N. 565 ORDINANZA (Atto di promovimento) 24 febbraio 1987- 31 agosto 1993

                                N. 565
 Ordinanza   emessa   il   24  febbraio  1987  (pervenuta  alla  Corte
 costituzionale il 31 agosto 1993) dalla corte d'appello di Ancona nel
 procedimento civile vertente tra Cercamondi Gino e il Ministero delle
 finanze.
 Tributi in genere - Dichiarazione dei sostituti d'imposta -
    Presentazione tempestiva ad ufficio non competente - Ricezione  di
    detta  dichiarazione  a  termine  scaduto  da  parte  dell'ufficio
    competente - Sanzioni a carico del dichiarante, per tutto il resto
    adempiente, ingiustificatamente uguali a quelle  previste  per  le
    piu'  gravi  mancanze del sostituto d'imposta che ha presentato la
    dichiarazione in ritardo oltre il mese oppure non l'ha  presentata
    affatto  -  Inosservanza  dei  principi  contenuti  nella legge di
    delega.
 (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 47).
 (Cost., art. 3).
(GU n.40 del 29-9-1993 )
                          LA CORTE DI APPELLO
    Ha  pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile, in grado
 di appello, promossa con citazione not. in data 19 marzo  1985  aiut.
 uff.  giud.  presso  la  corte di appello di Ancona ed iscritta al n.
 108/85, da Cercamondi Gino  rappresentato  e  difeso  dall'avv.  Ivan
 Liuti  ed  elettivamente dom.to in Ancona, via Piave, 51 (studio avv.
 M. Belelli), per delega a margine dell'atto di  appello,  appellante,
 contro il Ministero delle finanze, in persona del Ministro in carica,
 rappresentato  e  difeso  dall'avvocatura distrettuale dello Stato di
 Ancona, legale domiciliataria, appellato.
    Oggetto: legittimita' di sanzione amministrativa per presentazione
 della dichiarazione dei redditi ad ufficio incompetente.
    Causa posta in decisione nell'udienza del 18 febbraio 1987.
                              CONCLUSIONI
    Il proc.re dell'appellante, ha cosi' concluso: "Piaccia all'ecc.ma
 corte di appello di Ancona, per quanto in narrativa ed ogni contraria
 istanza disattesa:
      1)  in  rito,  ritenuta  la  non  manifesta  infondatezza  delle
 eccezioni   di  costituzionalita',  rimettere  gli  atti  alla  Corte
 costituzionale e sospendere il presente giudizio  sino  all'esito  di
 quello attinente alla legittimita' costituzionale;
      2)   nel   merito,  dato  atto  dell'avvenuta  dichiarazione  di
 illegittimita' costituzionale, annullare ad ogni effetto  l'impugnata
 sentenza  e,  conseguentemente,  dichiarare che dall'istante nulla e'
 conseguentemente, dichiarare che  dall'istante  nulla  e'  dovuto  al
 convenuto  per  il  titolo  di  cui  e' causa, con vittoria di spese,
 diritti ed onorari di lite anche per la fase  di  fronte  alla  Corte
 costituzionale".
    Il   proc.re   dell'appellato,  ha  cosi'  concluso:  "Previamente
 dichiarata la manifesta infondatezza della questione di  legittimita'
 costituzionale,   rigettarsi   il   ricorso   con   ogni  statuizione
 conseguentemente confermando la legittimita' dell'impugnato avviso di
 accertamento.
    Con vittoria di onorari e competenze nonche' delle spese prenotate
 e prenotande a debito presso il campione della cancelleria civile".
                       SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
    L'ufficio delle imposte  dirette  di  Senigallia,  con  avviso  di
 accertamento  n.  28/81,  notificato  il  2 novembre 1981, irrogava a
 Cercamondi Gino la sanzione amministrativa di L. 1.860.000 per omessa
 presentazione della dichiarazione di sostituto d'imposta mod. 770, in
 relazione  al  periodo  d'imposta  1980,  in   quanto   la   suddetta
 dichiarazione,  presentata  tempestivamente  ad ufficio incompetente,
 era stata da quest'ultimo trasmessa a quello competente oltre un mese
 dalla scadenza del termine di presentazione.
