N. 465 ORDINANZA (Atto di promovimento) 31 maggio 1993

                                N. 465
 Ordinanza emessa il 31  maggio  1993  dal  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  la  pretura  di Torino nel procedimento penale a
 carico di Confalonieri Giancarlo.
 Processo penale - Patrocinio per i non abbienti - Anticipo delle
    spese di giustizia e di difesa a carico dello Stato -  Diritto  di
    rivalsa  dello  stesso  in  caso  di  condanna  del non abbiente -
    Disparita' di trattamento  -  Violazione  del  diritto  di  difesa
    sostanziale.
 (C.P.P. 1988, artt. 533, 535, 619 e 693, in relazione alla legge 30
    luglio  1990,  n.  217, e in relazione al d.m. 3 novembre 1990, n.
    327).
 (Cost., artt. 3 e 24, terzo comma).
(GU n.36 del 1-9-1993 )
                IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI
    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel   procedimento   per
 incidente  di  esecuzione proposto dalla difesa avv. C. Martinasso di
 Confalonieri Giancarlo, nato a Torino il 29 marzo 1962, residente  in
 Torino,  via  Palma  di  Cesnola  n. 36 con ricorso in data 21 aprile
 1993.
                     OSSERVA IN FATTO E IN DIRITTO
    In data 21 aprile 1993  il  difensore  di  Confalonieri  Giancarlo
 presentava  istanza  di  incidente  di esecuzione del procedimento n.
 8369/92 r.g. p.m. e n. 7207/92 r.g. g.i.p. osservando che "il  signor
 Confalonieri  veniva  ammesso  al  patrocinio  a spese dello Stato ex
 legge  n.  217/1990;  che  successivamente  a  tale   ammissione   il
 sottoscritto  veniva  regolarmente  liquidato;  che  non  interveniva
 successivamente  un  provvedimento  di  revoca,  di  modifica  o   di
 cessazione  degli  effetti;  che,  in  data  2  aprile  1993,  veniva
 notificato al signor Confalonieri un atto di  precetto  con  cui  gli
 veniva  intimato il pagamento della somma lire 576.430 comprensiva di
 lire 74.000 per la scelta del rito abbreviato e  lire  484.000  quale
 somma  versata  dall'Erario al difensore quale onorario liquidato con
 decreto dal g.i.p. di Torino".
    In base alla considerazione che "l'atto di  precetto  vanifica  il
 decreto  di ammissione al pratrocinio alle spese dello Stato; che non
 vi e' nessuna norma nella legge n. 217/1990 che autorizzi il campione
 penale a richiedere tali spese" chiedeva al  giudice  dell'esecuzione
 provvedesse  "  ex  art.  695  del c.p.p. in ordine alla richiesta di
 pagamento fatta al sig. Confalonieri".
    Veniva fissato incidente di  esecuzione  avente  oggetto  "esonero
 parziale  pagamento spese gratuito patrocinio" relativo alla sentenza
 n. 1484 del 7 ottobre 1992 emessa in sede di giudizio abbreviato  dal
 g.i.p. presso la pretura di Torino.
    Il   19   maggio   1993   la  difesa  instava  per  l'accoglimento
 dell'incidente ed il p.m. chiedeva l'accoglimento del ricorso.
    Il  giudice si riservava e chiedeva all'ufficio campione penale di
 voler precisare il termine della questione.
    A scioglimento della riserva il giudice osserva:  il  Confalonieri
 risulta  ammesso al gratuito patrocinio con ordinanza 31 marzo 1993 e
 non risulta che la stessa sia stata modificata o revocata.
    In forza dell'art. 535 del c.p.p. la cancelleria ha  ritenuto  che
 la  normativa sul patrocinio dei non abbienti non abbia esonerato dal
 recupero delle "spese di procedimento" nei confronti dei beneficiari.
