N. 64 RICORSO PER LEGITTIMITA' COSTITUZIONALE 29 ottobre 1993
N. 64 Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 29 ottobre 1993 (del commissariato dello Stato per la regione siciliana) Regione Sicilia - Sanita' pubblica - Delibera legislativa in materia di programmazione sanitaria e riorganizzazione territoriale delle UU.SS.LL. - Contestata legittimita' delle norme concernenti: a) la previsione che i componenti del collegio dei revisori designati dall'assessore regionale alla sanita' siano in possesso di uno specifico titolo di studio strettamente attinente ai compiti di controllo ma non anche dell'iscrizione nell'apposito registro previsto dal d.lgs. n. 88/1992 richiesto dalla normativa statale (d.lgs. n. 502/1992); b) la facolta' per i professionisti che intrattengono rapporto convenzionale con il S.S.N. di mutare, entro centottanta giorni, il proprio rapporto convenzionale in rapporto societario in convenzione, in contrasto con quanto previsto dalla normativa statale; c) l'estensione al personale comandato presso la regione del regime previdenziale di cui godono i dipendenti regionali; d) la proroga dell'avvalimento degli avvocati e procuratori del disciolto INAM contemporaneamente all'istituzione di un apposito settore amministrativo delle UU.SS.LL. preposto agli affari legali e del contenzioso integrato dall'avvalimento obbligatorio di professionisti esterni, senza indicazioni circa il numero e la professionalita' degli stessi, e dell'inquadramento di personale proveniente da enti mutualistici soppressi nei ruoli regionali in maniera totalmente difforme da quanto previsto dalla normativa statale (d.P.R. n. 761/1979 e d.P.R. n. 384/1990); e) un concorso riservato per il personale che abbia svolto almeno per due anni attivita', ancorche' discontinua presso le UU.SS.LL. di provenienza; f) un concorso riservato al personale del secondo livello dirigenziale per la copertura dei posti di capo di dipartimento, nonostante l'eliminazione della divisione dei distretti in dipartimenti nella stesura definitiva della delibera legislativa impugnata; g) la proroga per un ulteriore triennio del regime di convenzionamento instaurato e convenuto dai medici ortopedici per l'erogazione delle prestazioni riabilitative; h) la proroga di un anno della validita' di tutte le graduatorie di concorsi vigenti nel 1993 per servizi sanitari. (Delibera legislativa regione Sicilia 14 ottobre 1993, n. 360). (Cost., artt. 3, 32, 51, 81 e 97).(GU n.47 del 17-11-1993 )
L'assemblea regionale siciliana ha approvato nella seduta del 14 ottobre 1993 il disegno di legge n. 360 recante "Norme in tema di programmazione sanitaria e di riorganizzazione territoriale delle unita' sanitarie locali", successivamente comunicato a questo commissariato, ai sensi e per gli effetti dell'art. 28 dello statuto speciale, il giorno 18 ottobre 1993. Il legislatore regionale con il provvedimento de quo procede a delineare un nuovo assetto all'organizzazione del servizio sanitario secondo i principi ed i criteri dettati dal decreto legislativo n. 502/1992, che costituisce nelle sue linee direttive legge di riforma economico-sociale, vincolante, pertanto, anche la regione siciliana, cui peraltro in materia di sanita' ed igiene viene conferita dallo statuto speciale, art. 17, lett. b), competenza concorrente nei limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione nazionale. Per quanto attiene alla disciplina dello stato giuridico ed economico del personale appartenente al Servizio sanitario nazionale, secondo ormai consolidata giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte (da ultimo sentenza n. 266/1993), al legislatore siciliano e' riconosciuta una mera potesta' integrativa (o di attuazione) attesa la disposizione di cui all'art. 47 della legge n. 833/1978 che riserva tale competenza esclusivamente allo Stato. Alla luce dei soprariferiti limiti le norme contenute negli artt. 10, secondo comma, lettere a) e b), 13, secondo comma, 48, terzo comma, 49, 50, 51, 55, tredicesimo e diciassettesimo comma, e 56 del disegno di legge teste' approvato danno adito, ad avviso di questo ufficio, a censure di carattere costituzionale che qui diseguito vengono specificate. Art. 10, secondo comma, lettere a) e b). Con sentenza n. 355/1993 codesta Corte, nel giudicare la legittimita' del decreto legislativo