N. 357 SENTENZA 26 - 28 luglio 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via principale.
 
 Finanza pubblica - Riduzione delle  risorse,  provenienti  dal  Fondo
 sanitario  nazionale  e  dall'attribuzione del contributi sanitari, e
 spettanti alle province autonome di  Trento  e  Bolzano  -  Lamentata
 lesione dell'autonomia provinciale - Esclusione in considerazione del
 fatto  che  detta riduzione e' giustificata dalla complessiva manovra
 di risanamento finanziario - Non fondatezza delle questioni nei sensi
 di cui in motivazione.
 
 (Legge 23 dicembre 1992, n. 498, art. 8, primo comma).
 
 (Cost., artt. 3, 5, 81, 116 e 119; d.P.R. 31 agosto 1972,  n.    670,
 titolo  sesto;  legge  30 novembre 1989, n. 386, art. 5, primo comma;
 legge 5 agosto 1978, n. 468, art. 27; d.P.R. 31 agosto 1972, n.  670,
 artt. 8, 9, n. 10, 16, primo comma, titolo sesto, 104 e 107; norme di
 attuazione  approvate  con  d.P.R.  28  marzo 1975, n. 474, d.P.R. 26
 gennaio 1980 e d.lgs. 16 marzo 1992, nn.  267 e 268)
 
(GU n.32 del 4-8-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI,  prof.  Antonio
 BALDASSARRE,  prof.  Vincenzo  CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI, prof.
 Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo  CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,   prof.
 Francesco GUIZZI, prof. Cesare MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nei  giudizi  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 8, comma 1,
 della legge 23 dicembre 1992, n. 498, recante (Interventi urgenti  in
 materia  di  finanza  pubblica),  promossi con ricorsi delle Province
 autonome di Bolzano e di  Trento,  notificati  il  28  gennaio  1993,
 depositati in cancelleria il 2 e l'8 febbraio 1993 ed iscritti ai nn.
 5 e 9 del registro ricorsi 1993;
    Visti  gli  atti  di costituzione del Presidente del Consiglio dei
 ministri;
    Udito nell'udienza pubblica del 22 giugno 1993 il Giudice relatore
 Vincenzo Caianiello;
    Uditi l'avv. Sergio Panunzio per la Provincia autonoma di Bolzano,
 l'avv. Valerio Onida per la Provincia autonoma  di  Trento  e  l'avv.
 dello  Stato  Sergio  Laporta  per  il  Presidente  del Consiglio dei
 ministri.
                           Ritenuto in fatto
   Con ricorsi distinti,  ma  sostanzialmente  analoghi,  le  Province
 autonome  di  Trento  e di Bolzano hanno impugnato l'art. 8, comma 1,
 della legge 23 dicembre 1992 n. 498 (Interventi urgenti in materia di
 finanza  pubblica),  nella  parte  in  cui  prevede,  a  danno  delle
 ricorrenti:  a)  per  l'anno 1993 la riduzione del 42 per cento delle
 risorse, loro spettanti, provenienti dal fondo sanitario nazionale  e
 dalla  attribuzione  dei  contributi sanitari riscossi nel territorio
 provinciale e versati dai contribuenti ivi domiciliati;  b)  per  gli
 anni  successivi, la conferma della aliquota di riduzione della quota
 spettante del fondo sanitario nazionale, stabilita dall'art. 4, comma
 11, della legge 30 dicembre 1991 n. 412 e pari al 28 per cento.
    Entrambe  le  ricorrenti lamentano la lesione della loro autonomia
 finanziaria nell'assetto risultante da numerose norme statutarie e di
 attuazione. In particolare la Provincia di Trento ritiene violati gli
 artt. 3 e 5 della Costituzione, le norme del titolo VI dello  statuto
 speciale  di  autonomia,  nonche' gli artt. 5 della legge 30 novembre
 1989 n. 386 e 27 della legge 5 agosto 1978 n. 468 (reg. ric. n. 9 del
 1993), mentre la Provincia di Bolzano invoca gli artt. 8,  9  n.  10,
 16,  primo  comma, 69 e seguenti,78, 104 e 107 dello Statuto speciale
 di autonomia, le norme di attuazione di cui ai d.P.R. 28  marzo  1975
 n.  474  e  26  gennaio 1980 m. 197 ed i decreti legislativi 16 marzo
 1992 nn. 267 e 268 (spec.art. 10), nonche' gli artt. 3, 81, 116 e 119
 della Costituzione (reg. ric. n. 5 del 1993).
