N. 34 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 10 agosto 1993

                                N. 34
 Ricorso  per  questione  di legittimita' costituzionale depositato in
 cancelleria il 10 agosto 1993 (della regione autonoma Valle d'Aosta).
 Controlli amministrativi - Disposizioni in  materia  di  legittimita'
 dell'azione  amministrativa  - Istituzione presso ogni regione di una
 sezione giurisdizionale della Corte dei conti,  presso  la  quale  e'
 chiamato  a  svolgere  le  funzioni  di  pubblico  ministero  un vice
 procuratore generale della Corte dei conti - Facolta' della Corte dei
 conti di delegare, per l'esercizio delle  sue  funzioni,  adempimenti
 istruttori  a  funzionari di pubbliche amministrazioni e di avvalersi
 di consulenti tecnici - Indicazione degli atti sottoposti a controllo
 preventivo di legittimita' (atti normativi a rilevanza esterna,  atti
 giuridici  di  indirizzo,  atti  di programmazione comportanti spese,
 provvedimenti  di  disposizione  del   demanio   e   del   patrimonio
 immobiliare   eccedenti   la   normale   amministrazione,   contratti
 collettivi e provvedimenti che disciplinano l'esercizio  di  funzioni
 pubblico-amministrative   relative   a   dipendenti  delle  pubbliche
 amministrazioni) - Previsione dei  modi  e  contenuti  del  controllo
 successivo  nei  confronti  delle  regioni  e  degli  enti  locali  -
 Istituzione  di   servizi   di   controllo   intero   in   tutte   le
 amministrazioni  pubbliche per la comparazione dei costi e rendimenti
 e la vigilanza  sulla  corretta  gestione  delle  risorse  pubbliche,
 l'imparzialita'  e  il  buon  andamento  dell'azione amministrativa -
 Istituzione, infine, con decreto del Presidente della Repubblica,  su
 proposta  del  Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con
 il Ministro dell'interno, di  un  servizio  ispettivo  del  Ministero
 dell'interno   col   compito   di   redigere  una  relazione  annuale
 dell'attivita' svolta  -  Interferenza  dell'attivita'  di  controllo
 preventivo  con  quella  esercitata per disposizione statutaria dalla
 commissione di coordinamento - Invasione  della  sfera  di  autonomia
 regionale    e    lesione   dei   principi   della   tassativita'   e
 insuscettibilita'  di  estensione  da  parte  del   legislatore   dei
 controlli sulle regioni affermato dalla giurisprudenza costituzionale
 -   Adozione   dello  strumento  del  decreto-legge  in  assenza  dei
 presupposti di necessita' ed  urgenza  -  Riferimento  alla  sentenza
 della Corte costituzionale n. 229/1989.
 (D.L. 17 luglio 1993, n. 232).
 (Cost.,  artt.  77,  100, 103, 108, 116 e 125; statuto Valle d'Aosta,
 artt. 2, 3, 4, 29, 38, 43 e 46).
(GU n.38 del 15-9-1993 )
    Ricorre la regione autonoma Valle  d'Aosta,  in  persona  dell'on.
 presidente   della   giunta   regionale,   Dino  Vierin,  debitamente
 autorizzato in forza di delibera della giunta regionale n.  6447  del
 29  luglio  1993,  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  prof. Gustavo
 Romanelli, e presso di lui elettivamente domiciliato  in  Roma,  alla
 via  Cosseria  n. 5, in forza di procura per atto notar Bastrenta, di
 Aosta in data 27 luglio 1993 rep. n. 14906, contro la Presidenza  del
 Consiglio dei Ministri, in persona dell'on.  Presidente del Consiglio
 pro-tempore,  domiciliato  per  la  carica  in  Roma,  Palazzo Chigi,
 nonche' presso l'avvocatura dello Stato, via dei  Portoghesi  n.  12,
 per  la  declaratoria  di  illegittimita' costituzionale del decreto-
 legge 17 luglio 1993, n. 232 (Disposizioni in materia di legittimita'
 dell'azione amministrativa),  pubblicato  nella  Gazzetta  Ufficiale,
 serie generale, n. 166, del 17 luglio 1993.
    La  regione autonoma Valle d'Aosta, come in epigrafe rappresentata
 e difesa, espone quanto segue.
