N. 63 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 ottobre 1993

                                 N. 63
  Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in
  cancelleria il 29 ottobre 1993 (del commissario dello Stato per la
  regione siciliana)
 Regione Sicilia - Elezioni - Ineleggibilita' ed incompatibilita' per
    le elezioni ai  consigli  provinciali  -  Previsione  di  casi  di
    ineleggibilita' e di incompatibilita' non previsti dalla normativa
    statale  - Trasformazione di cause di incompatibilita' in cause di
    ineleggibilita' -  Previsione  di  una  disciplina  derogatoria  a
    quella statale vigente in materia, non giustificata dall'esistenza
    di  situazioni o soggetti peculiari dell'ordinamento siciliano ne'
    da finalita' adeguate e ragionevoli inerenti  alla  tutela  di  un
    interesse  regionale  -  Violazione  del principio di eguaglianza,
    nonche' dei principi di imparzialita' e buon andamento della  p.a.
    - Riproposizione di ricorso avverso una normativa che modifica, in
    senso  prevalentemente formale e ad ogni modo solo parzialmente in
    sintonia con le censure mosse  dal  commissario  del  Governo,  la
    precedente normativa gia' impugnata da quest'ultimo con il ricorso
    n. 41/1993.
 (Delibera legislativa regione Sicilia 14 ottobre 1993, n. 584).
 (Cost., artt. 3, 51 e 97).
(GU n.47 del 17-11-1993 )
    L'assemblea  regionale  siciliana nella seduta del 14 ottobre 1993
 ha approvato il disegno di legge n. 584 recante:  "Norme  integrative
 delle  disposizioni  di  cui  all'art.  2  della  legge  regionale  1
 settembre 1993, n. 26", comunicato a questo ufficio, ai sensi  e  per
 gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il successivo giorno
 18 ottobre 1993.
    Secondo quanto emerso in sede di dibattito in aula, l'approvazione
 dell'iniziativa legislativa in questione e' stata ritenuta necessaria
 per  consentire  a codesta Corte di esprimere il proprio avviso sulla
 legittimita' costituzionale del nuovo sistema di  ineleggibilita'  ed
 incompatibilita'   delineato   dall'art.  2  della  legge  regionale,
 approvata nella seduta del 14 agosto 1993 concernente nuove norme per
 l'elezione dei consigli provinciali.
    Tale disposizione legislativa ha costituito oggetto di impugnativa
 da  parte  di questo ufficio, limitatamente all'inciso "il sindaco di
 un comune" del secondo comma, ed  al  settimo  ed  ottavo  comma  del
 sopracitato  art.  2,  per  violazione  degli  artt. 3, 51 e 97 della
 Costituzione.
    A seguito  dell'atto  di  impugnazione,  iscritto  al  n.  41  del
 registro dei ricorsi di codesta Corte, il presidente della regione ha
 promulgato,  in  data 1 settembre 1993, con il n. 26, la legge con le
 omissioni delle parti oggetto di gravame.
    In    considerazione    dell'ormai    consolidato     orientamento
 giurisprudenziale  (sentenze  nn.  9 e 60 del 1958, 31/1961, 42/1981,
 13/1983, 54/1983, 115/1985, 148/1985 e 239/1986) secondo il quale, in
 caso di promulgazione parziale, viene dichiarata cessata  la  materia
 del   contendere,   l'iniziativa  del  presidente  della  regione  ha
 costituito momento di dibattito sull'opportunita'  di  riproporre  la
 singola  norma  che altrimenti sarebbe stata distolta dal giudizio di
 codesta Corte.
    L'assemblea regionale ha cosi' approvato  una  nuova  disposizione
 che si discosta soltanto per l'allargamento della fascia dei soggetti
 contemplati (ma non negli intenti ne' tantomeno nella sostanza) dalla
 originaria   formulazione,   atteso  che  include  nell'ambito  della
 prevista incompatibilita' anche i sindaci e gli assessori  di  comuni
 con popolazione superiore a 50.000 abitanti.
