N. 484 ORDINANZA 22 - 30 dicembre 1993

 
 
 Giudizio di legittimita' costituzionale in via incidentale.
 
 Fallimento  -  Concordato  preventivo  -  Commissario  giudiziale   -
 Compenso  -  Liquidazione  -  Disciplina  - Trattamento differenziato
 rispetto al curatore fallimentare - Censura di un atto insuscettibile
 di essere oggetto di  giudizio  incidentale  di  costituzionalita'  -
 Richiamo    alla    giurisprudenza    della    Corte    -   Manifesta
 inammissibilita'.
 
 (Decreto del Ministro di grazia e giustizia 28 luglio 1992, n.   570,
 art.  5,  richiamato  dagli artt. 39 e 165 del r.d. 16 marzo 1942, n.
 267).
 
 (Cost., art. 3)
 
(GU n.1 del 5-1-1994 )
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
 composta dai signori:
 Presidente: prof. Francesco Paolo CASAVOLA;
 Giudici: prof. Gabriele PESCATORE, avv. Ugo SPAGNOLI, prof. Antonio
    BALDASSARRE, avv. Mauro FERRI, prof.  Luigi  MENGONI,  prof.  Enzo
    CHELI,  dott. Renato GRANATA, prof. Francesco GUIZZI, prof. Cesare
    MIRABELLI, avv. Massimo VARI;
 ha pronunciato la seguente
                               ORDINANZA
 nel giudizio di legittimita' costituzionale degli artt. 39 e 165  del
 r.d.  16  marzo  1942,  n.  267  (legge  fallimentare),  promosso con
 ordinanza  emessa  il  18  marzo  1993  dal  Tribunale   di   Vicenza
 sull'istanza  proposta  da Parise Francesco, nella qualita', iscritta
 al n. 205 del registro ordinanze 1993  e  pubblicata  nella  Gazzetta
 Ufficiale  della  Repubblica  n.  19, prima serie speciale, dell'anno
 1993;
    Visto l'atto  di  intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei
 ministri;
    Udito  nella  camera  di consiglio del 17 novembre 1993 il Giudice
 relatore Renato Granata;
    Ritenuto che il Tribunale di Vicenza -  al  quale  il  Commissario
 liquidatore   della  societa'  Inteltrade  S.a.s.  aveva  chiesto  la
 liquidazione  del  compenso  per  l'opera  svolta  quale  commissario
 giudiziale  in  una procedura di concordato preventivo - ha sollevato
 (con  ordinanza  del  18  aprile  1993)  questione   incidentale   di
 legittimita'  costituzionale  degli  artt. 39 e 165 del R.D. 16 marzo
 1942 n. 267 (legge fallimentare) nella parte in cui,  prevedendo  che
 il   compenso   al  commissario  giudiziale  preposto  al  concordato
 preventivo sia liquidato secondo le norme stabilite con  decreto  del
 Ministro  per la grazia e giustizia, recepiscono (da ultimo) l'art. 5
 d.m. 28 luglio 1992 n. 570;
      che   sarebbe  stato  violato  il  principio  della  parita'  di
 trattamento  (art.  3  Cost.)  per   la   ingiustificata   disciplina
 differenziata  posta  rispettivamente  per  il commissario giudiziale
 preposto al concordato preventivo e  per  il  curatore  fallimentare,
 atteso  che  i  criteri  di  determinazione del compenso spettante al
 primo sono ingiustificatamente  piu'  favorevoli  rispetti  a  quelli
 previsti  per  il secondo, ancorche' quest'ultimo svolga un'attivita'
 piu' impegnativa, o comunque assimilabile, a quella  del  commissario
 giudiziale;
      che  altresi'  vi  sarebbe ingiustificata disparita' nell'ambito
 della stessa categoria  dei  commissari  giudiziali  secondo  che  si
 tratti  di concordato con garanzia o con cessione dei beni essendo di
 fatto piu' favorevoli i  criteri  di  calcolo  del  compenso  per  il
 commissario  giudiziale  preposto ad un concordato con garanzia anche
 se  questo  svolge  un'attivita'  meno  impegnativa  di  quella   del
 commissario  giudiziale  preposto  ad  un concordato con cessione dei
 beni;
      che la censura puo' - secondo il giudice rimettente -  investire
 il  decreto  ministeriale perche' questo, in forza del rinvio operato
 dalle citate norme della legge fallimentare, acquista forza di legge;
      che e' intervenuto il Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,
 rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato chiedendo
 che  la  questione sia dichiarata inammissibile (giacche' l'ordinanza
 di rimessione investe un decreto ministeriale che non e' suscettibile
 di sindacato da parte della Corte) e comunque non fondata (perche' la
 procedura del concordato preventivo e  quella  del  fallimento  hanno
 caratteristiche  e disciplina diverse, che giustificano la diversita'
 dei criteri adottati per la liquidazione del compenso del curatore  e
 del commissario giudiziale);
    Considerato  che  le  censure  del  giudice  rimettente  investono
 esclusivamente il contenuto precettivo del cit. art. 5 d.m. 28 luglio
 1992 n. 570 sull'asserito presupposto che la norma  abbia  acquistato
 forza di legge per effetto del rinvio ad essa operato dall'art. 39 (e
 per esso anche dall'art. 165) del R.D. 16 marzo 1942 n. 267;
      che  si  tratta  invece di un rinvio formale in quanto l'art. 39
 rimette in generale alla normativa  sub-primaria  la  quantificazione
 della  liquidazione  del  compenso  al  curatore  fallimentare  (e al
 commissario   giudiziale)   senza   richiamare    alcuna    specifica
 (pre-esistente)  disciplina,  mentre il rinvio materiale richiede che
 "il richiamo sia  indirizzato  a  norme  determinate  ed  esattamente
 individuate  dalla  stessa  norma  che lo effettua" (sent. n. 311 del
 1993);  ne'  l'interpretazione  dell'art.  39  cit.  esibisce  alcuna
 integrazione   della   fattispecie   legale  mediante  recezione  del
 contenuto  normativo  di   precedenti   disposizioni   regolamentari,
 integrazione  che  altrimenti avrebbe consentito l'impugnazione della
 norma primaria nelle specificazioni contenute nella fonte  secondaria
 (sent. n. 1104 del 1988);
      che   conseguentemente   non   e'  stata  modificata  la  natura
 (regolamentare) della fonte richiamata, ne' alle sue disposizioni  e'
 stata conferita forza di legge;
      che  pertanto  la disciplina denunciata come ingiustificatamente
 discriminatoria e' contenuta in un atto che, in quanto sprovvisto  di
 forza  di  legge,  non  e' suscettibile di essere oggetto di giudizio
 incidentale di costituzionalita' sicche' - secondo la  giurisprudenza
 di  questa  Corte  (  ord.  n. 352/93, sent. n. 311/93 cit., sent. n.
 199/93,  sent.  n.  454/91,  sent.  n. 23/89, ord. n. 255/88, ord. n.
 121/88) - la questione  sollevata  e'  manifestamente  inammissibile,
 mentre l'assunta violazione del parametro costituzionale evocato puo'
 essere sempre accertata incidentalmente dal giudice ordinario al fine
 della  disapplicazione  della  norma  regolamentare  (sent. n. 199/93
 cit., sent. n. 333/91);
    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953 n. 87
 e 29, secondo comma, delle Norme integrative per  i  giudizi  davanti
 alla Corte costituzionale;
                           PER QUESTI MOTIVI
                        LA CORTE COSTITUZIONALE
   Dichiara   la   manifesta   inammissibilita'   della  questione  di
 legittimita' costituzionale dell'art. 5 del decreto del Ministro  per
 la  grazia  e giustizia 28 luglio 1992 n. 570, richiamato dagli artt.
 39 e 165 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267  (Disciplina  del  fallimento,
 del  concordato  preventivo, dell'amministrazione controllata e della
 liquidazione  coatta  amministrativa),  sollevata,   in   riferimento
 all'art.   3   della  Costituzione,  dal  Tribunale  di  Vicenza  con
 l'ordinanza indicata in epigrafe.
    Cosi' deciso in  Roma,  nella  sede  della  Corte  costituzionale,
 Palazzo della Consulta, il 22 dicembre 1993.
                        Il Presidente: CASAVOLA
                         Il redattore: GRANATA
                       Il cancelliere: DI PAOLA
    Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1993.
               Il direttore della cancelleria: DI PAOLA
 93C1343