                               IN FATTO
    Il  decreto-legge  17  luglio  1993, n. 232, meglio specificato in
 epigrafe, nell'ambito delle misure che sarebbero dirette (come  detta
 il  suo  preambolo)  a  "rafforzare  gli  strumenti di garanzia della
 legittimita' amministrativa", reiterando  con  parziali  modifiche  i
 precedenti  decreti-legge  nn.  54  del 1993 e 143 del 1993 (entrambi
 oggetto di giudizi di legittimita' proposti in via  principale  dalla
 ricorrente  e  da  altre regioni, attualmente pendenti avanti codesta
 ecc.ma  Corte),  detta  una  riforma  radicale  di  una  fondamentale
 giurisdizione del nostro ordinamento, quale e' quella della corte dei
 conti.  Prevede fra l'altro che in tutte le regioni vengano istituite
 sezioni giurisdizionali della corte dei conti  (art.  1),  presso  le
 quali,  ai  sensi del successivo art. 2, secondo comma, e' chiamato a
 svolgere le  funzioni  di  pubblico  ministero  un  vice  procuratore
 generale  della  corte dei conti (procuratore regionale), od un altro
 magistrato asegnato all'ufficio.  I  giudizi  relativi  ai  residenti
 all'estero  sono  devoluti,  ai  sensi dell'art. 1, sesto comma, alla
 competenza della sezione regionale per il Lazio.
    L'attivita' dei procuratori regionali e' coordinata,  in  base  al
 terzo  comma,  dello  stesso  art.  2, dal procuratore generale della
 corte dei conti.
    L'ultimo comma dell'art. 2 prevede che la Corte  dei  conti  possa
 delegare,  per l'esercizio delle sue funzioni, adempimenti istruttori
 a funzionari di pubbliche amministrazioni ed avvalersi di  consulenti
 tecnici.
    L'art.  7,  al  primo  comma,  delimita  il  campo  del  controllo
 preventivo di legittimita' della corte  dei  conti,  estendendolo  in
 particolare a:
      c)  "atti  normativi  a  rilevanza  esterna,  atti  generali  di
 indirizzo, atti programmazione comportanti spese";
      d) "provvedimenti  di  disposizione  del  demanio  e  patrimonio
 immobiliare eccedenti la normale amministrazione";
      f)  "autorizzazioni alla sottoscrizione di contratti collettivi,
 secondo quanto  previsto  dall'art.  51  del  decreto  legislativo  3
 febbraio 1993, n. 29";
      g)  "provvedimenti  che  disciplinano  l'esercizio  di  funzioni
 publiche  autoritative  relative  ai   dipendenti   delle   pubbliche
 amministrazioni".
    A  tali previsioni espresse, se ne aggiunge un'altra, di chiusura,
 che prevede analogo controllo per le materie per le  quali  esso  sia
 ritenuto  opportuno  dal Presidente del Consiglio dei Ministri (lett.
 I). D'altronde, con singolare commistione di potere di controllo e di
 potere normativo, un analogo potere estensivo dell'ambito degli  atti
 soggetti  a  controllo e' attribuito (sia pure, sembrerebbe, soltanto
 rispetto alle amministrazioni statali)  anche  alle  sezioni  riunite
 della corte dei conti.
    Gli  atti  sottoposti  al  controllo vanno peraltro pubblicati per
 estratto sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica  italiana,  stante
 la previsione di cui all'art. 7, terzo comma.
    Ancora  l'art.  7,  al  secondo  comma, disciplina gli effetti del
 controllo  preventivo  della  corte  dei  conti.  In  base   a   tale
 disposizione,  i  provvedimenti  sottoposti  al  controllo preventivo
 divengono esecutivi ove la corte non ne dichiari la non conformita' a
 legge nel termine di trenta giorni dal ricevimento. Peraltro, in base
 all'ultima parte del secondo comma  dell'art.  7,  l'esecutivita'  e'
 sospesa   se   nel  termine  dei  trenta  giorni  la  corte  richieda
 chiarimenti od elementi integrativi del giudizio.
    Il sesto comma dell'art.  7  estende  espressamente  il  controllo
 successivo  della  corte dei conti sulla gestione nei confronti delle
 regioni (ivi  comprese,  sembrerebbe,  anche  le  regioni  a  statuto
 speciale)  e degli enti locali, anche se lo vincola al "perseguimento
 degli obiettivi stabiliti dalle leggi statali e di programma".
    L'ultima parte del  settimo  comma  dell'art.  7  fa  carico  alle
 amministrazioni,  per  le  quali  la  corte dei conti abbia formulato
 osservazioni, di comunicare alla Corte medesima le misure adottate.
    Peraltro, l'ottavo comma dell'art. 7 demanda alle relazioni  della
 corte  dei  conti anche la valutazione sul funzionamento degli organi
 interni.
    Infine,  il  nono  comma  attribuisce  alla  Corte  il  potere  di
 richiedere    il    riesame    dei   provvedimenti   adottati   dalle
 amministrazioni pubbliche non territoriali.
    L'art. 9 istituisce invece, al primo comma, servizi  di  controllo
 interno  in  tutte  le amministrazioni pubbliche ("con il compito, di
 verificare,  mediante  valutazioni  comparative  dei  costi   e   dei
 rendimenti,    la   corretta   gestione   delle   risorse   publiche,
 l'imparzialita' ed il buon andamento dell'azione amministrativa"):  i
 criteri  di  organizzazione  e  la sfera di azioni di tali servizi di
 controllo interno sono rigidamente predeterminati dal secondo e terzo
 comma del medesimo art. 9.
