N. 556 ORDINANZA (Atto di promovimento) 22 aprile 1993

                                N. 556
 Ordinanza emessa il 22 aprile 1993 dal  tribunale  di  Agrigento  nel
 procedimento  civile  vertente  tra  Sgarito  Giuseppe  ed altri e il
 comune di Favara.
 Espropriazione per pubblica utilita' - Occupazione temporanea
    autorizzata, ai sensi dell'art. 20 della legge 22 ottobre 1971, n.
    865, per l'esecuzione di opere pubbliche -  Fissazione  in  cinque
    anni del termine di durata dell'occupazione - Successive reiterate
    proroghe  legislative  di detto termine - Incidenza sul diritto ad
    agire in giudizio nonche' sul diritto di  proprieta'  che  vengono
    compressi  per  effetto  delle proroghe in questione - Violazione,
    altresi', del principio di buon andamento della  p.a.,  atteso  il
    maggiore  onere economico derivante a quest'ultima la quale, nella
    non infrequente eventualita' che sul  suolo  occupato,  prima  del
    decreto  di  espropriazione,  a  causa  del  lungo ritardo con cui
    questo viene emanato, venga completata, o anche solo  avviata,  la
    costruzione  della  prevista opera pubblica, e' tenuta, secondo la
    giurisprudenza   della   Corte   di   cassazione,    all'integrale
    risarcimento  del danno, in misura sicuramente eccedente l'importo
    della indennita' di esproprio.
 (Legge 29 luglio 1980, n. 385, art. 5; d.l. 22 dicembre 1984, n.
    901, art. 5-bis, convertito nella legge  1›  marzo  1985,  n.  42;
    d.l. 29 dicembre 1987, n. 534, art. 14, secondo comma, convertito
    nella legge 28 febbraio 1988, n. 47; legge 20 maggio 1991, n. 158,
    art. 22).
 (Cost., artt. 3, 24, 42 e 97).
(GU n.40 del 29-9-1993 )
                             IL TRIBUNALE
   Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  nel  procedimento  civile
 iscritto al n. 1162 del  ruolo  generale  affari  civili  contenziosi
 dell'anno  1989, promosso in primo grado da Sgarito Giuseppe, Argento
 Gaetana, Sgarito Vincenzo, Sgarito Calogera, Sgarito Angelo,  Sgarito
 Carmela,  Sgarito  Elisa,  Sgarito  Franco, elettivamente domiciliati
 presso lo studio  dell'avv.  Paolo  Gulotta,  che  li  rappresenta  e
 difende  per mandato a margine dell'atto di citazione, attori, contro
 il comune di Favara, in persona del sindaco e  legale  rappresentante
 pro-tempore, convenuto contumace;
    Letti gli atti, udito il giudice relatore;
                           OSSERVA IN FATTO
    Con  atto  di  citazione  notificato  il  3  luglio  1989, Sgarito
 Giuseppe,  Argento  Gaetana,  Sgarito  Vincenzo,  Sgarito   Calogera,
 Sgarito  Angelo,  Sgarito  Carmela,  Sgarito  Elisa,  Sgarito  Franco
 convenivano in giudizio dinanzi a questo tribunale il  comune  Favara
 che, in data 15 dicembre 1983, in esecuzione dell'ordinanza sindacale
 di   occupazione  n.  154  del  17  novembre  1983,  aveva  proceduto
 all'immissione in possesso  di  tre  contigui  appezzamenti  di  loro
 proprieta', siti nella contrada Ciccione di quel comune.
    Gli  attori  deducevano  che  l'occupazione era illegittima sia in
 dipendenza dei vizi insiti nei verbali di consistenza e immissione in
 possesso, sia per il decorso dei termini entro i quali  la  procedura
 espropriativa avrebbe dovuto essere completata.
    Sul  presupposto  che  i terreni occupati erano stati adibiti alla
 realizzazione dell'opera pubblica  progettata  e  non  potevano  piu'
 essere    restituiti,    gli    attori    chiedevano    la   condanna
 dell'amministrazione comunale convenuta al risarcimento del danno.
