N. 323 SENTENZA 11 giugno - 21 luglio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Locazione di immobili urbani - Uso abitativo  -  Finita  locazione  -
 Stipulazione  dei  c.d.  patti  in  deroga  -  Modalita'  -  Prevista
 obbligatoria assistenza delle organizzazioni dei  proprietari  e  dei
 conduttori  -  Irragionevole  imposizione  di  onerose prestazioni ai
 cittadini con ingiusta diminuzione della capacita' di agire a  tutela
 dei  propri  diritti  - Difetto di rilevanza - Inammissibilita' della
 questione.
 
 (D.-L. 11 luglio 1992, n.  333,  convertito,  con  modificazioni,  in
 legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 11, secondo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 18, 23 e 24).
 
 Locazione  di  immobili urbani - Uso abitativo - Proroga biennale del
 contratto - Operativita'  anche  in  assenza  di  trattative  per  la
 stipulazione  di  un  nuovo contratto - Disparita' di trattamento tra
 contratti con scadenza anteriore al  14  agosto  1992  e  quelli  con
 scadenza  successiva  -  Irragionevole  compressione  dei  diritti di
 difesa e di proprieta' - Esclusione - Riconoscimento del  diritto  di
 recesso  del  locatore,  anche  in  costanza  di  proroga, in caso di
 comprovata  necessita'  -  Non  fondatezza  nei  sensi  di   cui   in
 motivazione.
 
 (D.-L. 11 luglio 1992, n. 333, convertito, con modificazioni, in
 legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 11, comma 2-bis).
 
 (Cost., artt. 3, 24 e 42).
 
 Locazione  di  immobili urbani - Uso abitativo - Proroga biennale del
 contratto - Esercizio del diritto di recesso del  locatore  -  Omessa
 previsione  di  una specifica procedura - Compressione del diritto di
 difesa - Esclusione - Non fondatezza.
 
 (D.-L. 11 luglio 1992, n.  333,  convertito,  con  modificazioni,  in
 legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 11, comma 2-bis).
 
 (Cost., art. 24, primo comma).
(GU n.31 del 28-7-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Giuseppe BORZELLINO, prof. Gabriele PESCATORE, avv.
    Ugo  SPAGNOLI,  prof. Antonio BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof.
    Luigi MENGONI, prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.
    Giuliano VASSALLI, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI,
    prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 11, secondo
 comma e secondo comma- bis, del decreto-legge 11 luglio 1992, n.  333
 (Misure   urgenti   per   il  risanamento  della  finanza  pubblica),
 convertito in legge, con modificazioni, con la legge 8  agosto  1992,
 n. 359, promossi con ordinanze emesse il 18 novembre 1992 dal Pretore
 di  Salerno,  il  9  e  22  dicembre  1992 dal Pretore di Roma, il 21
 dicembre 1992 dal Pretore di Bologna ed il 24 novembre 1992 dal  Pre-
 tore di Busto Arsizio, sezione distaccata di Saronno, rispettivamente
 iscritte  al n. 796 del registro ordinanze 1992 e ai nn. 30, 56, 74 e
 152 del registro ordinanze 1993 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica nn. 1, 5, 8, 9 e 15, prima serie speciale, dell'anno
 1993. Visti gli atti di costituzione di Graziella Buoni o Del  Buono,
 di  Teresa  Ferratini  Volpe  e di Rosalba Simonini nonche' l'atto di
 intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Visto  l'atto  di  intervento  depositato   dalla   Confederazione
 italiana della proprieta' edilizia;
    Udito nell'udienza pubblica del 25 maggio 1993 il Giudice relatore
 Cesare Mirabelli;
    Uditi  gli  avvocati  Valerio  Onida  e Ugo Pansolli per Graziella
 Buoni o Del Buono, l'avvocato  Valerio  Onida  per  Teresa  Ferratini
 Volpe  e Rosalba Simonini e l'avvocato dello Stato Sergio Laporta per
 il Presidente del Consiglio dei ministri;
                           Ritenuto in fatto
   1. - I Pretori di Salerno (con  ordinanza  emessa  il  18  novembre
 1992), di Roma (con due ordinanze rispettivamente del 9 dicembre 1992
 e  del  22  dicembre  1992),  di  Bologna (con ordinanza emessa il 21
 dicembre 1992) e di Busto Arsizio, sezione distaccata di Saronno (con
 ordinanza del 24 novembre 1992), in altrettanti giudizi di  convalida
 di  licenza  o  di  sfratto  per  finita  locazione per contratti con
 scadenza  successiva  al  14  agosto  1992,   hanno   sollevato,   in
 riferimento  agli  artt.  3, 24 e 42 della Costituzione, questioni di
 legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 2- bis, del  decreto-
 legge 11 luglio 1992, n. 333 (Misure urgenti per il risanamento della
 finanza  pubblica),  convertito  in  legge, con modificazioni, con la
 legge 8 agosto 1992, n. 359.
    I giudici  rimettenti  prospettano  l'illegittimita'  della  norma
 nella sua interezza, ovvero nella parte in cui dispone la proroga del
 contratto,  senza  che sia consentito di recedere dal rapporto, anche
 se  il  locatore  ha  l'esigenza  di  riottenere  la   disponibilita'
 dell'immobile  per  la  necessita'  di  adibirlo  ad uso proprio o di
 familiari, ovvero per uno dei motivi indicati dagli  artt.  29  e  59
 della legge 27 luglio 1978, n. 392.