 Ha, pertanto, inviato atto di precetto intimando il  pagamento  della
 somma  di  lire  576.430  relative  a  "spese  anticipate dell'erario
 recuperabili per intero": avvocato n. 4989 del 14 dicembre 1992  lire
 484.000;  bollo  lire  15.000;  notifica lire 3.430, per un totale di
 lire 502.430 piu' spese recuperabili in misura fissa di  lire  74.000
 per   un   totale  complessivo  di  lire  576.430.  Tutto  questo  in
 considerazione del fatto che le condizioni di insolvibilita' verranno
 accertate in sede di appuramento della partita di campione penale  ai
 sensi  dell'art.  693 del c.p.p. e dell'art. 253 del r.d. 23 dicembre
 1965, n. 2701.
    I punti della questione appaiono complessi in  quanto  si  possono
 distinguere  le  c.d.  spese processuali (nel caso lire 74.000 per il
 rito abbreviato) dalle spese anticipate  dall'erario  per  la  difesa
 dell'ammesso  al  patrocinio  (lire  502.430). Questi due capitoli di
 spesa non appaiono discendere dalla stessa fonte.
    D'altro canto vi e' per la  cancelleria  l'obbligo  all'azione  di
 recupero  in  conformita'  degli  artt. 530 e 691 del c.p.p. Occorre,
 percio', stabilire se non  vi  sia  un  contrasto  fra  la  normativa
 generale  prevista  dal  codice  di  procedura penale per il recupero
 delle spese e quanto stabilito dalla normativa specifica sul gratuito
 patrocinio. Successivamente, si dovra' stabilire se l'interpretazione
 risultante dalla lettura comparata dell'attuale normativa vigente non
 sia in contrasto con i principi  costituzionali.  La  risoluzione  di
 questi quesiti appare preliminare e necessaria per poter risolvere in
 senso positivo o negativo l'incidente di esecuzione proposto.
    La  legge  30 luglio 1990, n. 217, ha riordinato in materia penale
 il gratuito patrocinio dello Stato per i non abbienti  gia'  previsto
 dal  r.d.  sul  gratuito  patrocinio del 30 dicembre 1923, n. 3282, e
 legge n. 533 dell'11 agosto 1973.
    Si tratta di una normativa che  si  riferisce  in  particolare  al
 procedimento  penale  e  penale  militare  ed  ai procedimenti civili
 connessi, quali risarcimento dei danni o restituzioni, fatti in  sede
 civile  come  conseguenza  di  reato. Viene ad integrare il primitivo
 r.d. sul gratuito patrocinio del 30 dicembre 1923, n.  3282,  che  si
 riferiva  in  prima  istanza alle cause civili, commerciali o d'altra
 giurisdizione, contenziosa, gli affari di volontaria giurisdizione ad
 anche ai giudizi penali. Si deve pertanto ritenere che  il  r.d.  sia
 attualmente  abrogato, per la parte novellata dalla legge n. 217, che
 ha disciplinato  diversamente  la  materia  penale  e  connessa  alla
 penale.
    Occorre  verificare  se  le  premesse  che  hanno portato alle due
 normative sono nin sisntonia fra di loro,  per  poter  stabilire  che
 cosa in concreto si intende per gratuito patrocinio.
    Volendo   partire   dalle   origini,  si  puo'  affermare  che  il
 patrocinio, era visto come istituto afferene la giustizia  civile  ed
 affidato alla sensibilita' della corporazione degli avvocati, i quali
 dovevano  assicurare anche ai poveri una difesa. La qualifica di tale
 istituto   come  onorifica  ed  affidata  all'ordine  degli  avvocati
 traspare dall'art. 1 del r.d. n. 3282 che afferma come "il patrocinio
 gratuito dei poveri e' un ufficio  onorifico  ed  obbligatorio  della
 classe  degli avvocati e procuratori". Sembra chiaro che la normativa
 ha  voluto  sancire  un  onere  dell'ordine  forense,   su   cui   la
 magistratura  aveva  il  dovere  di  vigilare  "perche'  le cause dei
 poveri" fossero "diligentemente trattate"  (art.  4).  Vediamo  quali
 erano  in  sintesi gli effetti principali dell'ammissione per il r.d.