n. 502/1992, ha affermato che in esso sono rinvenibili norme le quali risultano "organicamente legate ai principi affermati al fine di definirne piu' precisamente il senso" ed altre che "invece, stabiliscono requisiti minimi, rispondenti ad un interesse nazionale, che le regioni debbono rispettare pur rimanendo libere, in certi casi, di fissarne ulteriori e diversi". Orbene, ad avviso di questo commissariato, la disposizione di cui all'art. 13, tredicesimo comma, del d.lgs. n. 502/1992, laddove prescrive che i componenti del collegio dei revisori dei conti presso le uu.ss.ll. siano scelti, con la sola eccezione del rappresentante del Ministero del tesoro, tra i revisori contabili iscritti nel registro previsto dall'art. 1 del d.lgs n. 88/1992 costituisce norma ricadente nella seconda delle categorie prima identificate. Ed invero rappresenta principio diffuso nella piu' recente legislazione nazionale richiedere la esistenza di requisiti professionali ben identificati ed omogenei nell'ipotesi di conferimento di incarichi per la revisione dei conti presso enti pubblici territoriali e non. La regione siciliana, nell'esercizio della competenza riconosciutale, potrebbe esclusivamente introdurre ulteriori e diversi requisiti senza prescindere pero' da quelli richiesti dal legislatore nazionale e, nella fattispecie, dal possesso dell'iscrizione nell'albo istituito dal sopracitato d.lgs n. 88/1992. Pertanto la disposizione di cui all'art. 10, secondo comma, lettere a) e b), laddove non prevede suddetto requisito per i componenti designati dall'assessore regionale alla sanita' e dall'assessore regionale al bilancio ed alle finanze, si pone in palese contrasto con i principi desumibili dalla legislazione statale di riferimento. Nel recepire la direttiva CEE n. 253/1984 il legislatore nazionale invero ha richiesto non solo il possesso di uno specifico titolo di studio strettamente attinente ai compiti di controllo di documenti contabili, ma anche l'avvenuto superamento di un esame teorico- pratico con esplicita identificazione dei soggetti e delle ipotesi di esonero dalla suddetta rigorosa disciplina. E' di tutta evidenza, peraltro, che la norma che prevede per i revisori il possesso di determinati requisiti professionali, oggettivamente riscontrabili, sia posta a tutela del buon andamento dell'ente e quindi a tutela di interessi generali e diffusi. Non appare pertanto legittima costituzionalmente, anche sotto il profilo del rispetto di cui all'art. 97, la disposizione regionale che si limita a prevedere per il designato dall'assessore regionale alla sanita' il mero possesso da parte dell'interessato del diploma di laurea, che in ipotesi potrebbe essere stato conseguito anche in discipline non pertinenti ai compiti che e' chiamato ad assolvere. Per quanto attiene al membro nominato dall'assessore regionale al bilancio ed alle finanze, lo stesso non puo' automaticamente, poi nella considerazione della professionalita' indubbiamente posseduta e delle mansioni svolte, essere assimilato al funzionario della ragioneria generale dello Stato, atteso che la deroga al requisito dell'iscrizione al registro di cui al d.lgs. n. 88/1992, espressamente prevista per quest'ultimo dal legislatore nazionale, non e' suscettibile di ulteriore ampliamento da parte della Regione, che finirebbe per vanificare lo spirito della direttiva CEE e della riforma sanitaria. Art. 13, secondo comma. L'art. 48 della legge n. 833/1978, al fine di garantire l'uniformita' del trattamento economico e normativo del personale sanitario a rapporto convenzionale, demanda la disciplina della materia alla contrattazione collettiva fra la parte pubblica, costituita dal Governo, dalle regioni e dall'Anci, e le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale di ciascuna categoria professionale. Il secondo comma dell'art. 13 testualmente recita: "Entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge e' consentito ai professionisti che intrattengono rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale ad personam, alle societa' di fatto, a quelle semplici, a quelle in nome collettivo ed a quelle di professionisti associati, mutare il proprio rapporto convenzionale in rapporto convenzionale societario. Non possono fare parte della societa', ad alcun titolo, soggetti che intrattengono rapporto dipendente