    E'    stata    inoltre   sollevata   questione   di   legittimita'
 costituzionale della medesima disposizione per la mancata  previsione
 di  una  speciale procedura per il rilascio dell'immobile, in caso di
 esercizio del diritto di recesso da parte del locatore.
    La norma denunciata stabilisce, per le locazioni in  corso  e  con
 scadenza  successiva all'entrata in vigore della legge di conversione
 del decreto-legge, la proroga di diritto del contratto per due  anni,
 nel  caso  in  cui  "le parti non concordino sulla determinazione del
 canone".
    Tutte le ordinanze di rimessione muovono  dalla  premessa  che  la
 proroga  operi  in  modo  automatico, se le parti non hanno raggiunto
 l'accordo sul canone, e che il mero rifiuto di trattare da parte  del
 proprietario,   a   prescindere   dalle   relative  motivazioni,  sia
 equiparato al mancato accordo.
    In particolare:
       a)  il  Pretore  di  Salerno  ritiene  che  la norma denunciata
 comporti  una  sostanziale  riedizione  del  regime  vincolistico   e
 determini  una indiscriminata compressione del diritto di proprieta'.
 Sarebbe violato l'art. 3 della Costituzione, perche' la generalizzata
 ed indifferenziata proroga delle locazioni non sarebbe adeguata  alla
 diversita'  delle  concrete  situazioni  personali  ed economiche dei
 singoli locatori ed all'equilibrio degli interessi tra le  parti.  Ad
 avviso  del  giudice  rimettente l'art. 11, comma 2-bis, del decreto-
 legge n. 333 del 1992 contrasta anche con l'art. 42,  secondo  comma,
 della  Costituzione,  in  quanto penalizzerebbe soltanto il locatore,
 sul  quale  addossa  il  peso  (non  prevedibile  al  momento   della
 stipulazione  del  contratto secondo il regime della legge n. 392 del
 1978)  di  tensioni  connesse  al  mutamento  legislativo,   rendendo
 impossibile sottrarsi alla proroga del contratto anche in presenza di
 situazioni  (quale  l'esigenza  di destinare l'immobile ad abitazione
 propria) che giustificherebbero il rifiuto del locatore alla  stipula
 di un nuovo accordo;
       b)  il  Pretore  di  Roma  (R.O.  n.  30 del 1993) dubita della
 legittimita' costituzionale dell'art. 11, comma 2-bis,  del  decreto-
 legge n. 333 del 1992, ma solo nella parte in cui questa disposizione
 esclude  il  diritto  di  recesso  del  locatore  alla  scadenza  del
 contratto  ovvero  nel  corso  della  proroga  biennale,  se  ha   la
 necessita'  di  adibire  l'immobile  agli  usi  o di effettuare sullo
 stesso le opere previsti, rispettivamente, dagli artt. 29 e 59  della
 legge n. 392 del 1978.
    Il  giudice  rimettente  ritiene  che  la  proroga,  in  se',  non
 contrasta con alcun  parametro  costituzionale,  essendo  diretta  ad
 assicurare il graduale passaggio dal regime dell'equo canone a quello
 della  liberta'  contrattuale  nella determinazione del corrispettivo
 per le locazioni abitative. Ricorda, tuttavia, che anche nel  sistema
 vincolistico  la  composizione  degli  interessi  contrapposti teneva
 conto della necessita' del locatore, considerata causa di  cessazione
 della   proroga  legale.  La  norma  denunciata,  non  prevedendo  la
 necessita' del locatore quale causa di esclusione della proroga o  di
 recesso  dal  contratto,  comprimerebbe  il diritto di proprieta', in
 contrasto con l'art. 42 della  Costituzione;  violerebbe  inoltre  il
 diritto di difesa, garantito dall'art. 24 della Costituzione, essendo
 impossibile per il locatore far valere in giudizio le sue esigenze di
 vita   e   di   lavoro,  socialmente  apprezzabili  e  meritevoli  di
 riconoscimento e di tutela;
       c) il Pretore di  Roma,  con  altra  ordinanza,  emessa  il  22
 dicembre  1992  (R.O.  n.  56  del  1993),  ritiene  manifestatamente
 infondate le questioni di legittimita' costituzionale prospettate  in
 riferimento  agli  artt.  3  e  41  della Costituzione, ma solleva il
 dubbio invocando l'art.  42  della  Costituzione.  A  suo  avviso  la
 disposizione  denunciata si risolverebbe in un irrazionale ripristino
 del regime vincolistico.  In  proposito  richiama  la  giurisprudenza
 costituzionale,  secondo  la  quale  la  disciplina  vincolistica  e'
 compatibile con l'assetto costituzionale del  diritto  di  proprieta'
 solo  in  quanto abbia carattere straordinario e temporaneo (sentenza
 n. 108 del 1986). La disciplina transitoria prevista dalla  legge  n.
 392  del  1978  avrebbe  gia'  soddisfatto  le  esigenze collegate al
 passaggio ad un regime definitivo, sicche' neppure la transizione  al
 "regime  libero"  consentirebbe ulteriori compressioni del diritto di
 proprieta';
       d) il Pretore di Bologna solleva la  questione  in  riferimento
 agli  artt. 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione,
 prospettando il dubbio della legittimita' costituzionale della  norma
 nella  parte  in cui essa non prevede il diritto, per il locatore che
 ha necessita' di disporre dell'immobile per  adibirlo  ad  abitazione
 propria,  di recedere dal rapporto alla scadenza del contratto ovvero
 nel corso della proroga legale, e nella parte in cui  non  introduce,
 in  caso  di  esercizio del diritto di recesso da parte del locatore,
 una procedura per il rilascio dell'immobile.