    D'altronde, il quarto comma dello stesso articolo  prevede  che  i
 comitati  provinciali  delle  pubbliche  amministrazioni e i comitati
 metropolitani, di cui all'art. 18 del d.l. 24 novembre 1990, n. 344,
 convertito, con modificazioni, dalla legge 23 gennaio 1991, n. 21, ed
 al d.P.C.M. 10 giugno 1992, si avvalgono  dei  servizi  di  controllo
 interno  delle  amministrazioni  territoriali e periferiche, che sono
 peraltro tenuti a riferire a tali organi in base  all'art.  9,  terzo
 comma, ultima parte.
    Infine,  il  successivo  quinto comma del medesimo art. 9, prevede
 l'istituzione,  con  decreto  del  Presidente  della  Repubblica,  su
 proposta  del  Presidente del Consiglio dei Ministri, di concerto con
 il Ministero dell'interno, di un  servizio  ispettivo  del  Ministero
 dell'interno,  con una articolazione a livello provinciale e raccordo
 funzionale  con  i  comitati  provinciali  e   metropolitani   teste'
 richiamati.  Le  funzioni  di  tale servizio ispettivo, a prescindere
 dall'attribuzione (di cui al precedente terzo comma) di un potere  di
 audizione dei servizi di controllo interno non sono altrimenti meglio
 chiarite;  la seconda parte del quinto comma in discorso si limita ad
 attribuirgli la redazione annuale  di  una  relazione  sui  risultati
 dell'attivita'  ispettiva  svolta  (ma i cui confini non sono affatto
 stabiliti), con indicazione  dei  rimedi  necessari  a  risolvere  le
 disfunzioni riscontrate.
    Deve  infine evidenziarsi come il decreto-legge impugnato contenga
 norme di tutela delle minoranze linguistiche limitatamente alle  sole
 sezioni giurisdizionali della corte dei conti con sede nel territorio
 della regione Trentino-Alto Adige (art. 1, secondo comma).
    L'art.  10  autoqualifica  le  norme  desumibili  dal decreto come
 "norme fondamentali di riforma economico-sociale della Repubblica".
    La   disciplina  teste'  richiamata  e'  gravemente  lesiva  delle
 attribuzioni della regione autonoma Valle d'Aosta ed  e'  illegittima
 per  violazione  degli  artt.  77,  100,  103,  108,  116 e 125 della
 Costituzione, nonche' per violazione dei principi dello statuto della
 regione  autonoma  della  Valle  d'Aosta  (legge  costituzionale   26
 febbraio  1948,  n. 4), ed in particolare dei suoi artt. 2, 3, 4, 29,
 43 e 46, primo comma.
                              IN DIRITTO
    1. - Occorre  preliminarmente  contestare  che  il  Governo  abbia
 inteso  adottare,  con  le  forme del decreto-legge, delle misure che
 vengono a fortemente incidere sugli assetti istituzionali, e che  per
 di  piu'  violano  illegittimamente,  la  sfera di autonomia speciale
 della ricorrente regione, assumendo, ma non dimostrando  affatto,  la
 ricorrenza  dei  presupposti  della  "necessita'"  e  dell'"urgenza";
 misure che,  per  di  piu'  sono  di  dubbia  idoneita'  rispetto  al
 perseguimento  dello  scopo  dichiarato, e lasciano anzi il dubbio di
 essere finalizzate alla ricerca di placare la  spinta  emozionale  di
 recenti eventi.
    La  ricorrenza  degli  estremi  della necessita' e dell'urgenza e'
 anche piu' dubbia, se si considera  che  il  decreto  oggi  impugnato
 segue  l'altro  decreto-legge,  non convertito, dell'8 marzo 1993, n.
 54, nonche' il decreto-legge 15 maggio 1993, n. 143,  che,  sia  pure
 con   sfumature   diverse,  anch'essi  evocando  la  stessa  supposta
 "straordinaria  necessita'  ed  urgenza",  erano   in   buona   parte
 espressione  della  medesima  accentuata,  ed illegittima, tendenza a
 comprimere le autonomie regionali.
    D'altronde, che il complesso  delle  norme  recate  dall'impugnato
 decreto  possa  in  tutto  od  in  parte  rispondere  ai requisiti di
 necessita' e di urgenza da esso  evocati  sembra  anche  contraddetto
 dalla   autoqualificazione   (peraltro   irrilevante)   come   "norme
 fondamentali di riforma economico-sociale".
    Essendo appunto indimostrata la ricorrenza di  una  situazione  di
 necessita'  ed  urgenza,  a  torto evocata nella premessa, il decreto
 impugnato viola il precetto dell'art. 77 della Costituzione,  che  fa
 divieto al Governo di emanare decreti che abbiano valore di legge.