con il Servizio sanitario nazionale. Presso le strutture societarie convenzionate con il Servizio sanitario nazionale non puo' essere svolta attivita' libero- professionale da parte di personale dipendente dal S.S.N., in particolare di personale che trovasi nelle condizioni di cui all'art. 4, settimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412". Detta previsione appare esulare dalla competenza legislativa della regione che, ad avviso di questo ufficio, non puo' estendersi alla disciplina dei rapporti convenzionali gia' definita dai dd.P.R. di esecuzione dei contratti collettivi. La oscura ed involuta formulazione della norma oggetto di censura, dal momento in cui non consente agevolmente di identificare i soggetti destinatari (professionisti convenzionati con il S.S.N. per l'erogazione di prestazioni specialistiche sanitarie, ambulatori e soggetti privati in regime di convenzionamento esterno, per le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio) da adito a serie perplessita' sulla reale portata della previsione legislativa. Potrebbe, invero, realizzarsi, attenendosi al tenore letterale della disposizione prima riportata, anche la trasformazione di rapporti obbligatoriamente ad personam (prestazioni specialisitiche ambulatoriali) in rapporti societari non previsti dalla vigente contrattazione. L'art. 8 del d.lgs. n. 502/1992, peraltro, limita al solo rapporto convenzionale tra il S.S.N. e i medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta l'inserimento, nel contenuto degli appositi contratti collettivi da stipulare, di una graduale forma di associazionismo medico per garantire la continuita' assistenziale. Non appare, inoltre, ammissibile, a semplice domanda dell'interessato, la possibilita' di trasformare automaticamente un precedente rapporto convenzionale individuale in societario, in quanto tale modus procedendi potrebbe costituire indirettamente una esclusione dei requisiti richiesti per l'accesso e/o il mantenimento del rapporto convenzionale. Analoghe perplessita' sorgerebbero d'altronde qualora si volesse dare una interpretazione restrittiva della norma, limitandone l'efficacia esclusivamente a quei rapporti societari gia' vigenti. In tale ipotesi, la natura della disposizione sembrerebbe essere quella di una c.d. impropria regolarizzazione postuma di rapporti illegittimamente posti in essere e mantenuti; soluzione di certo non confacente e conforme al principio del buon andamento della pubblica amministrazione. Unico effetto della trasformazione sarebbe soltanto un ingiustificato privilegio per i singoli professionisti, i quali potrebbero cosi' anche mantenere rapporti convenzionali, pure in assenza di requisiti prescritti. Art. 48, terzo comma. L'art. 48, al terzo comma, dispone che al personale comandato presso l'assessorato regionale della sanita' per l'espletamento di particolari compiti anche di natura contingente, di cui alle ll.rr. indicate al primo comma, "qualora gia' assunto dagli enti di provenienza alla data di entrata in vigore della l.r. 9 maggio 1986, n. 21, si applicano le disposizioni della l.r. 23 febbraio 1962, n. 2, e successive modifiche ed integrazioni". Siffatta previsione configura una violazione degli artt. 3, 97 e 81, quarto comma, della Costituzione, i cui effetti di natura giuridica ed economica non e' dato prevedere. Non e' sorretta, ad avviso di questo ufficio, da ragionevoli motivi l'estensione al suddetto personale, sulla sola base della circostanza di prestare servizio presso l'ente di provenienza alla data del 1986, del regime previdenziale di cui alla l.r. n. 2/1962 che la regione riserva ai propri dipendenti, connotato dall'esistenza di norme di particolare favore per la determinazione del servizio utile ai fini del trattamento di quiescenza nonche' del calcolo dello stesso. L'ammissione a tale privilegiato regime previdenziale non e' pero' accompagnata da previsioni di meccanismi di recupero a carico del S.S.N. per i contributi gia' versati, ne' tantomeno, da alcuna forma di compensazione che gravi sui singoli beneficiari. E' appena il caso di osservare, inoltre, che non e' assolutamente quantificabile ne' prevedibile l'onere finanziario che ricadrebbe integralmente sulle finanze regionali, in assenza di precisi riferimenti circa le posizioni giuridiche dei soggetti interessati, che verrebbero