    Ad avviso del giudice rimettente la proroga, in se', non contrasta
 con alcuna disposizione costituzionale, in quanto la liberalizzazione
 dei canoni di locazione, che ispira la nuova legge, non  puo'  essere
 resa  operante  senza  predisporre con indispensabile gradualita' una
 soluzione tecnica per il passaggio al nuovo sistema. Ma gia' nel  re-
 gime   vincolistico   l'istituto   della  necessita'  come  causa  di
 cessazione della proroga legale ha assunto carattere strumentale  per
 la  composizione  dei  contrapposti  interessi, prevalendo quelli dei
 conduttori, che rimangono tuttavia sacrificati di fronte all'esigenza
 del locatore-proprietario di ottenere la disponibilita' dell'immobile
 in caso di necessita'.
    L'impossibilita' per il locatore di invocare, appunto,  situazioni
 di  necessita'  personale  per  escludere  o  fare cessare la proroga
 determinerebbe il contrasto  con  l'art.  42,  secondo  comma,  della
 Costituzione.
    Alla  ingiustificata  compressione  del  diritto  di proprieta' si
 aggiungerebbe l'ulteriore  anomalia  dell'assenza  di  una  specifica
 procedura  per  disciplinare  l'esercizio  del  recesso  da parte del
 locatore; ne deriverebbe una violazione dell'art.  24,  primo  comma,
 della   Costituzione,   perche',   ad  avviso  del  Pretore,  sarebbe
 impossibile per il proprietario-locatore fare valere in  concreto  il
 suo diritto;
       e)  il Pretore di Busto Arsizio, sezione distaccata di Saronno,
 solleva il dubbio di legittimita' costituzionale con riferimento agli
 artt. 3 e 42, secondo comma, della Costituzione.  La  protrazione  ex
 lege  della  durata  della  locazione  determinerebbe una sostanziale
 riedizione   del   regime   vincolistico,    tale    da    comprimere
 irrazionalmente  il  diritto  di  proprieta'  e  da  creare  una  non
 giustificata disparita' di trattamento tra locatori, a seconda che la
 scadenza del contratto sia anteriore o successiva al 14 agosto 1992.
    2. - Il Pretore di Busto Arsizio, sezione distaccata  di  Saronno,
 ha  sollevato  inoltre,  con  la  medesima  ordinanza,  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 11, secondo comma, del decreto-
 legge n. 333 del 1992. Questa disposizione, subordinando la validita'
 dei patti in deroga alla loro  stipulazione  con  l'assistenza  delle
 organizzazioni  di  categoria  maggiormente rappresentative a livello
 nazionale,  ad  avviso  del  Pretore  violerebbe  l'art.   18   della
 Costituzione   ed   il   principio   di   liberta'  di  associazione,
 costringendo,  anche  solo  di  fatto,  le  parti  del  contratto  ad
 iscriversi  a  particolari  organizzazioni. Inoltre, in contrasto con
 gli artt.  3  e  23  della  Costituzione,  la  norma  imporrebbe  una
 prestazione onerosa a carico di alcune categorie di cittadini, mentre
 l'implicita  sanzione  di  invalidita'  dei  patti  conclusi senza la
 prevista  assistenza  darebbe  luogo  ad  una  incapacita' di agire a
 tutela dei propri diritti, in violazione dell'art. 24,  primo  comma,
 della Costituzione.
    3.  -  Il  Presidente  del  Consiglio dei ministri, col patrocinio
 dell'Avvocatura generale dello Stato, e' intervenuto in ciascuno  dei
 giudizi  promossi  con  le ordinanze sopra indicate, chiedendo che le
 questioni di legittimita' costituzionale dell'art. 11,  comma  2-bis,
 del  decreto-legge  n. 333 del 1992 siano dichiarate inammissibili o,
 comunque, infondate e che la questione di legittimita' costituzionale
 del secondo comma del medesimo art. 11 sia  dichiarata  inammissibile
 per  irrilevanza.   L'Avvocatura osserva, quanto alla proroga, che la
 legge tende a favorire una graduale deregolamentazione della  materia
 delle locazioni, attraverso un equo e ragionevole bilanciamento degli
 interessi  delle parti, incentivando la stipula di accordi in deroga.
 Il conduttore otterrebbe due anni di proroga ad equo canone,  ma  con
 la  certezza  di  dovere  lasciare  la  casa  alla  scadenza,  mentre
 beneficerebbe della  lunga  durata  del  rapporto,  quadriennale  con
 obbligo  di  rinnovo,  a  seguito  del  contratto stipulato in deroga
 all'equo  canone.  Parallelamente  il  locatore,  in  presenza  della
 possibilita'  di  proroga,  sarebbe  indotto  a  preferire  il  nuovo
 contratto con lo stesso conduttore.   L'Avvocatura ritiene  infondata
 la  denuncia  di  violazione  dell'art.    3  della Costituzione, per
 asserita  disparita'  di  trattamento,   giacche'   sarebbero   state
 incongruamente  accostate  dal giudice rimettente situazioni diverse.
