N. 438 ORDINANZA (Atto di promovimento) 11 maggio 1993

                                N. 438
 Ordinanza  emessa  l'11  maggio  1993  dal  pretore  di  Salerno  nel
 procedimento  civile  vertente  tra Farina Giuseppe ed il prefetto di
 Salerno
 Circolazione  stradale - Infrazioni alle norme del nuovo codice della
 strada - Inosservanza dell'obbligo di usare il  casco  -  Imposizione
 dell'obbligo  ai  maggiorenni  conducenti  di motoveicoli (oltre i 50
 c.c.) nel ciclo urbano, ma non ai maggiorenni conducenti  ciclomotori
 (fino  a  50  c.c.)  nel  ciclo  stesso - Irragionevole previsione di
 disciplina differenziata a parita' di rischio in considerazione della
 vigenza, per entrambi, del limite di velocita' di 50 Km/h - Ingerenza
 del  potere  statale  sulla  sfera  individuale  del  cittadino   con
 incidenza  sulla libera autodeterminazione in ordine alla propria sa-
 lute.
 (Legge 11 gennaio 1986, n. 3, artt. 1, 2 e 3; d.P.R. 30 aprile  1992,
 n. 285, art. 171, primo comma, lettere a) e b)).
 (Cost., artt. 3, 13, primo comma, 16, primo comma, e 32).
(GU n.35 del 25-8-1993 )
                              IL PRETORE
    Ha pronunziato la seguente ordinanza nella causa civile n. 3051-92
 del  ruolo generale promossa da Giuseppe Farina contro il prefetto di
 Salerno ai sensi dell'art. 22 della legge 24 novembre 1981, n. 689.
                               IN FATTO
    Giuseppe Farina proponeva tempestiva opposizione avverso ordinanza
 ingiunzione n. 8591-91 dell'8 settembre 1992 con la quale il prefetto
 di Salerno gli aveva  ingiunto  il  pagamento  della  somma  di  lire
 705.600  oltre  alle  spese,  per aver violato la disposizione di cui
 all'art. 1 della legge 11 gennaio 1986, n. 3.
    Nei    motivi    dell'opposizione    il    ricorrente     eccepiva
 l'illegittimita' costituzionale della norma impositiva dell'obbligo a
 carico   dei   conducenti   di  motoveicoli  di  indossare  il  casco
 protettivo.
    Il pretore fissava l'udienza di  comparizione  delle  parti  e  la
 prefettura  depositava  gli  atti  relativi  all'accertamento ed alla
 contestazione  dell'infrazione,  indi,  all'esito  della  discussione
 orale, il pretore adottava la presente ordinanza.
                              IN DIRITTO
    Ritiene  questo  pretore  che  la questione di incostituzionalita'
 della citata normativa, sollevata sotto molteplici profili,  non  sia
 manifestamente infondata e sia indubbiamente rilevante.
    1.  -  Il  ricorrente  ha  tra  gli altri dedotto, quale motivo di
 illegittimita'  costituzionale  della  normativa  in  questione,   la
 manifesta  irragionevolezza  del severo regime sanzionatorio previsto
 dall'art. 3 della legge 11 gennaio 1986, n. 3,  per  l'inottemperanza
 all'obbligo  di  usare  il  casco  in  relazione  a  distinte ipotesi
 disciplinate dal Codice della  Strada  nel  testo  vigente  all'epoca
 della  commessa  infrazione,  che  sanzionavano  con  minor severita'
 comportamenti ponenti in pericolo beni la cui tutela assume carattere
 preminente nella scala dei valori indicata dalla stessa Costituzione.
    Detto  rilievo  fu  gia'  evidenziato  nel  corso  del   dibattito
 parlamentare   precedente   l'emanazione   della  discussa  normativa
 dall'on. Pierluigi Onorato, il quale si domandava "se non siano forse
 eccessive le sanzioni amministrative previste  dal  testo  unificato,
 anche  perche' le eventuali lesioni colpose sono a proprio danno" (in
 atti Camera, IX legisl,  parere  IV  commissione,  seduta  23  maggio
 1984). Invero il citato art. 3 della legge n. 3/1986 dispone che, nel
 caso  di violazione dell'obbligo di indossare il casco, ove si tratti
 di motoveicoli, la sanzione amminsitrativa ammonta da L. 100.000 a L.
