N. 459 ORDINANZA (Atto di promovimento) 15 giugno 1993

                                N. 459
 Ordinanza  emessa  il  15  giugno  1993  dal  pretore di Siracusa nel
 procedimento civile vertente tra Rossitto Vita e Rubino Edoardo.
 Locazioni di immobili urbani - Uso abitativo - Richiesta di convalida
    di licenza per finita locazione - Proroga biennale del contratto -
    Operativita' di diritto anche in  assenza  di  trattative  per  un
    nuovo  canone  -  Impossibilita' per il locatore di sottrarsi alla
    proroga  anche  in  presenza  di  necessita'  propria   -   Omessa
    previsione di procedura mediante la quale far valere il diritto ad
    ottenere   l'immobile   -   Compressione  del  diritto  di  tutela
    giurisdizionale  e  del  principio  di  tutela  della   proprieta'
    privata.
 (Legge 8 agosto 1992, n. 359, art. 11, comma 2-bis).
 (Cost., artt. 24 e 42).
(GU n.36 del 1-9-1993 )
                              IL PRETORE
   Letti  gli  atti  del  proc.  civ. iscritto al n. 418/93 r.g. a.c.,
 promosso ex art. 657  del  c.p.c.  da  Rossitto  Vita  contro  Rubino
 Edoardo;  a  scioglimento  della  riserva  assunta all'udienza del 20
 maggio 1993,
                           OSSERVA IN FATTO
    1. - Con atto notificato in data  16  marzo  1993,  Vita  Rossitto
 intimava ad Edoardo Rubino licenza per finita locazione dell'immobile
 sito  in Siracusa, via dell'Olimpiade n. 27, scala A, int. 14, per la
 scadenza del  30  novembre  1993,  contestualmente  citandolo  avanti
 questo pretore per la convalida.
    2. - Costituendosi tramite difensore all'udienza all'uopo fissata,
 l'intimato  si  opponeva  alla  convalida eccependo: a) l'intervenuta
 novazione, per facta concludentia, del contratto e dunque il  decorso
 di  un nuovo rapporto locativo dal 26 giugno 1992 (data della stipula
 di un contratto di permuta tra  l'intimante  ed  il  di  lei  coniuge
 legalmente   separato,   originario  locatore,  in  forza  del  quale
 quest'ultimo trasferi' alla prima la meta' indivisa dell'appartamento
 locato) o comunque dal 22 luglio 1992  (data  in  cui  il  precedente
 locatore  ebbe  a ritirare il mobilio che arredava l'immobile, con il
 consenso del conduttore, senza che in sua  sostituzione  la  Rossitto
 fornisse  arredamento);  b)  in  subordine,  la  proroga biennale del
 rapporto in forza dell'art. 11, comma 2-bis,  della  legge  8  agosto
 1992, n. 359. Offriva altresi' un aumento del canone.
    3. - Nella medesima udienza l'intimante, contestando la fondatezza
 in  fatto  ed  in  diritto  delle opposte eccezioni ed in particolare
 ribadendo d'aver necessita' dell'appartamento per adibirlo a  propria
 abitazione,  insisteva  in domanda chiedendo l'emissione di ordinanza
 d'immediato rilascio ex art. 665 del c.p.c.
                          OSSERVA IN DIRITTO
    4. - La  prima  eccezione  non  puo'  rappresentare  grave  motivo
 ostativo  alla  pronuncia  del chiesto provvedimento provvisorio, non
 ravvisandosi in atti alcun elemento che possa indurre  ad  attribuire
 in  modo  certo  ed univoco alle sopra descritte circostanze (permuta
 della  meta'  indivisa  del  bene  e  ritiro  del  mobilio  da  parte
 dell'originario   locatore),   il  significato  novativo  voluto  dal
 conduttore.
    4.1. - Ed invero, le vicende giuridiche relative  alla  proprieta'
 della  cosa  locata,  di  per  se'  non  spiegano  alcun  effetto sul
 contenuto oggettivo e  sulla  durata  del  rapporto,  che  conservano
 pertanto  immutato  l'assetto  originario (emptio non tollit locatum:
 artt. 1599 e 1602 del c.c.).
    4.2.  -  La  restituzione  del  mobilio  da  parte  del conduttore
 (ceduto) al locatore cedente - in mancanza  di  prova  o  allegazione
 alcuna  di  concomitanti accordi intervenuti anche con la subentrante
 locatrice - deve poi riguardarsi come fatto negoziale  perfezionatosi
 e  destinato  a  produrre  effetti  esclusivamente  tra costoro, solo
 marginalmente  influente  sulla  prestazione  principale  dedotta  ad
 oggetto  del  rapporto  locativo,  di guisa che nessun tacito effetto
 novativo dell'originario contratto puo'  desumersene  (le  parti  del
 resto,  nel  corso  del  rapporto,  possono  benissimo  concordare la
 modifica di alcuni soltanto dei termini del regolamento contrattuale,
 senza che cio' implichi,  in  mancanza  di  prova  contraria  ed,  in
 ispecie,  del  c.d.  animus  novandi,  la  costituzione  di  un nuovo
 rapporto in sostituzione del precedente).