 Inoltre non condivide l'interpretazione dell'art.  11,  comma  2-bis,
 del  decreto-legge  n.  333  del  1992  offerta  dalle  ordinanze  di
 rimessione. L'Avvocatura osserva che questa disposizione introduce un
 principio destinato a completare logicamente la disciplina dei  patti
 in  deroga,  delineata  nel  secondo  comma  dello stesso art. 11. Si
 tratterebbe di una norma applicabile  solo  quando  il  locatore  sia
 disponibile   a   consentire   un   ulteriore  periodo  di  godimento
 dell'immobile da parte dell'inquilino, ma  non  sia  stato  raggiunto
 l'accordo  sul  canone.  Se  questa  disponibilita'  sia  in concreto
 esclusa, non per effetto di una scelta del locatore ma  per  una  sua
 situazione  di  necessita', difetterebbe lo stesso presupposto per il
 transito del rapporto sotto la nuova  disciplina,  che  non  potrebbe
 quindi  essere applicata neppure quanto alla proroga biennale. Questa
 conclusione si fonda su di una interpretazione congiunta degli ultimi
 due commi dell'art. 11 del  decreto-legge  n.  333  del  1992  e,  in
 particolare,  sulla  constatazione  che  allo stato di necessita' del
 locatore, il quale intenda adibire l'immobile agli usi  o  effettuare
 sullo  stesso  le  opere  di cui, rispettivamente, agli artt. 29 e 59
 della legge n. 392 del 1978, e' riconosciuta l'idoneita' "a risolvere
 un rapporto gia' passato in regime di deroga".  Non  potrebbe  quindi
 disconoscersi rilevanza giuridica ad un identico stato di necessita',
 sia pure preesistente al momento dell'eventuale transito del rapporto
 sotto il nuovo regime.
    4.  -  Nei  giudizi  promossi  dai Pretori di Roma (R.O. n. 30 del
 1993), di Bologna (R.O. n. 74 del 1993) e di Busto  Arsizio,  sezione
 distaccata  di  Saronno  (R.O.  n. 152 del 1993), si sono costituite,
 rispettivamente, Graziella Buoni o Del Buono, Teresa Ferratini  Volpe
 e   Rosalba   Simonini,   chiedendo,   tutte,   che   sia  dichiarata
 l'illegittimita'  costituzionale  dell'art.  11,  comma  2-bis,   del
 decreto-legge  n.  333  del  1992,  se  interpretato nel senso, fatto
 proprio  dai giudici rimettenti, che la proroga legale si applica non
 solo se non e' stato raggiunto l'accordo sul canone ma  anche  quando
 il locatore non intende, alla scadenza del contratto, dare nuovamente
 in locazione l'immobile, o ha necessita' di disporne per uso proprio.
 Le  parti  private  ritengono peraltro che questa interpretazione sia
 inesatta, perche' la proroga e'  strettamente  correlata  al  mancato
 accordo  sul  canone  e  non  all'esistenza  di un contratto scaduto;
 presuppone  quindi  che  il  locatore  destini  ancora  a   locazione
 l'immobile  e che non si raggiunga l'accordo sulla determinazione del
 canone.   La difesa di Rosalba Simonini  ha  anche  chiesto  che  sia
 dichiarata   l'inammissibilita'  o,  comunque,  l'infondatezza  della
 questione di legittimita' costituzionale del secondo comma  dell'art.
 11  del  decreto-legge  n.  333  del 1992. Osserva difatti che tra le
 parti del giudizio a quo non e' intervenuto alcun  accordo  ne'  sono
 state  avviate  trattative per la stipulazione di un nuovo contratto.
 Non essendo stata richiesta o prospettata  l'esigenza  di  assistenza
 delle   organizzazioni  dei  proprietari  e  dei  conduttori  per  la
 stipulazione  di  patti  in  deroga,  il  Pretore  non   avrebbe   la
 necessita',  ne'  la  possibilita',  di  applicare  il  secondo comma
 dell'art. 11 per definire il giudizio.
    Nel merito, comunque, la questione sarebbe infondata,  perche'  le
 organizzazioni  di categoria prestano un'assistenza tecnica anche nei
 confronti dei non iscritti, senza  sostituirsi  alle  parti.  Non  ne
 deriverebbe  alcun limite alla capacita' dei soggetti, ne' vi sarebbe
 alcun rapporto tra  l'eventuale  invalidita'  dei  patti  in  deroga,
 conclusi  senza  l'assistenza  delle  organizzazioni  rappresentative
 delle   categorie   interessate,   ed   il   diritto   alla    tutela
 giurisdizionale, sempre garantito.
    5.  -  Nel giudizio promosso dal Pretore di Busto Arsizio, sezione
 distaccata  di  Saronno,   ha   depositato   atto   d'intervento   la
 Confederazione  italiana  della  proprieta'  edilizia (Confedilizia),
 chiedendo  che  sia  ritenuta  ammissibile  la  sua  costituzione  in
 giudizio e prendendo conclusioni anche nel merito.
    6.  -  In  prossimita'  dell'udienza  tutte le parti private hanno
 presentato memorie, nelle quali  hanno  ulteriormente  illustrato  le
 tesi enunciate nei rispettivi atti di costituzione.