ad usufruire di un trattamento particolarmente favorevole che si discosta palesemente da quello statale ispirato ad un severo contenimento della spesa pubblica. A cio' si aggiunge che lo stesso legislatore regionale, con legge n. 21/1986, ebbe a riconoscere l'operativita' del regime pensionistico delineato dallo Stato, assoggettando ad esso il proprio personale assunto in data successiva all'entrata in vigore della stessa legge e garantendo esclusivamente le posizioni giuridiche acquisite dai propri dipendenti gia' in servizio. La disposizione pertanto configura una ingiustificata disparita' di trattamento nei confronti del personale appartenente ai ruoli della Regione ed assunto in data successiva al 1986 e i dipendenti in questione, che con ogni verosimiglianza si trovavano alla data del 30 settembre 1993 occasionalmente e con provvedimento di durata temporanea in servizio presso l'assessorato regionale alla sanita'. Art. 49. L'art. 49 dispone che "le unita' sanitarie locali continuano ad avvalersi dei soggetti di cui all'art. 16 della l.r. 28 aprile 1981, n. 76". Anche tale previsione legislativa da adito a rilievi di natura costituzionale, sotto il profilo del mancato rispetto dei principi di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione. Non appare, ad avviso di questo commissariato, supportata da adeguati motivi ne' dall'esistenza di peculiari situazioni di fatto registratesi di recente nell'organizzazione delle uu.ss.ll. siciliane il disposto avvalimento degli uffici legali del disciolto I.N.A.M. che dovrebbero continuare ad utilizzare gli avvocati ed i procuratori legali in possesso di procura generale ad lites rilasciata illo tempore dal legale rappresentante dell'istituto. Le prestazioni dei professionisti in questione, secondo il primo comma dell'art. 16 della l.r. n. 76/1981 oggetto di proroga, con la presente norma a tempo indeterminato, sarebbero limitate all'esercizio dell'azione di surroga ex art. 1916 del c.c., relativa alle spedalita' consumate dal 1 gennaio 1975. La suddetta previsione trovava nel lontano 1981 logica giustificazione, attesa la fase di transizione dal preesistente ordinamento al nuovo assetto del servizio sanitario dettato dalla legge n. 833/1978, nelle facilmente intuibili difficolta' operative connesse all'istituzione ed alla organizzazione degli uffici legali delle unita' sanitarie locali. In atto considerato il lungo tempo trascorso, tale ipotesi di proroga a tempo pressocche' indeterminato non appare piu' percorribile. Non sembra inoltre corretta, anche dal punto di vista lessicale, la previsione di un'ultrattivita' protratta sine die di una norma di carattere strettamente transeunte, che presumibilmente avrebbe dovuto cessare di produrre effetti dal momento dell'avvenuta istituzione a pieno regime degli uffici legali presso le unita' sanitarie locali. E' dato inoltre riscontrare, da un'analisi complessiva dell'iniziativa legislativa, un'intrinseca contraddittorieta' nella volonta' del legislatore laddove prevede all'art. 7, quarto comma, l'istituzione di un apposito settore amministrativo preposto agli affari legali e del contenzioso subito integrata dall'avvalimento obbligatorio di professionisti esterni, di cui non e' dato conoscere il numero e la professionalita' posseduta. Cosi' come formulata, la disposizione appare costituire soltanto un privilegio nei confronti dei legali dotati di procura generale ad lites da parte di enti soppressi da circa venti anni, a tutto svantaggio del buon andamento della pubblica amministrazione cui verrebbero imposte, con conseguente onere finanziario, le loro prestazioni professionali, senza possibilita' di vagliarne la convenienza e l'utilita'. Qualora, inoltre, le singole uu.ss.ll. addivenissero alla determinazione di fare ricorso all'opera di professionisti esterni alla propria struttura, e' principio generale che debba essere garantita la libera scelta del difensore che logicamente presuppone una singola determinazione che tenga presente l'eccezionalita' della fattispecie ove non sia ritenuta sufficiente l'opera prestata dai propri dipendenti, di cui all'art. 3 del d.P.R. n. 761/1979. La previsione legislativa oggetto di gravame potrebbe costituire piuttosto un modo surrettizio per aggirare la costante giurisprudenza amministrativa formatasi nella materia, secondo cui