N. 465 SENTENZA 17 - 28 dicembre 1993

 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Sicurezza   pubblica   -   Confisca   -   Persona   gia'   sottoposta
 all'applicazione   della   misura   di  prevenzione  personale  della
 sorveglianza speciale - Applicabilita' - Condizioni e  limiti  -  Non
 censurabilita'  del principio dell'ancoraggio pieno della prevenzione
 patrimoniale alla prevenzione personale - Ragionevolezza della scelta
 legislativa - Esigenza di una opera di risistemazione e coordinamento
 delle norme in materia - Non fondatezza.
 
 (Legge 31 maggio 1965, n. 575, art. 2- ter, sesto comma).
 
 (Cost., art. 3)
 
(GU n.1 del 5-1-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio BALDASSARRE, prof. Vincenzo
    CAIANIELLO,  avv.  Mauro  FERRI,  prof.  Luigi MENGONI, prof. Enzo
    CHELI,  dott.  Renato  GRANATA,  prof.  Giuliano  VASSALLI,  prof.
    Francesco   GUIZZI,   prof.   Cesare   MIRABELLI,  prof.  Fernando
    SANTOSUOSSO, avv. Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale  dell'art.  2-ter,  sesto
 comma,  della  legge  31  maggio 1965, n. 575 (Disposizioni contro la
 mafia), promosso con ordinanza emessa il 27 marzo 1992 dal  Tribunale
 di  Reggio  Calabria  nel  procedimento  di  prevenzione proposto nei
 confronti di Trimboli  Antonio,  iscritta  al  n.  185  del  registro
 ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
 n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio dei
 ministri;
    Udito nella camera di consiglio del  6  ottobre  1993  il  Giudice
 relatore Vincenzo Caianiello;
                           Ritenuto in fatto
    1. - Nel corso del procedimento per l'applicazione della misura di
 prevenzione  patrimoniale  della  confisca  dei beni nei confronti di
 persona gia' sottoposta all'applicazione della misura di  prevenzione
 personale  della  sorveglianza  speciale  di  pubblica  sicurezza, il
 Tribunale di Reggio Calabria ha sollevato questione  di  legittimita'
 costituzionale  dell'art.  2-ter,  sesto comma, della legge 31 maggio
 1965, n. 575; questa norma - che stabilisce che il  provvedimento  di
 confisca  puo'  essere  adottato,  su  proposta del Procuratore della
 Repubblica o del Questore, quando ne ricorrano le  condizioni,  anche
 dopo l'applicazione della misura di prevenzione (personale), ma prima
 della  sua  cessazione  -  risulta  infatti  applicabile  nel caso di
 specie, nel quale, successivamente alla proposta  per  l'applicazione
 della  misura reale, e al disposto sequestro di una serie di beni, la
 misura preventiva personale  precedentemente  irrogata  e'  venuta  a
 scadere  (a  seguito di riduzione del periodo in concreto determinato
 per essa, da due anni ad un  anno,  in  sede  di  appello)  in  epoca
 anteriore  alla  data  della  camera  di  consiglio  fissata  per  la
 deliberazione sulla confisca.
    Pertanto, osserva il Tribunale rimettente,  il  tenore  inequivoco
 della disposizione comporterebbe una declaratoria di improcedibilita'
 sopravvenuta  della  proposta  di  applicazione  della  confisca, per
 effetto dell'ormai cessata sottoposizione del  proposto  alla  misura
 della sorveglianza speciale.
    2.   -   Detta   previsione   legislativa   -   che,   si  osserva
 nell'ordinanza, ha creato  "uno  sbarramento  normativo  insuperabile
 volto  a  garantire  un  singolare  sincronismo  tra attualita' della
 misura personale e confiscabilita' dei beni rientranti nel patrimonio
 del prevenuto" - e' sottoposta a scrutinio  di  costituzionalita'  in
 quanto  le  esigenze  di  certezza  e  celerita' cui essa sembrerebbe
 presiedere non  paiono  in  realta'  idonee  a  fondare  una  ragione
 effettiva  della  norma  in argomento: la ragionevolezza della stessa
 e', ad  avviso  del  giudice  a  quo,  solo  apparente,  giacche'  in
 definitiva  attraverso  l'accennato  sbarramento  vengono  a prodursi
 effetti  distorsivi  rispetto   alle   finalita'   della   disciplina
 complessiva,   ed   in   particolare  una  ingiustificata  "impunita'
 patrimoniale"  nei  confronti  di  indiziati   di   appartenenza   ad
 associazioni mafiose. Siffatti inconvenienti - prosegue il rimettente
 -  appaiono  particolarmente  evidenti  nel caso concreto, in cui non
 solo la proposta per l'applicazione della confisca e' anteriore  alla
 cessazione  della  sorveglianza  speciale,  ma  anche  il  decreto di
 sequestro precede ampiamente lo scadere della misura personale, e  in
 cui  pertanto  si e' in presenza di un cespite sulla cui "illiceita'"
 vi e' stata una prima, sia pur sommaria, delibazione da parte  di  un
 organo della giurisdizione.