                        Considerato in diritto
   1.  -  I Pretori di Salerno, Roma, Bologna e Busto Arsizio, sezione
 distaccata di Saronno,  dubitano  della  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 11, secondo comma e secondo comma-bis, del decreto-legge 11
 luglio  1992,  n. 333 (convertito in legge, con modificazioni, con la
 legge 8 agosto 1992, n. 359), che integra e  modifica  la  disciplina
 delle  locazioni  di  immobili  urbani  dettata dalla legge 27 luglio
 1978, n. 392.
    L'art. 11 del decreto-legge, al primo comma (che non e' denunciato
 dalle ordinanze di rimessione), esclude dall'applicazione delle norme
 concernenti l'equo canone gli immobili adibiti ad uso di  abitazione,
 la  cui  ultimazione  dei lavori sia successiva all'entrata in vigore
 del  decreto-legge;  al  secondo  comma,   della   cui   legittimita'
 costituzionale  si  dubita,  prevede  che  nei contratti di locazione
 relativi agli immobili ultimati  prima  di  tale  data,  stipulati  o
 rinnovati  successivamente  all'entrata  in  vigore  della  legge  di
 conversione, le  parti  possono  convenire,  con  l'assistenza  delle
 organizzazioni   della   proprieta'   edilizia   e   dei   conduttori
 maggiormente  rappresentative  a livello nazionale, accordi in deroga
 alle norme della legge n. 392 del 1978, purche' per gli  immobili  ad
 uso  abitativo  il  locatore  rinunzi  alla  facolta' di disdetta del
 contratto alla prima scadenza. La facolta' del  locatore  di  diniego
 della  rinnovazione  del  contratto  resta  salva quando ricorrano le
 circostanze previste, rispettivamente, dagli  artt.  29  e  59  della
 legge  n.  392  del  1978. Queste circostanze comprendono il caso del
 locatore che intende adibire l'immobile ad abitazione propria  o  del
 coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta (art. 29,
 primo comma, lettera a), della legge n. 392 del 1978).
    Il  comma 2- bis dell'art. 11, inserito in sede di conversione del
 decreto-legge n. 333 del 1992, prevede inoltre  che,  se  alla  prima
 scadenza  del  contratto,  successiva  alla data di entrata in vigore
 della  legge  di  conversione,  le   parti   non   concordino   sulla
 determinazione  del  canone,  il  contratto  stesso  e'  prorogato di
 diritto per due anni.
   Le cinque ordinanze - emesse nel corso di giudizi per la  convalida
 di  licenza o di sfratto per finita locazione promossi da proprietari
 che non intendevano rinnovare il contratto neanche  stipulando  patti
 in  deroga  - investono la proroga biennale della locazione (comma 2-
 bis dell'art. 11 del decreto-legge n. 333 del 1992). Le  disposizioni
 indicate   quale   parametro   di   valutazione   della  legittimita'
 costituzionale sono l'art. 42 (per tutte le ordinanze di rimessione);
 l'art. 24 (per i Pretori di Roma, di Bologna e di  Busto  Arsizio)  e
 l'art.  3  della  Costituzione  (per  i Pretori di Salerno e di Busto
 Arsizio).
    Il Pretore di  Busto  Arsizio  ha  anche  sollevato  questione  di
 legittimita'  costituzionale  della disciplina dei patti in deroga e,
 piu' precisamente, ha denunciato la norma che  prevede  l'assistenza,
 considerata   necessaria,   delle   organizzazioni  della  proprieta'
 edilizia e dei conduttori per la stipulazione di tali patti  (secondo
 comma  dello  stesso  art.  11). Quale parametro di valutazione della
 legittimita' costituzionale il Pretore indica  gli  artt.  18,  primo
 comma, 3, 23 e 24 della Costituzione.
    2.  -  Tutti i giudizi prospettano questioni identiche o connesse,
 concernenti  le  stesse  disposizioni  legislative.  Possono   essere
 pertanto riuniti e decisi con unica sentenza.
    3.  -  Preliminarmente  deve  essere  dichiarata l'irricevibilita'
 dell'atto di  intervento  depositato  dalla  Confederazione  italiana
 della proprieta' edilizia. Difatti l'ordinanza di rimessione del Pre-
 tore  di  Busto  Arsizio,  sezione  distaccata  di  Saronno, e' stata
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della  Repubblica  del  7  aprile
 1993,  mentre  l'atto di intervento e' stato depositato il successivo
 12 maggio, quindi oltre il termine previsto dall'art. 25 della  legge
 11  marzo  1953,  n.  87  e dall'art. 3 delle norme integrative per i
 giudizi  davanti  alla  Corte  costituzionale.  L'atto,   dal   quale
 dovrebbero  essere  desunti  gli  elementi  che  si assume comprovino
 l'ammissibilita' dell'intervento nonostante la Confederazione non sia
 parte del giudizio di merito,  non  puo'  pertanto  essere  preso  in
 considerazione.
    4.   -   Esaminando   per   prima  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale relativa al secondo comma dell'art.  11  del  decreto-
 legge n. 333 del 1992, nella parte in cui questa disposizione prevede
 l'assistenza  delle  organizzazioni  della  proprieta' edilizia e dei
 conduttori  per  la  stipulazione  di  accordi in deroga, deve essere
 anzitutto   valutata    l'eccezione    di    irrilevanza,    proposta
 dall'Avvocatura dello Stato e dalla parte privata.
