N. 735 ORDINANZA (Atto di promovimento) 8 ottobre 1993
N. 735 Ordinanza emessa l'8 ottobre 1993 dal pretore di Asti nel procedimento penale a carico di Masengo Renzo ed altro Regione Piemonte - Inquinamento - Scarichi di pubbliche fognature - Esclusione, con legge regionale, dell'obbligo dell'autorizzazione (previsto e penalmente sanzionato dalla normativa statale) ove vi sia coincidenza tra titolare dello scarico e autorita' competente al controllo (comuni) - Lamentata indebita interferenza della regione nella materia penale di esclusiva competenza statale. (Legge regione Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, art. 9, quinto comma). (Cost., artt. 3, 25 e 117).(GU n.52 del 22-12-1993 )
IL PRETORE Nel procedimento n. 562/93 a carico di Masengo Renzo e Solaro Luigi imputati entrambi del reato p. e p. dell'art. 21, primo comma, della legge n. 319/76 ritenuto che il p.m. ha sollevato preliminarmente questione di costituzionalita', con riferimento agli artt. 3, 25 e 117 della Costituzione, dell'art. 9, quinto comma, della legge regionale del Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, nella parte in cui statuisce che l'obbligo di cui al primo comma non e' operante qualora sussista coincidenza tra titolare dello scarico e autorita' competente al controllo; Ritenuto che il p.m. cosi' motiva la detta questione: come e' noto la legge 10 maggio 1976, n. 319, si poneva l'obiettivo di promuovere il risanamento generale delle acque, da perseguire mediante la redazione di un piano generale sulla base dei piani regionali (artt. 1, lett. d), e 4, lett. a)), previo, tra l'altro, il rilevamento sistematico delle caratteristiche qualitative e quantitative dei corpi idrici (art. 4, lett. e)). Coerentemente con questi obiettivi il legislatore, con la legge n. 319/1976, si proponeva di disciplinare tutti gli scarichi, di qualsiasi tipo e qualunque fosse il corpo ricettore (art. 1, lett. a)), subordinando ad autorizzazione tutti gli scarichi (art. 9, ultimo comma). La ratio appare evidente: attraverso la richiesta di autorizzazione si voleva acquisire elementi conoscitivi indispensabili per la redazione dei piani di risanamento e per la predisposizione dei necessari interventi a tutela delle acque. Allo scopo di assicurare l'attuazione degli obiettivi sopra delineati, l'art. 21, primo comma, munisce di sanzione penale l'obbligo di richiedere l'autorizzazione prima di attivare scarichi. Nella giurisprudenza si e' ormai consolidata, con l'autorevole avallo delle sezioni unite della Corte di cassazione, l'interpretazione secondo la quale la contravvenzione di scarico senza richiesta di autorizzazione non e' reato proprio dei titolari di insediamenti produttivi, essendo il precetto rivolto ai titolari di tutti gli scarichi senza alcuna distinzione, ivi compresi quelli civili, purche' non recapitanti in pubblica fognatura (Cass. Pen., sez. III, 7 giugno 1990, Lazzaro, 20 febbraio 1990, Armuzzi, in Foro it., 1991, II, 589; Cass. pen., sez. un., 31 maggio 1991, Valiante, ivi, 1992, II, 494). Non pare possa fondatamente dubitarsi che tale disciplina si estenda anche ai nuovi scarichi di pubbliche fognature, per tali intendendosi anche quelli preesistenti che abbiano subito una modificazione qualitativa o quantitativa, in conformita' con la disciplina in tal senso prevista anche per gli scarichi civili (art. 10, secondo comma), certamente meno consistenti. Laddove, infatti, il legislatore ha inteso limitare l'obbligo della richiesta di autorizzazione ai titolari di insediamenti produttivi, come nel caso degli scarichi preesistenti, lo ha esplicitamente fatto come nell'art. 21, secondo comma, prima parte. E' ben vero che l'art. 14 ha demandato alle regioni la disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature, ma tale rinvio attiene al contenuto della disciplina, non rappresentando una deroga al principio generale secondo il quale tutti gli scarichi recapitanti in acque superficiali, sul suolo e nel sottosuolo debbono essere autorizzati. La regione Piemonte ha emanato la disciplina degli scarichi delle pubbliche fognature con legge regionale 26 marzo 1990, n. 13, in Bur 14 aprile 1990, n. 14. Per quanto rileva ai fini del caso in esame, essa prevede all'art. 9, primo comma, l'obbligo di richiedere l'autorizzazione allo scarico delle pubbliche fognature, ma al successivo quinto comma, dichiara non operante tale obbligo "qualora sussista coincidenza tra titolare dello scarico e autorita' competente al controllo". Tale diciplina appare in contrasto in il quadro normativo delineato dalla legge nazionale e di dubbia legittimita' cosituzionale, integrando una violazione degli artt. 25, 117 e 3 della Costituzione. La riserva di legge sancita dall'art. 25 della Costituzione viene intesa sia dalla dottrina che dalla giurisprudenza costituzionale come riserva di legge statale, giacche' solo al Parlamento, rappresentativo della comunita' nazionale, e' riservata la potesta' di legiferare in materia penale. Cio' allo scopo di assicurare omogeneita' di trattamento su tutto il territorio