    Proprio il rilievo dell'anteriorita' dell'avvio della procedura di
 prevenzione patrimoniale rispetto allo scadere della misura personale
 costituisce,  in questa prospettazione, circostanza idonea ad elidere
 la giustificazione della previsione normativa in termini di  certezza
 o   garanzia:   non  si  vede  perche'  debba  essere  vanificato  il
 procedimento allorche' il (gia') prevenuto sia pienamente consapevole
 della pendenza della procedura patrimoniale e ne abbia  gia'  subi'to
 gli  effetti  sul  piano  della misura del sequestro, prodromica alla
 confisca.
    3. - A rafforzare il sospetto di incostituzionalita'  della  norma
 denunziata,  aggiunge  ancora  il  giudice  a quo, stanno altresi' le
 coordinate normative che regolano il procedimento  applicativo  della
 confisca, ed in particolare la congerie di accertamenti che l'art. 2-
 bis  della legge n. 575 del 1965 prescrive per verificare l'effettiva
 consistenza del patrimonio, posseduto anche  indirettamente  (tramite
 prestanomi,  parenti  e  cosi'  via),  nonche' l'ulteriore necessario
 momento accertativo-valutativo teso a delineare la  correlazione  tra
 l'attivita'  illegale addebitata al soggetto e l'arricchimento che ne
 e' conseguito; appare  cosi'  irrazionale,  sotto  il  profilo  della
 incongruenza  tra  il  mezzo (strumento della confisca) ed il fine di
 tutela della collettivita', la cesura temporale imposta  dalla  norma
 denunziata,  che  oltretutto  puo'  essere determinata da ragioni non
 riferibili  all'attivita'  dell'organo  proponente  o   all'autorita'
 preposta   all'indagine,   bensi'  alle  esigenze  difensive  e  alla
 oggettiva complessita' di accertamenti ed acquisizioni.  In  siffatti
 casi,   prosegue   il   rimettente,   risulta  superflua  l'ulteriore
 comminatoria di termini piu' ampi (fino a due anni, a norma dell'art.
 2- ter citato, terzo comma) di efficacia del sequestro,  giacche'  in
 via  generale  la cessazione della misura personale avverra' in corso
 di procedimento, prima della consumazione di quel termine.
    4. - Il Tribunale  rimettente  conclude  prospettando  alla  Corte
 costituzionale un possibile intervento idoneo ad evitare i profili di
 illegittimita'  costituzionale  lamentati,  e cioe' la riformulazione
 della norma con la sostituzione della parola "proposti"  alla  parola
 "adottati";  col  che,  il  momento  conclusivo  di  applicazione  in
 concreto della misura personale verrebbe a segnare lo sbarramento non
 piu'  dell'adozione  della  confisca  bensi'  dell'azionabilita'  del
 relativo  procedimento,  recuperando  alla  norma i connotati di piu'
 idoneo contemperamento tra i diritti e le garanzie del prevenuto e le
 ragioni di tutela collettiva sottese alla legislazione del settore.
    5. - E' intervenuto in giudizio il Presidente  del  Consiglio  dei
 Ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
 Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione.
    L'Avvocatura osserva, da un lato, che,  se  il  termine  entro  il
 quale  le  misure patrimoniali possono essere adottate - comunque non
 inferiore ad un anno - puo'  risultare  inadeguato,  cio'  deriva  da
 evenienze  di  fatto  e  da  modalita'  pratiche  del procedimento di
 prevenzione, che non si traducono in  vizi  di  illegittimita'  della
 norma.  D'altra parte, la scelta legislativa di porre quel termine in
 correlazione con la misura personale appare giustificata: la confisca
 e' pur sempre ricollegata alla misura di prevenzione, e gia' l'averla
 resa adottabile in tempo successivo appare uno  "strappo"  sul  piano
 della  legalita'.  Se  non vi fosse quel termine, e se dunque venisse
 meno  il  collegamento  tra  misura   personale   e   misura   reale,
 quest'ultima   risulterebbe  un  "mero  provvedimento  amministrativo
 adottato  senza  alcuna  garanzia  giurisdizionale",  svuotandosi  di
 significato l'intervento del giudice.