    Il comune di Favara, ritualmente  citato,  non  si  costituiva  in
 giudizio e veniva dichiarato contumace.
    Nel  corso  dell'istruttoria, veniva disposta ed espletata c.t.u.,
 per la valutazione dei beni, con riferimento  al  valore  delle  aree
 irreversibilmente destinate alla realizzazione dell'opera pubblica.
    La causa e' stata rimessa al collegio e posta in decisione.
                              IN DIRITTO
    La  domanda  risarcitoria  proposta  dagli  attori si ancora a due
 profili  di  illegittimita'  dell'occupazione  dei  terreni  di  loro
 proprieta'  da  parte  del  comune  di Favara che, come risulta dalla
 c.t.u. espletata, vi ha gia' realizzato massicce opere di sbancamento
 e muratura in cemento armato per la  sistemazione,  consolidamento  e
 prolungamento di una pubblica via del centro abitato.
    La prima prospettazione di illegittimita' va certamente disattesa,
 in  quanto i presunti vizi dei verbali di consistenza e immissione in
 possesso, di cui si dolgono gli attori, non  inficiano  la  validita'
 del  provvedimento  di occupazione d'urgenza. In questa sede bastera'
 infatti rilevare che l'art. 3, della legge 3 gennaio 1978, n. 1,  in-
 troduce  in  via  generale,  con riguardo alla realizzazione di opere
 pubbliche, una modifica permanente all'art. 71 della legge 25  giugno
 1865,  n.  2359,  consentendo,  che per le opere dichiarate urgenti e
 indifferibili, lo stato di consistenza, prescritto dall'art. 71 cit.,
 venga compilato dopo che sia stata disposta l'occupazione;  pertanto,
 tale  adempimento, proprio perche' successivo, non puo' rappresentare
 un  presupposto  del  decreto  di  occupazione,  e  la  sua eventuale
 illegittimita' non puo' produrre effetti invalidanti su quest'ultimo.
    Quanto  al  pretesto  decorso  dei  termini  di  efficacia   della
 dichiarazione  di  pubblica  utilita'  e d'urgenza dell'opera, di cui
 all'art. 13 della legge n. 2359/1865, va precisato che, con  riguardo
 alle opere contemplate dalla legge 3 gennaio 1978, n. 1, cit., ovvero
 le  opere pubbliche in senso stretto, la delibera di approvazione del
 relativo progetto (che, nel caso che ci occupa, reca la data  dell'11
 maggio  1983,  mentre il provvedimento di occupazione reca quella del
 17 novembre  1983)  integra  dichiarazione  di  pubblica  utilita'  e
 d'urgenza,  con efficacia per un triennio (art. 1, terzo comma, della
 legge cit.); pertanto, rispetto ad atti ablatori, quali l'occupazione
 temporanea,  resi  dall'amministrazione  entro   quel   termine,   le
 controversie    promosse    dal    proprietario,    per    denunciare
 l'illegittimita',  sono  devolute  alla  giurisdizione  del   giudice
 amministrativo,  poiche' non si verte in una situazione di carenza di
 potere; esse  si  traducono  nella  contestazione  della  regolarita'
 dell'esercizio  del  potere  espropriativo,  correlandosi,  quindi, a
 posizioni di interesse legittimo e non di diritto soggettivo.
   Conseguentemente,  il   collegio,   chiamato   a   decidere   sulla
 illegittimita'  dell'occupazione  del  fondo  degli  attori, sotto il
 diverso profilo dell'eventuale decorso dei suoi  termini  di  durata,
 originariamente  fissati  in cinque anni, ai sensi dell'art. 20 della
 legge n. 865/1971, con scadenza al 15 dicembre 1988, si e' venuto  ad
 imbattere  in una sequenza normativa che pone in essere un articolato
 sistema di proroghe.
