N. 477 SENTENZA 22 - 30 dicembre 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Previdenza e assistenza - Regione Sicilia - Pensioni  dei  dipendenti
 pubblici  cessati  dal  servizio  dopo  il  1  gennaio 1979 e di quei
 dipendenti posti  in  quiescenza  anteriormente  -  Riliquidazione  -
 Trattamento differenziato - Valutazione discrezionale del legislatore
 al  momento di disciplinare il passaggio dal vecchio al nuovo assetto
 del personale civile e militare dello Stato - Richiamo alle  sentenze
 nn. 504/1988 e 226/1993 della Corte - Non fondatezza.
 
 (D.-L.  6 giugno 1981, n. 283, art. 26, convertito, con modoficazioni
 nella legge 6 agosto 1981, n. 432)
 
 (Cost., art. 3)
 
(GU n.1 del 5-1-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, prof. Antonio BALDASSARRE, prof.
    Vincenzo  CAIANIELLO, prof. Luigi MENGONI, prof. Enzo CHELI, dott.
    Renato GRANATA, prof. Giuliano VASSALLI, prof.  Francesco  GUIZZI,
    prof. Cesare MIRABELLI, avv. Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               SENTENZA
 nel   giudizio   di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  26  del
 decreto-legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito,  con  modificazioni,
 nella  legge 6 agosto 1981, n. 432 (Copertura finanziaria dei decreti
 del  Presidente  della  Repubblica  di   attuazione   degli   accordi
 contrattuali  triennali  relativi al personale civile dei Ministeri e
 dell'Amministrazione  autonoma  dei  monopoli   di   Stato,   nonche'
 concessione di miglioramenti economici al personale civile e militare
 escluso  dalla  contrattazione),  promosso con ordinanza emessa il 19
 giugno 1992 dalla Corte dei conti - sezione  giurisdizionale  per  la
 Regione  siciliana  sul  ricorso  proposto da Amore Armando contro il
 Ministero delle finanze, iscritta al n. 241  del  registro  ordinanze
 1993  e  pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 22,
 prima serie speciale, dell'anno 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio del 20 ottobre 1993 il Giudice
 relatore Francesco Guizzi;
                           Ritenuto in fatto
    1.  -  La  Corte dei Conti, sezione giurisdizionale per la Regione
 siciliana, investita dal ricorso del signor Armando Amore  (collocato
 a riposo in data 1 aprile 1978 con la qualifica di contabile capo del
 Ministero   delle   finanze)   avverso  il  silenzio-rifiuto  opposto
 dall'Amministrazione  alla   revisione   del   suo   trattamento   di
 quiescenza,   ha   sollevato,   in   riferimento   all'art.  3  della
 Costituzione, questione di legittimita' costituzionale  dell'art.  26
 del   decreto-legge   6   giugno   1981,   n.  283,  convertito,  con
 modificazioni, nella legge 6 agosto 1981, n. 432, nella parte in  cui
 dispone   la  riliquidazione  del  trattamento  pensionistico  per  i
 dipendenti pubblici cessati dal servizio dopo il 1  gennaio  1979,  e
 non anche per quelli posti in quiescenza anteriormente.
    Il  legislatore - osserva la Corte rimettente - ha certo il potere
 di fissare discrezionalmente la  misura  ed  i  limiti  dei  benefici
 pensionistici,  ma  tale  potere  deve  essere  esercitato secondo il
 canone di ragionevolezza: ora, una volta  estesi  al  personale  gia'
 cessato dal servizio il recupero dell'anzianita' e i miglioramenti di
 stipendio  successivi alla nuova disciplina introdotta dalla legge 11
 luglio  1980,  n.  312,  non  v'era  alcuna  ragione  per  escluderne
 soggetti, come il ricorrente, che era stato si' collocato in pensione
 in una data anteriore alla decorrenza economica della citata legge n.
 312  del  1980  (e cioe' il 1 aprile 1979), ma che comunque era stato
 inquadrato nelle qualifiche retributivo-funzionali ai sensi dell'art.