 500.000, sanzione che viene comminata per un comportamento  posto  in
 essere  da un soggetto che, non indossando il casco, pone in pericolo
 esclusivamente la propria salute, nei cui confronti la  collettivita'
 vanta  solo  un  mero  "interesse" (cfr. art. 32 della Costituzione).
 L'art.  102  del  d.P.R.  15  giugno  1959,  n.  393,  e   successive
 modificazioni (vecchio Codice della strada), puniva invece con la ben
 piu' modesta sanzione amministrativa del pagamento di una somma da L.
 25.000  a  L.  100.000  e,  nei  casi  piu'  gravi, da L. 30.000 a L.
 250.000, colui il quale manteneva durante la guida una velocita' tale
 da porre in  pericolo  l'altrui  incolumita',  che  e'  "fondamentale
 diritto dell'individuo" (cfr. art. 32 della Costituzione). Cosi' pure
 era  punito con sanzioni tutto sommato assai piu' modeste, rispetto a
 quelle previste per l'inottemperanza all'uso del casco  obbligatorio,
 colui  il  quale  violava,  mettendo  a  repentaglio la vita di terze
 persone, le disposizioni in materia di  sorpasso  (art.  106:  da  L.
 20.000 a L. 50.000 e, nelle ipotesi piu' gravi - es. sorpasso tra TIR
 - da L. 100.000 a L. 250.000).
    Analogamente,  non  poteva  non  apparire di immediata evidenza la
 palese sproporzione esistente  tra  il  severo  regime  sanzionatorio
 imposto  dalla  legge  n.  3/1986  per  i trasgressori all'obbligo di
 indossare il casco e quello assai piu' mite disciplinato dalla  legge
 n.  143/1989 per coloro i quali non indossano le cinture di sicurezza
 (da L. 60.000 a L. 100.000, ridotte alla meta' se  la  violazione  e'
 commessa  in centro abitato). A tale palese disparita' di trattamento
 ha tardivamente posto rimedio il legislatore, che, con gli artt. 171,
 secondo comma, e 172, ottavo comma, del d.P.R. 30 aprile 1992, n. 285
 (Nuovo codice della strada),  ha  uniformato  i  regimi  sanzionatori
 previsti per i contravventori all'obbligo di indossare il casco e per
 i  contravventori  all'obbligo  di indossare le cinture di sicurezza,
 attenuano  il  rigore   delle   sanzioni   previste   per   i   primi
 (implicitamente  ritenute  troppo gravose) ed aumentandone il peso di
 quelle  previste  per  i  secondi  (implicitamente  ritenute   troppo
 blande),  in tal modo riconoscendo implicitamente la fondatezza delle
 obiezioni avanzate nei confronti  dell'eccessivo  rigore  del  regime
 sanzionatorio in precedenza previsto per i controvventori all'obbligo
 di indossare il casco.
    Gli  artt.  1  e  3  della  legge  11  gennaio  1986,  n. 3, ed in
 particolare  il  regime  sanzionatorio  da  dette  norme  introdotto,
 sembrano  pertanto  contrastare  -  nel  senso  sopra enunciato - con
 l'art. 3 della Costituzione e con la scala di valori  espressa  dalla
 stessa  Carta  costituzionale  ed  in  particolare dall'art. 32 della
 Costituzione, sperequazione che assume contorni tali da non  riuscire
 sorretta da ogni, benche' minima ragionevolezza.
    2.  -  Il ricorrente deduce ancora l'illegittimita' costituzionale
 della citata normativa rilevando  il  diverso  trattamento  riservato
 dalla legge ai maggiorenni canducenti di motoveicoli nel ciclo urbano
 ed ai maggiorenni conducenti di ciclomotori.
