N. 655 ORDINANZA (Atto di promovimento) 28 gennaio - 2 ottobre 1993

                                N. 655
       Ordinanza emessa il 28 gennaio 1993 (pervenuta alla Corte
  costituzionale il 2 ottobre 1993) dalla commissione tributaria di
  secondo grado di Venezia sul ricorso proposto da Messina Salvatore
  contro l'Ufficio imposte dirette di Mestre
 Imposta sul reddito delle persone fisiche (I.R.Pe.F.) - Soprattassa
    del   quaranta   per  cento  in  caso  di  ritardo  nel  pagamento
    dell'imposta  da  effettuarsi  mediante   versamento   diretto   -
    Esclusione  della  esimente  della  impossibilita'  economica  del
    pagamento prevista invece per  le  imposte  riscuotibili  mediante
    ruoli - Disparita' di trattamento di situazioni omogenee.
 (D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 92).
 (Cost., art. 3).
(GU n.44 del 27-10-1993 )
              LA COMMISSIONE TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO
    Ha emesso la seguente ordinanza sul seguente fascicolo: r.g. fasc.
 n.  1290/91  contenente appello principale contrib. Messina Salvatore
 contro ufficio imposte dirette  di  Mestre  contro  la  decisione  n.
 305/4/90 comm. tributaria primo grado di Venezia. Imposta: Irpef 1984
 ruolo.
                               F A T T O
    Il ricorrente impugna la decisione della commissione tributaria di
 primo  grado di Venezia, quarta sezione, in epigrafe specificata, che
 ha respinto il suo ricorso avverso l'irrogazione della sopratassa del
 40% oltre agli accessori, sull'importo Irpef relativo all'anno  1984,
 non  tempestivamente versato a causa di gravi difficolta' finanziarie
 in cui versava l'azienda, di cui il principale  cliente,  il  Governo
 libico, aveva bloccato in quel periodo tutti i pagamenti nei riguardi
 dei fornitori italiani.
    Il   ricorrente  ripropone  le  censure  svolte  in  primo  grado,
 rilevando  l'illegittimita'  dell'applicazione  della   sanzione   in
 questione in caso di forza maggiore, e comunque l'incostituzionalita'
 dell'art. 92 del d.P.R. n. 602/1973.
                             D I R I T T O
    1.  - La commissione ritiene rilevante, ai fini della decisione, e
 non  manifestamente  infondata,  la  questione  di  costituzionalita'
 dell'art.  92 del d.P.R. n. 602/1973, nella parte in cui sanziona con
 l'applicazione della sopratassa del  40%  il  ritardo  nel  pagamento
 dell'imposta   da  effettuarsi  mediante  versamento  diretto,  anche
 nell'ipotesi  in  cui  il  mancato  pagamento  sia   determinato   da
 impossibilita' economica.
    2.  -  La questione e' rilevante nel presente giudizio perche', in
 forza di  tale  norma,  e'  stata  iscritta  a  ruolo  a  carico  del
 contribuente,  oltre all'Irpef dovuta per il 1984, e gli interessi di
 mora, tale sanzione, per un  totale  di  L.  475.511.000,  nonostante
 dovesse  ritenersi  sussistere  a  suo  favore l'esimente della forza
 maggiore.
    Devono infatti  ritenersi  provate  attraverso  la  documentazione
 contabile prodotta in giudizio e comunque la notorieta' delle vicende
 relative  all'insolvenza del Governo Libico nel periodo in questione,
 le gravi difficolta' finanziarie  della  "Sposa  di  Venezia  s.n.c."
 unica fonte di reddito del ricorrente, socio della medesima, e quindi
 l'impossibilita'  dello  stesso  di procurarsi la notevole liquidita'
 necessaria per assolvere tempestivamente il debito tributario.
    3. - La questione non e' ad avviso della  Sezione,  manifestamente
 infondata, per le considerazioni che seguono:
    3.1.  - L'impossibilita' economica e' espressamente prevista nella
 normativa tributaria vigente, dall'art. 97, quinto comma, del  d.P.R.
 n.  602/1973.  La  norma  in  questione,  contenuta nell'articolo che
 disciplina  l'ipotesi  di  tardivita'  nel  pagamento  delle  imposte
 riscosse  mediante  ruoli  e  che  prevede  la  sanzione  della  pena
 pecuniaria, dispone che "non si fa luogo alla pena pecuniaria  se  il
 contribuente  prova  che il mancato pagamento e' stato determinato da
 impossibilita' economica".
    Tale esimente gia' nel sistema previgente di  cui  al  t.u.  sulle
 imposte  dirette  del  1958 era specificamente prevista, in relazione
 alla pena dell'ammenda, per  la  generalita'  delle  imposte  dirette
 giacche' la regola era la riscossione mediante ruoli.
    Il  legislatore  della riforma ha dunque riprodotto detta esimente
 in relazione alla sanzione della pena pecuniaria, che  ha  sostituito
 la  sanzione  penale,  ma  solo  in  relazione  alle imposte che sono
 rimaste riscuotibili mediante ruoli, giacche' una previsione  analoga
 non vi e' nell'art. 92 dello stesso d.P.R. n. 602/1973 che disciplina
 l'ipotesi  di morosita' nel pagamento per le imposte da corrispondere
 mediante versamento diretto.