    L'istante proponeva ricorso alla Commissione tributaria  di  primo
 grado   di  Ancona,  eccependo  l'incostituzionalita'  del  combinato
 disposto degli artt. 12 e 47 del d.P.R. n. 600/1973, sotto il profilo
 che la  stessa  sanzione  e'  prevista  per  l'ipotesi  che  l'omessa
 dichiarazione  dipenda  dalla volonta' del contribuente, in relazione
 all'art. 3 della Costituzione.  Eccepiva,  inoltre,  l'illegittimita'
 costituzionale  dell'art.  47  del  citato  decreto, dipendente dalla
 legge di delegazione 9  ottobre  1971,  n.  825,  la  quale  appariva
 viziata  in  quanto,  all'art.  10, n. 11, non si presentava conforme
 all'art. 76 della Costituzione.
    La  commissione  tributaria di primo grado, con sentenza n. 24 del
 18 gennaio 1984, respingeva  il  ricorso,  senza  pronunciarsi  sulle
 predette eccezioni.
    Il   Cercamondi  proponeva,  pertanto,  ricorso  alla  commissione
 tributaria di secondo grado, riproponendo le stesse eccezioni, che la
 commissione con sentenza n.  69  del  16  ottobre  1984,  respingeva,
 adottando una motivazione estremamente sintetica ed insufficiente.
    Scaduto  il  termine  di sessanta giorni per proporre ricorso alla
 commissione tributaria centrale, con riferimento a entrambe le parti,
 come certificato dalla segreteria di detta commissione (art.  40  del
 d.P.R.  n.  636/1972),  l'istante  proponeva  tempestivamente ricorso
 davanti a questa corte con atto notificato il 19 marzo 1985.
    Il ricorrente cosi' deduceva: "Appare evidente come gli artt. 12 e
 47 del d.P.R.  n.  600/1973,  equiparando  l'ipotesi  della  denuncia
 omessa  (o  presentata oltre il mese all'ufficio competente) a quella
 presentata all'ufficio incompetente e da questo  trasmessa  oltre  il
 mese  a  quello  competente,  pongono  in  essere  una vera e propria
 ingiustizia, e cio' in quanto le due ipotesi sono oggettivamente  di-
 verse,   atteso   che  nella  seconda  ipotesi  manca  totalmente  il
 collegamento causale tra  il  comportamento  del  contribuente  e  la
 ricezione  della  denuncia  da parte dell'ufficio competente oltre il
 mese.
    Consegue  incontestabilmente   che,   essendo   le   due   ipotesi
 oggettivamente   differenti,   non   possono   ricevere   lo   stesso
 trattamento, e cioe', la stessa sanzione.  Pertanto,  l'eccezione  di
 incostituzionalita' e' fondata nella maniera piu' chiara, a tal punto
 che gia' parecchi altri giudici hanno rimesso la questione alla Corte
 costituzionale, che, a tutt'oggi, pero' non ha deciso.
    In  conclusione,  le  norme  in  esame del d.P.R. n. 600/1973 sono
 indubbiamente in contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione".
    A questo primo profilo  d'incostituzionalita',  il  ricorrente  ne
 aggiungeva  un  secondo,  cosi'  argomentando:  "Anche l'eccezione di
 incostituzionalita' dell'art. 47 del d.P.R. n.  600/1973,  dipendente
 dalla  legge  di  delegazione,  9  ottobre  1971,  n.  825, la quale,
 nell'art. 10, n. 11, non si presenta conforme ai  principi  dell'art.
 76, della costituzione, e' palesemente fondata.
