N. 436 ORDINANZA 1 - 14 dicembre 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Processo  penale  -  Dibattimento - Sostituzione del p.m. - G.I.P.  -
 Richiesta di archiviazione  -  Controllo  sull'esercizio  dell'azione
 penale - Prospettazione di un profilo della questione di mero fatto -
 Manifesta infondatezza.
 
 (C.P.P.,  artt.  409,  quinto  comma,  e 53, secondo comma; d.lgs. 28
 luglio 1989, n. 271, art. 3).
 
 (Cost., art. 112).
 
(GU n.52 del 22-12-1993 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI, dott. Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof. Cesare
    MIRABELLI, prof. Fernando SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt.  409,  quinto
 comma,  e  53,  secondo  comma,  del  codice  di  procedura penale, e
 dell'art. 3 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme  di
 attuazione,  di  coordinamento  e transitorie del codice di procedura
 penale), promosso con ordinanza emessa il 14 ottobre 1992 dal Giudice
 per le indagini preliminari  presso  il  Tribunale  di  Brindisi  nel
 procedimento penale a carico di Zingarofalo Mauro, iscritta al n. 367
 del  registro  ordinanze  1993  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
 della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 3 novembre 1993 il Giudice
 relatore Giuliano Vassalli;
    Ritenuto che il Giudice per  le  indagini  preliminari  presso  il
 Tribunale di Brindisi ha sollevato, in riferimento all'art. 112 della
 Costituzione,  questione  di  legittimita'  degli  artt.  409, quinto
 comma, e 53,  secondo  comma,  del  codice  di  procedura  penale,  e
 dell'art.  3 del decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271 (Norme di
 attuazione, di coordinamento e transitorie del  codice  di  procedura
 penale)   nella  parte  in  cui  non  prevedono  fra  le  ipotesi  di
 sostituzione del  pubblico  ministero  nella  fase  del  dibattimento
 quella  in  cui il giudice per le indagini preliminari abbia respinto
 la richiesta di archiviazione, in quanto - assume il rimettente -  si
 determina  la  possibilita'  di  un "esercizio di fatto discrezionale
 dell'azione penale", non consentendosi, attraverso  la  sostituzione,
 di  esprimere  con efficacia una tesi di accusa diversa da quella del
 pubblico ministero e "dare concretezza al controllo che il g.i.p.  e'
 tenuto  a  fare  sull'esercizio  dell'azione  penale"  da parte dello
 stesso organo;
      e che nel giudizio e' intervenuto il  Presidente  del  Consiglio
 dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello
 Stato, chiedendo che la  questione  sia  dichiarata  inammissibile  e
 comunque non fondata;
    Considerato  che  il  giudice  a  quo  prospetta,  sotto specie di
 questione di legittimita' costituzionale, null'altro che  un  profilo
 di  mero  fatto, quale e' quello dell'atteggiamento che potra' tenere
 il rappresentante dell'ufficio del pubblico ministero nel  corso  del
 dibattimento ove questo consegua ad un pregresso dissenso del giudice
 per   le   indagini  preliminari  sulla  richiesta  di  archiviazione
 formulata dal pubblico ministero,  atteggiamento  che  il  rimettente
 ritiene  essere,  sulla  base  di una assiomatica presupposizione, in
 contrasto con la necessita' di sostenere "con vigore  la  costruzione
 accusatoria .. nella fase dibattimentale";
      che  pertanto  le  eventuali  condotte  patologiche, quand'anche
 sussistenti, sfuggono a qualsiasi controllo di legittimita' da  parte
 di  questa  Corte,  proprio  perche'  frutto  delle piu' disparate ed
 imprevedibili scelte che ciascun magistrato  del  pubblico  ministero
 puo'  in  concreto adottare in ordine alle modalita' secondo le quali
 coltivare   l'accusa   nel   corso   del    dibattimento,    restando
 conseguentemente  esclusa qualsiasi possibilita' di ricondurre simili
 aspetti al quadro normativo che il giudice  a  quo  pone  ad  oggetto
 delle proprie censure;
      e   che,   quindi,   la   questione   deve   essere   dichiarata
 manifestamente infondata.
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo  1953,  n.
 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara  la manifesta infondatezza della questione di legittimita'
 costituzionale degli artt. 409, quinto comma, e  53,  secondo  comma,
 del codice di procedura penale, e dell'art. 3 del decreto legislativo
 28  luglio  1989,  n.  271  (Norme  di attuazione, di coordinamento e
 transitorie  del  codice  di   procedura   penale),   sollevata,   in
 riferimento  all'art.  112  della  Costituzione,  dal  Giudice per le
 indagini preliminari presso il Tribunale di Brindisi con  l'ordinanza
 in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 1› dicembre 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                        Il redattore: VASSALLI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 14 dicembre 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C1252