    E' appena il  caso  di  ricordare  che  il  periodo  di  efficacia
 dell'occupazione  d'urgenza, originariamente prevesto in due anni, e'
 stato prorogato a ben cinque anni  dall'art.  20  della  legge  cit.,
 applicabile  anche  alle opere di competenza statale ex art. 14 della
 legge n. 10/1977.
    Si sono poi succedute diverse leggi speciali che  hanno  prorogato
 ulteriormente  i  termini  massimi  di  durata  delle  occupazioni di
 urgenza in corso, e precisamente: art. 5 della legge 29 luglio  1980,
 n.  385,  che  proroga  di un anno il termine di cinque anni previsto
 dalla legge n. 865/1971, art. 20 cit., per le occupazioni di  urgenza
 in  corso  al  16 agosto 1980, data di entrata in vigore della legge,
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 210 del 1› agosto  1980;  art.
 5-  bis del d.l. 22 dicembre 1984, n. 901, convertito in legge dalla
 legge 1› marzo 1985 n. 42: "Per le  occupazioni  d'urgenza  in  corso
 alla  data di entrata in vigore del presente decreto, la scadenza dei
 termini di cui al secondo comma dell'art. 20 della legge  20  ottobre
 1971, n.  865, e' prorogata di un anno", applicabile alla fattispecie
 de  qua,  essendo  stato  pubblicato  il decreto-legge nella Gazzetta
 Ufficiale  n.    357  del  31  dicembre  1984,  mentre  la  legge  di
 conversione e' stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 52 del 1›
 marzo  1985,  ed  e' entrata in vigore il 16 marzo 1985, quindicesimo
 giorno successivo alla pubblicazione; art.  14,  secondo  comma,  del
 d.l.  29  dicembre  1987, n. 534, convertito in legge dalla legge 28
 febbraio 1988, n.  47: "Per le occupazioni  d'urgenza  in  corso,  la
 scadenza del termine di cui al secondo comma dell'art. 20 della legge
 22  ottobre 1971, n.  865, gia' prorogato dall'art. 5- bis, del d.l.
 22 dicembre 1894, n.  901, convetito, con modificazioni, dalla  legge
 1›   marzo   1985,   n.  42,  convernente  precedente  proroga  delle
 occupazioni  d'urgenza,  e'  ulteriormente  prorogata  di  due anni",
 applicabile alla fattispecie de qua, poiche' la legge di  conversione
 e'  entrata  in vigore il giorno stesso della sua pubblicazione nella
 Gazzetta Ufficiale, e cioe' il 1› marzo 1988 (Gazzetta  Ufficiale  n.
 50),  mentre il d.l. e' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n.
 304 del 31 dicembre 1987 e, per l'art. 22, e' entrato  in  vigore  1›
 gennaio  1988,  giorno  successivo  a quello della sua pubblicazione;
 artt. 22 e 23 della legge 20 maggio 1991, n. 158: "Per le occupazioni
 d'urgenza in corso, la scadenza del termine, di cui al secondo  comma
 dell'art. 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, da ultimo prorogata
 dall'art.  14,  secondo  comma,  del  d.l. 29 dicembre 1987, n. 534,
 convertito con modificazioni dalla legge 29 febbraio 1988, n. 47,  e'
 ulteriormente  prorogata  di due anni. Le disposizioni della presente
 legge hanno effetto a decorrere dal 1›  gennaio  1991";  art.  1  del
 d.l.  1›  gennaio  1992,  n.  195 (non convertito), pubblicato nella
 Gazzetta Ufficiale n.   52 del  3  marzo  1992  "Per  le  occupazioni
 d'urgenza  in  corso, la scadenza del termine di cui al secondo comma
 dell'art. 20 della legge 22 ottobre 1971, n. 865, da ultimo prorogata
 dall'art. 22 della legge 20 maggio 1991,  n.  158,  e'  ulteriormente
 prorogata di due anni".