                         Considerato in diritto
    1.  -  E' stata sollevata questione di legittimita' costituzionale
 dell'art. 2-ter, sesto comma, della legge 31 maggio 1965, n. 575,  il
 quale   stabilisce  che  i  provvedimenti  -  previsti  dall'articolo
 medesimo - di sequestro e di confisca dei beni di soggetti sottoposti
 a misure  di  prevenzione  personale,  possano  essere  adottati,  su
 richiesta  del procuratore della Repubblica o del questore, quando ne
 ricorrano le condizioni, anche dopo l'applicazione  della  misura  di
 prevenzione, ma prima della sua cessazione.
    Il  giudice a quo dubita della legittimita' costituzionale di tale
 norma, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo
 della irragionevolezza di detto  sbarramento  temporale  legato  alla
 cessazione  della  misura  di prevenzione personale, in rapporto alle
 esigenze pur tenute presenti  dal  legislatore  che,nel  terzo  comma
 dello  stesso  art.  2-ter,  ha previsto che la confisca possa essere
 disposta entro un anno (prorogabile di un altro anno) dal sequestro.
    2.1. - Da quanto precede risulta che la questione come prospettata
 muove da una interpretazione strettamente  legata  alla  lettera  del
 sesto  comma  del  citato  art.  2- ter "I provvedimenti previsti dal
 presente   articolo   possono   essere   adottati   ..   anche   dopo
 l'applicazione  della  misura  di  prevenzione,  ma  prima  della sua
 cessazione) e quindi da  una  lamentata  interferenza  tra  la  norma
 denunciata  (sesto  comma)  e  quella  (terzo  comma)  che prevede il
 termine annuale (prorogabile di un altro anno nel  caso  di  indagini
 complesse),  nel  senso  che  la  prima  impedirebbe  alla seconda di
 esplicarsi autonomamente: cessando  l'esecuzione  in  concreto  della
 misura  personale,  il  sequestro  disposto rimarrebbe senza seguito,
 anche ove non sia trascorso  l'anno  (e  la  sua  eventuale  proroga)
 previsto  dal  terzo  comma, a causa dello "sbarramento" insuperabile
 indicato dalla disposizione impugnata nella cessazione  della  misura
 personale.
    2.2.  -  La  prospettazione del rimettente determina l'esigenza di
 precisare la relazione che intercorre tra il terzo ed il sesto  comma
 dell'art.  2-  ter  specie in rapporto a quelle che sono le finalita'
 del sesto comma. Quest'ultima disposizione, storicamente  occasionata
 dalla  possibilita'  ed  opportunita'  di effettuare, gia' in sede di
 prima applicazione della legge n. 646 del 1982, che ha introdotto gli
 strumenti di prevenzione patrimoniale in argomento, la  confisca  dei
 beni  dei  soggetti  indiziati  di  appartenenza  a organizzazioni di
 stampo mafioso ai quali prima dell'entrata in vigore di quella  legge
 fosse  gia'  stata  applicata  la  misura  di  prevenzione personale,
 assolve  la  funzione:  a)  di   rendere   possibile   l'inizio   del
 procedimento di prevenzione patrimoniale anche dopo l'irrogazione (in
 primo  grado) della misura personale, cio' che altrimenti non sarebbe
 possibile alla stregua dei commi che precedono e  che  suppongono  un
 sequestro  entro  la  definizione del primo grado; b) di "prorogare",
 conseguentemente, la competenza dell'organo giudicante ad adottare le
 misure patrimoniali (e a svolgere le indagini  ad  esse  finalizzate)
 nell'ambito  di  un  procedimento che ha come presupposto quello gia'
 definitosi  con  l'irrogazione  della  sorveglianza  speciale   della
 pubblica sicurezza.
    3.  -  Cio'  premesso, osserva la Corte come non si possa dubitare
 innanzitutto della ragionevolezza della  norma  denunciata  la'  dove
 "aggancia"  la  possibilita' di avvio del procedimento di prevenzione
 patrimoniale alla  applicazione  in  corso  della  misura  personale,
 misura  che  e'  allo  stato  il  presupposto dell'adozione di quella
 patrimoniale, poiche' un termine finale per l'avvio del  procedimento
 per  l'irrogazione  di  questa  v'ha  da essere, coerentemente con la
 scelta attuale del legislatore che esclude in  via  di  principio  la
 possibilita'      dell'irrogazione     di     misure     patrimoniali
 indipendentemente  dalle  misure   di   prevenzione   personali.   Un
 principio,  questo,  le  cui  uniche eccezioni sono rappresentate dal
 disposto del settimo comma dell'articolo 2-ter, introdotto  dall'art.