    D'altronde,   il   medesimo  ordine  di  censure  sull'inesistenza
 rispetto all'intero provvedimento,  o  quanto  meno  rispetto  a  sue
 specifiche  previsioni,  dei  suddetti  requisiti  di  necessita'  ed
 urgenza e' stato persino sollevato in sede di discussione  presso  la
 commissione  affari  costituzionali  del  Senato della conversione in
 legge dell'impugnato decreto: in particolare, si e' rilevato  che  le
 norme  recate  dal  decreto, in quanto "intrinsecamente non urgenti",
 non presentassero i requisiti previsti dall'art. 78, terzo comma, del
 regolamento del Senato (v. seduta della prima commissione del  Senato
 del 22 luglio 1993).
    Puo'  incidentalmente  aggiungersi  che  ben difficilmente sarebbe
 dimostrabile il presupposto dell'urgenza rispetto  ad  un  intervento
 che ha assunto il carattere di profonda riforma giurisdizionale della
 corte  dei  conti, che peraltro trascende i limiti delle attribuzioni
 riservate  alla  stessa  corte  dei   conti   dall'art.   100   della
 Costituzione, al secondo comma.
    Infatti, quest'ultima norma della Costituzione si limita prevedere
 la possibilita' che, con legge, si introduca una partecipazione della
 corte dei conti al controllo preventivo sulla gestione finanziaria (e
 non, come nel decreto impugnato, su singoli atti) degli enti a cui lo
 Stato  contribuisce  in via ordinaria, mentre non e' affatto previsto
 che si possa attribuire il controllo preventivo in questione  in  via
 esclusiva alla medesima corte dei conti.
    Peraltro,  per  quanto  concerne le regioni, la Corte non potrebbe
 essere investita neanche della semplice partecipazione  al  controllo
 preventivo:  per  le regioni a statuto ordinario vale la tassativita'
 dei controlli previsti dall'art. 125 della Costituzione  (in  base  a
 tale  principio  venne da codesta ecc.ma Corte dichiarato illegittimo
 l'art. 2, terzo comma, lett. o), della legge n. 400/1988: cfr.  Corte
 costituzionale,  21  aprile  1989, n. 229); a maggior ragione un tale
 vaglio della corte dei  conti  non  e'  ammissibile  per  la  regione
 ricorrente,  per  la  quale,  come  si  rilevera'  nel  prosieguo del
 ricorso, esiste un sistema  tassativo  di  controlli  previsto  dallo
 statuto di autonomia speciale.
    Puo'  aggiungersi  che  il  decreto-legge  impugnato  si  pone  in
 contrasto  anche  con  il   secondo   comma   dell'art.   125   della
 Costituzione,   che   (come   e'   evincibile   tenuto   conto  della
 classificazione degli organi giurisprudenziali di  cui  all'art.  103
 della  Costituzione) prevede su base regionale soltanto l'istituzione
 di organi  di  giustizia  amministrativa  che  si  inseriscono  nella
 giurisdizione  del Consiglio di Stato, quali sono gli odierni t.a.r.,
 e non anche per quanto concerne  la  giurisdizione  della  corte  dei
 conti  (del resto, sia pure rispetto ad altra questione, si e' sempre
 escluso,  che  la  struttura  su  base  regionale   della   giustizia
 amministrativa di cui all'art. 125 fosse applicabile anche alla corte
 dei  conti:  v.  Corte costituzionale, 7 marzo 1984, n. 52: corte dei
 conti, sez. riun., 19 aprile 1988, n. 576/A).
    2. - Deve comunque rilevarsi che il decreto-legge impugnato ha  un
 ambito  di  applicazione  che  coincide largamente con quelle per cui
 operano le riserve di legge, di cui agli artt. 100, secondo  e  terzo
 comma,  nonche' 103, secondo comma, e 108 della Costituzione: in base
 a tali norme costituzionali, sono  riservate  alla  legge  (in  senso
 formale),  rispettivamente,  la determinazione dei casi e delle forme
 in cui al  corte  dei  conti  puo'  partecipare  al  controllo  sulla
 questione  finanziaria  degli enti a cui lo Stato contribuisce in via
 ordinaria e l'indipendenza della Corte medesima di fronte al Governo,
 nonche' l'ambito della giurisdizione della  corte  dei  conti  al  di
 fuori   della   contabilita'   pubblica   e,   infine,  l'ordinamento
 giudiziario e di ogni magistratura in genere.
    Ebbene, a prescindere dalla considerazione che, come  si  tentera'
 di  dimostrare  nel  prosieguo del presente ricorso, il decreto-legge
 impugnato si e' posto comunque per  il  proprio  contenuto  normativo
 intrinseco    in   contrasto   con   una   pluralita'   di   precetti
 costituzionali, e'  comunque  da  contestare  che  lo  strumento  del
 decreto-legge  possa  tener  luogo  di una legge formale, dato che le
 riserve di legge in questione (considerato,  fra  l'altro,  che  sono
 finalizzate  anche  a  garantire l'indipendenza della corte dei conti
 rispetto al Governo) non possono  che  essere  assolute.  (Nel  senso
 dell'insufficienza, rispetto ad analoghi contenuti, del decreto-legge
 n.  54/1993, con riferimento specifico alla medesima questione, v. la
 relazione del prof. Correale "trasparenza e buon  andamento:  sezioni
 unite e nuove competenze della corte dei conti" al Convegno di studio
 di Roma, 10 giugno 1993, su "trasparenza, legalita' e buon andamento:
 il ruolo della corte dei conti e delle altre magistrature").