    Invero  l'art.  1  della  legge  11  gennaio  1986 - giustamente -
 esonera dall'obbligo di indossare  il  casco  protettivo  durante  la
 circolazione  i  maggiorenni  alla  guida  di ciclomotori, in ragione
 delle limitate prestazioni di detti veicoli e  delle  caratteristiche
 strutturali   di   pericolo  ridotto  degli  stessi  (cfr.  relazione
 Signorile, Min. trasporti, in atti Camera, IX  legisl.,  stampato  n.
 1286),  mentre  impone  agli stessi maggiorenni l'uso del casco anche
 all'interno dei centri abitati, ove vigono  limiti  di  velocita'  di
 poco  superiori (50 kmh., v. art.142, primo comma, Nuovo codice della
 strada) a quello imposto per legge ai ciclomotori (40 kmh.,  v.  art.
 142, terzo comma, Nuovo codice della strada).
    Il  diverso  trattamento  riservato  dalla  legge  ai  maggiorenni
 conducenti  di  motoveicoli  nel  ciclo  urbano  ed  ai   maggiorenni
 conducenti  di  ciclomotori, appare ingiustificato e discriminatorio,
 considerato che, se e' vero che ai secondi le  condizioni  del  mezzo
 non  permettono di superare il limite di velocita' di 40 kmh., e' pur
 vero che chi viaggia in citta' alla guida di un motociclo rispettando
 - come dovrebbe essere di regola -  i  limiti  di  velocita'  imposti
 (spesso  persino  inferiori  a  quello  di  50  kmh.), si trova nelle
 medesime condizioni ma viene comunque ad essere  assoggettato  ad  un
 obbligo,  quello  di indossare il casco protettivo, che, a parita' di
 condizioni,  la  legge  non  impone  ai  maggiorenni  conducenti   di
 ciclomotori.  Tutto  cio'  non  puo'  non  apparire disciminatorio ed
 illogico, considerato, oltretutto, che  le  condizioni  di  sicurezza
 sono  certamente  maggiori per i motocicli, aventi ben altri impianti
 frenanti e ben altra tenuta di strada in  ragione  di  pneumatici  di
 maggior  sezione e di una piu' robusta struttura del telaio, rispetto
 ai ciclomotori.
    In sostanza, la legge 11 gennaio 1986, n.  3,  cosi'  come  l'art.
 171,  primo  comma,  lett.  a-b del Nuovo codice della strada, che ne
 riproduce sostanzialmente le disposizioni in nulla innovando su  tale
 punto    alla    normativa    precedente,    sarebbero   viziate   da
 incostituzionalita' nella parte  in  cui  obbligano  a  comportamenti
 diversi  cittadini  maggiorenni  (i ciclomotoristi ed i motociclisti)
 che si trovano nelle  medesime  condizioni:  circolazione  urbana,  a
 bassa velocita' imposta, su veicoli a motore a due ruote.
    L'art.  1  della  legge 11 gennaio 1986, n. 3, e l'art. 171, primo
 comma, lett. a-b, del Nuovo codice della  strada,  che  ne  riproduce
 sostanzialmente le disposizioni in nulla innovando su tale punto alla
 normativa precedente, sembrano pertanto contrastare - nel senso sopra
 enunciato  -  con  l'art. 3, primo comma, in relazione agli artt. 13,
 primo comma, e 16, primo comma, della Costituzione.
    3. - Una ulteriore  censura  di  incostituzionalita'  rivolta  dal
 ricorrente alla normativa sul casco obbligatorio posto dalla legge 11
 gennaio  1986,  n. 3, e, successivamente, dall'art. 171, primo comma,
 lett.  a-b  del  Nuovo  codice  della   strada   che   ne   riproduce
 sostanzialmente  le  disposizioni  in  nulla innovando alla normativa
 precedente,   attiene   alla   illegittimita'   sotto   il    profilo
 costituzionale  di  un  obbligo  imposto  al cittadino maggiorenne di
 proteggersi,  obbligo  che  si  sostanzia  in  un  vero   e   proprio
 trattamento  sanitario,  pur  se  preventivo,  imposto  per  legge  a
 chiunque, anche se maggiorenne, si ponga alla guida di un  motociclo.