    L'eccezione e' fondata. Oggetto del giudizio dinanzi al Pretore e'
 esclusivamente  la  finita  locazione  e  la contestata proroga della
 stessa. Il giudizio di merito non verte sulla stipulazione,  o  sulle
 modalita'  di  stipulazione,  di  patti  in  deroga, sicche' la norma
 denunciata rimane estranea all'oggetto del giudizio:  essa  e'  stata
 richiamata  solo  per  un'ipotesi  astratta. Manca quindi il nesso di
 pregiudizialita' tra la soluzione  della  questione  di  legittimita'
 costituzionale  e  la decisione del giudizio principale. Ne segue che
 la questione sollevata dal Pretore di Busto Arsizio, con  riferimento
 al  secondo  comma dell'art. 11 del decreto-legge n. 333 del 1992, e'
 irrilevante e deve essere dichiarata inammissibile.
    5. -  Le  altre  questioni  concernono  la  proroga  biennale  dei
 contratti  di  locazione.  I giudici rimettenti denunciano, con vario
 sviluppo argomentativo, l'indiscriminata compressione del diritto  di
 proprieta'  del  locatore  e  della  connessa  facolta'  di godimento
 dell'immobile (art. 42 della  Costituzione).  Mentre  il  Pretore  di
 Salerno  ed  il Pretore di Roma, in una delle ordinanze di rimessione
 (R.O. n. 56 del 1993), ritengono che  la  stessa  introduzione  della
 proroga  sia in contrasto con la Costituzione (artt. 3 e 42), il Pre-
 tore di Roma, nell'altra ordinanza (R.O. 30 del 1993), ed  i  Pretori
 di Bologna e di Busto Arsizio considerano giustificata la proroga, ma
 costituzionalmente  non legittima la sua indiscriminata applicazione,
 anche quando l'immobile sia destinato  a  soddisfare  una  necessita'
 propria del locatore o di suoi familiari.
    I  Pretori  di  Salerno  e  di Busto Arsizio denunciano inoltre la
 lesione del principio di  eguaglianza,  rispettivamente  per  mancata
 osservanza   dell'equilibrio  nel  rapporto  tra  gli  interessi  dei
 locatori e dei conduttori, o per la diversita' di trattamento, che si
 assume  irrazionale  e  quindi  in  contrasto  con  l'art.  3   della
 Costituzione, a seconda che la scadenza del contratto sia anteriore o
 successiva  alla  entrata  in  vigore  della legge di conversione del
 decreto-legge.
    Il Pretore di Roma, in una delle ordinanze (R.O. n. 30 del  1993),
 ed  il  Pretore  di  Bologna  ritengono che risulterebbe compresso il
 diritto  del  locatore  di  far  valere  in  giudizio  la  tutela  di
 situazioni   meritevoli   di   riconoscimento,  quando  il  godimento
 dell'immobile e la necessita' di rientrarne in possesso rispondano ad
 apprezzabili esigenze di vita o di  lavoro.  Il  Pretore  di  Bologna
 inoltre  ritiene non legittima la mancanza di una procedura destinata
 a disciplinare l'esercizio del recesso da parte del locatore.
    In tutti i casi l'interpretazione della  disposizione  denunciata,
 offerta  dalle  ordinanze  di rimessione, e' nel senso che la proroga
 della locazione opera anche se non vi sono state  trattative  per  la
 stipulazione  di  un  nuovo  contratto  e  per  la determinazione del
 canone: non solo,  quindi,  se  l'accordo  sulla  determinazione  del
 corrispettivo della locazione non e' stato raggiunto.
   6.   -   Ad   avviso  delle  parti  private  la  questione  sarebbe
 irrilevante, essendo  erronea  l'interpretazione  della  disposizione
 denunciata  da cui muovono le ordinanze di rinvio. Difatti la proroga
 legale sarebbe prevista dalla legge  soltanto  per  il  caso  in  cui
 entrambe  le  parti,  locatore  e  conduttore,  hanno  manifestato la
 volonta'  di  stipulare  un  nuovo  contratto  e  non  hanno  trovato
 l'accordo  sull'entita' del canone. Quando invece il locatore intende
 rientrare in possesso dell'immobile alla scadenza del contratto,  non
 si  verificherebbe il presupposto al quale la legge collega l'effetto
 della proroga legale in caso  di  mancato  accordo.  Seguendo  questa
 interpretazione  il  comma  2-  bis del citato art. 11 non troverebbe
 applicazione nei casi sottoposti al giudizio dei  Pretori  che  hanno
 sollevato le questioni di legittimita' costituzionale.
    L'eccezione  e' infondata. Se il giudice ha ritenuto di dover fare
 applicazione della  norma,  il  controllo  sull'ammissibilita'  della
 questione  potrebbe far disattendere la premessa interpretativa dalla
 quale muove solo quando l'interpretazione offerta risulti palesemente
 arbitraria o del tutto non plausibile (da ultimo, sentenze n.  238  e
 103 del 1993). Presupposti che in questo caso non ricorrono.
    7.  -  Per  valutare  la legittimita' costituzionale della proroga
 delle  locazioni,  prevista  dalla   disposizione   in   esame,   con
 riferimento  alle  garanzie  costituzionali per la proprieta' privata
 (art. 42, secondo comma, della Costituzione) e quindi  alla  facolta'
 di  godimento del bene mediante la piena disponibilita' dello stesso,
 deve essere tenuto  presente  il  contesto  normativo  nel  quale  la
 proroga e' inserita.