 160 della citata legge, perche' ancora in servizio alla  data  del  1
 giugno  1977,  momento  da  cui decorrevano gli effetti giuridici. Ne
 risulterebbe quindi vulnerato il principio di parita' di trattamento,
 avendo il legislatore disposto diversamente nei confronti di soggetti
 con il medesimo status.
    Aggiunge il giudice a quo  che  la  stessa  Corte  costituzionale,
 nella  sentenza n. 504 del 1988, ha ritenuto irrazionale, all'interno
 dell'insieme omogeneo del personale inquadrato ai sensi  degli  artt.
 46  e  160  della legge n. 312 del 1980, la discriminazione operata a
 danno dei dipendenti della scuola collocati in quiescenza  tra  il  1
 giugno 1977 e il 1 aprile 1979.
    2.  -  Si  e' costituito il Presidente del Consiglio dei ministri,
 rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura   generale   dello   Stato,
 concludendo  per  l'infondatezza  della  questione  alla  luce  della
 discrezionalita' che, in  materia,  va  riconosciuta  al  legislatore
 ordinario.
    Proporzionalita' ed adeguatezza della retribuzione, e quindi della
 pensione,  non  implicano  che  il  trattamento  di  quiescenza debba
 coincidere integralmente  con  la  retribuzione  goduta  all'atto  di
 cessazione  dal  servizio o che di questa debba seguire le variazioni
 (si richiama la  sentenza  di  questa  Corte  n.  26  del  1980).  Il
 legislatore  ha  peraltro  introdotto  una normativa avente finalita'
 perequatrici (leggi 29 aprile 1976, n. 177, 17 aprile 1985,  n.  141,
 decreto-legge  16  settembre  1987,  n.  379,  convertito in legge 14
 novembre 1987, n. 468) che vale per  la  generalita'  dei  pensionati
 statali  ed  anche  per  il  personale  in  questione, che non ha mai
 assunto veste peculiare.
    Non  puo'  dunque  considerarsi  contraria  al  principio  di  cui
 all'art.  3  della  Costituzione  la  censurata  norma  di  legge che
 differenzia  la  base  pensionabile  ed  il  conseguente  trattamento
 economico  in  stretta  correlazione  con  la  data di cessazione dal
 servizio attivo.
                        Considerato in diritto
    1.  -  La  Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione
 siciliana, ha  sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 26 del decreto-legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito, con
 modificazioni,  nella legge 6 agosto 1981, n. 432, nella parte in cui
 dispone  la  riliquidazione  del  trattamento  pensionistico  per   i
 dipendenti pubblici cessati dal servizio dopo il 1 gennaio 1979 (data
 di  decorrenza  del  triennio  contrattuale 1979-81), e non anche per
 quelli posti in quiescenza anteriormente, considerato che la data  di
 decorrenza   degli   effetti   giuridici   dell'inquadramento   nelle
 qualifiche funzionali ex legge n. 312 del 1980 e' il 1 giugno 1977.
    2. - La questione e' infondata.
    Giova ricordare, in via preliminare, come l'art. 46 della legge 11
 luglio 1980, n. 312, disciplinando l'inquadramento  nelle  qualifiche
 funzionali  del  personale  in  servizio alla data del 1 giugno 1977,
 abbia  diversificato  la  decorrenza  degli  effetti  "giuridici"  ed
 "economici"  (per  i  primi,  il  1  giugno 1977; per i secondi, il 1
 aprile 1979). L'art. 160 della stessa legge, al secondo comma,  detta
 una  norma  ad  hoc  per  il  personale cessato dal servizio tra il 1
 giugno 1977 e il 1 aprile 1979, disponendo  l'inquadramento  ai  soli
 fini del trattamento di quiescenza.