non e' ammissibile il conferimento ad estranei alla pubblica amministrazione di incarichi di consulenza amministrativa e legale, concernenti funzioni gia' di pertinenza del personale dell'amministrazione stessa. Art. 50. Gli artt. 50 e 51 costituiscono una riproposizione, seppure con profonde modifiche formali ma non certo sostanziali, di norme dichiarate illegittime da codesta ecc.ma Corte. In particolare, con l'art. 50 il legislatore regionale torna a disciplinare l'inquadramento nei ruoli nominativi regionali del personale provenienti dagli enti mutualistici soppressi, in maniera totalmente difforme da quanto previsto dalla normativa statale di cui al d.P.R. n. 761/1979 e al d.P.R. n. 384/1990. Con la norma oggetto di censura con il presente ricorso, in buona sostanza, sarebbe consentito in Sicilia valutare i requisiti per l'immissione nei ruoli sanitari posseduti sino alla data del 25 agosto 1989 e non a quella del 20 dicembre 1979 (secondo comma) nonche' estendere alle posizioni genericamente individuate "equivalenti o sovraordinate" (primo comma) i criteri determinati dalla legge n. 34/1987. Codesto consesso nel valutare la legittimita' della norma contenuta nel ddl in materia di personale delle uu.ss.ll. approvato in data 2 maggio 1991 e relativa all'introduzione di nuove posizioni giuridiche valutabili ai sensi dell'art. 64 del d.P.R. n. 761/1979, fra l'altro ben identificate e specificate, con sentenza n. 484/1991 ha precisato che le tabelle di equiparazione sono stabilite esclusivamente dallo Stato e non sono suscettibili di integrazione in sede di legislazione attuativa della regione. Analoga censura va pertanto mossa anche nei confronti della disposizione di cui al secondo comma del prefato art. 50, ancora piu' oscura e dagli imprevedibili effetti di applicazione, in quanto sembra conferire una ingiustificata ultrattivita' decennale alla norma inequivocabilmente transitoria del piu' volte cennato art. 64 del d.P.R. n. 761/1979 e consente, altresi', un'indebita indiscriminata sanatoria di provvedimenti amministrativi sostanzialmente illegittimi, ancorche' riscontrati positivamente dagli organi di controllo, su cui non puo' escludersi la pendenza di contenzioso amministrativo e contabile. Tale disposizione, alla luce di quanto precede, si pone in contrasto con l'art. 17, lett. b), dello statuto speciale in relazione ai limiti posti al legislatore regionale dall'art. 47, quarto comma, della legge n. 833/1978 e dall'art. 64 del d.P.R. n. 761/1979, nonche' degli artt. 3 e 97 della Costituzione. Art. 51. L'art. 51 sostanzialmente riproduce la disposizione dell'art. 8 del disegno di legge prima menzionato e parimenti dichiarato illegittimo da codesta Corte con la cennata sentenza n. 484/1991. Il legislatore siciliano, al fine di garantire stabilita' occupazionale al personale supplente che assunto prima dell'entrata in vigore della l.r. n. 2/1988 ha svolto attivita' lavorativa, ancorche' discontinua, per almeno due anni presso le uu.ss.ll., dispone l'ammissione dei suddetti dipendenti ad un concorso riservato. Orbene, la disposizione teste' sommariamente descritta (in quanto e' riferibile ad unita' di personale di secondo e quarto livello per le quali e' richiesto l'avviamento tramite uffici di collocamento), si pone in palese contrasto con la vigente normativa nazionale in materia di collocamento e di ammissione nelle pubbliche amministrazioni e segnatamente con gli artt. 9 e 12 del d.P.R. n. 761/1979 con l'art. 16 della legge n. 56/1987 nonche' con gli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione. In merito alla procedura di reclutamento di personale mediante concorsi riservati, l'ecc.ma Corte di recente con sentenza n. 266/1993, nel riaffermare il principio del concorso pubblico che puo' essere derogato da norme di legge statali, ha ribadito che pero' esso non puo' subire eccezioni da leggi regionali adottate in sede di attuazione-integrazione. Determinante e' altresi' la considerazione che con la suddetta previsione normativa viene ritenuto preminente l'interesse dei singoli destinatari ed in relativo conto l'opportunita' del loro mantenimento in servizio. Questi potrebbero presumibilmente essere chiamati ad occupare posizioni eccedenti le necessita' e le disponibilita' di organico delle singole uu.ss.ll. di appartenenza e conseguentemente