    Si e' venuta  cosi'  a  creare  una  assolutamente  ingiustificata
 disparita'    di    trattamento    di   comportamenti   assolutamente
 assimilabili, non essendo  evidentemente  rilevante,  ai  fini  della
 sanzionabilita',  il  diverso  modo  previsto  per il pagamento delle
 imposte, che in entrambi i casi ha per presupposto la dichiarazione -
 effettuata in termini - del contribuente.
    3.2. - Ne' puo'  fondatamente  opporsi,  a  giustificazione  della
 diversita'  di  trattamento  delle  due ipotesi, il diverso carattere
 delle sanzioni previste dall'art. 92 e dall'art.  97  del  d.P.R.  n.
 602/1973.
    Si  tratta  infatti  in entrambi i casi di sanzioni amministrative
 (che la legge n.  4/1929  definisce  civili,  in  contrapposizione  a
 quelle  penali)  che impongono al trasgressore un obbligo a contenuto
 pecuniario, e di cui e' sempre piu'  arduo  individuare  i  caratteri
 differenziali,  in  presenza  di  una disciplina positiva sempre piu'
 intrinsecamente contraddittoria, in cui le medesime  violazioni  sono
 punite   con  sanzioni  differenti  a  seconda  del  tributo  cui  si
 riferiscono, o addirittura, come nel caso in  questione,  nell'ambito
 degli  stessi  tributi (imposte dirette) a seconda delle modalita' di
 pagamento.
    Il carattere afflittivo puo' essere addirittura piu' evidente  nel
 caso  della  sopratassa  in  caso  di imposte di rilevante ammontare,
 essendo  la  sopratassa  determinata   in   una   forte   percentuale
 dell'importo   dovuto   a  titolo  di  imposta,  come  e'  dimostrato
 dall'esame delle sanzioni previste appunto dagli  articoli  92  e  97
 piu' volte citati.
    D'altro  canto  risulta poco plausibile attribuire alla sopratassa
 carattere risarcitorio, dato che essa si  cumula  con  gli  interessi
 moratori che hanno appunto specifica funzione risarcitoria.
    3.3.  -  Ai  fini che qui interessano, peraltro, anche ammessa - e
 non concessa per le considerazioni sopra accennate  -  la  diversita'
 ontologica  dei  concetti  di  pena  pecuniaria e di sopratassa, tale
 argomento non ha rilevanza.
    La forza maggiore, contemplata dall'art. 45 c.p.  quale  causa  di
 non  punibilita'  per  i  reati,  e  che deve ritenersi operare quale
 esimente anche per gli illeciti amministrativi, in forza dell'art.  3
 della  legge  n.  689/1981  -  che  esige  appunto  la  volontarieta'
 dell'azione   e   la   colpa   del   trasgressore   ai   fini   della
 configurabilita'  della responsabilita' sanzionabile (cfr. Cass. I, 2
 ottobre 1989, n. 3961) costituisce anche una causa di  esenzione  del
 debitore  dall'obbligo  di risarcire il danno in forza dell'art. 1218
 del c.c.
    Non sono ravvisabili  quindi  ragioni  di  diversita'  sostanziale
 delle  fattispecie  tali  da  non  far ritenere applicabile anche con
 riferimento alla sopratassa l'esimente della impossibilita' economica
 - che e' un'ipotesi di forza maggiore  -  cosi'  come  specificamente
 previsto  per la pena pecuniaria dal legislatore tributario nell'art.
 97 del d.P.R. n. 602/1973.
    3.4. - Se, dunque il dettato testuale dell'art. 92 in  esame  (ubi
 ex  voluit,  dixit),  il carattere eccezionale delle norme tributarie
 che prevedono esimenti, e la diversita' - ritenuta  dalla  prevalente
 giurisprudenza   -   tra   i   due   tipi   di  sanzioni,  precludono
 un'interpretazione analogica della norma dell'art. 97, quinto  comma,
 del  d.P.R.  n.  602/1973  che  vi  comprenda anche la fattispecie in
 esame, e' necessario investire la Corte costituzionale dell'esame  di
 costituzionalita'  della  norma  di  cui  all'art.  92  del d.P.R. n.
 602/1973, nella parte in cui non prevede la non  sanzionabilita'  del
 contribuente   per   tardivo   versamento   dell'imposta   dovuto  ad
 impossibilita'  economica  per   contrasto   con   l'art.   3   della
 Costituzione,  per disparita' di trattamento di situazioni analoghe e
 manifesta irrazionalita'.
                               P. Q. M.
   Rimette alla Corte  costituzionale  la  questione  di  legittimita'
 costituzionale dell'art. 92 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, con
 riferimento all'art. 3 della Costituzione;
    Sospende  pertanto il giudizio e ordina la trasmissione degli atti
 alla Corte costituzionale;
    Ordina che la presente ordinanza, a  cura  della  segreteria,  sia
 notificata  alle  parti  e al Presidente del Consiglio dei Ministri e
 comunicata ai Presidenti dei due rami del Parlamento.
      Venezia, addi' 28 gennaio 1993
                    Il presidente relatore: CARRARO

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