    Dopo   aver   ricordato   le    precedenti    riduzioni    subi'te
 nell'assegnazione  delle  quote ad esse spettanti del fondo sanitario
 nazionale, disposte, la prima volta, con  l'art.  19,  comma  1,  del
 decreto  legge  28  dicembre  1989, n. 415, convertito nella legge 28
 febbraio 1990 n. 38 (pari al 20 per cento) e, la seconda  volta,  con
 l'art.  4,  comma 11, della legge 30 dicembre 1991 n. 412 (pari al 28
 per cento) - riduzioni considerate non illegittime  da  questa  Corte
 con  le  sentenze  nn.  381  del 1990 e 356 del 1992, sul rilievo del
 carattere provvisorio delle relative norme e  dell'eccezionalita'  di
 misure contingenti in attesa della definitiva legge di riordino della
 materia  -  le  ricorrenti rilevano che la legge di delega 23 ottobre
 1992 n. 421 e il decreto legislativo 30 dicembre 1992  n.  502  hanno
 disciplinato  in modo nuovo ed organico il finanziamento del servizio
 sanitario,  dovendosi  quindi   ritenere   superata   la   fase   dei
 provvedimenti  legislativi  derogatori  e contingenti, caratterizzati
 dall'urgenza e dalla necessita'; inoltre recenti norme di  attuazione
 dello  statuto speciale (da ultimo, il decreto legislativo n. 268 del
 1992) hanno  compiutamente  disciplinato  la  materia  della  finanza
 provinciale,  si'  che  ancor  meno  puo' trovare giustificazione una
 norma, come quella impugnata, che, ignorando la normativa  anzidetta,
 viene  a  ledere  le  competenze  delle  province  autonome e la loro
 autonomia finanziaria.
    Per  il  primo  dei  profili  evidenziati  le  province   autonome
 osservano  che  il  nuovo  sistema  di finanziamento, disposto per il
 servizio sanitario nazionale, prevede che le quote del relativo fondo
 da attribuirsi alle regioni (e alle medesime province autonome) siano
 commisurate non piu'  alla  spesa  "storica",  bensi'  a  livelli  di
 assistenza  da  assicurare  in  condizioni  di  uniformita'  - cui si
 correlano "standard organizzativi e di attivita' da utilizzare per il
 calcolo del parametro capitario di finanziamento per ciascun  livello
 assistenziale" (art. 4, comma 1, della legge n. 412 del 1991) - e che
 la  spesa  superiore  a  quella  parametrica  sia posta interamente a
 carico delle regioni e delle province  autonome  (art.  4,  comma  5,
 cit.).
    E'  inoltre  previsto  che, a decorrere dal 1› gennaio 1993, siano
 alle stesse attribuiti i contributi per le prestazioni  del  servizio
 sanitario nazionale localmente riscossi, con riferimento al domicilio
 fiscale  del contribuente, e che sia contestualmente ridotta la parte
 corrente del fondo e, quindi, la quota di  spettanza  degli  enti  di
 autonomia.
    Essendo  quindi la quota regionale e provinciale commisurata ad un
 fabbisogno  oggettivamente  calcolato  e  rapportato  a  livelli   di
 assistenza  imposti  dalla  legge statale, la riduzione operata dalla
 norma impugnata, sia  alla  quota  di  spettanza  del  fondo  sia  ai
 contributi localmente riscossi si pone in palese contraddizione con i
 principi   di   disciplina   della   materia;  e'  gravemente  lesiva
 dell'autonomia finanziaria provinciale e viola altresi' i principi di
 uguaglianza  e  ragionevolezza  perche'  realizza   un'ingiustificata
 disparita'  di  trattamento  nei  confronti  delle  altre  regioni ad
 autonomia ordinaria e speciale; comporta per  il  1993  una  drastica
 riduzione  di  entrate,  a  fronte  di  spese  incomprimibili,  senza
 indicare i mezzi a copertura dell'onere; consolida per il  il  futuro
 le  aliquote  di  riduzione  stabilite  in  via soltanto provvisoria,
 prescindendo da qualsiasi considerazione  dell'effettivo  fabbisogno,
 ed  infine  addossa alle province l'onere di coprire il deficit della
 spesa  o  ricorrendo   all'indebitamento   o   distogliendo   risorse
 finanziarie  proprie  destinate all'esercizio delle normali funzioni,
 con  conseguente  sconvolgimento  delle   previsioni   del   bilancio
 provinciale.
    Quanto  al  secondo profilo entrambe le ricorrenti evidenziano, in
 primo luogo, che l'art. 5, comma 1,  della  legge  n.  386  del  1989
 assicura  alle province autonome di partecipare al riparto dei "fondi
 istituiti  per  garantire  livelli  minimi  di  prestazioni  in  modo
 uniforme  ..  secondo  i  criteri .. stabiliti" per detti fondi dalle
 rispettive leggi statali, mentre nella specie la disciplina impugnata
 comporta una determinazione quantitativa del tutto scissa dai criteri
 fissati dalla legge di riforma  sanitaria  per  la  ripartizione  del
 fondo in relazione ai costi.
