativa vigente.
    E'  del  tutto  evidente  che  il  caso del dipendente, dichiarato
 inidoneo  prima  del  20  giugno  1986,  che  abbia   successivamente
 recuperato  la propria capacita' lavorativa, esula dalla situazione e
 dai problemi che il legislatore aveva inteso affrontare.
    L'azienda puo' infatti destinare nuovamente tale  lavoratore  alle
 mansioni  proprie della sua qualifica ed evitare cosi' sia i problemi
 di costo derivanti da un trattamento retributivo  non  corrispondente
 alle  mansioni  svolte,  sia  i  problemi  di carattere organizzativo
 collegati alle carenze  di  organico  nelle  qualifiche  operative  e
 all'artificioso  sovradimensionamento  degli organici nelle posizioni
 di lavoro meno gravose.
    Del resto, nella stessa sentenza n. 60 del 1991, questa  Corte  ha
 affermato  che  "occorre  comunque  sottolineare  che il ricorso alla
 forma esclusivamente obbligatoria del prepensionamento richiede,  per
 poter   incidere   legittimamente   su  interessi  costituzionalmente
 rilevanti e non apparire discriminatorio ed arbitrario, che la misura
 si prospetti  come  obiettivamente  non  sostituibile  con  soluzioni
 fondate  sul  consenso  dei  singoli interessati e sia determinata da
 situazioni tali da  renderla  indispensabile.  Tale  non  e',  per  i
 rilievi gia' svolti, la situazione in esame, sicche' le ora riportate
 indicazioni  di  questa  Corte  costituiscono un ulteriore elemento a
 conferma  dell'interpretazione   qui   illustrata,   essendo   canone
 fondamentale  e  prioritario quello che, a fronte di piu' significati
 possibili di una disposizione, impone di privilegiare quello che  non
 collide con i principi costituzionali.
    Il  testo  della  norma,  cosi' interpretato, non consente di dare
 rilievo alla circostanza che il recupero dell'idoneita' specifica sia
 avvenuto e  sia  stato  accertato  prima  o  dopo  l'inserimento  del
 lavoratore  nel  piano  quinquennale di esodo. In assenza di elementi
 normativi che inducano ad  una  soluzione  diversa,  vale  la  regola
 generale,  secondo  cui  le  condizioni  di  legittimita' del recesso
 debbono sussistere al momento in cui esso e'  disposto:  ne  consegue
 che  e' sufficiente, perche' il lavoratore sia escluso dall'ambito di
 applicazione  della  norma  impugnata,  che  il  recupero  della  sua
 idoneita'  sia  stato  accertato prima della risoluzione del rapporto
 (cosi' come, del resto, e' sufficiente,  al  medesimo  fine,  che  il
 lavoratore, prima della risoluzione del rapporto, sia stato assegnato
 alle  mansioni  proprie  della  qualifica  ovvero  a mansioni ad esse
 equivalenti o superiori). Ne' possono  venire  in  considerazione  le
 pretese   disfunzioni  amministrative  che  si  collegherebbero  alla
 cancellazione dal piano di esodo di un lavoratore che  vi  sia  stato
 legittimamente  inserito,  ne'  le possibili difficolta' derivanti da
 una  eventuale  - ma necessariamente temporanea - indisponibilita' di
 posti  vacanti  nella  qualifica  per  la  quale  il  lavoratore   ha
 recuperato l'attitudine. Si tratta di profili non solo eterogenei, ma
 certamente  di  rilievo  molto  inferiore  rispetto  alle esigenze di
 funzionalita' alle quali il legislatore ha ispirato la disciplina  in
 esame  e  quindi  tali  da  non poter comunque prevalere su interessi
 costituzionalmente rilevanti, quali la garanzia del diritto al lavoro
 di cui all'articolo 4 della Costituzione, inteso come diritto  a  non
 essere   estromesso  dal  lavoro  ingiustamente  o  irragionevolmente
 (sentenze nn. 60 del 1991 e 331 del 1988).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione
 di legittimita' costituzionale dell'articolo 3 della legge 12  luglio
 1988  n. 270 (Attuazione del contratto collettivo nazionale di lavoro
 del personale autoferrotranviario ed internavigatore per il  triennio
 1985-1987,  agevolazioni  dell'esodo  del personale inidoneo ed altre
 misure) sollevata dal Pretore di Modena con l'ordinanza  indicata  in
 epigrafe, in riferimento all'articolo 3 della Costituzione.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 5 luglio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: SPAGNOLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 15 luglio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0794