    D'altro canto, nel medesimo decreto-legge impugnato si hanno anche
 disposizioni  che incidono su alcune delle materie oggetto di riserva
 di legge, cosi' generiche da rimettere di fatto al puro arbitrio  del
 Governo la definizione del loro effettivo ambito di efficacia: cosi',
 l'ambito  di  esplicazione  del  potere di controllo preventivo della
 corte dei conti, di cui all'art. 7, e' completato con una formula che
 consente la sottoposizione ai controlli in questione degli  atti  che
 il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  ritenga  opportuno. Il
 medesimo rilievo (cui si aggiunge la denunzia  della  commissione  di
 potere  di  controllo  e  di  potere normativo insita nella ricordata
 previsione di cui all'art. 7, quarto comma, del  decreto  impugnato):
 e'  qui  anche  piu' palese la denunziata violazione della riserva di
 legge in materia di controllo della corte dei conti, di cui  all'art.
 100  della  Costituzione,  violazione che comunque sussiste anche se,
 per interventi che incidano nell'ambito in esame, dovesse in  ipotesi
 ritenersi sufficiente il ricorso allo strumento del decreto-legge.
    Inoltre,  anche  a  voler prescindere dai nuovi contenuti previsti
 dall'azione della Corte, e' lo  stesso  disegno  delle  modalita'  di
 esercizio  che  mette  fortemente  in  pericolo la sfera di autonomia
 regionale. Infatti, mancano persino sufficienti  garanzie  in  ordine
 all'indipendenza  dall'esecutivo  nazionale  di  chi  in  concreto e'
 chiamato ad  operare  funzioni  essenziali  anche  nell'ambito  delle
 competenze  giurisdizionali  della  corte  dei  conti.  Si e' infatti
 inopinatamente disposto, con l'art. 2, quarto comma, che la corte dei
 conti possa avvalersi, per adempimenti istruttori, di personale delle
 pubbliche amministrazioni: tale  previsione,  in  quanto  applicabile
 all'attivita'  che  la  corte  dei  conti sarebbe chiamata a svolgere
 rispetto alle regioni ed agli enti locali, appare in contrasto con la
 garanzia di indipendenza anche delle giurisdizioni speciali,  ci  cui
 all'art. 108, secondo comma, della Costituzione, espressamente estesa
 tanto  ai  pubblici  ministeri  che  "agli  estranei  che partecipano
 all'amministrazione della giustizia".
    3.  -  Invero,  la  disciplina  in   esame   viene   ad   incidere
 illegittimamente  sulla  stessa  sfera  di  autonomia regionale. Essa
 infatti comporta l'assoggettamento dell'amministrazione  regionale  e
 degli  enti  locali ad un controllo preventivo della corte dei conti,
 diverso ed ulteriore rispetto ai controlli previsti dallo statuto  di
 autonomia  speciale  della  Valle  d'Aosta  (legge  costituzionale 26
 febbraio  1948,  n.  4),  nel  titolo  IX  (art.  44  e  segg.),  che
 costituiscono   un   ambito   chiuso,   tassativamente   determinato,
 attribuito ad organi specificamente individuati.
    Per di piu', tali controlli vengono ad essere predisposti per atti
 che sono l'espressione stessa dell'autonomia  regionale,  come  nelle
 ipotesi  previste  dalla  lett.  c)  dell'art. 7 (che, lo ricordiamo,
 contempla tutti gli atti normativi a rilevanza esterna, gli  atti  di
 indirizzo  e  gli atti di programmazione comportanti spese) ovvero su
 materie che appartengono  alla  competenza  esclusiva  della  regione
 autonoma  Valle d'Aosta. Infatti, come si e' visto, le lettere d), f)
 e g) dell'art. 7  prevedono  l'estensione  del  controllo  preventivo
 rispettivamente  ai  provvedimenti  di  disposizione  del  demanio  e
 patrimonio  immobiliare   eccedenti   la   normale   amministrazione,
 all'autorizzazione alla sottoscrizione dei contratti collettivi ed ai
 provvedimenti  che  disciplinano  l'esercizio  di  funzioni pubbliche
 autoritative relative ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni.
    E'   evidente   il  contrasto  con  le  norme  dello  statuto  che
 attribuiscono le materie oggetto di tali previsioni  alla  competenza
 normativa ed amministrativa regionale.