    In  relazione  a  tale quadro normativo, va ribadito che lo stesso
 tenore letterale delle norme in commento, impone alla  giurisprudenza
 di   interpretarle  nel  senso  che  le  proroghe  previste,  operino
 automaticamente, senza bisogno di  apposito  provvedimento  dell'ente
 pubblico  occupante.  Cio'  in  quanto  i  testi  legislativi  che le
 prevedono chiaramente  riferiscono  le  proroghe  alla  scadenza  del
 termine concretamente fissato nel decreto di occupazione d'urgenza, e
 non  alla  scadenza  dei  termini  massimi  previsti  in via generale
 dall'art.  20  secondo  comma,  della  legge  n.  865/1971.  Inoltre,
 ciascuna  delle  leggi di proroga richiama quella precedente, per cui
 le proroghe stesse non possono essere  considerate  isolatamente,  ma
 vanno  inserite  in  quella  sequenza  normativa gia' evidenziata che
 determina la protrazione complessiva dei termini di  occupazione.  La
 fattispecie  che  ci  occupa,  poi, viene a subire tutte le anzidette
 leggi di proroga, fatta  eccezione  per  la  prima,  considerato  che
 l'occupazione,  fissata originariamente in cinque anni nell'ordinanza
 sindacale del 17 novembre 1983, con decorrenza dal 15 dicembre  1983,
 data dell'immissione in possesso, sarebbe scaduta, in applicazione di
 tutte  le  proroghe successive a quella data, il 15 dicembre 1993. Il
 che comporta una durata del termine di occupazione legittima pari  ad
 un decennio. La pendenza del detto termine determina l'impossibilita'
 degli attori a richiedere il risarcimento del danno per il valore del
 fondo, ancorche' essi abbiano certamente perso, per la gia' accertata
 irreversibile destinazione del medesimo alla realizzazione dell'opera
 pubblica,  la  possibilita'  di  ottenerne  comunque la restituzione.
 Inoltre gli attori, pur essendo stati  privati  della  disponibilita'
 del  bene,  non  possono agire per la determinazione dell'indennizzo,
 perche' difetta un provvedimento ablatorio che li  privi  formalmente
 della  titolarita'  del bene; e non possono agire per il risarcimento
 del danno ex art. 2043, perche', per effetto delle  citate  proroghe,
 l'occupazione sarebbe tuttora legittima.
    L'anzidetto evidenzia l'incidenza processuale e sostanziale che le
 suddette   leggi   di   proroga  determinano  nella  decisione  della
 controversia  in  esame;  e  il  collegio  ritiene  giusto  esaminare
 d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale di tale sistema
 normativo.
    Tale  questione,  della  cui rilevanza gia' si e' detto, appare al
 collegio non  manifestamente  infondata,  ove  si  consideri  che  il
 sistema  normativo, progressivamente disegnato dalle leggi di proroga
 dei  termini  di  durata  delle  occupazioni  di  urgenza  in  corso,
 determina  una generale situazione di incertezza per i proprietari di
 suoli "temporaneamente" occupati dalla p.a. - per non dire di,  anche
 gravi,  disagi  economici, quando il titolare, imprenditore agricolo,
 utilizza quel fondo quale fonte di lavoro e sostentamento -. Difatti,
 considerato che al proprietario vengono sottratti la materiale
 disponibilita'  e  il   godimento   dell'immobile,   destinato   alla
 realizzazione  dell'opera  pubblica, ben si comprende come un termine
 certo e determinato che stabilisca  la  durata  dell'occupazione,  e,
 dunque,  posto  a  garanzia  e  tutela  del  proprietario  del  bene,
 costituisca un elemento essenziale del  provvedimento  amministrativo
 cui  inerisce.  Cosicche',  il  perdurare dell'occupazione d'urgenza,
 determinata dal continuo stillicidio delle leggi di proroga, di certo
 non comporta un vantaggio per il soggetto che  subisce  la  procedura
 ablativa,  bensi'  costituisce  un  danno: allungandosi il periodo di
 indisponibilita' del bene,  ritarda  nel  tempo  la  possibilita'  di
 ricevere  l'indennita'  di  occupazione,  ovvero  il risarcimento del
 danno.