nazionale in una materia che coinvolge il diritto alla liberta' personale e in ossequio al divieto per le regioni di ostacolare la libera circolazione delle persone (art. 120, secondo comma, della Costituzione). Alle regioni non e' consentito, pertanto, interferire nella materia penale, ne' creando nuove fattispecie di reato ne' introducendo scriminanti o comunque riducendo il campo di applicazione della legge penale (in tal senso Corte costituzionale sentenze nn. 79/1977, 370/1989, 43/1990, 309/1990). Nel caso in esame la regione Piemonte ha, per l'appunto, ristretto l'area di applicazione dell'art. 21, primo comma, della legge 10 maggio 1976, n. 319, creando una sorta di immunita' per i sindaci, giacche' la coincidenza tra il titolare dello scarico e l'autorita' preposta al controllo si verifichera' quasi sempre, posto che il servizio pubblico di fognatura e' riservato a comuni, comunita' montane o consorzi di comuni (art. 6, secondo comma, della legge n. 319/1976) cosi' come il controllo sugli scarichi (art. 6, primo comma, lett. a)). L'area di impunita' cosi creata per i sindaci, lo si osserva incidentalmente, e' ben piu' ampia, poiche' la norma regionale esclude la configurabilita' in capo agli stessi anche delle contravvenzioni degli artt. 22 e 23 della legge n. 319/1976. La regione Piemonte, con la norma in esame, e', altresi', andata oltre la potesta' conferita di emanare norme di attuazione della legge statale, legiferando in modo contrastante con i principi posti dalla legge nazionale, cosi' violando la norma dell'art. 117 della Costituzione in tema di riparto di competenze. Quanto, infine, alla violazione del principio di eguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione, la norma regionale appare introdurre un'ingiustificata disparita' di trattamento tra titolari di scarichi. Tale disparita' appare evidente nei confronti dei titolari di nuovi insediamenti civili recapitanti nelle acque superficiali, sul suolo o nel sottosuolo, i quali sono soggetti all'obbligo, penalmente sanzionato dall'art. 21, primo comma, della legge n. 319/1976, pur apportando all'ambiente un contributo inquinante certamente inferiore. La questione sollevata appare rilevante ai fini della decisione del caso in esame. Risulta, infatti, dagli accertamenti compiuti dal servizio di igiene pubblica dell'U.S.S.L. 69 che i tronchi fognari dei comuni di Castagnole Lanze e Costigliole, tutti attivati in epoca anteriore al 1976, hanno registrato un incremento quantitativo e modifiche qualitative dello scarico, a causa dell'incremento degli utenti allacciati, comprendenti anche attivita' produttive (rel. 8 luglio 1992 e 26 ottobre 1992). Agli imputati, sindaci dei due comuni, e' contestato il reato di cui all'art. 21, primo comma, della legge n. 319/1976, nella loro qualita' di responsabili della pubblica fognatura, imputazione dalla quale dovrebbero andare assolti, sulla base della disciplina regionale, con la formula perche' il fatto non sussiste. Non essendo consentito al giudice disapplicare una legge regionale (in tal senso: Corte costituzionale n. 285/1990), si chiede che il pretore, ritenutane la rilevanza nel presente giudizio, dichiari non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, quinto comma, della legge regionale Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, nella parte in cui statuisce che l'obbligo di cui al primo comma, non e' operante "qualora sussista coincidenza tra titolare dello scarico e autorita' competente al controllo in relazione agli artt. 25, 117 e 3 della Costituzione". Ritenuto che le ragioni addotte dal p.m. appaiono convincenti, in quanto la norma impugnata della legge regionale contrasta sia con la riserva di legge sancita dall'art. 25 della Costituzione, prevedendo l'art. 9 della "legge Merli" l'obbligo generalizzato dell'autorizzazione, sanzionato penalmente dall'art. 21 della stessa legge, sia col principo di uguaglianza (art. 3 della Costituzione) in quanto crea una sorta di impunita' per i sindaci dei comuni delle regioni nelle quali vige il principio in discussione, sia infine con l'art. 117 della Costituzione in materia di ripartizione delle funzioni legislative. Ritenuto che la questione e' rilevante in questo giudizio, posto che in caso d'illegittimita' della norma regionale gli imputati dovrebbero sottostare all'applicazione del citato art. 21 "legge Merli", mentre in caso contrario dovrebbero essere assolti per insussistenza del fatto.
P. Q. M. Visti gli artt. 3, 24 e 134 della Costituzione e 23 della legge n. 87/1953; Dichiara non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 9, quinto comma, della legge regionale Piemonte 26 marzo 1990, n. 13, con riferimento e per contrasto con gli artt. 3, 25 e 117 della Costituzione; Disponde la sospensione del giudizio; Ordina trasmettersi atti alla Corte costituzionale; Dispone che a cura della cancelleria la presente ordinanza sia notificata al Presidente del Consiglio dei Ministri ed ai Presidenti delle due Camere del Parlamento. Asti, addi' 8 ottobre 1993 Il pretore: GIRIBALDI 93C1238