    Infatti,  l'art.  2,  dello  Statuto  di  autonomia speciale della
 regione ricorrente attribuisce  alla  competenza  primaria  normativa
 regionale,  fra  l'altro,  alla lett. a) l'ordinamento degli uffici e
 degli enti dipendenti dalla regione e lo stato giuridico ed economico
 del personale, ed alla lett.  f)  le  strade  e  lavori  pubblici  di
 interesse  regionale.  L'art. 3, lett. f) attribuisce alla competenza
 normativa concorrente della regione le finanze regionali e  comunali;
 in  base  all'art.  4 del medesimo statuto, alla competenza normativa
 regionale sia primaria che concorrente, di cui  agli  artt.  2  e  3,
 corrisponde  la  potesta' amministrativa della regione. Inoltre, come
 gia' esposto, e' prevista  la  possibilita'  che  il  Presidente  del
 Consiglio  dei  Ministri  estenda  di  sua  iniziativa  l'ambito  dei
 controlli in questione.
    4. - In ogni caso, il decreto-legge impugnato chiama ad esercitare
 il controllo preventivo in questione un organo non contemplato  dallo
 Statuto  di autonomia speciale il quale, invece, all'art. 46, rimette
 tale ordine  di  attivita'  in  via  esclusiva  alla  commissione  di
 coordinamento,  di cui al precedente art. 45. Puo' ricordarsi che con
 gli artt. 60 e segg. della legge  16  maggio  1978,  n.  196,  si  e'
 provveduto   a  dettare  la  disciplina  di  attuazione  in  tema  di
 controlli. Ne consegue, fra l'altro,  che  il  decreto-legge  de  quo
 comporta  una  pesante  ed  irrazionale  duplicazione  del  controllo
 preventivo che certamente non giova al fine di  meglio  garantire  la
 legittimita'  dell'azione amministrativa e vale a renderla piu' lenta
 e complessa.
    D'altra parte, deve pure  rilevarsi  che  soltanto  la  competenza
 normativa   della   regione   ricorrente  puo'  essere  eventualmente
 compressa, ai sensi dell'art. 2  dello  statuto  di  autonomia  della
 regione ricorrente, dalle norme fondamentali delle riforme economico-
 sociali.  Nel  caso  di  specie,  ci  troviamo  invece  nel campo dei
 controlli previsto dall'art. 46 dello Statuto, che non conosce alcuna
 eccezione.
    E' da notare in particolare che la maggior parte dei provvedimenti
 per i quali dovrebbero operare le forme  di  controllo  anzidette  e'
 gia'  sottoposta  alla  particolare  procedura  di controllo anche di
 merito, comprensivo del potere di richiesta di riesame, dell'art.  61
 della legge n. 196/1978.
    Dunque, con una legge ordinaria, si e' creato ex novo un ordine di
 controlli  che  lo  statuto  non  contemplava, determinando cosi' una
 pesante interferenza e menomazione dell'autonomia regionale;  d'altro
 canto,  tale  potere  di  controllo  e'  stato  devoluto ad un organo
 diverso da quello a cui comunque lo statuto riserva  tale  ordine  di
 attivita'.
    5.  -  Rispetto ai due decreti che lo hanno preceduto, quello oggi
 impugnato, in luogo di tentare di  ovviare  ai  numerosi  profili  di
 incostituzionalita'  gia'  puntualmente  rilevati  nei  ricorsi a suo
 tempo promossi  dalla  Valle  d'Aosta,  come  da  altre  regioni,  ha
 introdotto  un'ulteriore  evidente  ed illegittima compressione della
 sfera di autonomia regionale.
    Infatti, come si e' visto, con il secondo comma dell'art. 7, si e'
 condizionata l'esecutivita' dei provvedimenti sottoposti al controllo
 preventivo  alla  mancata  declaratoria  di  non conformita' da parte
 della corte dei conti nel termine di trenta giorni dal ricevimento  e
 comunque  si  e'  data  la  possibilita'  alla  corte  dei  conti  di
 sospendere l'esecutivita' dei provvedimenti collegata  alla  potesta'
 di  chiedere  all'ente  che  ha  emesso  il  provvedimento  ulteriori
 adempimenti.
    Dunque, applicandosi tale previsione anche ai provvedimenti  delle
 regioni,  ed  in  particolare  anche  a quelli della regione autonoma
 ricorrente  in  materie  di   sua   competenza,   viene   ad   essere
 ulteriormente e gravemente compressa la sfera di autonomia regionale,
 attraverso   un   rilevante   condizionamento  dell'esecutivita'  dei
 provvedimenti regionali, per di piu' operato mediante  controlli  non
 previsti  dallo Statuto, da organi comunque non investiti di una tale
 potesta' da alcuna norma di livello costituzionale (e a fronte di  un
 principio  di  tassativita'  dei  controlli  evincibile dallo statuto
 regionale).
    Un'ulteriore compressione qualitativa delle  competenze  regionali
 e'  altresi'  riscontrabile  nella  previsione di pubblicazione sulla
 Gazzetta  Ufficiale  della  Repubblica  degli   atti   sottoposti   a
 controllo,  nei  termini  di cui all'art. 7, terzo comma, del decreto
 impugnato.