    5. - Efficacia impeditiva della sollecitata pronuncia ex art.  665
 del c.p.c. dovrebbe invece riconoscersi alla seconda eccezione svolta
 dall'intimato.
   5.1.   -   Occorre   a   riguardo   prendere   atto   che,  secondo
 un'interpretazione assai  diffusa  nella  giurisprudenza  di  merito,
 avallata  da numerosi ed autorevoli commentatori, la proroga biennale
 disposta dall'art. 11, comma 2- bis  della  legge  n.  359/1992  deve
 intendersi  operare  in  modo  automatico  e  non  condizionato  alla
 dimostrazione dell'avvio di trattative per il rinnovo del contratto e
 del loro fallimento per il mancato raggiungimento di un  accordo  sul
 canone,  di  tal  che  l'esistenza  dei  presupposti di essa dovrebbe
 implicitamente desumersi dalla stessa intimazione di una licenza  per
 finita locazione, senza che alcuna distinzione sia possibile fare con
 riguardo alle motivazioni del rifiuto di trattare.
    Vero  e'  che  sul  punto  si  registrano tra i giudici di merito,
 spesso  nell'ambito  del  medesimo  ufficio   giudiziario,   pronunce
 diametralmente    opposte,    eppero'    proprio    tale    contrasto
 giurisprudenziale, nella misura in cui prospetta comunque - quale che
 sia la soluzione alla quale questo stesso giudice  ritenga  di  dover
 aderire  -  concrete possibilita' di accoglimento, in sede di merito,
 della svolta eccezione (specie ove si consideri che  per  ragioni  di
 competenza   il   relativo  giudizio  dovra'  presumibilmente  essere
 pronunciato dal giudice superiore), basterebbe a rendere quanto  meno
 opportuno, se non doveroso, il diniego, per gravi motivi, del chiesto
 provvedimento.
    5.2.   -   Senonche',   proprio   in   relazione   alla  descritta
 interpretazione  generalizzante   della   portata   della   norma   -
 interpretazione che, per quanto sopra s'e' detto, per il fatto stesso
 di  essere  consentita  dalla  lettera e dalla ratio della norma e di
 essere sostenuta da numerosa dottrina e  giurisprudenza,  impedirebbe
 la chiesta pronuncia interinale -, e' stata gia' sollevata da diversi
 giudici questione di illegittimita' costituzionale, per contrasto con
 gli  artt. 24 e 42, secondo comma, della Costituzione, nella parte in
 cui la stessa non prevede un diritto di  recesso  del  locatore  alla
 scadenza  naturale  del  contratto in caso di necessita' di destinare
 l'immobile ad uso abitativo proprio  (v.  pret.  Bologna,  ord.    22
 dicembre 1992; v. anche pret. Roma, ord. 9 dicembre 1992).
    5.2.1. - Ritiene questo decidente di dover condividere il giudizio
 di  non  manifesta  infondatezza  di  siffatta  questione, cosi' come
 prospettata dalle ricordate ordinanze pretorili.
    5.2.1.1. - Con riferimento  all'art.  42  della  Costituzione,  va
 invero    osservato    che   se,   per   un   verso,   le   finalita'
 antinflazionistiche  e  calmieratrici  evidentemente  perseguite  dal
 legislatore  di  fronte alle prevedibili implicazioni della scelta di
 liberalizzare il mercato delle locazioni, impingendo direttamente  la
 funzione  sociale che del diritto di proprieta' viene disegnato dalla
 norma costituzionale come limite  interno  e  coessenziale  alla  sua
 stessa  tutela,  giustificano  la  previsione di una ennesima proroga
 legale, per altro verso esse ovviamente non possono  essere  invocate
 nei  casi  in  cui  tali  possibili implicazioni non sono in concreto
 ipotizzabili,  e  cioe'  quando  il  proprietario  lungi  dal   voler
 speculare  sul  suo  bene,  ha  necessita' di direttamente adibirlo a
 propria abitazione.
    In tali casi, e solo in essi, la proroga si ripropone dunque, come
 ennesimo vincolo incompatibile con il dettato costituzionale.
    In  proposito  precise   indicazioni   vengono   gia'   da   Corte
 costituzionale  27 febbraio 1980, n. 22, ove si legge: "nel complesso
 sistema vincolistico .. l'istituto della  necessita'  come  causa  di
 cessazione   della   proroga   legale   ha   assunto   nella   comune
 interpretazione adeguatrice (cfr.  sentenza  n.  132/1972)  carattere
 strumentale   per   la   composizione   dei  contrapposti  interessi,
 prevalendo di regola quelli dei conduttori, che rimangono sacrificati
 di fronte all'esigenza  del  locatore  proprietario  di  ottenere  la
 disponibilita' dell'immobile in caso di necessita'".