    Le suesposte considerazioni inducono il collegio  a  ritenere  non
 manifestamente  infondata  la  questione del contrasto tra il sistema
 normativo delle leggi di proroga e le norme di cui agli articoli  24,
 42, secondo e terzo comma, 97 e 3 della Costituzione, per i seguenti,
 specifici.
                              M O T I V I
 Art.  24  della  Costituzione  in relazione all'art. 42, terzo comma,
 della Costituzione.
    Per  effetto  della  reiterazione  delle  norme  di  proroga,   il
 proprietario  del  bene  occupato,  ma non espropriato, resta, per un
 lungo e  non  definito  tempo,  privo  del  giusto  ristoro,  effetto
 dell'occupazione,  frattanto  divenuta  irreversibile,  e paralizzato
 nella difesa.
    Il  caso  portato  alla  cognizione  di   questo   giudicante   e'
 emblematico della situazione surriferita: in definitiva l'attore, pur
 avendo  perso la disponibilita'del terreno su cui e' stata realizzata
 l'opera pubblica - strada - da un lato non puo' agire per ottenere la
 determinazione   dell'indennizzo,   poiche',    in    mancanza    del
 provvedimento  ablatorio, non ne ha perso formalmente la titolarita',
 dall'altro non puo' agire per ottenere  il  risarcimento  del  danno,
 benche'  la  realizzazione  dell'opera  pubblica abbia determinato la
 perdita del bene occupato, poiche'  l'occupazione  deve  considerarsi
 legittima per effetto delle citate proroghe di legge.
 Art. 42, secondo comma, della Costituzione.
    Si  e' gia' accennato al fatto che ciascuna delle singole leggi di
 proroga non puo' essere considerata isolatamente, avulsa  dal  quadro
 normativo  generale,  nell'ambito  del quale, in effetti, ciascuna di
 esse funziona come presupposto della successiva e  lunga  protrazione
 dei termini di occupazione autoritativamente imposta. La compressione
 della posizione del proprietario che ne deriva, percio', non presenta
 i  caratteri  della straordinarieta' e temporaneita'; caratteri che i
 limiti  legali  al  diritto  di  proprieta',  previsti  dall'art. 42,
 secondo comma, della Costituzione al fine di assicurarne la  funzione
 sociale,  debbono  avere  per  non  incorrere  nella violazione della
 posizione soggettiva del proprietario, costituzionalmente  garantita.
 Al  contrario,  il legislatore ha conferito alla protrazione coattiva
 dei termini di durata  dell'occupazione  d'urgenza  un  carattere  di
 ordinarieta',    che   ne   compromette   l'aderenza   al   principio
 costituzionale, desumibile dalla norma in commento, secondo il  quale
 non  e'  consentito  al legislatore ordinario intervenire liberamente
 sul diritto di proprieta', che puo' essere  legittimamente  compresso
 sol  quando  lo esiga il limite della "funzione sociale", considerato
 nello stesso precetto  costituzionale  poc'anzi  ricordato.  Funzione
 sociale, la quale esprime, accanto alla somma di poteri attribuiti al
 proprietario  nel  suo  interesse,  il  dovere  di  partecipare  alla
 soddisfazione di interessi generali, nel che si sostanzia la  nozione
 stessa  del  diritto  di proprieta', come viene modernamente intesa e
 come e' stata recepita dalla nostra Costituzione.
 Art. 42, terzo comma, della Costituzione.
    Il modo di incidere del provvedimento  di  occupazione  d'urgenza,
 finalizzata  all'espropriazione,  sul contenuto tipico del diritto di
 proprieta', rivela un ulteriore profilo di contrasto tra la normativa
 di proroga e la Carta costituzionale, ovvero la violazione  dell'art.