    In  particolare  la  Provincia  di  Bolzano  osserva  che la nuova
 disciplina organica della finanza provinciale,  dettata  dal  decreto
 legislativo  n. 268 del 1992 (artt. 10, comma 4, lett. d, e 12, comma
 1), gia' vigente all'epoca dell'emanazione della norma censurata,  ha
 ribadito,   per   la  ripartizione  del  fondo  sanitario  nazionale,
 l'applicazione dell'art. 5 della legge n. 386 del 1989 cit.,  con  la
 conseguenza  che  la provincia partecipa in condizioni di parita' con
 le altre regioni e che degli stanziamenti statali, relativi al fondo,
 non si tiene conto ai fini della determinazione annuale della  "quota
 variabile", di cui all'art. 78 dello Statuto, solo in quanto la quota
 del  fondo sia trasferita alle province. Dal che deriva che eventuali
 difficolta' finanziarie dello Stato avrebbero dovuto essere  valutate
 nella   sede  appropriata,  costituita  appunto  dalla  procedura  di
 determinazione della "quota variabile", ovvero mediante  la  modifica
 delle norme statutarie o di attuazione ai sensi degli artt. 104 e 107
 dello  Statuto, non potendosi ammettere che manovre perequative dello
 Stato vadano a colpire le  risorse  destinate  al  finanziamento  del
 servizio sanitario e, in particolare, i contributi sanitari.
    A  questo  riguardo la Provincia di Trento critica la tesi secondo
 cui  i  tagli  alla  spesa  sanitaria  verrebbero  a  realizzare  una
 compensazione con le entrate - maggiori rispetto alle altre regioni -
 costituite dalla compartecipazione delle province autonome al gettito
 dei  tributi  erariali.  Infatti,  di  fronte  all'asserito  (ma  non
 provato) privilegio di cui godrebbero le province autonome,  e  cioe'
 la  disponibilita' di risorse superiori alle necessita' effettive, lo
 Stato avrebbe l'alternativa o di devolvere  loro  ulteriori  funzioni
 (ma   cio'  in  realta'  non  avviene  per  un  diffuso  orientamento
 accentratore  nella gestione degli interventi), ovvero di adeguare la
 compartecipazione  all'effettivo  riparto  delle  funzioni,  all'uopo
 modificando  le disposizioni statutarie d'intesa con le province come
 prevede l'art. 104 dello Statuto,  ma  certamente  non  di  ricorrere
 all'espediente  di  agire  sui  trasferimenti  dal  proprio bilancio,
 riducendoli.
    2. - Si e' costituito in entrambi  i  giudizi  il  Presidente  del
 Consiglio  dei ministri, con atti di identico contenuto, rilevando in
 primo luogo  che  lo  strumento  essenziale  di  governo  dell'azione
 pubblica  nel settore sanitario e' il Piano sanitario nazionale (art.
 1 del decreto legislativo n. 502 del 1992) di durata  triennale  che,
 per  il  periodo  1994-96,  va  adottato  entro il 31 luglio 1993. Ne
 consegue che a regime il nuovo assetto sanitario  sara'  realizzabile
 soltanto  dal  1994,  mentre  per  il  1993  si e' resa necessaria la
 riduzione del fondo di parte corrente, contestualmente alla  disposta
 attribuzione alle regioni e province autonome dei contributi sanitari
 riscossi nell'ambito dei rispettivi territori.
    Cio'  consente  sia  di ritenere non fondata la dedotta violazione
 dell'art. 3 della Costituzione, dal  momento  che  anche  le  regioni
 ordinarie   sono  coinvolte  da  analoga  riduzione  pur  globalmente
 disposta, sia di sottolineare che le misure speciali rispondono, a un
 tempo, allo stato di necessita' e urgenza rappresentato  dall'attuale
 grave  deficit  finanziario e all'inevitabile momento di raccordo con
 il nuovo sistema sanitario delineato dalla riforma.
    Premesso che sia la quota del fondo  sanitario  sia  i  contributi
 sanitari  non  godono  di garanzia, in termini quantitativi, di rango
 costituzionale, la  difesa  dello  Stato  osserva  che  permangono  i
 caratteri di transitorieta' e di eccezionalita' che hanno qualificato
 i  precedenti interventi riduttivi dello Stato nella spesa sanitaria;
 che peraltro l'ultima misura finanziaria trova  un  correttivo  nella
 previsione  di  un  consentito  aumento,  fino  al 75 per cento della
 aliquota dei tributi provinciali vigenti (art. 1, comma 1,  lett.  i,
 della  legge n. 421 del 1992; art. 8 (impugnato), comma 2, e art. 13,
 comma 2, del decreto legislativo  n.  502  del  1992);  che,  infine,
 all'eventuale  insufficienza  della manovra puo' comunque provvedersi
 con  l'emanazione  di  ulteriori  "disposizioni   correttive",   come
 previsto dall'art. 1, comma 4, della legge n. 421 del 1992.
