N. 608 ORDINANZA (Atto di promovimento) 12 luglio 1993

                                N. 608
 Ordinanza  emessa  il  12  luglio  1993  dal  tribunale di Torino nel
 procedimento penale a carico di Lalario Paolo
 Processo penale  -  Dibattimento  -  Divieto  di  acquisizione  della
 denuncia  al  fascicolo del dibattimento - Conseguente impossibilita'
 per la difesa di procedere  alla  contestazione  delle  dichiarazioni
 rese  in  tale  sede  -  irragionevolezza - Disparita' di trattamento
 rispetto alle dichiarazioni rese alla p.g.  o  al  p.m.  -  Lamentata
 dispersione di un mezzo di prova altrimenti utilizzabile.
 (C.P.P. 1988, art. 500, primo e quarto comma).
 (Cost., artt. 3 e 24).
(GU n.42 del 13-10-1993 )
                             IL TRIBUNALE
    Ha   pronunciato   la   seguente   ordinanza   sull'eccezione   di
 illegittimita' costituzionale dell'art. 500 primo e quarto comma  del
 c.p.p.  in  relazione  agli  artt. 3, primo comma e 24, secondo comma
 della Costituzione, sollevata d'ufficio nel  procedimento  penale  n.
 52/1993  a  carico  di  Lalario Paolo, imputato del reato di cui agli
 artt. 81 cpv., 479, 61 n. 2 e 314 del c.p.
                               F A T T O
    All'udienza dell'11 marzo 1993 il difensore dell'imputato chiedeva
 di  poter  contestare  al  denunciante  Pavanello  Silvano,  ai sensi
 dell'art. 500, primo comma del c.p.p., le dichiarazioni dal  medesimo
 rese  in  sede  di denuncia al fine dell'eventuale acquisizione della
 stessa ex art. 500 quarto comma del c.p.p., in quanto utilizzata  per
 le contestazioni.
    Il p.m. si opponeva alla richiesta, sostenendo che la denuncia non
 puo'  essere  oggetto  di  contestazioni  e,  quindi, non puo' essere
 acquisita nel fascicolo per il dibattimento per gli effetti  indicati
 dall'art. 500 quarto comma del c.p.p.
    Il  tribunale,  dopo  aver  concluso l'istruttoria dibattimentale,
 all'udienza  del  12  luglio  1993,  sciogliendo  la  riserva   sulla
 richiesta dalla difesa, sollevava d'ufficio questione di legittimita'
 costituzionale  nei  termini sopra precisati, ritenendola rilevante e
 non manifestamente infondata.
                             D I R I T T O
    Non si puo' mettere in discussione la rilevanza  della  questione,
 in  quanto il controesame del denunciante, persona offesa puo' avere,
 nel caso di specie,  esiti  diversi,  che  si  riflettono  sul  piano
 probatorio,   a   seconda   che  si  consenta  o  meno  al  difensore
 dell'imputato  la  contestazione  delle   dichiarazioni   costituenti
 oggetto  della denuncia e, quindi, la loro eventuale acquisizione nel
 fascicolo per il dibattimento.
    La questione e' altresi' non manifestamente infondata.
    E' sufficiente al riguardo  richiamare  la  sentenza  n.  255/1992
 della  Corte  costituzionale e sottolineare che anche in questo caso,
 l'interpretazione dell'art. 500 del c.p.p., che  non  consentisse  di
 contestare  e, quindi, di acquisire a fini probatori, il contenuto di
 una denuncia violerebbe i principi di ragionevolezza, di uguaglainza,
 di non dispersione dei mezzi di prova, nonche' il "fine  primario  ed
 ineludibile  del  processo penale" che e' "quello della ricerca della
 verita'".
    Non appare infatti,  ispirato  al  criterio  della  ragionevolezza
 mettere  su  piani diversi le dichiarazioni rese dalla persona offesa
 di un reato alla p.g. o al p.m. e trasfuse  nel  relativo  verbale  e
 quelle  contenute  in  scritti  o altri mezzi di rappresentazione del
 pensiero, depositate o inviate all'autorita' giudiziaria  o  di  p.g.
 (al  limite  anche  ad  altre  autorita' pubbliche tenute all'obbligo
 della denuncia ex art. 331 del c.p.p.).
    Di fatti, in entrambe le ipotesi, identico e' il  contenuto  della
 denuncia,  diverse  solo  essendo  le  modalita' di acquisizione e di
 documentazione della denuncia stessa; ne  deriva  che  identica  deve
 esserne  la valenza probatoria, e quindi, identica la possibilita' di
 utilizzazione a fini di contestazione e di successiva aquisizione.
    Si pensi, ad esempio, al caso in cui la p.o., convocata  dal  p.m.
 confermi  a  verbale  la  denuncia  precedentemente  fatta  pervenire
 all'autorita' giudiziaria: in tal caso il contenuto  della  denuncia,
 essendo  integralmente recepito nel verbale reso avanti al p.m., puo'
 essere oggetto delle contestazioni previste dall'art. 500 del c.p.p.,
 con tutto quanto ne consegue, mentre cio' non accadrebbe, accogliendo
 l'interpretazione  di   cui   qui   si   eccepisce   l'illegittimita'
 costituzionale,  qualora  la  stessa denuncia non fosse seguita dalla
 conferma a verbale da parte del suo autore al p.m.
    In tale ultimo caso si disperderebbe, senza alcuna valida ragione,
 un mezzo di prova altrimenti utilizzabile e si vanificherebbe il fine
 primario della ricerca della verita', che  deve  sempre  ispirare  il
 giudice penale.
    Verrebbe,  altresi',  pregiudicata l'inviolabilita' del diritto di
 difesa in tutti i casi in cui il denunciante abbia reso dichiarazioni
 in contrasto con il contenuto della precedente denuncia e  le  stesse
 non possano essere contestate e, quindi, utilizzate a fini probatori.
    Nel  caso  di  specie,  non  sarebbe  possibile  al  difensore far
 rilevare delle difformita' tra le deposizioni rese in dibattimento da
 Pavanello Silvano e la denuncia dello stesso datata 8  novembre  1991
 inviata al procuratore generale.
                               P. Q. M.
    Letti   gli   artt.   134   della   Costituzione,  1  della  legge
 costituzionale 9 febbraio 1948, n. 1 e 23 della legge 11 marzo  1953,
 n. 87;
    Dichiara  di  ufficio  rilevante e non manifestamente infondata la
 questione di legittimita' costituzioanle dell'art. 500 primo comma  e
 4 del c.p.p. come precisato in motivazione, in relazione agli artt. 3
 primo comma e 24 primo comma della Costituzione;
    Sospende  il  giudizio in corso e dispone l'immediata trasmissione
 degli atti alla Corte costituzionale;
    Ordina che a cura della  cancelleria  la  presente  ordinanza  sia
 notificata  al Presidente del Consiglio dei Ministri e sia comunicata
 al  Presidente  del  Senato  della  Repubblica  e  della  Camera  dei
 Deputati.
      Torino, addi' 12 luglio 1993
                        Il presidente: BERNARDI
    I giudici: GIORDANA - MECCA
                                               Il cancelliere: VALERIO
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