    6. - Il medesimo ordine  di  considerazioni  puo'  essere  svolto,
 mutatis  mutandis,  anche  (nei  limiti in cui la relativa disciplina
 possa essere ritenuta applicabile alla regione ricorrente) per quanto
 concerne il controllo successivo, di cui all'art. 7, quinto comma.
    Tale controllo successivo,  oltre  a  palesarsi  come  un'evidente
 ingerenza   nell'autonomia   regionale,   in  quanto  attinente  alla
 valutazione dell'efficacia dell'azione amministrativa,  si  trasforma
 in  una  duplicazione  del  controllo  che  il consiglio regionale e'
 chiamato ad effettuare sulla attivita'  della  giunta  regionale,  in
 particolare  per quanto concerne bilancio e rendiconto consuntivo, ai
 sensi dell'art. 29 dello Statuto (ne' l'illegittimita' viene meno per
 essere la Corte tenuta a  riferire  su  tale  suo  operato  anche  ai
 consigli regionali).
    Peraltro  esso  e'  caratterizzato da un'altra grave anomalia, che
 contribuisce ad incidere in maniera negativa sulla sfera di autonomia
 regionale, dato che la determinazione dei  criteri  di  controllo  e'
 riservata,  dal  quinto comma dello stesso art. 7, allo stesso organo
 di  controllo  e'  investito,  il  quale  e'  chiamato  a   definirli
 annualmente.
    7.  -  Del  tutto  ingiustificata  ingerenza  nella sfera di auto-
 organizzazionedella regione, e comunque compressione  della  potesta'
 normativa   di  cui  all'art.  2,  lett.  a),  dello  statuto  appare
 l'applicabilita' anche ad essa della previsione  di  un  servizio  di
 controllo  interno,  nei  termini di cui all'art. 9, primo comma, del
 decreto-legge  impugnato,  la  cui  funzione  non  e'  peraltro   ben
 definita.
    Ad  analogo  ordine  di  considerazioni  si  perviene  per  quanto
 concerne  l'istituzione  del   servizio   ispettivo   del   Ministero
 dell'interno:  quest'ultimo  e'  espressione  del  tutto palese di un
 tentativo di ingerenza da parte dell'apparato  centrale  dello  Stato
 nella sfera di autonomia regionale.
    Tale  ingerenza  che viene evidenziata anche dal vincolo istituito
 con l'art. 10, terzo comma, ultima parte, dei  servizi  di  controllo
 delle amministrazioni territoriali e periferiche rispetto al servizio
 ispettivo in questione.
    Ma,   a   fronte  dell'incertezza  sulle  finalita'  del  servizio
 ispettivo del Ministero dell'interno, ogni incertezza viene meno  nel
 decreto li' dove si tratta di caratterizzare i poteri che il servizio
 ispettivo  in  questione  puo'  esercitare  (evidentemente  anche nei
 confronti delle regioni).
    8. - Per quanto concerne poi il controllo sugli  atti  degli  enti
 locali,  ove  la disciplina impugnata sia applicabile anche agli enti
 locali della Valle, occorre ricordare che lo statuto valdostano,  con
 l'art.  43,  attribuisce la materia alla competenza legislativa della
 regione, salvo il rispetto dell'armonia con i princi'pi  delle  leggi
 dello Stato, e che la regione ha esercitato le proprie competenze con
 la  legge  regionale 15 maggio 1978, n. 11. (E' attualmente al vaglio
 di codesta ecc.ma Corte il disegno di legge regionale approvato nella
 seduta del consiglio regionale del 30 giugno 1992, e  riapprovato  il
 16 febbraio 1993, volto a sostituire la citata legge regionale del n.
 11 del 1978).
    Inoltre,  lo  stesso  art.  43  attribuisce  anche  l'attivita' di
 controllo in quanto tale sugli enti locali alla regione. E' appena il
 caso di osservare che il procuratore regionale della corte dei  conti
 e' un organo dello Stato, e non certamente della regione.
    Dunque  il  decreto-legge impugnato e' illegittimo, in quanto va a
 comprimere una competenza normativa della  regione,  che  la  regione
 medesima  ha  peraltro  provveduto  ad esercitare, in una materia che
 appartiene alla competenza  normativa  esclusiva  della  regione,  ed
 attribuisce  ad  un organo dello Stato un'attivita' di controllo, che
 spetta invece alla regione, ai sensi del citato art. 43 dello statuto
 regionale.
    La medesima censura e' peraltro riferibile anche,  in  parte  qua,
 alla  previsione  di un potere di richiesta di riesame da parte della
 corte  dei   conti   sugli   atti   ritenuti   non   conformi   delle
 amministrazioni  pubbliche non territoriali, in quanto fra esse siano
 ricomprese quelle assoggettate,  anch'esse  ai  sensi  dell'art.  43,
 primo  comma, dello statuto di autonomia speciale al (solo) controllo
 della regione ricorrente.