    3.1.  -  In  prossimita'  dell'udienza  hanno  presentato  memorie
 entrambe le ricorrenti. La Provincia di Trento,  dopo  aver  rilevato
 che, nel proprio territorio, il gettito dei contributi copre la spesa
 sanitaria  solo  per il 65-70 per cento, dovendo il residuo 30-35 per
 cento restare a carico della  quota  del  fondo,  sottolinea  che  le
 riduzioni  di  non lieve entita' (42 per cento), operate sia a carico
 del  fondo  che  a  carico  dei  contributi,  comportano   di   fatto
 l'azzeramento  delle  risorse di propria spettanza, essendo il taglio
 della spesa superiore alla quota complessiva prima coperta dal  fondo
 sanitario,  ed  inoltre determinano una devoluzione allo Stato di una
 parte del gettito locale dei contributi (42-35 =  7  per  cento);  lo
 Stato,  cioe',  nella  provincia  non  finanzierebbe  piu' nemmeno in
 misura minima le prestazioni sanitarie che  sarebbero  per  intero  a
 carico  della collettivita' locale, la quale, oltre ad essere gravata
 di tale onere, concorrerebbe al finanziamento del  sistema  sanitario
 in  misura  diversa  e  superiore rispetto al resto della popolazione
 nazionale. Sarebbero cosi' disattese sia le previsioni della legge di
 delega  n.  421 del 1992, che dispone l'attivazione del nuovo sistema
 di finanziamento a partire dal 1› gennaio 1993,  sia  la  consolidata
 giurisprudenza  costituzionale, secondo cui la parte essenziale della
 spesa ospedaliera deve gravare sullo  Stato  per  assicurare  livelli
 assistenziali uniformi.
    Quanto  poi  all'asserita  misura  compensativa  cui  si riferisce
 l'Avvocatura dello Stato e rappresentata  dalla  facolta'  attribuita
 alle  province autonome (e alle regioni) di aumentare le aliquote dei
 tributi di propria competenza, la ricorrente precisa che tale  misura
 e'  stata  prevista  solo a copertura della parte di spesa che eccede
 gli  standard  di  prestazioni  fissati  a  livello  nazionale,   con
 conseguente   palese   infondatezza   delle  deduzioni  della  difesa
 erariale.
    3.2. - La Provincia di Bolzano, dal canto suo, contesta la  difesa
 della  Presidenza  del  Consiglio  fondata sull'asserito carattere di
 transitorieta'  e  assoluta   eccezionalita'   delle   nuove   misure
 finanziarie  disposte  dalla  norma impugnata, in vista dell'adozione
 del  Piano  sanitario  per  il  triennio  1994-1996,   perche'   cio'
 determinerebbe  una  mancata  attuazione  della  delega  da parte del
 decreto legislativo n. 502 del 1992. Inoltre, dopo piu' di 15 anni di
 funzionamento del servizio sanitario senza nemmeno l'avvio delle pro-
 cedure per l'adozione del Piano, non dovrebbe essere piu'  consentito
 invocare  ragioni  che  differiscano  ulteriormente  l'attuazione del
 nuovo sistema di finanziamento, perche' cio' equivarrebbe a sostenere
 che un asserito regime di provvisorieta', di cui non si vede la fine,
 possa legittimamente ledere l'autonomia delle province autonome.
                        Considerato in diritto
   1. - Le Province autonome di Trento e di  Bolzano  hanno  impugnato
 l'art. 8, comma 1, della legge 23 dicembre 1992 n. 498 nella parte in
 cui  dispone, nei loro riguardi, per l'anno 1993, la riduzione del 42
 per  cento  delle  risorse,  provenienti  sia  dal  fondo   sanitario
 nazionale  di  parte  corrente  che  dall'attribuzione dei contributi
 sanitari, ad esse spettanti in attuazione dell'art. 1, comma 1, lett.
 i), della legge di delega 23 ottobre  1992  n.  421  sulla  revisione
 della  disciplina  in  materia  di  sanita', e conferma, per gli anni
 successivi,   l'aliquota   di   riduzione   del    28    per    cento
 dell'assegnazione di parte corrente del fondo medesimo, gia' prevista
 dall'art.  4, comma 11, della legge 30 dicembre 1991 n. 412. Entrambe
 lamentano  la  lesione   dell'autonomia   provinciale,   nell'assetto
 risultante   da   numerose  norme  costituzionali,  statutarie  e  di
 attuazione. In particolare, per  la  Provincia  autonoma  di  Trento,
 sarebbero   violati  gli  artt.  3,  5  e  81,  quarto  comma,  della
 Costituzione, le norme del titolo VI dello Statuto, nonche' gli artt.
 5, comma 1, della legge 30 novembre 1989 n. 386 e 27  della  legge  5
 agosto  1978 n. 468; mentre, per la Provincia autonoma di Bolzano, si
 avrebbe la violazione degli artt. 8,  9,  n.  10,  16,  primo  comma,
 titolo  VI, 104 e 107 dello Statuto, delle norme di attuazione di cui
 ai d.P.R. 28 marzo 1975 n.  474 (spec.art. 2) e 26  gennaio  1980  n.
 197  e  ai decreti legislativi 16 marzo 1992 nn. 267 (spec. art. 1) e
 268, nonche' degli artt. 3, 81, 116 e 119 della Costituzione.