 42,  terzo  comma,  ove  si  consideri che l'occupazione temporanea e
 d'urgenza di un fondo da parte della  p.a.,  pur  lasciando  il  bene
 nella  proprieta'  del  privato,  di  fatto  sottrae  al  titolare la
 facolta' di godere, usare e disporre del  fondo  stesso,  realizzando
 una  compressione  delle  facolta' dominicali pressoche' totale, e di
 durata,  per  quel  che  prima   detto,   assolutamente   incerta   e
 indeterminata.  A questa "espropriazione di valore" non fa da pendant
 la previsione, nelle medesime leggi di proroga, della  corresponsione
 di  un indennizzo per il periodo di occupazione prorogato, successivo
 alla scadenza dei  termini  di  durata  fissati  originariamente  nel
 provvedimento  che  l'occupazione aveva disposto, ne' e' previsto che
 l'ente occupante adotti il  provvedimento  che  liquidi  l'indennita'
 spettante    al   privato,   in   relazione   alla   maggior   durata
 dell'occupazione.
  Art. 97 della Costituzione.
    Il processo di  graduale,  ma  costante  deformazione  legislativa
 dell'istituto       dell'occupazione       d'urgenza      preordinata
 all'espropriazione - la quale, in origine, doveva  rappresentare  una
 fase  non necessaria e purante interinale del procedimento ablatorio,
 atta a consentire, prima dell'emanazione del  decreto  espropriativo,
 l'inizio  dei  lavori per opere pubbliche urgenti - ha di certo fatto
 un ulteriore passo avanti con le leggi di proroga, dopo che l'art. 20
 della legge n. 865/1971, aveva  portato  a  cinque  anni  il  termine
 biennale di cui all'art. 71, prima parte, primo comma, della legge n.
 2359/1895; e da tanto emerge anche la violazione dell'altro principio
 costituzionale  del  buon  andamento  della pubblica amministrazione,
 sancito dall'art. 97 della  Costituzione.  Difatti,  questa  tendenza
 legislativa, aggravata anche dal tempo che normalmente intercorre tra
 l'emanazione  della dichiarazione di pubblica utilita' e la pronuncia
 del decreto di occupazione, finisce col favorire il rallentamento del
 procedimento ablativo e toglie  ogni  incentivo  a  concluderlo,  con
 l'emanazione  del  decreto  definitivo  di  esproprio,  poiche',  nel
 frattempo,  data alla celerita' dei cantieri edili, in confronto alla
 lentezza  della  macchina  burocratica,  i  lavori  per  l'esecuzione
 dell'opera  pubblica  saranno  stati normalmente ultimati, almeno nel
 senso che l'opera pubblica sara' gia' stata finita se  non  rifinita.
 Questo  stato di cose innesca forti diseconomie e un maggiore onere a
 carico dell'ente pubblico espropriante, che sara' tenuto  -  in  base
 alla  sistemazione che la giurisprudenza, a partire da Cass. sez. un.
 n. 1464/1983, e sino a Cass. sez. un. n.  12546/1992  ha  tentato  di
 dare   alla  materia  per  risolvere  il  problema  dell'appartenenza
 dell'opera  pubblica  costruita  su  suolo  privato  in  costanza  di
 occupazione  preordinata  all'espropriazione  -  al  risarcimento del
 danno e cio' significa che il quantum dovuto  al  privato  non  sara'
 piu'  parametrato in base ai criteri riduttivi propri dell'indennita'
 di espropriazione, ma dovra' tendere all'integrale  risarcimento  del
 danno  subito  e,  quindi,  mai inferiore al valore venale del fondo,
 piu' la misura dei frutti perduti (cfr. Cass. sez. un. n. 1940/1988).
 Tale somma, essendo dovuta a titolo di risarcimento, e'  suscettibile
 poi  di  rivalutazione  monetaria  - mentre quella dovuta a titolo di
 indennizzo non lo e', essendo un debito di valuta.
 Art.  97  della  Costituzione   in   relazione   all'art.   3   della
 Costituzione.
