N. 651 ORDINANZA (Atto di promovimento) 6 luglio 1993
N. 651 Ordinanza emessa il 6 luglio 1993 dal tribunale di Vibo Valentia nella richiesta di riesame proposta da Soriano Gaetano ed altri Mafia - Provvedimenti di contrasto alla criminalita' mafiosa - Possesso ingiustificato, anche per interposta persona, di beni di valore sproporzionato alla attivita' svolta o ai redditi dichiarati - Configurazione di tale condotta come reato proprio richiedendosi per il soggetto attivo la qualifica di indagato per determinati reati o di soggetto nei cui confronti si proceda per l'applicazione di una misura di prevenzione - Irragionevolezza in considerazione della non definitivita' delle suddette qualifiche - Lesione dei principi di eguaglianza e di presunzione di innocenza con incidenza sul diritto di difesa. (Legge 7 agosto 1992, n. 356, art. 12-quinquies, secondo comma, modificato dal d.l. 21 gennaio 1993, n. 14, art. 5; d.l. 23 marzo 1993, n. 73). (Cost., artt. 3, 24, secondo comma, e 27, secondo comma).(GU n.44 del 27-10-1993 )
IL TRIBUNALE Riunito in camera di consiglio ha pronunciato la seguente ordinanza sulla richiesta di riesame proposta dagli avv. Giovanni Marafioti e Giuseppe Romeo, nell'interesse di Soriano Gaetano, D'Ambrosio Graziella, Soriano Roberto, Silipigni Graziella, Soriano Leone e Lo Preiato Rosetta, indagati per il reato di cui all'art. 12 quinques, secondo comma, d.l. 8 giugno 1992, n. 306, convertito nella legge 7 agosto 1992, n. 356, avverso i decreti di sequestro preventivo emessi dal g.i.p. presso questo tribunale in data 3 febbraio 1993, 5 febbraio 1993 ed 11 febbraio 1993, nonche' avverso il provvedimento emesso dallo stesso g.i.p. il 12 febbraio 1993, di convalida del sequestro preventivo, in via d'urgenza, disposto dal p.m. in data 10 febbraio 1993 in esito a sentenza della Corte di cassazione del 4 maggio 1993, che ha annullato con rinvio, l'ordinanza emessa dal Tribunale del riesame di Vibo Valentia in data 5 marzo 1993; Sentita la relazione del presidente e le conclusioni del p.m. e dei difensori; Considerato che con i motivi della richiesta di riesame, depositati il 2 marzo 1993, gli istanti hanno sollevato questione di legittimita' costituzionale della norma incriminatrice di cui all'art. 12-quinques della legge 7 agosto 1992, n. 356 e seg., non riproposta con gli ulteriori motivi depositati in data odierna, la cui fondatezza, va comunque, valutata d'ufficio. R I L E V A Dalla documentazione in atti risulta: 1) relativamente ai coniugi Soriano Leone e Lo Preiato Rosetta che il primo e' titolare di una ditta individuale per movimento terra, per la quale negli 1980-1989, ha dichiarato un reddito complessivo medio di L. 75.000, ed ha omesso la dichiarazione Irpef per l'anno 1990, mentre la seconda non risulta svolgere alcuna attivita' lavorativa. Gli stessi sono proprietari di un appezzamento di terreno, acquistato il 2 luglio 1992, del valore dichiarato di L. 1.100.000 e delle seguenti autovetture: Lancia Thema 2, 5, TD; Alfa Romeo 164, 2,5, TD; Alfa Romeo 75, 2,0 benzina; Lancia Thema; 2) relativamente ai coniugi Soriano Gaetano e D'Ambrosio Graziella, che il primo e' titolare di una ditta individuale operante nei trasporti di persone e merci, con inizio attivita' in data 17 maggio 1989, che ha omesso la dichiarazione dei redditi ai fini Iva, ed ai fini Irpef ha dichiarato per i soli anni 1989-90, un reddito imponibile di L. 952.500; che la seconda e' amministratore unico della "Autoricambi Soriano S.r.l.", costituita nell'1989, avente ad oggetto la gestione di autosalone per il commercio di veicoli nuovi ed usati, che la stessa, per tale attivita' non ha dichiarato alcun reddito negli anni 1989-90, ma solo un imponibile medio di L. 952.000 derivante da utile di partecipazione: I predetti coniugi sono proprietari dei seguenti immobili: appezzamento di terreno edificabile sito in localita' Cicotto di Filandari, con annessa casa di abitazione, del valore, dichiarato nell'atto pubblico di compravendita di L. 47.500.000; appezzamento di terreno edificabile sito nel medesimo comune ed alla stessa localita', con insistente fabbricato allo stato rustico, costituito da tre corpi di fabbrica collegati, esteso, nel seminterrato mq. 607, al 1 piano un corpo mq. 150 e l'altro mq. 295 piu' mq. 70 di terrazze; al 2 piano mq. 365, ed al 3 piano mq. 365, valutato, allo stato, dall'Ute in L. 526.300.000, e da