    Le ricorrenti, dopo  aver  ricordato  di  aver  gia'  subi'to  due
 riduzioni  della  quota  del fondo sanitario loro spettante (art. 19,
 comma 1, del decreto legge n. 415 del 1989 e art. 4, comma 11,  della
 legge  n.  412 del 1991), denunciano il trattamento differenziato che
 sarebbe  stato  loro  da ultimo riservato rispetto agli altri enti di
 autonomia (speciale e comune), per i quali non e'  prevista  identica
 riduzione  dei finanziamenti destinati al settore sanitario; rilevano
 che le decurtazioni operate a loro  danno,  senza  la  previsione  di
 mezzi di copertura idonei, comportano che esse debbano provvedere con
 risorse  proprie  distogliendole  dalla  naturale  loro  destinazione
 all'esercizio  delle  competenze  statutarie;   sostengono   che   la
 particolare  autonomia  finanziaria,  garantita  dal  titolo VI dello
 Statuto e dalle norme a questo collegate, sarebbe compromessa  da  un
 meccanismo  che, invocandosi per la terza volta inammissibili ragioni
 di temporaneita' ed eccezionalita', verrebbe impiegato  per  presunte
 esigenze di compensazione con le entrate proprie definite dalle norme
 statutarie; osservano, infine, che, per effetto della legge di delega
 23 ottobre 1992 n. 421 e del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n.
 502,  il  finanziamento  del  servizio  sanitario  nazionale e' stato
 disciplinato in modo nuovo ed organico, essendosi previsto un sistema
 di livelli di assistenza uniformi nel territorio nazionale  collegato
 ad "un parametro capitario di finanziamento" in relazione a "standard
 organizzativi  e  di attivita'", ed essendosi disposta l'assegnazione
 alle  regioni  e  alle  province  autonome  dei  contributi  sanitari
 riscossi  in  sede  locale, tutto cio' a partire dal 1› gennaio 1993,
 si' che  sarebbe  confermata  l'illegittimita'  costituzionale  della
 norma  impugnata  che  si porrebbe in violazione con il nuovo sistema
 dinanzi illustrato.
    2. - Le censure non sono fondate.
    La legge 23 dicembre 1992 n. 498, recante  interventi  urgenti  in
 materia  di  finanza  pubblica,  rappresenta  uno  dei  provvedimenti
 collegati con la legge finanziaria 1993, per  l'esame  dei  quali  la
 Camera  dei  deputati  approvo' il 4 ottobre 1992 una risoluzione che
 vietava  l'inclusione  di   norme   non   direttamente   rivolte   al
 contenimento  del  disavanzo  pubblico  in termini di competenza o di
 cassa (v. resoconto Commissione bilancio della Camera del 3  novembre
 1992,  p.  41),  disponendosi  nel  contempo  che detti provvedimenti
 mantenessero "l'effetto finanziario di  riduzione  del  disavanzo  ad
 essi  attribuito  al fine di rispettare i saldi stabiliti come limite
 per   la   legge   finanziaria",   tanto   che   venivano   giudicati
 "inammissibili  per  estraneita'  di materia tutti gli emendamenti ..
 (recanti) misure  non  direttamente  rivolte  al  contenimento  della
 spesa".  La  manovra  di  finanza  pubblica  per il 1993, in tal modo
 avviata,  aveva  lo  scopo  precipuo  di  "perseguire  con   maggiore
 efficacia,  in  una  situazione  di  rilevante difficolta' interna ed
 internazionale, l'obiettivo della riduzione del disavanzo  dei  conti
 pubblici che .. (avrebbe potuto), in assenza di ulteriori interventi,
 essere  compromessa  dal  peggioramento  della  congiuntura economica
 internazionale e dalle forti tensioni ..  (che  caratterizzavano)  il
 mercato finanziario, con conseguenti riflessi fortemente negativi sul
 livello   dei   tassi   d'interesse   interno"  (v.  resoconto  della
 discussione in aula alla Camera del disegno di legge n. 1684,  del  9
 novembre 1992).
    In  sede  di  tale esame la Camera dei deputati introdusse, tra le
 altre,  alcune  modifiche  tendenti  a  redistribuire  le   riduzioni
 previste  alla  spesa  sanitaria e a coordinare le nuove disposizioni
 con quelle stabilite dall'art. 1 della legge delega n. 421 del  1992,
 nel frattempo intervenuta.
    La   finalita',  perseguita  dal  Governo  e  dal  Parlamento,  di
 contenere il perdurante disavanzo  della  spesa  pubblica  giustifica
 l'adozione  di  misure,  come  quella  denunciata,  che rispondono ad
 esigenze  di  interesse  nazionale  caratterizzate  dall'urgenza  del
 risanamento   finanziario,  attraverso  una  manovra  complessiva  di
 riduzione della spesa in tutti i settori e, con specifico riferimento
 alla spesa sanitaria, mediante misure che incidono su tutti gli  enti
 di autonomia, a statuto speciale e ordinario.