 n. 3282; intanto la difesa gratuita da parte  del  patrono  nominato,
 che  appare  un  evidente  onere, per l'ordine forense temperato solo
 dalla possibilita' di  ripetizione  degli  onorari  alla  controparte
 condannata  nelle  spese  nelle cause civili e nelle cause penali ove
 fosse costituzione di parte civile; poi l'annotazione a debito  delle
 tasse  di  registro e l'uso di carte non bollate; spedizione di copie
 senza diritti o tasse; notai e periti dovevano prestare gratuitamente
 la loro opera, con la possibilita' tuttavia di ripetere  dalla  parte
 condannata  alle spese o anche dalla stessa parte ammessa al gratuito
 patrocinio  le  stesse,  "qualora  per  vittoria  di  causa  o  altre
 circostanze venisse a cessare in essa lo stato di poverta'".
    Nella sostanza si parla sempre di un'anticipazione dello Stato per
 talune  spese,  un esonero per taluni diritti, mentre si tratta di un
 onere di difesa che grava su tutte le altre  parti  interessate  alla
 causa fra cui anche avvocati, notai e periti.
    Come  afferma  l'art. 16 "sotto il nome di poverta' non si intende
 la nullatenenza, ma uno stato in cui il ricorrente non sia  in  grado
 di sopperire alle spese della lite".
    Sia  pur espressa in termini strettamente civilistici, si dichiara
 la volonta' di permettere a tutti di adire le vie legali e far valere
 le proprie ragioni.
    Una condizione prevista appositamente dall'art. 34 e' il fumus  di
 ragione  che la parte deve avere, al fine di ottenere il patrocinio e
 continuare nell'azione, ove si afferma che  "l'assunto  della  parte"
 deve   apparire   "fondato   in   ragione".   Presupposto   di  fondo
 dell'ammissione e' che la parte abbia pertanto ragione,  tant'e'  che
 lo Stato stesso incamerera' quanto ottenuto dalla condanna alle spese
 della parte avversa e lo stesso ammesso al patrocinio, "in condizioni
 di  poter restituire le spese erogate", "sara' in dovere di adempiere
 a tale rivalsa".
    Lo Stato pertanto appare voler solo  consentire  l'adizione  della
 giustizia  senza  rinunciare  alla sua pretesa di rimborso per quanto
 anticipato. Ne e' conferma l'art. 36 che  prevede  una  procedura  di
 annotazione  a debito per procedere successivamente al recupero delle
 spese e l'art. 37 che prevede  espressamente  il  recupero  in  danno
 dell'ammesso  al gratuito patrocinio "per tutte le tasse ed i diritti
 ripetibili"  quando  questi  "per  sentenza   o   transazione   abbia
 conseguito  almeno il sestuplo delle tasse e diritti" e, "quanto alle
 spese anticipate dall'erario, il povero sara' tenuto a rimborsarle in
 ogni caso con la somma  o  valore  conseguito  qualunque  esso  sia".
 L'ultimo  comma  dell'art.  37  precisa  poi,  parrebbe  per tutte le
 ipotesi, quindi anche quelle di soccombenza, "restano  in  ogni  caso
 ferme  le  norme  contenute  nei  commi  precedenti  per  l'esercizio
 dell'azione di recupero  contro  il  povero".  Lo  Stato  si  riserva
 pertanto  di  agire  civilmente  per  il  recupero contro il "povero"
 secondo la vigente normativa, attraverso la procedura dell'iscrizione
 e  debito  anche  degli onorari ed indennita', ivi iscritte a domanda
 del patrocinante.
    Questa normativa,  se  pur  era  riferita  anche  al  procedimento
 penale,  non  poteva  in  effetti esservi applicata con efficacia. Il
 principio di difesa obbligatoria era gia' ostacolato dallo  stabilire
 quella  probabilita'  di  vittoria che la normativa sottintendeva per
 offrire  il  patrocinio.  Prima  della  legge  del  1990,  la  difesa
 d'ufficio era per lo piu' solo formale in quanto affidata ancora come
 onere  all'ordine  degli  avvocati  che  nulla  ne  ricavavano se non
 prestigio, essendo un obbligo piu' normale che giuridico,  quello  di
 difendere con la massima solerzia.