    Si  e'  in  presenza di una disciplina volta ad aprire una fase di
 graduale transizione: dalla determinazione del  canone  di  locazione
 secondo  parametri  vincolanti  stabiliti dal legislatore alla libera
 negoziazione del canone stesso tra le parti.
    La proroga tende non solo e non tanto a garantire e rafforzare  la
 posizione  del conduttore, quanto a preordinare un meccanismo volto a
 secondare, per un periodo di  tempo  determinato  in  relazione  alla
 scadenza    di   ciascun   contratto,   l'accordo   tra   le   parti,
 disincentivando sia le richieste di eccessivo aumento del canone, sia
 le  eccessive  resistenze  ad  una  ragionevole  maggiorazione  dello
 stesso.
    In  questa  materia  la  Corte ha precisato che la straordinaria e
 temporanea proroga delle locazioni  e'  compatibile  con  i  precetti
 costituzionali  che riconoscono e garantiscono la proprieta' privata,
 purche' la  limitazione  sia  contenuta  entro  un  ristretto  spazio
 temporale  (sentenza  n.  3  del  1976)  e  sia  dettata da rilevanti
 esigenze  sociali,  senza  che  si   realizzi   una   definitiva   ed
 irreversibile   compressione   della   facolta'   di   godimento  del
 proprietario (sentenza n. 225  del  1976);  la  proroga  e'  altresi'
 giustificata  se destinata a realizzare un anello di congiunzione con
 una nuova disciplina da attuare  gradualmente  (sentenza  n.  89  del
 1984).
    La  norma denunciata non contiene una protrazione della durata del
 contratto fine a se stessa,  idonea  a  configurare  una  sostanziale
 riedizione del regime vincolistico. Risponde, piuttosto, all'esigenza
 di predisporre una soluzione, limitata nel tempo, per il passaggio ad
 un  nuovo  sistema  caratterizzato  dal  tendenziale  superamento del
 principio della  quantificazione  legale  del  corrispettivo  per  le
 locazioni abitative.
    La  proroga delle locazioni risulta quindi inserita in un contesto
 che amplia le opportunita' di remunerazione  per  il  locatore.  Essa
 appare  congegnata  in  modo  da  non  determinare  di  per  se'  una
 compressione del diritto  di  proprieta',  ma  da  rappresentare  uno
 strumento   di   graduale  transizione,  alla  scadenza  dei  singoli
 contratti  in  corso,  dalla  vecchia  ad   una   nuova   disciplina.
 Circostanza questa che giustifica la proroga delle locazioni, "in una
 prospettiva  interlocutoria  di  eccezionalita'  e temporaneita', che
 consente di escluderne il contrasto con  il  precetto  costituzionale
 dell'art. 42" (sentenza n. 32 del 1980).
    8.  -  L'applicazione della nuova disciplina ai soli contratti con
 scadenza successiva al 14 agosto 1992  (data  di  entrata  in  vigore
 delle  modifiche  al  decreto apportate dalla legge di conversione n.
 359 del 1992) non contrasta  con  l'art.  3  della  Costituzione,  in
 quanto   lo   stesso   dato  temporale  costituisce  un  elemento  di
 differenziazione che, tra l'altro, e'  ancorato  alla  gia'  avvenuta
 estinzione   del   vincolo   negoziale   per   i   contratti  scaduti
 anteriormente alla data sopra indicata. Si  giustifica  pertanto  una
 scelta normativa collegata al passaggio ad una nuova disciplina delle
 locazioni  sulla  base  dell'assetto normativo delineato dallo stesso
 art. 11 per i contratti stipulati o  rinnovati  successivamente  alla
 entrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge n. 333
 del 1992.
    9.  -  Diversa  valutazione  deve essere fatta per il rapporto tra
 proroga di diritto ed esigenza o necessita' del locatore  di  diretta
 utilizzazione dell'immobile.
    Alcuni  giudici  rimettenti ritengono che il legislatore non abbia
 tenuto in alcun modo conto di questa situazione.  Prospettano  quindi
 un  contrasto della norma denunciata con l'art. 3 della Costituzione,
 perche' verrebbe trascurata, attraverso una previsione  generalizzata
 ed  indifferenziata,  la  ricca ed inesauribile diversita' delle con-
 crete situazioni personali  ed  economiche  dei  singoli  proprietari
 locatori  e  l'equilibrio  tra  gli interessi di costoro e quelli dei
 conduttori.  Vi  sarebbe  anche  una  lesione  dell'art.   42   della
 Costituzione,   per   l'ingiustificato   sacrificio   del   locatore-
 proprietario che  abbia  l'esigenza  di  ottenere  la  disponibilita'
 dell'immobile  per se' o per i propri familiari. Infine si profila un
 contrasto con l'art 24 della Costituzione, perche'  sarebbe  preclusa
 al  locatore  la possibilita' di far valere in giudizio necessita' di
 vita  e  di  lavoro  socialmente   apprezzabili   e   meritevoli   di
 riconoscimento e di tutela.
    La questione e', nei sensi che verranno ora precisati, infondata.
    La  necessita'  come  causa  di cessazione della proroga legale ha
 assunto, nella comune interpretazione adeguatrice  (sentenza  n.  132
 del 1972), funzione di strumento per la composizione dei contrapposti
 interessi,  rimanendo  sacrificati  quelli dei conduttori, altrimenti
 prevalenti,  di  fronte  all'esigenza  del  locatore-proprietario  di
 ottenere  la  disponibilita'  dell'immobile  in  caso  di  necessita'
 (sentenze n. 291 del 1987; n. 22 del 1980). In questi casi il recesso
 deve trovare applicazione ai rapporti in corso per la proroga imposta
 autoritativamente dalla legge,  restandone  esclusi  soltanto  quelli
 pendenti  per  effetto dell'autonomia negoziale delle parti (sentenza
 n. 250 del 1983).