 2  della  legge  19  marzo  1990, n. 55 (eccezione significativamente
 delimitata quanto  all'oggetto  della  misura),  e  dall'ipotesi  del
 successivo  ottavo  comma, in cui peraltro non vi e' tanto una deroga
 al  principio  detto  quanto  una  disciplina  che  muove  dal   dato
 dell'applicazione  di  misure  di  sicurezza,  di contenuto analogo a
 quello della misura preventiva personale, e dunque da una valutazione
 di sostanziale inutilita' di  una  duplicazione  del  presupposto  in
 argomento.
    D'altra  parte,  alla  medesima  ratio  di  certezza  e necessaria
 definizione di situazioni pendenti in modo precario (il sequestro  di
 prevenzione,  pur  con  tutte  le  sue  peculiarita', e' comunque una
 misura di ordine cautelare) si riconnette  la  funzione  di  chiusura
 anche   in   ordine   alla   confiscabilita';  in  questo  senso,  la
 prospettazione  sostitutiva  del  giudice  a  quo,  che  propone   la
 trasformazione  della  parola  "adottati" con "richiesti" nella norma
 impugnata, non puo' essere presa in considerazione, comportando detta
 ipotesi l'eliminazione di ogni termine finale.
    Lo  stesso  giudice  a  quo,  pur  prospettando   questa   formula
 sostitutiva,  non  contesta  d'altronde  espressamente l'aggancio del
 termine  iniziale  per  l'avvio  del  procedimento   di   prevenzione
 patrimoniale  al permanere attuale della misura personale, lamentando
 in  senso  proprio  che  il termine ultimo per adottare la confisca a
 norma del sesto comma possa  essere,  in  concreto,  troppo  breve  e
 comunque assai piu' breve dell'anno (prorogabile nei sensi anzidetti)
 stabilito  quale  termine finale di efficacia del sequestro nel terzo
 comma.
   Secondo    le    argomentazioni    dell'ordinanza    di     rinvio,
 l'irragionevolezza sussisterebbe in quanto una cosa e' far funzionare
 la   misura   personale   in   atto  come  presupposto  della  misura
 patrimoniale,  in  armonia  con  l'attuale  scelta   legislativa   di
 principio;  altra  cosa  sarebbe  subordinare la confisca alla durata
 della misura personale, perche' del tutto diversi sono i  criteri  di
 commisurazione  della  durata della sorveglianza speciale rispetto ai
 profili implicati dalle indagini patrimoniali.  Gli  accertamenti  si
 muovono  difatti  su  piani  diversi, come diversi sono i presupposti
 sostanziali da  appurare  e  verificare  per  poter  addivenire  alle
 misure:   in  un  caso,  verifica  degli  indizi  di  appartenenza  a
 organizzazioni criminali e valutazione del coefficiente soggettivo di
 pericolosita'; nell'altro,  dopo  la  predetta  verifica  che  ne  e'
 presupposto,   accertamento   della   disponibilita'  di  beni  anche
 attraverso  interposizioni  o  prestanome,  e   verifica   a)   della
 sproporzione  tra  il patrimonio reale e quello dichiarato o rispetto
 all'attivita' economica svolta, ovvero b) della esistenza di elementi
 idonei a far ritenere l'origine o il reimpiego illegali dei beni  del
 prevenuto. Si puo' del resto essere persone di relativa pericolosita'
 e  quindi  tali da essere sottoposte ad una misura personale di breve
 durata ed avere accumulato beni dei quali sia difficile accertare  la
 provenienza se non dopo lunghe e complesse indagini.
    3.1.  -  Prima  di  valutare  se  gli  inconvenienti lamentati dal
 giudice a quo configurino una irragionevolezza  rilevante  sul  piano
 della  costituzionalita',  sembra opportuno verificare se, oltre alla
 interpretazione della norma legata al dato letterale  e  dalla  quale
 muove  il giudice nel sollevare l'incidente di costituzionalita', sia
 possibile una interpretazione alternativa.
    A  questa  puo'  addivenirsi  orientandosi   verso   una   diversa
 ricostruzione  complessiva della disciplina dei termini in argomento.