    Si  delinea,  infine,  un  ulteriore  sospetto  di  illegittimita'
 costituzionale della normativa di proroga,  sotto  il  profilo  della
 irrazionalita' e arbitrarieta' della stessa, in relazione ai principi
 costituzionali  di uguaglianza dei cittadini e di imparzialita' della
 p.a., in quanto le citate leggi consentono di costituire, in via  del
 tutto  arbitraria,  situazioni  diverse  tra i proprietari dei fondi,
 oggetto  di  occupazione.  Infatti,  non  tutti  i  procedimenti   di
 occupazione  in  corso  vengono  coinvolti dalle leggi di proroga dei
 termini, nonostante le  proroghe  si  succedano  senza  soluzione  di
 continuita',  ma  sono quelli per i quali, al momento dell'entrata in
 vigore delle proroghe, non sono ancora scaduti i  termini  di  durata
 dell'occupazione,   discrezionalmente   fissati   nei   provvedimenti
 amministrativi  che  l'occupazione  hanno  disposto.  Ne  deriva   un
 trattamento  diferenziato  tra i proprietari degli immobili occupati,
 con  le  rilevanti  conseguenze  gia'  dianzi   evidenziate.   Questa
 disparita'  di  trattamento,  derivante  dall'essere o meno i singoli
 procedimenti ablativi in corso assoggettati alle leggi di proroga dei
 termini di durata dell'occupazione d'urgenza, non ha  giustificazione
 alcuna  e poggia sull'elemento, del tutto casuale, della data in cui,
 nel  corso  del  procedimento  si  e'  verificata  la  immissione  in
 possesso,  da  parte  della pubblica amministrazione occupante; data,
 questa,  che  giurisprudenza  dominante  indica  quale  inizio  degli
 effetti propri dell'occupazione d'urgenza.
    Il  contrasto  e  l'incompatibilita' degli artt.: 5 della legge 29
 luglio 1980, n. 385; 5- bis del  d.l.  22  dicembre  1984,  n.  901,
 convertito  in  legge  dalla  legge 1› marzo 1985, n. 42; 14, secondo
 comma, del d.l. 29 dicembre 1987, n. 534, convertito in legge  dalla
 legge 28 febbraio 1988, n. 47; 22 della legge 20 maggio 1991, n. 158,
 rispetto  agli  artt.  24,  42,  secondo  e terzo comma, 97 e 3 della
 Costituzione, da' luogo ad una questione preliminare di  legittimita'
 costituzionale,   sulla   quale  compete  alla  Corte  costituzionale
 pronunciare.
    La sospensione del presente giudizio consegue necessariamente alla
 rimessione degli atti alla Corte costituzionale.
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt.  1  della legge 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della
 legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione  di
 legittimita'  costituzionale  degli  artt.:  5  della legge 29 luglio
 1980, n. 385; 5- bis del d.l. 22 dicembre 1984, n.  901,  convertito
 in  legge  dalla  legge  1› marzo 1985, n. 42; 14, secondo comma, del
 d.l. 29 dicembre 1987, n. 534, convertito in legge  dalla  legge  28
 febbraio  1988,  n.  47;  22  della  legge 20 maggio 1991, n. 158, in
 riferimento agli artt. 24, 42, secondo e terzo comma, 97  e  3  della
 Costituzione;
    Sospende il giudizio;
    Manda  alla  cancelleria  per  le  comunicazioni  alle  parti  del
 giudizio;
    Dispone la trasmissione degli atti alla  Corte  costituzionale  ed
 ordina  che,  a  cura  della  cancelleria,  la presente ordinanza sia
 notificata  al  Presidente  del  Consiglio  dei   Ministri,   nonche'
 comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della
 Repubblica.
      Agrigento, addi' 22 aprile 1993
                  Il presidente: (firma illeggibile)
    Il giudice estensore: CAROSELLA
                             Il funzionario di cancelleria: LA GAETANA
    Depositato in cancelleria il 1› giugno 1993.
               Il funzionario di cancelleria: LA GAETANA

 93C0945