    9. - L'art. 38 dello Statuto di  autonomia  speciale  della  Valle
 d'Aosta  (legge  costituzionale  26  febbraio  1948,  n. 4), al primo
 comma, espressamente sancisce, in  armonia  del  resto  con  il  piu'
 generale  principio della tutela delle minoranze linguistiche, di cui
 all'art. 6 della Costituzione della Repubblica, l'equiparazione nella
 Valle d'Aosta  della  lingua  francese  a  quella  italiana;  il  che
 significa  che,  nel  territorio  della  Valle, non e' attribuita una
 posizione di preminenza ne' alla lingua  italiana,  ne'  alla  lingua
 francese  (v. in tali termini Corte costituzionale, 22 dicembre 1969,
 n. 156, in cons. Stato,  1969,  II,  209),  essendo  entrambe  lingue
 ufficiali  (cosi':  Barbagallo,  La  regione  Valle  d'Aosta, Milano,
 Giuffre',  1991,   119).   Come   ha   ben   evidenziato   la   Corte
 costituzionale,  in  Valle d'Aosta, contrariamente a quanto accade in
 altre regioni o province  autonome  (ed  in  particolare  in  Friuli-
 Venezia  Giulia  e  nella provincia di Bolzano), si ha un bilinguismo
 perfetto (cfr. Corte costituzionale,  22  dicembre  1969,  n.    156,
 cit.).
    Il principio costituzionale in questione e' stato tuttavia violato
 dal  decreto  impugnato,  che si e' limitato a prevedere (all'art. 1,
 secondo comma) il rispetto della normativa in materia di tutela delle
 minoranze  linguistiche,  esclusivamente  per   quanto   concerne   i
 procedimenti  avanti  le  Sezioni  giurisdizionali (e non anche per i
 procedimenti di controllo), e  comunque  soltanto  limitatamente  nel
 territorio  della  Valle  d'Aosta,  non  prevedendo  per quest'ultima
 regione nemmeno norme di tutela di segno analogo.
    10. - Infine,  occorre  puntualizzare  che  non  ha  alcun  valore
 l'autoqualificazione  (di cui all'art. 10 del provvedimento impugnato
 come portatore di norme fondamentali di riforme economico-sociali. E'
 infatti dato del tutto pacifico che una tale  autoqualificazione  sia
 di  per  se' priva di rilevanza, dovendosi invece attribuire una tale
 natura soltanto in  base  alla  natura  obiettiva  del  provvedimento
 normativo, natura che va determinata in base al suo oggetto, alla sua
 motivazione  politico-sociale,  al  suo scopo, alla sua modificazione
 che possa indurre nei rapporti sociali (conf.: Corte  costituzionale,
 25 luglio 1984, n. 219, in giur. cost., 1984, I, 1490).
    In concreto, non sembra che una normativa, tanto di dettaglio come
 quella  oggi  impugnata,  possa  presentare  i  connotati delle norme
 fondamentali di riforma economico-sociale. D'altronde,  come  codesta
 ecc.ma  Corte ha avuto modo di evidenziare, perche' una norma statale
 possa  legittimamente  incidere  sulle  competenze  normative   delle
 regioni   a  statuto  speciale,  in  quanto  sia  considerata  "norma
 fondamentale di riforma economico sociale", e'  necessario  che  essa
 resti  norma  di principio, cioe' norma che lasci alle regioni, nelle
 materie  di  loro  competenza,  uno  spazio   normativo   sufficiente
 all'adattamento  alla specifica realta' locale (Corte costituzionale,
 15 novembre 1988, n. 1033, in giur. Cost., 1988,  I,  5048):  proprio
 per  il denunziato carattere di dettaglio della disciplina recata dal
 decreto impugnato, nel caso di specie non resta affatto alla  regione
 ricorrente un tale margine di autonomia normativa.
   Si   chiede   pertanto:  piaccia  all'ecc.ma  Corte  costituzionale
 dichiarare  l'illegittimita'  costituzionale  del  decreto-legge   17
 luglio   1993,  n.  232  (disposizioni  in  materia  di  legittimita'
 dell'azione amministrativa),  pubblicato  sulla  Gazzetta  Ufficiale,
 serie generale, n. 166 del 17 luglio 1993, ed in particolare dei suoi
 artt.  1, 2, 7, 9 e 10, per violazione degli artt. 77, 100, 103, 108,
 116 e 125 della Costituzione, nonche'  per  violazione  dei  principi
 dello  statuto  della  regione  autonoma  della  Valle d'Aosta (legge
 costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4), ed in  particolare  dei  suoi
 artt.  2,  3,  4,  29,  38,  43  e 46, primo comma, con ogni relativa
 conseguenza e con ogni connessa pronuncia.
      Roma, addi' 6 agosto 1993
                     Avv. prof. Gustavo ROMANELLI

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