perizia tecnica di parte, eseguita dall'ing. Luciano Vita, e depositata all'odierna udienza, in L. 244.920.981, in relazione ai costi effettivamente sopportati; nonche' dei seguenti autoveicoli: Fiat 170 TD, autocarro trasporti merci; Fiat 131, S 1,5, benzina; Renault trasporto promiscuo; 3) relativamente ai coniugi Soriano Roberto e Silipigni Graziella, che il primo e' titolare di una ditta individuale per il recupero ed il riciclaggio dei rottami, con inizio attivita' nell'anno 1987, per la quale ha dichiarato per i soli anni 1987 e 1988 un reddito imponibile medio pari a L. 204.500, mentre la seconda risulta essere bracciante agricola, sebbene non ha mai dichiarato alcun reddito. Gli stessi risultano proprietari di un suolo edificabile sito in Comune di Filandari, localita' "Contura", esteso mq. 495 circa e delle seguenti autovetture: Fiat Uno, moto Piaggio Cosa 125; Nissan 3,2 D furgone trasporto; Alfa Romeo 75, 4,4 TD; Alfa Romeo 75; 4) che a carico dei predetti pendono procedimenti penali per il reato di cui all'art. 648 del c.p. I beni di cui i predetti nuclei familiari risultano proprietari si appalesano sproporzionati in relazione ai guadagni derivanti dalle rispettive attivita' lavorative, tenendo conto delle dichiarazioni dei redditi e delle emergenze processuali, delle date di inizio di tali attivita' e delle quotidiane necessita' di sussistenza delle famiglie comprendenti, ognuna di essi due bambini. Infatti la documentazione allegata dalla difesa a sostegno dell'apposta tesi della legale provenienza dei beni, non si appalesa sufficiente: nulla e' stato allegato al fine di provare l'effettiva portata del lavoro svolto da Soriano Leone, quand'anche lo si volesse ritenere un semplice evasore fiscale, si da potere in qualche misura desumere la portata dei suoi concreti guadagni che giustifichi la provenienza del bene immobile di sua proprieta' e delle innumerevoli autovetture di grossa cilindrata, di oggettivo considerevole valore; quanto ai coniugi Soriano Gaetano e D'Ambrosio Graziella, le dichiarazioni della madre di questa e la copia del libretto di risparmio depositato, attesta l'avvenuta regalia in favore della figlia di circa L. 50.000.000, ma, in assenza di elementi che possano condurre ad accertare gli effettivi guadagni dei coniugi, a mezzo delle attivita' lavorative svolte, iniziate, peraltro, in epoche recenti, puo' costituire valida giustificazione della legale provenienza dell'insiene del patrimonio costituito da un fabbricato al rustico a tre piani. Pur volendo accedere alla tesi della costruzione in economia, certamente il valore del bene non e' inferiore a 350.000.000 milioni (operando una media per difetto tra la valutazione di cinquecentomilioni dell'Ute e quella di 244.000.000 della perizia di parte). Dalle dichiarazioni in atti dei fornitori risulta un debito del Soriano Gaetano di circa 30 milioni, per materiale edificabile, mentre non e' data contezza dei mezzi economici che hanno consentito il reperimento della restante somma. Il collegio ritiene, infatti, inattendibili, in relazione alla sua qualita' soggettiva di cognato del Soriano Gaetano, le dichiarazioni di Petracca Francesco, in ordine alle sue prestazioni di lavoro gratuite, ed a quelle di altri tre operai; ugualmente nulla e' stato prodotto in ordine all'attivita' lavorativa di Soriano Roberto, relativamente ai locali in cui si svolge, ai mezzi a disposizione, ai clienti di questi, che rendano plausibili dei guadagni che gli consentano di mantenere la famiglia ed acquistare, altresi', un bene immobile ed autovetture. Ne' basta a tal fine la documentata percezione di circa L. 30 milioni, da parte della moglie, per indennizzo per maternita' connessa ad una sua attivita' di bracciante agricola (anch'essa non documentata relativamente alle annuali giornate lavorative svolte). Sussistono, pertanto, i gravi indizi di colpevolezza di cui all'art. 273 primo comma del c.p., a carico dei reclamati, in riferimento al delitto di cui all'art. 12-quinques della legge n. 356/1992 e succ. mod., per il quale sono indagati. Cio' induce il collegio a ritenere la evidente rilevanza della questione di legittimita' prospettata, giacche' il presente procedimento di riesame non puo' essere definito indipendentemente dalla sua risoluzione. La questione, peraltro, non e' manifestamente infondata. Invero, come e' stato gia' osservato dal tribunale di