    In   un  sistema  processuale  nuovo,  di  tipo  accusatorio,  era
 necessario   adeguare   l'istituto   a   criteri   che   garantissero
 l'effettivita'  della difesa per i non abbienti. Si e' pertanto tolta
 ogni discrezionalita' di nomina affidata al pubblico ministero con la
 determinazione di accordi selettivi fra il Consiglio dell'Ordine e la
 Magistratura per la nomina del difensore d'ufficio. Da quanto  emerge
 a  riguardo  dalla relazione al progetto preliminare del nuovo codice
 di procedura penale in materia, la questione di fondo era  assicurare
 la  possibilita'  a  tutti  di  una  difesa puntuale ed efficace. Per
 questo motivo  e'  stata  prevista  una  retribuzione  anche  per  il
 difensore  d'ufficio  secondo  questo  canone  di  base:  "in caso di
 assoluzione l'ammontare sia posto a carico dello Stato, se l'imputato
 si trova nelle condizioni per essere ammesso al  patrocinio  dei  non
 abbienti;  che in caso di condanna sia posto a carico del condannato;
 che, se l'obbligato non adempie, l'ammontare degli importi  stabilito
 dal  giudice  costituisce onere deducibile dal reddito professionale"
 (relazione al progetto preliminare al c.p.p., 45).
    Esaminando la relazione  al  nuovo  codice,  si  possono  reperire
 alcuni  punti  fermi  cui si trova vincolata la normativa relativa al
 difensore.
    L'istituto  della  difesa  d'ufficio  e'  basato  su  criteri   di
 effettivita';   pertanto   anche  la  difesa  d'ufficio  deve  essere
 retribuita.
    I  singoli   ordini   forensi   sono   impegnati   ad   esercitare
 istituzionalmente la tutela della funzione difensiva. Pertanto non si
 tratta soltanto di un onere ma di un dovere dell'ordine forense.
    Il patrocinio dei non abbienti e' "un istituto assunto a connotato
 specifico  del  diritto  di  azione  e  di difesa dell'art. 24, terzo
 comma, della Costituzione e deve essere particolarmente garantito.
    Dal tenore della relazione appare evidente che il  patrocinio  dei
 non  abbienti e' inteso nel senso di consentire una difesa che sia in
 linea con le esigenze del nuovo processo di parti, della sua dinamica
 e dei corrispondenti nuovi contenuti  della  funzione  difensiva.  Lo
 Stato,  con  la  normativa specifica, intende consentire pari mezzi e
 opportunita'  a  tutti  coloro  che  debbano  rispondere  penalmente,
 pertanto   l'ammesso  al  gratuito  patrocinio  potra'  nominarsi  il
 difensore fiduziario.
    Tuttavia  occorre  osservare  che,  nella  relazione,  dopo   aver
 demandato  ad una norma di attuazione la determinazione degli oneri e
 spese della difesa d'ufficio, testalmente, come  gia'  ricordato,  si
 distingue  il  caso di assoluzione da quello di condanna. Solo per la
 prima ipotesi si afferma  "siano  posti  a  carico  dello  Stato"  se
 l'imputato  si trova nelle condizioni di essere ammesso al patrocinio
 dei non abbienti, mentre nel caso di condanna non appare l'inciso "se
 ammesso al patrocinio dei non abbienti", ma si ribadisce solo che  le
 spese e onorari "siano posti a carico del condannato".
    Si puo' poi osservare che non si utilizza mai in materia la parola
 "gratuito" ma solo "patrocinio dei non abbienti".
    Da  queste affermazioni non appare modificato, per quanto riguarda
 il giudizio penale, quanto gia' stabilito in linea generale dal d.l.