 In questa ricerca non sembra in primo luogo potersi accedere  ad  una
 interpretazione   che  muova  dall'idea  di  una  completa  e  totale
 autonomia tra le norme del terzo e del sesto comma  dell'art.  2-ter.
 Una   interpretazione  cioe'  secondo  la  quale  le  due  previsioni
 temporali sarebbero applicabili, in via  alternativa,  in  dipendenza
 del  puro  dato procedimentale dell'anteriorita' o meno del sequestro
 rispetto all'irrogazione della misura  preventiva  (se  il  sequestro
 precede  la  irrogazione  della  misura  personale si applica solo il
 terzo comma e si fruisce di un anno prorogabile per  provvedere  alla
 confisca;  se  il  sequestro  e'  successivo  si  ha riguardo solo al
 termine di cessazione della misura personale). Questa tesi,  proposta
 in  dottrina,  non  puo'  essere  seguita  perche'  si fonda su di un
 criterio di differenziazione  -  il  momento  di  applicazione  della
 cautela - del tutto estrinseco ed accidentale rispetto alle finalita'
 della  misura  patrimoniale  e  quindi non elimina il problema, ma lo
 accentua.
    Anzi  l'affermazione  della  applicabilita'  del termine di cui al
 terzo  comma  anche  in  relazione  ai  sequestri   effettuati   dopo
 l'applicazione   della   misura  personale,  sembra  trovare  qualche
 conferma - in mancanza di univoci orientamenti giurisprudenziali  sul
 punto  -  nell'origine della disciplina (artt. 2,3 e 4 del disegno di
 legge n. 2982/C/VIIIa legislatura) in cui il termine annuale sembrava
 collegabile anche all'ipotesi di sequestro posticipato.
    4.2. - Ma per ovviare agli inconvenienti segnalati dal  rimettente
 senza  andare incontro ad altri, sembra possibile una interpretazione
 che contemperi la previsione del sesto comma  con  quella  del  terzo
 comma.  A  questo  fine si deve muovere dall'individuare la chiave di
 volta della disciplina proprio nel terzo  comma,  nel  senso  che  e'
 all'escursione  dell'anno  (piu' uno) che occorre in via di principio
 fare  riferimento  per  stabilire  la  cessazione  di  efficacia  del
 sequestro, una volta adottato e quale che sia il momento di adozione.
 Ed  in  proposito  non  potrebbe  non  convenirsi che, qualora non si
 seguisse questa linea  interpretativa,  si  dovrebbe  pervenire  alla
 conclusione  che  prima  delle modifiche introdotte dalla legge n. 55
 del 1990, poiche' il termine annuale  coincideva  con  il  minimo  di
 durata  della  misura  preventiva  personale, lo "scarto" tra termine
 utile alla confisca nel sequestro anteriore  alla  irrogazione  della
 misura  personale  e  termine  utile  in caso di sequestro posteriore
 veniva a porsi  in  termini  contenuti;  mentre,  dopo  le  accennate
 modifiche,   lo   squilibrio  si  sarebbe  sensibilmente  accentuato,
 potendosi in concreto fruire di oltre due anni nel primo caso (stanti
 le cause di sospensione ex ultima parte del terzo comma), e di  pochi
 mesi nel secondo (come nella vicenda del giudizio principale).
    D'altronde  la  semplice trasposizione del termine del terzo comma
 nei casi  di  sequestro  posticipato,  se  idonea  ad  eliminare  gli
 inconvenienti   connessi  al  caso  di  misura  personale  di  durata
 inferiore ai due anni, darebbe luogo ad  altri  nel  caso  di  misura
 personale    piu'    lunga,   ovvero   in   quello   di   sottrazione
 all'applicazione della stessa, giacche' in queste ipotesi il  termine
 del  sesto  comma  risulterebbe  piu'  "vantaggioso"  ai  fini  della
 adozione della confisca. Sembra invece che ad entrambe  le  categorie
 di  inconvenienti  potrebbe  ovviarsi  rovesciando l'impostazione del
 rimettente,  con  una  interpretazione   condotta   secondo   criteri
 sistematici  e finalistici e che, coordinando la previsione del sesto
 comma con quella del  terzo  comma,  muova  dal  considerare  che  in
 generale  il  termine  ultimo  di  efficacia  del  sequestro  -  e la
 possibilita' di adottare la  confisca  entro  detto  termine  che  e'
 perentorio   -   e'  quello  del  terzo  comma,  rispondente  ad  una
 ragionevole e  adeguata  programmazione  investigativa  ai  fini  che
 interessano, a meno che non sia dato in concreto un termine maggiore,
 coincidente  con  la  maggiore  durata della misura personale. Questa
 residualita' applicativa del sesto comma manterrebbe alla norma ed al
 termine finale in essa previsto  la  funzione  loro  assegnata  quale
 momento  non  superabile  a  garanzia  della  chiusura  delle vicende
 patrimoniali, e sarebbe altresi' coerente col canone di conservazione
 del significato di entrambe le disposizioni e della finalita' cui con
 ciascuna di esse si intende pervenire.