    La censura, con cui si deduce il trattamento deteriore che sarebbe
 stato  riservato  alle  ricorrenti rispetto a quello delle regioni di
 diritto comune, con conseguente violazione degli artt.  3,  5  e  116
 della  Costituzione - oltre ad essere generica, perche' non specifica
 in  che  termini  si  sarebbe   realizzato   l'asserito   trattamento
 deteriore,  dato  che  il raffronto dovrebbe riguardare il sistema di
 finanziamento complessivo - e' comunque infondata. Cio'  sia  perche'
 il  contenimento  della  spesa del servizio sanitario nazionale opera
 nei riguardi di tutte  le  regioni,  pur  con  strumenti  diversi  in
 relazione  al  diverso sistema di trasferimento ad esse delle risorse
 statali, sia perche' il sistema di finanziamento  per  le  regioni  a
 statuto  speciale e per le province autonome risulta in concreto piu'
 favorevole  rispetto  agli  altri  enti   di   autonomia,   essendosi
 riscontrato  un  andamento crescente della partecipazione delle prime
 al gettito dei tributi erariali (v., da  ultimo,  sent.  n.  356  del
 1992).
    3.  - Per quel che riguarda in modo specifico il finanziamento del
 servizio sanitario nazionale, va ricordato che con l'art.  19,  comma
 1,  del decreto legge 28 dicembre 1989 n. 415, convertito nella legge
 28 febbraio 1990 n. 38, fu disposta la riduzione  delle  assegnazioni
 di  parte  corrente  del  fondo  sanitario  nazionale  alle regioni a
 statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano,  in
 una misura percentuale differenziata (dal 20 al 5 per cento), "tenuto
 conto   del   livello  delle  compartecipazioni  ai  tributi  statali
 risultanti dai rispettivi ordinamenti".
    Successivamente, con l'art. 4, comma 11, della legge  30  dicembre
 1991 n. 412, le percentuali di riduzione anzidette sono state elevate
 (dal  28  al  7  per  cento),  autorizzandosi nel contempo i soggetti
 incisi ad "assumere mutui con istituti di credito  nel  rispetto  dei
 limiti  massimi  previsti  dai  rispettivi  statuti  e  dalle vigenti
 disposizioni" per  far  fronte  agli  oneri  conseguenti  alle  dette
 riduzioni,  a  giustificare  le quali valeva sempre la considerazione
 circa la compartecipazione ai tributi statali  di  quei  soggetti  ad
 autonomia speciale.
    E'  poi  intervenuta  la  legge di delega n. 421 del 1992 che, nel
 quadro  della  razionalizzazione  della  disciplina  in  materia   di
 sanita',  all'art.  1, comma 1, lett. i), ha previsto a decorrere dal
 1› gennaio 1993, da un canto, l'attribuzione alle regioni  (tutte)  e
 alle  province  autonome  dei contributi per le prestazioni sanitarie
 localmente riscossi e la contestuale riduzione  del  fondo  sanitario
 nazionale di parte corrente e, dall'altro, la imputazione ai medesimi
 soggetti  di  autonomia  degli  effetti  finanziari per gli eventuali
 livelli di  assistenza  sanitaria  superiori  a  quelli  uniformi  da
 fissarsi  nell'adottando  Piano sanitario nazionale, per le strutture
 (presi'di  e  posti letto) eccedenti gli standard minimi, nonche' per
 gli eventuali disavanzi di gestione da ripianare "con totale  esonero
 finanziario   dello   Stato";   per  far  fronte  a  tale  fabbisogno
 finanziario le regioni e le province autonome sono state  autorizzate
 ad  utilizzare  le risorse del proprio bilancio, a graduare l'esonero
 dai ticket, a variare in aumento entro il 6 per cento l'aliquota  dei
 contributi  sanitari  ed entro il 75 per cento l'aliquota dei tributi
 regionali vigenti.
    Il decreto legislativo  30  dicembre  1992,  n.  502,  emanato  in
 attuazione della suddetta delega, ha poi precisato:
       a)  che  il  Piano  sanitario  nazionale  - che per il triennio
 1994-1996 e' adottato entro il 31 luglio 1993 -  deve  indicare,  tra
 l'altro, i livelli uniformi di assistenza (art. 1, commi 3 e 4, lett.