 n. 3282, circa  le  motivazioni  di  fondo  del  patrocinio  dei  non
 abbienti.  Lo  Stato anticipa le spese per i non abbienti ed assicura
 un difensore che, in quanto in ogni caso retribuito,  sara'  puntuale
 nella  difesa.  Tuttavia  lo  Stato intende solo anticipare le spese,
 conservandosi la possibilita' di richiedere le spese  anche  a  colui
 che  e'  stato  ammesso  al gratuito patrocinio nel caso di condanna,
 secondo i principi generali vigenti in materia. Tale linea non appare
 in contrasto col diritto di  difesa  solo  se  inteso  nel  senso  di
 offrire  pari  opportunita' ed efficacia di difesa anche ai poveri in
 quanto si  assicura  la  difesa  per  tutte  le  fasi  del  giudizio,
 lasciando poi ad altra sede idonea, secondo il procedimento civile di
 recupero  dei crediti, la possibilita' di richiedere al condannato il
 rimborso di quanto  anticipato.  Come  ricorda  la  Cassazione  nella
 sentenza 23 giugno 1976, n. 10722 "il diritto di difesa dell'imputato
 e'  garantito dalla nomina, anche d'ufficio o a seguito di ammissione
 al gratuito patrocinio, di un difensore e dalla  sua  partecipazione,
 nei  modi  e  termini  di  legge  allo  svolgimento  delle  attivita'
 processuali".
    Pertanto non e' esatto ritenere che "la  Costituzione  affermi  il
 rigoroso  principio  della  gratuita' della difesa penale", mentre e'
 vero "che tutela la possibilita' di agire e difendersi  il  giudizio"
 per  i  non  abbienti  a  mezzo  di  appositi  istituti,  infatti  le
 disposizioni "rispettano i diritti dei non  abbienti  con  la  parola
 della  prenotazione  a debito .. per gli imputati ammessi al gratuito
 patrocinio" (Cass. 18 maggio 1957, n. 4). Analoga decisione e'  stata
 emessa  di recente dalla cassazione (sentenza 6071 del 4 giugno 1991)
 che ha affermato come l'art.  24  della  Costituzione  "garantisce  a
 tutti  la  difesa  come diritto inviolabile in ogni stato e grado del
 procedimento, ma assicura soltanto ai non abbienti i mezzi per  agire
 e difendersi davanti ad ogni giurisdizione".
    Pertanto,  il patrocinio a spese dello Stato assicura la gratuita'
 di tutta la difesa nel  corso  di  tutti  i  gradi  del  procedimento
 attraverso  le  forme  stabilite dall'art. 4 della legge n. 217/1990:
 annotazione a debito; rilasciato  gratuito  di  copie,  anticipazione
 delle  spese  di difesa; esenzione dall'imposta di bollo. Gli effetti
 del beneficio decadono in caso di nomina  fiduciaria  di  un  secondo
 difensore  e,  nel  corso del procedimento, ai sensi dell'art. 10, in
 caso di revoca o modifica.  Queste  ultime  possono  esser  richieste
 dall'intendenza di finanza fino a cinque anni dopo la definizione del
 procedimento.
    A  questo  punto  occorre  stabilire  se  lo  Stato, con l'attuale
 procedura del gratuito patrocinio, abbia inteso rinunciare,  in  ogni
 caso,  al  recupero  delle spese e se in tal senso vada inteso l'art.
 24, terzo comma, della Costituzione o se sia  tuttora  in  vigore  la
 distinzione  fra  sentenza  di condanna e di proscioglimento regolata
 dagli artt. 479 e 488 del c.p.p. abrog. e dagli artt. 533 e  530  del
 nuovo  c.p.p. Il codice stabilisce che il recupero delle spese antic-
 ipate dallo Stato si attua con  le  forme  stabilite  dalle  leggi  e
 regolamenti. Compete al cancelliere formare la parcella o nota spese.
 E'  sempre  stata  affermata  la  natura  giuridica civilistica della
 parcella e la giurisprudenza ha sottolineiato, inoltre, che tutte  le
 vicende  volte  al  recupero  delle somme iscritte nel registro delle
 spese di giustizia costituiscono elementi di un procedimento a  volte
 di  carattere  amministrativo,  a volte di carattere giurisdizionale-
 civile, mai penale (Cass. 15 giugno 1983, in Cass.   pen. 84,  1691).
 Pertanto,  le  controversie  insorgenti  in sede di esecuzione devono
 essere risolte secondo le norme ordinarie del rito civile.