    Invero,  com'e'  evidente,  i  decreti  legislativi  in materia di
 riforma tributaria, e  quindi  anche  il  d.P.R.  n.  600/1973,  sono
 subordinati  alla  legge di delegazione, in quanto soggetti ai limiti
 di oggetto e di  tempo,  nonche'  a  quelli  di  principi  e  criteri
 direttivi,   per   cui  anche  quando  mancano  questi  ultimi,  puo'
 ravvisarsi l'invalidita' costituzionale dei crediti delegati. Orbene,
 l'art.  47  del  d.P.R.  n.  600/1973  appare  viziato  di  validita'
 costituzionale,  in  quanto tale norma, che costituisce appunto legge
 delegata, non risulta  conforme  alla  legge  delegante,  atteso  che
 l'aspetto  sanzionatorio non e' ispirato alla migliore commisurazione
 delle sanzioni all'entita' oggettiva e soggettiva  delle  violazioni,
 mentre  l'art.  10 della legge di delegazione anzidetta prescrive che
 le sanzioni, siccome  dirette  ad  assicurare  la  prevenzione  e  la
 repressione  dell'evasione,  devono essere basate su di un sistema di
 commisurazione di esse all'effettiva entita' oggettiva  e  soggettiva
 delle violazioni".
    Tanto  ed  altro premesso, Cercamondi Gino citava davanti a questa
 corte d'appello il Ministero delle finanze, corrente  in  Roma,  dir.
 gen.  ii.d.d.,  in persona del Ministro pro-tempore, concludendo come
 in epigrafe.
    Instauratosi  il  contraddittorio,  il resistente osservava quanto
 segue.
    La questione e' gia' stata ritenuta manifestamente infondata dalla
 commissione tributaria centrale,  sezione  dieci,  con  decisione  19
 maggio 1980, n. 5812.
    Invero,  l'art.  12,  penultimo  comma  capoverso,  del  d.P.R. n.
 600/1973, stabilisce che "la  presentazione  della  dichiarazione  ad
 ufficio   diverso   da   quello  sopra  indicato  (comune  nella  cui
 circoscrizione si trova il domicilio  fiscale  del  contribuente)  si
 considera  avvenuta  nel giorno in cui la dichiarazione sia pervenuta
 all'ufficio delle imposte competente". L'art.  9,  ultimo  capoverso,
 dello  stesso  decreto,  dispone che le "dichiarazioni presentate con
 ritardo superiore ad un  mese  si  considerano  omesse  a  tutti  gli
 effetti".
    Da  tale  normativa consegue che le sanzioni applicate nel caso in
 esame sono quelle stabilite dall'art. 47 del d.P.R. n. 600/1973,  che
 riguarda  appunto  la  "omissione della dichiarazione", alla quale e'
 equiparata a tutti gli effetti anche quella presentata con ritardo da
 oltre un mese.
    Orbene, il legislatore ha considerato omessa la dichiarazione solo
 nel caso che sia presentata oltre un  mese  dal  termine  prescritto,
 mentre  l'ha  ritenuta valida, con lieve sanzione, qualora il ritardo
 non superi il mese.
    Questa distinzione e' importante in quanto incide sul  trattamento
 riservato  dalla  legge a seconda della gravita' della violazione. Il
 legislatore ha equiparato la  presentazione  tardiva  oltre  il  mese
 della  omessa  presentazione  ed ha previsto conseguentemente, per le
 due violazioni la medesima sanzione.
    Appare, pertanto, legittima la sanzione comminata dell'art. 47 per
 il caso in esame  e,  quindi,  del  tutto  infondata  la  violazione,
 dell'art. 3 della Costituzione.
    Precisate  le  conclusioni  come  in epigrafe trascritte, la causa
 passava in decisione.
                        MOTIVI DELLA DECISIONE
   Nulla quaestio, in primo luogo, circa la rilevanza  della  proposta
 questione  di  legittimita'  costituzionale  ai fini della decisione,
 dovendosi stabilire se sia legittima la sanzione amministrativa di L.
 1.860.000,  inflitta  a  Cercamondi  Gino  per  avere  presentato  la
 dichiarazione  di  sostituto  d'imposta,  mod.  770,  in relazione al
 periodo d'imposta 1980, ad ufficio incompetente  (fatto  pacifico  in
 causa).