   Ora,  successivamente  all'entrata in vigore della legge n. 312 del
 1980, e' intervenuto il citato decreto-legge 6 giugno 1981,  n.  283,
 convertito  nella  legge 6 agosto 1981, n. 432, che ha dato copertura
 finanziaria ai decreti del Presidente della Repubblica attuativi  dei
 rinnovi  contrattuali  per il triennio 1979-1981. Tale decreto-legge,
 all'art. 26, che e' la norma denunziata dal giudice  a  quo,  prevede
 che  i  nuovi  livelli retributivi siano applicati anche al personale
 cessato dal servizio nel corso di vigenza del triennio  contrattuale,
 che decorre dal 1 gennaio 1979.
    Come  risulta evidente dalle disposizioni di legge ora menzionate,
 non v'e' alcuna connessione tra  la  disciplina  transitoria  dettata
 dalla  legge n. 312 del 1980, e il rinnovo contrattuale 1979-1981, di
 cui al citato decreto-legge n. 283 del 1981:  il  giudice  rimettente
 insiste sulla circostanza che il ricorrente e' stato inquadrato nelle
 qualifiche  funzionali  ai  sensi dell'art. 160 della citata legge n.
 312 - perche' in servizio alla data del 1 giugno 1977  -  e  che  gli
 effetti "giuridici" della piu' volte richiamata legge retroagiscono a
 tale  data.  Il  rilievo  del  giudice  a quo non ha tuttavia pregio,
 giacche'  l'efficacia  retroattiva  discende   da   una   valutazione
 discrezionale del legislatore al momento di disciplinare il passaggio
 dal  vecchio  al  nuovo assetto del personale civile e militare dello
 Stato, per cui non si vede come tale scelta si riverberi sul  rinnovo
 contrattuale del triennio successivo.
    Ne'  vale  il  richiamo  alla  sentenza  n. 504 del 1988 di questa
 Corte.  Oggetto  di  tale  sentenza  e'  il  riconoscimento  di   una
 anzianita'  che,  in  ipotesi, sia maggiore di quella riconosciuta al
 momento dell'inquadramento ai sensi della citata  legge  n.  312  del
 1980,  si'  che  ad essere censurata e' l'irrazionale discriminazione
 determinatasi all'interno di un insieme omogeneo  di  dipendenti,  ai
 fini  della  riliquidazione  delle  pensioni.  Si  tratta, quindi, di
 problemi di assestamento della riforma operata dalla legge n. 312 del
 1980, e non del rapporto tra questa e il  rinnovo  contrattuale  (che
 nel  caso in esame riguarda, come si e' detto, il triennio 1979-1981,
 successivo alla data di collocamento a riposo del dipendente).
    3.  -  Cosi'  chiarita  la  questione, essa si risolve in una piu'
 generale denunzia di inadeguatezza del  trattamento  pensionistico  a
 causa della mancata applicazione di successivi benefici derivanti dal
 rinnovo  contrattuale,  ed  e'  appena  il  caso di osservare che sul
 raccordo  fra  pensioni  e  retribuzioni  il  legislatore   e'   gia'
 intervenuto  in  via  generale,  e a fini perequativi, nell'esercizio
 della sua discrezionalita' e secondo  meccanismi  che  legittimamente
 tengono conto delle esigenze fondamentali di politica economica e dei
 limiti  delle  risorse  disponibili  (come questa Corte ha gia' avuto
 modo di sottolineare, da ultimo, nella sent. n. 226 del 1993).
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara non fondata la questione  di  legittimita'  costituzionale
 dell'art. 26 del decreto-legge 6 giugno 1981, n. 283, convertito, con
 modificazioni,   nella   legge  6  agosto  1981,  n.  432  (Copertura
 finanziaria dei decreti del Presidente della Repubblica di attuazione
 degli accordi contrattuali triennali relativi al personale civile dei
 Ministeri e dell'Amministrazione  autonoma  dei  monopoli  di  Stato,
 nonche'  concessione di miglioramenti economici al personale civile e
 militare escluso dalla contrattazione),  sollevata  dalla  Corte  dei
 conti,   sezione   giurisdizionale   per  la  Regione  siciliana,  in
 riferimento  all'art.  3  della  Costituzione,  con  l'ordinanza   in
 epigrafe.
    Cosi'  deciso  in  Roma,  nella  sede  della Corte costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GUIZZI
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C1336