 b);
       b)  che  la  "quota  capitaria di finanziamento", da assicurare
 alle regioni e da valere  per  la  ripartizione  ad  esse  del  fondo
 sanitario  nazionale,  viene  determinata sulla base di un sistema di
 coefficienti parametrici, in relazione ai predetti  livelli  uniformi
 contenuti nel Piano sanitario (art. 12, comma 3);
       c)  che  i  contributi  sanitari  riscossi, da attribuirsi alle
 regioni in relazione al domicilio fiscale dell'iscritto  al  servizio
 sanitario  nazionale,  sono  versati  mensilmente  su  conti correnti
 infruttiferi aperti  presso  la  tesoreria  centrale  dello  Stato  e
 intestati  alle  regioni  e  che  ai detti conti affluiscono anche le
 quote del fondo sanitario nazionale (art. 11, comma 10);
       d) che, in sede di prima applicazione, per il  primo  trimestre
 1993,  il  versamento  o  l'accreditamento  dei  contributi  ai conti
 correnti infruttiferi e' effettuato con riferimento all'intero  primo
 trimestre   (quindi   dopo   il   marzo  1993),  con  la  conseguente
 ripartizione alle regioni entro il 30 giugno 1993;
       e) che  i  soggetti  tenuti  a  versare  i  contributi  inviano
 trimestralmente  alle  regioni i rendiconti, mentre quello annuale e'
 comunicato entro 30 giorni dall'approvazione dei  bilanci  consuntivi
 per  gli  enti  pubblici  o  dalla  presentazione  al  Parlamento del
 rendiconto generale per le amministrazioni  centrali  dello  Stato  e
 che,  nella  prima applicazione, il rendiconto per il primo trimestre
 e' inviato unitamente al rendiconto per il  secondo  trimestre  (art.
 11, comma 11);
       f)  che,  per  il 1993, sono ridotti i capitoli di entrata e di
 spesa del bilancio dello Stato relativi al Fondo sanitario  di  parte
 corrente,  per  importi  pari  ai contributi accreditati alle regioni
 (art. 11, comma 14);
       g) che, sempre per il 1993,  il  CIPE  delibera  l'assegnazione
 alle  regioni  di un acconto della quota del fondo sanitario di parte
 corrente,  tenuto  conto  dell'importo   complessivo   presunto   dei
 contributi  di  spettanza delle singole regioni, e che l'assegnazione
 del saldo avviene entro il febbraio 1994.
    La  particolare  complessita'  del  sistema   -   che   presuppone
 l'adozione  del  Piano  sanitario  nazionale  fissata per il prossimo
 triennio ad una  data  (31  luglio  1993)  necessariamente  differita
 rispetto  a  quella  della  entrata  in  vigore della legge, e la cui
 mancanza impedisce, per il 1993, l'attuazione della nuova  disciplina
 -  comporta  un  inevitabile slittamento nelle assegnazioni dei mezzi
 finanziari alle regioni; difatti  i  contributi  riscossi  nel  primo
 trimestre  1993 sono accreditati soltanto nel secondo trimestre dello
 stesso anno, mentre per le quote del fondo sanitario le modalita'  di
 erogazione  sono  rimesse ad un decreto del Ministro del tesoro (art.
 11,  comma  10),  pur  disponendosi  che  il   CIPE   provveda   alla
 ripartizione  di  un  acconto,  ma senza specificare in quale momento
 (art. 11, comma 15), essendosi solo precisato  che  "all'assegnazione
 definitiva" per il 1993 si provvede entro il febbraio 1994.
    Si  e',  percio',  in  presenza di una situazione transitoria resa
 necessaria sia dalla perdurante congiuntura,  sia  dalla  attivazione
 del nuovo sistema che prevede un regime secondo cui il fondo - che e'
 determinato  annualmente  dalla  legge  finanziaria  al netto, per la
 parte corrente,  dell'importo  complessivo  presunto  dei  contributi
 attribuiti  direttamente  alle  regioni  -  e'  ripartito entro il 31
 ottobre di ciascun anno, con riferimento al triennio successivo.
    In tale quadro normativo si colloca l'art. 8 della  legge  n.  498
 del  1992 che, pur pubblicata nella Gazzetta ufficiale il 29 dicembre
 1992 e quindi il giorno precedente  quello  della  pubblicazione  del
 decreto  legislativo  n.  502  del  1992,  non  e'  stata  da  questo
 espressamente abrogata ne', per quel che riguarda l'anno 1993, e' con
 esso incompatibile, ma anzi mantiene la sua efficacia,  sia  pure  in
 parte,  come si vedra' in prosieguo. L'art. 8 citato si inserisce nel
 sistema di finanziamento della spesa sanitaria anteriore alla riforma
 per quanto riguarda le erogazioni del  fondo  sanitario  nazionale  e
 tiene  in  ogni caso conto della attribuzione alle regioni, a partire
 dal 1› gennaio 1993, dei contributi sanitari localmente riscossi,  al
 fine  di  assicurare  l'assegnazione  delle  risorse finanziarie alle
 regioni pur in misura ridotta, come previsto per il 1993.
    Va in proposito considerato che, secondo la legge di  riforma,  lo
 strumento  essenziale di governo dell'azione pubblica nello specifico
 settore e' costituito dal Piano sanitario nazionale, anche  per  cio'
 che  attiene  alla  disciplina  delle  risorse  a  disposizione,  "in
 coerenza con  l'entita'  del  finanziamento  assicurato  al  servizio
 sanitario nazionale" (art. 1, comma 1, del decreto legislativo n. 502
 del  1992).  Poiche'  detto  piano,  che e' triennale, per il periodo
 1994-96 va adottato entro il 31 luglio 1993, e' evidente che il nuovo
 assetto, nella sua organicita', non potra' avere  applicazione  prima
 del   1994,   permanendo  pertanto  la  necessita'  di  assicurare  i
 finanziamenti per l'anno 1993.