    Cio'  premesso,  la  suddetta  questione non appare manifestamente
 infondata, per quanto osservato dal  ricorrente  con  riferimento  al
 primo profilo d'illegittimita' costituzionale dell'art. 47 del d.P.R.
 29  settembre  1973, n. 600, ritenuto in contrasto con l'art. 3 della
 Costituzione (v. narrativa).
    Il fatto che il  legislatore  abbia  equiparato  la  presentazione
 tardiva  della  dichiarazione  dei  redditi oltre il mese alla omessa
 presentazione, comminando per le due violazioni la medesima sanzione,
 non assume giuridico  rilievo,  contrariamente  a  quanto  assume  il
 resistente,  perche' il raffronto, ai fini del decidere, va istituito
 fra dette ipotesi e quella in cui la stessa dichiarazione, presentata
 tempestivamente ad ufficio incompetente, pervenga a quello competente
 con  ritardo  superiore  al  mese,  come avvenne nella fattispecie in
 esame.
    L'art. 47 citato, equiparando implicitamente le due ipotesi  quoad
 poenam,  e'  certamente  in contrasto con il piu' elementare senso di
 giustizia, perche' mette sullo stesso piano il titolare  di  reddito,
 che,  per  dolo  o colpa grave, omette di presentare la dichiarazione
 dei redditi (o incorre in ritardo intollerabile, ritenuto equivalente
 all'omissione vera e propria), e il  contribuente,  il  quale,  senza
 sottrarsi all'adeguamento dell'obbligazione tributaria, presenta tale
 dichiarazione  ad  ufficio  incompetente nel termine di legge. Il che
 puo' avvenire per insufficiente attenzione o soltanto  per  obiettiva
 difficolta' di individuare l'ufficio competente.
    Con  specifico  riferimento  all'art. 3 della Costituzione, sembra
 che  a  situazioni  di  fatto  radicalmente  diverse  corrisponda  un
 trattamento  normativo, identico agli effetti dell'applicazione della
 sanzione amministrativa, di rilevante entita', talche'  si  legittima
 il  dubbio  circa  la  legittimita'  costituzionale  dell'art. 47, in
 relazione all'art. 12, quarto comma, e 9, ultimo comma, del d.P.R. 29
 settembre 1973, n. 600, nella  parte  in  cui  non  discrimina,  agli
 effetti   della   repressione,  tra  le  due  fattispecie  come  gia'
 evidenziate.
    D'altra parte, detto art.  47,  contenuto  nel  decreto  delegato,
 appare  altresi'  incontrasto  con  l'art.  10,  n. 11, della legge 9
 ottobre 1971, n. 825 (delega legislativa al Governo della  Repubblica
 per  la riforma tributaria), il quale, in armonia con l'art. 76 della
 Costituzione,  indica,  tra  l'altro,  come  principio   e   criterio
 direttivo,  "la migliore commisurazione delle sanzioni amministrative
 e  penali,  anche  detentive,  all'effettiva  entita'   oggettiva   e
 soggettiva delle violazioni, con particolare riguardo alle violazioni
 degli  obblighi  di  comunicazione all'amministrazione finanziaria di
 dati e notizie aventi rilievo ai fini  dell'accertamento  di  redditi
 altrui".
                               P. Q. M.
    Visti  gli  artt. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, n.
 1; 23 e 24 della legge 11 marzo 1953, n. 87;
    Sospende il giudizio in corso e dispone la trasmissione degli atti
 alla  Corte  costituzionale  per  la   decisione   in   ordine   alla
 legittimita'  costituzionale  dell'art.  47  del  d.P.R. 29 settembre
 1973, n. 600, in relazione all'art. 3 della Costituzione come  meglio
 precisato in motivazione;
    Dispone  che  a cura della cancelleria la presente ordinanza venga
 notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri e  comunicata  ai
 Presidenti delle due Camere del Parlamento.
      Ancona, addi' 24 febbraio 1987
                         Il presidente: MICONI

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