essere posti in generica mobilita'. Art. 55, tredicesimo comma. Il tredicesimo comma dell'art. 55 dispone: "Nella prima applicazione della presente legge, e fino all'approvazione del piano sanitario regionale che disciplinera' la materia, i capi dei dipartimenti dei distretti sono individuati tra il personale del secondo livello dirigenziale, mediante concorso interno riservato per titoli da svolgere con le procedure di cui al decreto del Ministro della sanita' 30 gennaio 1982". Detta norma da' adito a rilievi di ordine costituzionale per l'intrinseca irragionevolezza della disposizione in essa contenuta. Dall'intero esame del provvedimento legislativo oggetto di gravame nonche' della vigente legislazione regionale in materia sanitaria, non e' dato riscontrare la ripartizione in dipartimenti dei vari distretti facenti parte delle unita' sanitarie locali. L'esistenza di siffatta norma e' con molta verosimiglianza determinata dall'assenza di coordinamento con altri emendamenti presentati ed approvati nel corso del lungo dibattito che ha impegnato l'assemblea regionale. Invero, la suddivisione dei distretti in dipartimenti, che giustificherebbe il mantenimento della norma de qua, era prevista nell'originaria stesura del disegno di legge predisposto dalla competente commissione permanente. A seguito pero' di un emendamento interamente sostitutivo dell'art. 12 la precedente organizzazione interna dei distretti sanitari e' stata soppressa, facendo il legislatore prevalente riferimento alle prestazioni sanitarie che gli stessi devono erogare. Da cio' deriva una disposizione transitoria priva di un effettivo collegamento con la normativa a regime, non suscettibile di alcuna pratica applicazione e che potrebbe solo dare adito a difficolta' in- terpretative negli operatori e di cui si richiede, pertanto, una declaratoria di incostituzionalita' per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione, che ne consenta l'eliminazione. Il diciassettesimo comma del medesimo art. 55, il quale prevede che "l'art. 3 della l.r. 8 novembre 1988, n. 40, continua ad avere efficacia nel rispetto di quanto previsto all'art. 8, settimo comma, del d.lgs. n. 502/1992" parimenti suscita rilievi di natura costituzionale, sotto il profilo della mancata osservanza dei principi di cui agli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione nonche' dell'art. 8, settimo comma, del d.lgs. n. 502/1992, in relazione ai limiti posti al legislatore regionale dall'art. 17, lett. b), dello statuto speciale. Con la sopracitata norma viene sostanzialmente prorogato per un ulteriore triennio il regime privilegiato di convenzionamento, instaurato e mantenuto dai medici ortopedici, per l'erogazione delle prestazioni riabilitative in attesa della realizzazione dei servizi di riabilitazione disposti dalla l.r. n. 16/1986. Ad ulteriore giustificazione della scelta adottata del mantenimento dei pregressi rapporti convenzionali, il legislatore regionale nel corpo stesso della disposizione, ora prorogata, adduceva la grave carenza, all'epoca, di medici fisiatri nell'isola. Orbene, tale motivazione appare ora assumere il carattere di una presunzione iuris et de iure, non essendo plausibile che decorsi cinque anni sussista ancora tale grave carenza di professionisti specializzati nella materia della riabilitazione. La norma appare pertanto rivolta a garantire il mantenimento di una non piu' giustificabile situazione di privilegio di singoli specialisti ortopedici, gia' in regime di convenzione, piuttosto che alla effettiva tutela del diritto alla salute dei cittadini. Piu' consono al principio di cui agli artt. 32 e 97 della Costituzione, sarebbe, invero, il lasciare libero l'amministratore di valutare la possibilita' effettiva di stipulare nuove convenzioni con professionisti in possesso della richiesta specializzazione e, soltanto nell'ipotesi di reali carenze di soggetti richiedenti l'ammissione al regime convenzionale, disporre la proroga, nel superiore interesse della salute pubblica, dei rapporti esistenti. In proposito deve rilevarsi che l'ammettere ope legis la prosecuzione delle convenzioni gia' instaurate, oltre che costituire un monopolio di fatto in favore degli ortopedici determina una indebita ingerenza del legislatore regionale in materia oggetto di contrattazione collettiva nazionale, di cui