    E' sorta, quindi, l'esigenza di uno strumento di raccordo  tra  il
 vecchio  e  il  nuovo regime per non interrompere i flussi finanziari
 fino al momento in cui, espletati tutti gli adempimenti previsti  per
 il nuovo sistema, questo iniziera' ad avere integrale applicazione.
    Tale strumento di raccordo non ha potuto, d'altra parte, non tener
 conto   della   perdurante  crisi  economica,  risultando  cosi'  non
 illegittime le previste riduzioni, per il 1993, sia della  quota  del
 fondo,   sia  dei  contributi  sanitari  riscossi  localmente.  Detta
 riduzione, giustificata  dalla  manovra  complessiva  di  risanamento
 finanziario,  non  e'  difatti lesiva delle competenze delle province
 autonome sia perche', come piu' volte la Corte ha precisato (sent. n.
 356 del 1992 cit.), dall'autonomia finanziaria di queste non derivano
 vincoli  di  carattere  quantitativo  definiti  da  norme  di   rango
 costituzionale  -  cio'  valendo  anche  in  relazione  ai contributi
 sanitari  -  sia  perche'  permane  il  crescente   andamento   della
 partecipazione  delle  regioni  a  statuto  speciale e delle province
 autonome   al   gettito   dei   tributi   erariali.   Un  sistema  di
 finanziamento, questo, piu' favorevole in termini generali e che deve
 essere   considerato   comunque   in   un    periodo    congiunturale
 caratterizzato  da  un  rilevante  disavanzo economico e finanziario.
 Tale criterio rientra, d'altra parte, nella linea  di  una  razionale
 politica  economica,  dovendo  le  entrate  e  le uscite del bilancio
 essere adeguate alle mutevoli contingenze e non  contrastando  con  i
 parametri  costituzionali  invocati una misura che richieda agli enti
 di autonomia piu' favoriti una maggiore partecipazione alle  esigenze
 di solidarieta' nazionale.
    4.  -  A diverse conclusioni si deve pervenire per quanto riguarda
 la norma  impugnata  nella  parte  in  cui  conferma,  per  gli  anni
 successivi al 1993, l'aliquota di riduzione, pari al 28 per cento per
 le  province  autonome,  della quota di parte corrente loro spettante
 del fondo sanitario nazionale, gia' prevista dall'art. 4,  comma  11,
 della legge 30 dicembre 1991 n. 412.
    Una  siffatta previsione e' divenuta incompatibile, per tali anni,
 con  il  nuovo  sistema  di  finanziamento  del  servizio   sanitario
 nazionale  contemplato dal decreto legislativo citato. Questo infatti
 si basa su  precisi  documenti  di  programmazione  (piano  sanitario
 triennale);   presuppone   la   fissazione  di  criteri,  livelli  di
 prestazione  e  modalita'  che  dovrebbero  rendere   plausibile   il
 raggiungimento  dell'equilibrio  tra entrate e spese; coinvolge tutti
 gli enti interessati al settore ed infine ha applicazione  a  partire
 dal  1994. Una volta delineato un nuovo sistema, non avrebbe senso la
 previsione anticipata della riduzione a  regime  di  una  delle  voci
 (fondo  sanitario)  che  concorrono  al  finanziamento  del  servizio
 sanitario.
    Pertanto l'incompatibilita'  di  detta  previsione  con  la  nuova
 riforma  (posteriore  di  un giorno alla norma impugnata) consente di
 ritenere che la prima, relativamente agli anni  successivi  al  1993,
 sia stata implicitamente abrogata dalla seconda, cosi' superandosi le
 censure riferite alla parte della disposizione riguardante tali anni.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Riuniti  i  giudizi,  dichiara  non  fondate,  nei  sensi di cui in
 motivazione,   le   questioni    di    legittimita'    costituzionale
 dell'articolo  8,  comma  1,  della  legge  23  dicembre  1992 n. 498
 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica), sollevate:
       a) in riferimento agli artt. 3,  5,  81,  quarto  comma,  della
 Costituzione,  al  titolo  VI  dello  statuto approvato con d.P.R. 31
 agosto 1972 n. 670, nonche' agli art. 5,  comma  1,  della  legge  30
 novembre  1989  n.  386  e 27 della legge 5 agosto 1978 n. 468, dalla
 Provincia autonoma di Trento, con il ricorso indicato in epigrafe;
       b) in riferimento agli artt. 8, 9,  n.  10,  16,  primo  comma,
 titolo  VI,  104 e 107 del predetto statuto, alle norme di attuazione
 approvate con d.P.R. 28 marzo 1975 n. 474 e 26 gennaio 1980 n. 197  e
 con  decreti legislativi 16 marzo 1992 nn. 267 e 268, e agli artt. 3,
 81, 116  e  119  della  Costituzione,  dalla  Provincia  autonoma  di
 Bolzano, con il ricorso indicato in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 26 luglio 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: CAIANIELLO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 28 luglio 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
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