    4.3. - In  conclusione,  la  complessa  ricostruzione  del  quadro
 normativo  nei sensi anzidetti orienterebbe verso una interpretazione
 che, tenendo ferma l'esigenza certamente perseguita dalla  legge,  di
 ancorare  l'avvio  del  procedimento  di  prevenzione patrimoniale al
 perdurare   dell'applicazione   della   misura   personale,  e  senza
 distinguere l'ipotesi del sequestro adottato prima della  irrogazione
 di  questa  misura  da quella del sequestro adottato successivamente,
 consente di utilizzare per la sua definizione il termine  piu'  lungo
 fra  quello previsto dal terzo comma dell'art. 2- ter citato (un anno
 piu' un altro eventuale anno dal sequestro)  e  quello  previsto  dal
 sesto comma (cessazione della misura personale).
    5.  -  Una  volta individuata, in alternativa alla interpretazione
 letterale  della  norma  denunciata,  da  cui  muove  l'ordinanza  di
 rimessione,  un'altra  possibile  interpretazione della norma stessa,
 ispirata a criteri sistematici e  finalistici,  che  sembra  in  gran
 parte  ovviare  agli inconvenienti segnalati nell'ordinanza di rinvio
 secondo l'interpretazione su cui essa si basa, la Corte  non  ritiene
 tuttavia  che  questi  inconvenienti  siano  tali  da configurare una
 irragionevolezza rilevante sul piano  della  costituzionalita',  onde
 l'infondatezza  della  questione. Anche a prescindere dal considerare
 la difficolta' che incontrerebbe l'ipotesi di una addizione deteriore
 nella materia in  esame  (ord.  n.  721  del  1988)  qualora  dovesse
 effettivamente  profilarsi  la fondatezza della questione, non sembra
 in ogni caso che si versi in questa evenienza.
    L'interpretazione letterale della norma denunciata, quale  offerta
 per  il momento dal giudice a quo, fa assumere assoluta prevalenza al
 principio dell'ancoraggio pieno della prevenzione  patrimoniale  alla
 prevenzione  personale.  Un  principio  che,  nel quadro delle scelte
 legislative, costituisce un'opzione  non  censurabile  dal  punto  di
 vista  della  costituzionalita',  dato  che il legislatore ha fino ad
 oggi seguito una linea che tende a considerare la misura patrimoniale
 quasi la prosecuzione di quella personale.
    L'interpretazione     sistematico-finalistica,     non     esclusa
 espressamente  dal  dato  letterale,  illustrata  in precedenza e non
 presa in considerazione  dal  giudice  a  quo,  si  mostra  anch'essa
 coerente con questa linea - perche' assume la cessazione della durata
 della  misura  personale come termine insuperabile ai fini dell'avvio
 del procedimento di prevenzione patrimoniale, soggetto comunque,  per
 la  sua  conclusione,  al  termine  finale  indicato  dal terzo comma
 dell'art. 2- ter citato - e puo' ovviare agli inconvenienti cui si e'
 esposti  con  l'altra  interpretazione,  risultando  maggiormente  in
 armonia con gli obiettivi perseguiti dalla legislazione in materia.
    Il  problema che viene sollevato non rileva dunque sul piano della
 costituzionalita', mentre e'  suscettibile  di  essere  affrontato  e
 risolto  diversamente  per  ovviare  agli inconvenienti lamentati, in
 base ad opzioni interpretative possibili;  il  che  sottolinea  anche
 l'esigenza  di  una  adeguata opera di risistemazione e coordinamento
 dello stratificato plesso di norme che regolano questa materia.
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  2-ter,  sesto  comma,  della  legge 31 maggio 1965, n. 575
 (Disposizioni contro la mafia), sollevata, in riferimento all'art.  3
 della  Costituzione, dal Tribunale di Reggio Calabria con l'ordinanza
 indicata in epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                       Il redattore: CAIANIELLO
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C1303