    La   necessita'   del  locatore,  considerata  nel  secondo  comma
 dell'articolo al fine di consentire il recesso  alla  prima  scadenza
 (del  contratto  stipulato  o  rinnovato successivamente al 14 agosto
 1992), non rileva invece nella norma  in  commento,  a'  sensi  della
 quale - interpretata nel senso che s'e' detto - in nessuna ipotesi e'
 dato  al locatore sottrarsi alla proroga biennale del rapporto, salvo
 ovviamente che lo stesso conduttore espressamente vi rinunci.
    5.2.1.2. - Alla stregua delle superiori considerazioni,  non  puo'
 anche  non  prospettarsi,  come corollario un contrasto con l'art. 24
 della  Costituzione,  atteso  che  alla  mancata  previsione  di  una
 facolta'  di  recesso del locatore si aggiunge anche l'assenza di una
 procedura  atta  a  disciplinarne  l'esercizio,  di  guisa   che   ne
 resterebbe  comunque  leso  il  diritto del locatore di far valere in
 giudizio il suo diritto.
    Non sembra a tal fine proponibile una applicazione analogica della
 disciplina prevista dall'art. 30 della legge 27 luglio 1978, n.  392,
 espressamente  richiamata  solo  per  la  diversa  ipotesi  di cui al
 secondo comma dell'art. 11 della  legge  n.  359/1992,  e  del  resto
 difficilmente   raccordabile   all'esigenza  di  evitare  la  proroga
 biennale (quanto meno per quei  contratti  la  cui  scadenza,  bensi'
 successiva  al 14 agosto 1992, sia tuttavia prevista entro un termine
 inferiore a quello imposto dall'art. 29 della legge n.  392/1978  per
 la necessaria preventiva comunicazione).
    5.2.2.  -  Non  puo' dubitarsi della rilevanza della questione nel
 presente giudizio.
    L'assunto del convenuto, secondo  cui  vi  sarebbero  state  delle
 trattative  con la subentrante locatrice per il rinnovo del contratto
 non andate a buon fine per contrasti sull'ammontare del  canone,  non
 risulta in alcun modo confortato dalla documentazione esibita.
    Appare  invece  piu'  credibile l'opposta deduzione dell'intimante
 che, escludendo di aver mai avviato trattative, afferma piuttosto  di
 aver  necessita'  di  destinare l'immobile a propria abitazione. Tale
 esigenza e' invero gia' espressamente manifestata  nella  lettera  di
 disdetta  tempestivamente comunicata e trova adeguato riscontro nelle
 documentate e del resto incontroverse vicende subite dal rapporto  di
 coniugio della medesima: risulta infatti che la sentenza dichiarativa
 della   separazione   giudiziale   ebbe  ad  assegnare  -  quantunque
 sull'accordo dei coniugi - al di lei marito la casa coniugale.
    Allo stato degli atti, deve pertanto ritenersi  che  sussista  per
 l'intimante  la  dedotta  necessita'  di adibire l'immobile a propria
 abitazione, dal che consegue - come sopra gia' s'e' illustrato -  che
 rilievo   decisivo   al  fine  d'emettere  il  chiesto  provvedimento
 provvisorio assume proprio la prospettata questione  d'illegittimita'
 costituzionale,  che va dunque sollevata d'ufficio con le conseguenti
 statuizioni di cui al dispositivo.
    La  pendenza,  davanti  alla  Corte  delle   leggi,   di   giudizi
 incidentali  promossi  su identiche questioni - di cui questo pretore
 e' evidentemente ben consapevole e la cui decisione anzi si aspetta a
 breve termine -, non puo' comunque  suggerire  soluzioni  alternative
 alla  presente  ordinanza,  dovendosi  in  particolare  escludere  la
 possibilita' di una sospensione necessaria del giudizio ex  art.  295
 del c.p.c. atteso che a siffatte questioni - secondo le condivisibili
 indicazioni di numerosa ed autorevole dottrina giusprocessualistica -
 non puo' riconoscersi la natura di pregiudiziali in senso tecnico.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  134  e  137  della  Costituzione, 1 della legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1, e 23 della legge 11 marzo 1953,
 n. 87;
    Dichiara non manifestamente infondata, e  rilevante  nel  presente
 giudizio, la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 11,
 comma 2-bis, della legge 8 agosto 1992, n. 359, per contrasto con gli
 artt. 24, primo comma, e 42, secondo comma, della Costituzione, nella
 parte  in  cui non prevede (e non disciplina la procedura mediante la
 quale far valere) un diritto di recesso del  locatore  alla  scadenza
 naturale  del contratto in caso di necessita' di destinare l'immobile
 ad uso abitativo proprio;
    Dispone   l'immediata   trasmissione   degli   atti   alla   Corte
 costituzionale  e  la  sospensione  del  presente  procedimento  fino
 all'esito del giudizio incidentale di illegittimita' costituzionale;
    Ordina che, a cura della cancelleria, la  presente  ordinanza  sia
 notificata  alle  parti in causa, nonche' al Presidente del Consiglio
 dei Ministri, e che la stessa venga altresi' comunicata ai Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Siracusa, addi' 15 giugno 1993
                         Il pretore: IANNELLO

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