   Molto  verosimilmente  l'iter  logico  che  ha condotto l'assemblea
 regionale  a  votare  siffatto,  e  non  altro  limite,   lungi   dal
 corrispondere   ad  una  generale  volonta'  politica  finalizzata  a
 realizzare  "nel  modo  piu'  pieno   e   significativo   il   valore
 costituzionale  della  liberta' e della genuinita' della competizione
 elettorale"  (sentenza  C.c.  n.   344/1993)   e'   stato   piuttosto
 caratterizzato  dalla  volonta'  di coagulare un sufficiente consenso
 intorno ad una  soglia  che  mantenesse  comunque  intatto  lo  scopo
 dell'abolizione,  per  la stragrande maggioranza dei comuni siciliani
 dell'incompatibilita' fra la carica di deputato regionale e quella di
 sindaco e di assessore.
    Nel corso dell'iter parlamentare del provvedimento legislativo  de
 quo  sono  state  avanzate  infatti  diverse proposte tendenti, da un
 canto, ad estendere ai sindaci di tutti i  comuni,  prescindendo  dal
 numero  degli  abitanti, l'incompatibilita' e, dall'altro, a fissarne
 soglie piu' o meno elevate (130.000, 80.000, 50.000, 40.000, 20.000).
    Per maggiore intelligenza giova sottolineare  che,  come  e'  dato
 desumere dall'accluso resoconto stenografico della seduta dell'ARS n.
 165  del  30  settembre  1993, la individuazione del limite di 50.000
 abitanti e' stata determinata, con  ragionevole  probabilita',  della
 volonta'  di  non  vanificare  le  aspettative  elettorali di singole
 persone.
    Orbene, in assenza dell'auspicato intervento del  legislatore  che
 proceda  ad una revisione generale delle cause ostative all'esercizio
 del  diritto  di  elettorato  passivo  in  conseguenza  dei  profondi
 mutamenti    prodottisi    nella   comunicazione   politica,   questo
 commissariato  ritiene  che  la  norma  sia  rimasta  intrinsecamente
 suscettibile di sindacato di costituzionalita'.
    La  causa  d'incompatibilita',  teste'  introdotta  senza adeguata
 logica giustificazione,  si  discosta  dai  parametri  esistenti  nel
 sistema elettorale vigente sul rimanente territorio nazionale.
    La   posizione   dei   deputati  siciliani  infatti  non  e'  piu'
 riconducibile ne' a quella dei consiglieri delle  regioni  a  statuto
 ordinario   per   i   quali  e'  disposta  la  generale  ed  assoluta
 incompatibilita' con la  carica  di  sindaco,  indipendentemente  dal
 numero  degli  abitanti  dei comuni (art. 4 della legge n. 154/1981),
 ne' tantomeno con quella dei parlamentari nazionali.
    L'ampiezza e la peculiarita'  delle  funzioni  svolte  dai  membri
 dell'assemblea  siciliana,  in  virtu'  della  competenza legislativa
 esclusiva  attribuita  alla  regione   in   molteplici   materie   di
 particolare  rilievo,  aveva invero sorretto la precedente disciplina
 che estendeva a questi ultimi in toto il regime delle cause  ostative
 all'elettorato   passivo   ed   in   particolare   la  situazione  di
 ineleggibilita' con la carica di sindaco di un  comune  con  piu'  di
 20.000 abitanti (art. 7 del d.P.R. n. 361/1957).
    Ad  avviso  dello  scrivente  non  sembrano  pertanto  superate le
 ragioni che hanno indotto  a  promuovere  la  precedente  impugnativa
 avverso  la  disposizione  di cui all'art. 2 della legge regionale n.
 26/1993, ora novellata,  le  cui  motivazioni  ed  argomentazioni  si
 intendono qui integralmente riproposte.