    Il regolamento in materia di patrocinio gratuito (d.m. 3  novembre
 1990,  n.  327) stabilisce le procedure "per il pagamento delle somme
 dovute ai soggetti indicati  all'art.  12,  primo  comma,  e  per  il
 recupero  delle  medesime  e delle spese di cui al precedente art. 4,
 nei casi in  cui  e'  previsto".  Quest'ultimo  inciso  parrebbe  far
 riferimento a quelle leggi e regolamenti preesistenti fra cui sono da
 ricomprendere   le   distinzioni   fra  sentenze  di  condanna  e  di
 proscioglimento. Pertanto, sembra in linea con il complesso normativo
 ricavabile ritener che in caso di  gratuito  patrocinio  concesso,  a
 prescindere dalle ipotesi di revoca e modifica che appaiano procedure
 di  tipo  incidentale,  lo  Stato  non  ha  mai  inteso rinunciare ad
 esperire l'azione di rivalsa  in  caso  di  condanna  anche  per  gli
 ammessi  al  gratuito  patrocinio.  Pertanto,  sembra ammissibile che
 venga esperita l'idonea azione civile e sarebbe indebita ingerenza da
 parte del giudice penale voler bloccare,  in  sede  di  incidente  di
 esecuzione, tale procedura.
    L'art. 1 del regolamento, infatti, anche per la legge n. 217/1990,
 demanda  alle  disposizioni  del  regio  decreto 23 dicembre 1865, n.
 2701, per i procedimenti penali e n. 2700, per quelli civili.  L'art.
 3  e' suddiviso in tre commi. Il primo afferma che "il recupero delle
 somme prenotate a debito, nei casi in cui sia previsto, ha luogo  nei
 modi  stabiliti  dalla  vigente  normativa in materia di esazione dei
 crediti iscritti a campioni penale e civile".  Gli  altri  due  commi
 riguardano la cessazione degli effetti dell'ammissione (comma secondo
 e  la  modifica  del provvedimento di ammissione comma terzo). Sembra
 chiara la distinzione di tre diverse ipotesi di recupero, fra cui  la
 prima  segue  le  regole  normative,  da  sempre  in vigore, circa il
 recupero in caso di condanna. Le  altre  due  appaiono  distinte,  in
 quanto  possono  riguardare  anche  soggetti successivamente assolti,
 poiche' intervengono in corso di causa. Gli effetti  della  revoca  e
 della  modifica del gratuito patrocinio, pertanto, a differenza della
 normale precedura di recupero, potranno  anche  essere  in  danno  di
 coloro che siano successivamente assolti. Costoro dovranno retribuire
 il   difensore  di  fiducia  o  d'ufficio  nominato,  secondo  quanto
 prescrive espressamente l'art. 8 e potranno  essere  condannati  alle
 spese, se ritenuti colpevoli.
    Occorre  tuttavia osservare che questa interpretazione sistematica
 ha  come  conseguenza  il  fatto  di  far  dipendere  dall'esito  del
 procedimento le conseguenze di rimborso delle somme corrisposte dallo
 Stato.
    Infatti  rimarrebbe  valido il corollario sull'obbligo del ristoro
 delle prese previsto dal c.p.p. (artt. 535 e 691, secondo comma,  del
 c.p.p.) anche ove si sia in presenza di persona ammessa al patrocinio
 statale   che  non  sia  stata  oggetto  di  modifica  e  revoca  del
 provvedimento.
    A questo punto parrebbe violato il principio di uguaglianza art. 3
 della Costituzione la' dove vengono ad essere distinti i non abbienti
 ammessi  al patrocinio a spese dello Stato in base al dato, oggettivo
 ed estraneo, della  conclusione  del  procedimento  con  sentenza  di
 condanna o di assoluzione.
    Questo  appare  ancor  piu'  evidente  se  si  esamina la legge n.
 217/1990 che titola "Istituzione del patrocinio a spese  dello  Stato
 per i non abbienti".
    Si potrebbe infatti intendere che la legge tranne i casi di revoca
 o modifica del provvedimento abbia voluto accollare sempre allo Stato
 spese e patrocinio per i non abbienti.