Salerno (ordinanza del 2 novembre 1992, pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 5 del 3 febbraio 1993, ma anche dalla Corte di cassazione (ordinanza n. 746 del 22 febbraio 1993 depositata il 12 marzo 1993, l'art. 12-quinques, del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, coordinato con la legge di conversione 7 agosto 1992, n. 356, con modificazione di cui all'art. 5, del d.l. 21 gennaio 1993, n. 14, reiterato da d.l. 23 marzo 1993, n. 73, prevede come ipotesi d'illecito penale perseguibile il possesso o in ogni caso la disponibilita' ingiustificati di danaro, beni o altre utilita' di valore sproporzionato al reddito dichiarato o alla attivita' economica esercitata da parte di colui nei cui confronti sia pendente procedimento penale per determinati delitti - fra i quali quelli di cui agli artt. 644 e 648- ter del c.p. - e determina quindi una figura di reato "proprio", dal quale soggetto attivo puo' essere colui che venga a trovarsi nella posizione processuale di imputato o anche - come nel caso - solamente di indagato, per alcuni illeciti che si ritiene siano stati commessi dallo stesso sulla base di elementi indizianti ancora non sottoposti alla verifica del giudice circa la loro effettiva sussistenza, la loro idoneita' probatoria e la loro riferibilita' al soggetto la cui responsabilita' in relazione ai fatti che si addebitano in ogni caso non si e' accertata con sentenza definitiva nel momento nel quale sorge il sospetto e si consolida la condotta che si descrive come illecita e che viene cosi' ancorata, da un lato, ad una situazione personale che potrebbe anche vanificarsi nel corso del procedimento e, dall'altro, al parametro oggettivo della proporzione tra il valore della disponibilita' e il reddito dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, richiedendosi al soggetto di fornire in tale ipotesi la prova della provenienza legittima dei beni (cosi cassazione penale sopra cit.). Puo' osservarsi che trattasi, in effetti, di una paradigma criminoso che suscita serie e fondate perplessita' prima facie - circa la sua conformita' o meno ai principi: a) di ragionevolezza sottesa all'art. 3 della Costituzione; b) dell'inviolabilita' del diritto di difesa (art. 24, secondo comma, della Costituzione); c) della presunzione d'innocenza sino alla condanna definitiva (art. 27, seconda comma, della Costituzione). Cio' ove si ponga mente, in riferimento al primo profilo (possibile contrasto con l'art. 3) che lo stato soggettivo di indagato per taluni reati, che e' elemento costitutivo del delitto in questione, prescinde irragionevolmente dagli esiti processuali, potenzialmente opposti (assoluzione/condanna) del reato o dei reati presupposti, di tal che il colpevole e l'innocente dei "delitti sorgente" subiscono il medesimo trattamento processual-penalistico, non risultati palesemente aberranti e ab intrinseco ingiusti. Sotto gli altri due profili appare sufficiente rilevare che la norma incriminatrice sembra costringere il soggetto, che intende sottrarsi al procedimento, ad abbandonare ogni comportamento processualmente passivo, pur garantito dall'ordinamento ad ogni altro imputato - il quale ha diritto di attendere inerte che il p.m. provi l'accusa - obbligandolo ad attivarsi per giustificare la legittimita' della accumulazione patrimoniale sospetta, in contrasto sia col diritto del cittadino di difendersi anche con il silenzio - art. 24, secondo comma - sia con la presunzione di non colpevolezza che assiste ogni imputato, ed a fortiori ogni indagato sino alla condanna definitiva (cosi' sostanzialmente anche cass. pen. sez. II, ord. del 17 febbraio 1993).
P. Q. M. Visto l'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87; Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 12-quinques, secondo comma, della legge 7 agosto 1992, n. 356, come modificato dall'art. 5 del d.l. 21 gennaio 1993, n. 14, reiterato con d.l. 23 marzo 1993, n. 73, in relazione agli artt. 3, 24, secondo comma, e 27, secondo comma, della Costituzione; Sospende il procedimento e dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale nonche' la notifica della presente ordinanza alla parte, al p.m. ed al Presidente del Consiglio dei Ministri; Ordina altresi' la comunicazione del presente provvedimento ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Vibo Valentia, addi' 6 luglio 1993 Il presidente: REILLO 93C1086