 Tale  imposizione  sembra  porsi  in  contrasto  con  l'art. 32 della
 Costituzione che, in materia sanitaria, autorizza forme di  ingerenza
 del  potere statale nella sfera individuale del cittadino solo quando
 sia posto in pericolo il diritto  alla  salute  di  terzi  individui.
 Invero,  mentre per il cittadino la salute e' un diritto - cosi' come
 in tal modo sono qualificati i diritti di liberta',  circolazione  ed
 in  genere  di  estrinsecazione della personalita' - la collettivita'
 nei confronti della salute dell'individuo vanta  un  mero  interesse,
 figura giuridica di minor rilievo rispetto ai diritti di liberta' del
 singolo,  che  in  nessun  caso  possono  ad essa essere subordinati.
 Pertanto,  mentre  e'  da  ritenersi  giusta  la  sottoposizione  del
 cittadino ad obblighi coercitivi per ragioni sanitarie quando sia  in
 gioco, contrapposto ai diritti di liberta' dell'individuo, il diritto
 alla  salute  di un numero indeterminato di persone, sembra essere al
 contrario illegittima ogni imposizione o limitazione che sia  dettata
 da un mero interesse della collettivita' alla tutela della salute del
 singolo  o,  ancor  meno,  da  motivazioni  riconducibili a generiche
 esigenze  di  limitazione  dei   costi   economici   derivanti   alla
 collettivita' dagli incidenti stradali. Invero, se di costi economici
 si  vuol parlare, sembra giusto considerare anche l'aggravio di costi
 che puo' di converso derivare dal minor uso di un mezzo  piu'  agile,
 leggero, economico e meno inquinante com'e' la moto, dall'aumento del
 traffico  con  le  ore  di lavoro conseguentemente perse, dal maggior
 consumo di  carburante  e  dall'aumento  del  grado  di  inquinamento
 atmosferico nelle aree urbane, apparendo invero evidente che la legge
 che  ha  introdotto l'obbligo del casco ha indotto molti a rinunciare
 all'uso dei veicoli  a  due  ruote  proprio  in  citta',  laddove  al
 contrario  ogni porzione di mobilita' sottratta all'auto e trasferita
 su di un veicolo a due ruote si  trasformerebbe  in  una  diminuzione
 della  congestione,  a  cagione  del minore spazio occupato, e in una
 diminuzione   dell'inquinamento   armosferico.   Peraltro,   analoghe
 valutazioni,  in un assetto costituzionale diverso, per se fondato su
 principi comuni con  il  nostro,  hanno  indotto  negli  Stati  Uniti
 d'America la Corte suprema a pronunziarsi in piu' occasioni nel senso
 della  illegittimita'  costituzionale di leggi statali che imponevano
 ai motociclisti maggiorenni l'uso obbligatorio del  casco  protettivo
 (People  of  State of Illinois v. D. Fries, 42, III, 2d 446; American
 Motorcycle Association v. Davids, 11 Mich. app. 351, 198  N.    W  2D
 72),  indirizzo  dal  quale  e'  derivata  negli U.S.A. la prevalente
 adesione da parte degli stati federali al principio della liberta' di
 scelta per i motociclisti maggiorenni, attualmente in  vigore  in  29
 dei  51  stati U.S.A. D'atro canto, anche nel nostro paese, nel corso
 del dibattito parlamentare era sembrato in un primo momento pacifico,
 prima che  prevalessero  considerazioni  di  carattere  emotivo,  che
 dall'obbligo   avrebbero   dovuto  rimanere  esclusi  i  motociclisti
 maggiorenni.  Si  ricordi,  ad  esempio,  l'intervento   della   Sen.