all'art. 48 della legge n. 833/1978, in assenza peraltro di peculiari emergenti e documentate esigenze assistenziali locali. Art. 56. Con l'art. 56, in buona sostanza, il legislatore regionale, nell'intento di consentire "la celere copertura dei posti d'organico necessari per un'adeguata funzionalita' dei servizi sanitari rideterminati a seguito della riorganizzazione del sistema sanitario" nell'isola, interviene nella materia della disciplina dei concorsi per l'ammissione nei ruoli nominativi prorogando di un anno la validita' di tutte le graduatorie vigenti nel 1993. Ad avviso di questo ufficio, la norma e' suscettibile di censura sotto il profilo della incompetenza della regione a legiferare in tema di procedure concorsuali ed in virtu' dell'esistenza di puntuali ed uniformi disposizioni nazionali sulla possibilita' di utilizzo delle graduatorie esistenti. Come affermato, peraltro recentemente, dall'ecc.ma Corte nella sentenza n. 266/1993 sempre in occasione di un ricorso promosso da questo commissariato, costituisce principio, a cui anche il legislatore siciliano e' obbligato ad attenersi, del pubblico impiego il divieto di utilizzare la graduatoria di idonei di un precedente concorso in relazione a posti istituiti o trasformati successivamente all'approvazione della graduatoria medesima. Alla luce di quanto immediatamente precede e considerata altresi' la materia oggetto di disciplina (stato giuridico del personale sanitario), nonche' la natura dei posti "rideterminati" da ricoprire, si ritiene che la selezione per questi ultimi non avrebbe piu' il prescritto carattere concorsuale bensi' acquisterebbe i tratti di una assunzione ad personam. La disposizione in questione, nel porsi in palese contrasto con l'art. 9 della legge n. 207/1985 cosi' come prorogato da ultimo con il d.l. n. 415/1990, convertito in legge n. 58/1991 ed in assenza di una generalizzata proroga in sede nazionale della validita' delle graduatorie per l'anno in corso, viola l'art. 17, lett. b), dello statuto speciale nonche' l'art. 97 della Costituzione.
P. Q. M. e con riserva di presentare ulteriori memorie illustrative nei termini di legge, il sottoscritto prefetto dott. Leonardo Cerenzia, vice commissario dello Stato per la regione siciliana, visto l'art. 28 dello statuto speciale con il presente atto impugna le sottoelencate norme del disegno di legge dal titolo "Norme in tema di programmazine sanitaria e di riorganizzazione territoriale delle unita' sanitarie locali" approvata dall'assemblea regionale siciliana nella seduta del 14 ottobre 1993: secondo comma, lettere a) e b), dell'art. 10 per violazione dell'art. 3, tredicesimo comma, del d.lgs. n. 502/1992 in relazione ai limiti posti dall'art. 17, lett. b), dello statuto speciale; secondo comma dell'art. 13 per violazione dell'art. 48 della legge n. 833/1978, in relazione all'art. 17, lett. b), dello statuto speciale e dell'art. 97 della Costituzione; terzo comma dell'art. 48 per violazione degli artt. 3, 97 e 81, quarto comma, della Costituzione; art. 49 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione; art. 50 per violazione dell'art. 47, quarto comma, della legge n. 833/1978 dell'art. 64 del d.P.R. n. 761/1979 in relazione ai limiti posti dall'art. 17, lett. b), dello statuto speciale nonche' degli artt. 3 e 97 della Costituzione; art. 51 per violazione degli artt. 9 e 12 del d.P.R. n. 761/1979 e dell'art. 16 della legge n. 56/1987 in relazione ai limiti posti dall'art. 17, lett. b), dello statuto speciale nonche' degli artt. 3, 51 e 97 della Costituzione; tredicesimo comma dell'art. 55 per violazione degli artt. 3 e 97 della Costituzione; diciassettesimo comma dell'art. 55 per violazione degli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione nonche' dell'art. 18, settimo comma, del d.lgs. n. 502/1992 e dell'art. 48 della legge n. 833/1978 in relazione ai limiti posti dall'art. 17, lett. b), dello statuto speciale; art. 56 per violazione dell'art. 47, quarto comma, della legge n. 833/1978, dell'art. 9 della legge n. 207/1985 cosi' come prorogato dal d.l. n. 415/1990 convertito in legge n. 58/1991 in relazione ai limiti posti dall'art. 17, lett. b), dello statuto speciale nonche' dell'art. 97 della Costituzione. Palermo, addi' 23 ottobre 1993 Il vice commissario dello Stato per la regione siciliana: CERENZIA 93C1122