    Ne'  con  questo  si  vuole  misconoscere  la potesta' legislativa
 esclusiva attribuita alla regione siciliana in materia elettorale, si
 vuole soltanto ribadire anche in questa sede che essa non puo' essere
 considerata cosi' ampia e pregnante fino  al  limite  di  configurare
 l'assemblea,  arbitro  assoluto nella determinazione delle ipotesi di
 ineleggibilita'  e  di  incompatibilita',  dovendo   essa   attenersi
 all'osservanza  dei principi costituzionali fissati dagli artt. 3, 51
 e 97 (Corte costituzionale sentenze nn. 105/1957,  26/1965,  60/1966,
 90/1974, 45/1977, 171/1984, 162/1985, 127, 130, 131 e 132 del 1987).
    Il  rispetto del contenuto delle citate norme costituzionali ed in
 particolare  delle  prescrizioni  dettate   dall'art.   51,   avevano
 suffragato  la  legittimita' della precedente legislazione regionale,
 che ora si intende stravolgere, la quale introduceva un  diverso  re-
 gime  ben  piu'  rigoroso  delle  cause  limitative  del  diritto  di
 elettorato passivo in  considerazione  delle  peculiari  ed  a  volte
 endemiche condizioni ambientali.
    Ed  invero, l'adozione di una causa, peraltro limitata a comuni di
 una certa dimensione, di  incompatibilita'  in  luogo  della  vigente
 causa  di ineleggibilita', non risponde ad avviso del ricorrente alla
 ratio  di  assicurare  la  libera   determinazione   della   volonta'
 elettorale  mediante l'allargamento dell'elettorato passivo ma sembra
 invece rispondere all'intento di  consentire  ai  deputati  regionali
 l'ottenimento o il mantenimento di duplici rilevanti cariche.
    Il contenuto della norma oggetto di censura fa piuttosto paventare
 il  non  improbabile  verificarsi  di fenomeni fuorvianti della reale
 volonta' dell'elettorato tali da non assicurare il  formarsi  di  una
 libera determinazione del consenso.
    La    reciprocita'   della   prevista   limitata   situazione   di
 incompatibilita' tra le  due  cariche  di  deputato  regionale  e  di
 sindaco  o assessore comunale molto verosimilmente determinerebbe, al
 momento delle consultazioni elettorali, una posizione  di  privilegio
 per  chi  ricopre  una  carica  pubblica, con conseguente alterazione
 della   posizione   di   eguaglianza   fra   i   diversi   candidati,
 costituzionalmente garantita.
    E'   invero   configurabile   che  in  un  ordinamento  elettorale
 attualmente  basato  sulla  preferenza  unica,  ed   in   prospettiva
 orientato   al  sistema  maggioritario  in  collegi  uninominali,  il
 ricoprire rilevanti funzioni di amministrazione attiva possa in  modo
 determinante influire al momento della scelta dei candidati.
    L'ecc.ma  Corte  ha  avuto  modo,  con  sentenza  n.  344/1993, di
 ribadire   in   proposito   la   legittimita'   di   cause   ostative
 all'elettorato  passivo  relative  a  categorie  di soggetti che sono
 individualmente investite di rilevanti  funzioni  di  amministrazione
 attiva  ed  importanti  poteri  politici  quali quelli esercitati dai
 sindaci, le cui competenze sono  state  notevolmente  ampliate  dalla
 recente legislazione sugli enti locali.
                               P. Q. M.
 e  con  riserva  di  presentare  memorie  illustrative nei termini di
 legge, il sottoscritto prefetto Leonardo Cerenzia,  vice  commissario
 dello Stato per la regione siciliana;
    Visto  l'art.  28  dello  statuto  speciale  con  il presente atto
 impugna per violazione degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione,  il
 disegno  di legge dal titolo "Norme integrative delle disposizioni di
 cui all'art. 2 della  legge  regionale  1  settembre  1993,  n.  26",
 approvato  dall'assemblea  regionale  siciliana  nella  seduta del 14
 ottobre 1993 e comunicato a questo commissariato ai sensi e  per  gli
 effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il 18 ottobre 1993.
      Palermo, addi' 23 ottobre 1993
  Il vice commissario dello Stato per la regione siciliana: CERENZIA

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