 Marinucci  (in Atti Senato, IX legisl., 8a commissione ll.pp. in sede
 deliberante,  seduta  11  dicembre  1985),  la  quale  si   dichiaro'
 "favorevole  ad  una  soluzione che preveda l'obbligo del casco per i
 minori", rilevando "altresi'  che  la  previsione  legislativa  sulla
 obbligatorieta' del casco servira' a far maturare un costume e quindi
 a  far  diffondere  l'uso  di  questo  mezzo protettivo anche tra gli
 adulti".
    Del medesimo tenore furono, nel corso della stessa seduta  dell'11
 dicembre   1985,   anche  gli  interventi  dei  senatori  Mitrotti  e
 Fontanari. Lo stesso sottosegretario ai  trasporti  S.  Melillo,  nel
 presentare il disegno di legge governativo in commissione il 15 marzo
 1984,  partiva  dal  "presupposto  di  tutelare il giovane che non ha
 raggiunto la maggiore eta', puntando sul senso di responsabilita' del
 cittadino maggiorenne" (in atti Camera, IX legisl.,  IV  commissione,
 seduta  15 marzo 1984), posizione che inizialmente sembrava pacifica,
 come  risulta  anche  dagli  interventi,  nel  corso  del   dibattito
 parlamentare,  dei  deputati  Raffaello Rubino, Damiano Poti' e Mauro
 Dutto (in atti Camera, IX legisl., IV commissione, seduta  31  maggio
 1984).
    Gli artt. 1, 2 e 3 della legge 11 gennaio 1986, n. 3, e l'art. 171
 commi primo, lett. a-b, e terzo del Nuovo codice della strada, che ne
 riproduce  sostanzialmente le disposizioni in nulla innovando su tale
 punto alla normativa precedente, sembrano pertanto contrastare -  nel
 senso sopra enunciato - con l'art. 32 della Costituzione.
    Precisata   nei   termini   sopra   enunciati   la  non  manifesta
 infondatezza della  questione  di  incostituzionalita'  della  citata
 normativa  sollevata  dal  ricorrente  sotto  molteplici  profili,  e
 consequenziale la sua rilevnaza per  l'applicabilita'  o  meno  della
 sanzione amministrativa prevista a carico del trasgressore.
                               P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva  la  questione  di  legittimita' costituzionale del regime
 sanzionatorio introdotto dagli artt. 1, 2 e 3 della legge 11  gennaio
 1986,  n. 3, in quanto in contrasto con l'art. 3 della Costituzione e
 con la scala di valori espressa dalla stessa Carta costituzionale  ed
 in  particolare  dall'art. 32 della Costituzione, nonche' degli artt.
 1, 2 e 3 della legge 11 gennaio 1986, n. 3, e  dell'art.  171,  primo
 comma,  lett.  a-b  del  d.P.R.  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice
 della strada), nella parte in cui - in contrasto con l'art. 3,  primo
 comma,  in  relazione  agli  artt. 13, primo comma, e 16 primo comma,
 della Costituzione -  obbligano  a  comportamenti  diversi  cittadini
 maggiorenni (i ciclomotoristi ed i motociclisti) che si trovano nelle
 medesime  condizioni (circolazione urbana, a bassa velocita' imposta,
 su veicoli a motore a due ruote) ed infine nella parte in  cui  -  in
 contrasto con l'art. 32 della Costituzione che, in materia sanitaria,
 autorizza   forme   di  ingerenza  del  potere  statale  nella  sfera
 individuale del cittadino  solo  quando  sia  posto  in  pericolo  il
 diritto  alla  salute  di  terzi  individui  - impongono al cittadino
 maggiorenne che si ponga alla guida di un motociclo di  indossare  il
 vasco protettivo;
    Sospende il giudizio in corso e dispone trasmettersi gli atti alla
 Corte costituzionale;
    Manda  alla  cancelleria  di  notificare  la presente ordinanza al
 Presidente del Consiglio dei Ministri e di comunicarla ai  Presidenti
 dei due rami del parlamento.
                         Il pretore: GALLIANO

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