    L'interpretazione  seguita dalle ordinanze di rimessione non e' in
 linea con  il  principio  di  necessaria  applicazione  del  recesso,
 elaborato  dalla  giurisprudenza  di questa Corte, ed affermato anche
 dalla legislazione di settore. Tale interpretazione si palesa inoltre
 inesatta nel contesto del sistema in cui si colloca  la  disposizione
 denunciata,  la  quale  si  presta ad una diversa e corretta lettura,
 adeguata ai principi costituzionali.
    Difatti il secondo comma dell'art. 11 in esame prevede che, per  i
 contratti  ad  uso abitativo (per i quali l'ammissibilita' di accordi
 in deroga  presuppone  che  il  locatore  rinunzi  alla  facolta'  di
 disdetta  alla  prima  scadenza),  il  rinnovo  del  contratto per un
 ulteriore quadriennio, che di regola opera, puo' essere impedito  dal
 locatore  se  ricorrano  le  condizioni  indicate dagli artt. 29 e 59
 della legge n. 392 del 1978. Il diniego di rinnovazione, anche contro
 la rinuncia alla facolta'  di  disdetta,  e'  ammesso,  tra  l'altro,
 quando  il locatore intende adibire l'immobile ad abitazione propria,
 del coniuge o dei parenti entro il secondo grado in linea retta (art.
 29, primo comma, lettera a). I casi previsti  dagli  artt.  29  e  59
 della  legge  n.  392 del 1978 sono tali da comprendere le situazioni
 sottoposte al giudizio dei Pretori rimettenti e rispondono a principi
 che hanno in precedenza trovato  espressione  nella  legislazione  di
 settore.
    La  disciplina  della  proroga,  quale complemento e completamento
 della regolamentazione dei patti in deroga, deve essere  interpretata
 seguendo  un  criterio  sistematico, nel contesto di una disposizione
 che vede esclusa la  rinnovazione  del  contratto  pur  nel  caso  di
 avvenuta  stipulazione  di  patto  in deroga, quando il locatore, con
 attualita' e concretezza,  intenda  adibire  l'immobile  agli  usi  o
 effettuare sullo stesso le opere rispettivamente previsti dagli artt.
 29 e 59 della legge n. 392 del 1978, e faccia valere tale suo diritto
 con le procedure delineate dalla medesima legge.
    Questi  principi  sono  da  ritenere egualmente, ed anzi a maggior
 ragione, applicabili alla parallela e piu' ristretta proroga ex lege,
 che puo' essere impedita,  anche  nel  suo  ulteriore  corso,  quando
 ricorrano  le specifiche e comprovate esigenze del locatore, nei casi
 ed alle condizioni che la stessa legge prevede.
    Cosi' interpretata la norma si sottrae ai  dubbi  di  legittimita'
 costituzionale  che sono stati prospettati e la questione deve essere
 dichiarata non fondata, nei sensi sopra precisati.
    10. - Il Pretore di Bologna ha  esposto  un  ulteriore  dubbio  di
 legittimita'  costituzionale  del  medesimo art. 11, comma 2-bis, del
 decreto-legge n. 333 del 1992,  in  riferimento  all'art.  24,  primo
 comma,   della  Costituzione,  ritenendo  che  manchi  una  specifica
 procedura volta a disciplinare l'esercizio del recesso da  parte  del
 locatore.
    La norma denunciata regola le condizioni per la proroga legale dei
 contratti  di  locazione. Gli aspetti attinenti alla procedura per il
 rilascio dell'immobile, individuabili all'interno del sistema con gli
 ordinari criteri di  interpretazione,  non  sono  disciplinati  dalla
 disposizione  in  questione, la quale, avendo riguardo esclusivamente
 ai profili sostanziali, non puo' essere sindacata  sotto  il  profilo
 della violazione del diritto alla tutela giurisdizionale.
    La questione e' pertanto infondata.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti i giudizi, dichiara:
      1.  -  Inammissibile la questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 11, secondo comma, del decreto-legge 11 luglio 1992, n. 333
 (Misure  urgenti  per  il  risanamento   della   finanza   pubblica),
 convertito  in  legge, con modificazioni, con la legge 8 agosto 1992,
 n. 359, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 18,  23  e  24  della
 Costituzione,  dal  Pretore  di  Busto Arsizio, sezione distaccata di
 Saronno, con l'ordinanza indicata in epigrafe;
      2. - Non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le  questioni
 di   legittimita'  costituzionale  dell'art.  11,  comma  2-bis,  del
 decreto-legge n. 333 del 1992  (Misure  urgenti  per  il  risanamento
 della  finanza pubblica), convertito in legge, con modificazioni, con
 la legge 8 agosto 1992, n. 359, sollevate, in riferimento agli  artt.
 3,  24  e  42 della Costituzione, dai Pretori di Salerno, di Roma, di
 Bologna e di Busto Arsizio, sezione distaccata  di  Saronno,  con  le
 ordinanze indicate in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, l'11 giugno 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: MIRABELLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 21 luglio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C0836