    Considerato  che  nella  legge non si chiarisce espressamente tale
 concetto   e   che,    anzi,    dalla    normativa    richiamata    e
 dall'interpretazione    sistematica   dell'istituto   appare   dubbia
 l'interpretazione in tal senso della legge stessa, emerge  chiaro  il
 mancato coordinamento fra la normativa processual penalistica vigente
 e la legge n. 217.
    Di  fronte  alla  normativa  sul  patrocinio "a spese dello Stato"
 inoltre potrebbe ritenersi violato, altresi', il  diritto  di  difesa
 art.  24, terzo comma, della Costituzione ove si intenda il principio
 non solo come possibilita' di "agire  e  difendersi"  nel  corso  del
 procedimento  ma  anche  di essere esonerati in ogni caso da rimborsi
 successivi allo Stato o richieste in sede civile qualora siano  stati
 ammessi   ad   usufruire  dell'istituto,  in  osseguio  al  principio
 dell'effettivita' del diritto di difesa.
    Se infatti si considera che in base a questo stesso principio gia'
 esiste la difesa d'ufficio, parimenti retribuita, non si vede in  che
 cosa troverebbe attuazione l'art. 24, terzo comma, della Costituzione
 se il non abbiente puo' essere chiamato a rimborsare lo Stato in caso
 di condanna.
    Si  farebbe  percio'  dipendere  l'attuazione  dell'art. 24, terzo
 comma, della Costituzione dalla circostanza che  sia  intervenuta  la
 sentenza  di  assoluzione  o  di  condanna  con un pareggiamento solo
 approssimativo delle posizioni delle  parti  in  giudizio.  La  legge
 appresterebbe gli strumenti per la difesa ma non assicurerebbe alcuna
 gratuita' del giudizio.
    Pertanto   appare   pregiudiziale  alla  decisione  sull'incidente
 proposto stabilire se e in che misura  il  non  abbiente  ammesso  al
 patrocinio   gratuito   successivamente   condannato   sia  tenuto  a
 rimborsare lo Stato; se, in caso di risposta affermativa, il rimborso
 debba esser limitato, a norma  di  quanto  stabilito  dal  codice  di
 procedura  penale,  alle  spese  di  giustizia  o se debba intendersi
 esteso anche a quanto anticipato dallo Stato per  il  patrocinio  del
 difensore.
    Nell'ipotesi  di risposta positiva a questi due quesiti appare non
 manifestamente infondata la questione di legittimita'  costituzionale
 degli  artt.  533 e 535 del c.p.p., 619 e 693 del c.p.p. in relazione
 alla legge n. 217 del 30 luglio 1990 e regolamento  d.m.  3  novembre
 1990,  n. 327, per contrasto con gli artt. 3 e 24, terzo comma, della
 Costituzione in quanto appare una disparita' di trattamento  dei  non
 abbienti  ed  una  violazione  della difesa sostanziale degli stessi.
 L'accollo delle spese allo Stato  e  l'attuazione  del  disposto  del
 diritto  di  difesa offerto ai non abbienti infatti discenderebbe dal
 riconoscimento    dell'innocenza.    Si     tornerebbe,     pertanto,
 surrettiziamente  a  garantire  il patrocinio ai non abbienti a spese
 dello Stato solo in caso di esito favorevole del processo.
                                P. Q. M.
    Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Solleva la questione di legittimita'  costituzionale  degli  artt.
 533 e 535 del c.p.p., 619 e 693 del c.p.p. in relazione alla legge n.
 217  del  30  luglio 1990 e regolamento d.m. 3 novembre 1990, n. 327,
 per contrasto con gli artt. 3 e 24, terzo comma, della  Costituzione,
 nella  parte  in cui in caso di condanna del non abbiente, ammesso al
 gratuito patrocinio, prevede la condanna alle spese  di  giustizia  e
 alle spese di difesa dello stesso;
    Ritenendo tale questione rilevante e non manifestamente infondata;
    Dispone la sospensione del procedimento in corso e la trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina  che  la  presente ordinanza sia notificata alle parti e al
 Presidente del Consiglio dei  Ministri  e  comunicata  ai  Presidenti
 delle due Camere del Parlamento.
      Torino, addi' 31 maggio 1993
                         Il giudice: CERVETTI

 93C0905