N. 42 RICORSO PER CONFLITTO DI ATTRIBUZIONE 29 dicembre 1993

                                 N. 42
 Ricorso per conflitto di attribuzione depositato in cancelleria il 29
 dicembre 1993 (della provincia autonoma di Trento)
 Agricoltura e foreste - Ripartizione dei fondi recati per il 1993 per
    l'attuazione  della  legge  29  gennaio  1992,  n.  113,  relativa
    all'obbligo  per i comuni di residenza di porre a dimora un albero
    per ogni neonato -  Esclusione,  dalla  ripartizione  della  somma
    indicata  nella  predetta  legge (5 miliardi annui), della regione
    Trentino-Alto Adige e delle province autonome di Trento e  Bolzano
    sulla    base    di   un'asserita   (dalla   ricorrente)   erronea
    interpretazione dell'art. 4  del  d.lgs.  n.  266/1992  (norme  di
    attuazione  dello statuto speciale per il Trentino-Alto Adige) che
    vieta  di  disporre  spese   e   di   concedere   direttamente   o
    indirettamente    finanziamenti   o   contributi   per   attivita'
    nell'ambito   del   territorio   regionale   o   provinciale   del
    Trentino-Alto  Adige,  trattandosi,  secondo  la ricorrente, nella
    specie, di trasferimento di risorse finanziarie.
 (Statuto Trentino-Alto Adige, artt. 8, n. 21, e 16, primo comma).
 (Delibera C.I.P.E. 13 luglio 1993).
(GU n.4 del 19-1-1994 )
   Ricorso per conflitto di attribuzioni della provincia  autonoma  di
 Trento,  in  persona  del  presidente della giunta provinciale Gianni
 Bazzanella, autorizzato con deliberazione della Giunta provinciale n.
 17594 in data 2 dicembre 1993, rappresentato e  difeso  dagli  avv.ti
 prof.  Valerio  Onida e Gualtiero Rueca, ed elettivamente domiciliato
 presso quest'ultimo in Roma, largo della Gancia 1,  come  da  mandato
 speciale a rogito del notaio dott. Pierluigi Mott di Trento in data 9
 ottobre  1993,  n.  59365 di rep., contro il Presidente del Consiglio
 dei Ministri pro-tempore in relazione alla  deliberazione  13  luglio
 1993  del comitato interministeriale per la programmazione economica,
 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 249 del  22  ottobre  1993,  e
 recante  "ripartizione  dei fondi recati per il 1993 per l'attuazione
 della legge 29 gennaio 1992,  n.  113,  relativa  all'obbligo  per  i
 comuni di residenza di porre a dimora un albero per ogni neonato".
    Come e' noto, l'art. 8, n. 21, del d.P.R. n. 670/1972 (testo unico
 delle  leggi  costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il
 Trentino-Alto  Adige)  affida  alle  province  autonome  la  potesta'
 legislativa  esclusiva  in  materia  di  foreste  e  Corpo forestale,
 mentre, in virtu' dell'art. 16, comma  1,  del  d.P.R.  citato  nella
 stessa  materia  spettano alle province autonome le relative potesta'
 amministrative.
    Ora, con la legge 29 gennaio 1992, n. 113, e'  stato  previsto  un
 intervento  di  notevole  importanza  (sia  pur  solo  simbolica) che
 attiene  proprio  alla  gestione  e  all'incremento  del   patrimonio
 forestale,  sull'intero  territorio  nazionale. Si stabilisce infatti
 (art. 1, primo comma che in attuazione degli indirizzi  definiti  nel
 piano  forestale  nazionale  i comuni devono provvedere, entro dodici
 mesi dalla registrazione anagrafica  di  ogni  neonato  residente,  a
 porre  a  dimora un albero nel territorio comunale. L'art. 2, secondo
 comma, della medesima legge  prevede  che,  insieme  alle  regioni  a
 statuto  ordinario  e  a quelle a statuto speciale, anche le province
 autonome di Trento e Bolzano provvedano, attraverso i  propri  uffici
 competenti,  a  disciplinare le tipologie delle essenze, a metterne a
 disposizioni il quantitativo necessario, ad assicurarne la  fornitura
 ai comuni.
    La  legge  in  parola autorizza (art. 4, primo comma), a decorrere
 dal 1992, la spesa annua di 5 miliardi di lire e stabilisce  che  per
 ogni  anno le modalita' di ripartizione di tale somma "tra le regioni
 e le province autonome di Trento e  Bolzano"  siano  determinate  dal
 comitato  interministeriale  per  la programmazione economica (Cipe),
 sentita la Conferenza permanente per i  rapporti  tra  lo  Stato,  le
 regioni e le provincie autonome.
    Gli oneri necessari all'attuazione dell'attivita' prevista (pari a
 L.  5  miliardi  per  ciascuno  degli anni 1992, 1993 e 1994) vengono
 individuati (art. 4,  secondo  comma)  attraverso  la  corrispondente
 riduzione    di   un   accantonamento   intitolato   ad   "interventi
 programmatici in agricoltura e nel settore della forestazione".
    Ora, sulla Gazzetta Ufficiale n. 249 del 22 ottobre 1993 e'  stata
 pubblicata  la  deliberazione  del  Comitato interministeriale per la
 programmazione economica, la quale, ai sensi del citato art. 4, primo
 comma, della legge n. 113 del 1992, stabilisce, per l'anno  1993,  le
 modalita' di ripartizione della somma di L. 5 miliardi necessaria per
 gli interventi previsti dalla legge in questione.
    Tale delibera del Cipe, tuttavia, ripartisce la somma indicata tra
 tutte  le  regioni  ad  autonomia  ordinaria e quattro soltanto delle
 cinque regione ad autonomia speciale,  escludento  completamente  dal
 finanziamento  previsto dalla legge soltanto la regione Trentino-Alto
 Adige, e per essa le province autonome di Trento e Bolzano (da notare
 che la tabella allegata alla delibera Cipe e'  invece  esplicitamente
 definita  "tabella  di riparto dei fondi tra le regioni e le province
 autonome per l'anno 1993, legge n. 113/1992").
    La  ragione  di  tale  incongrua  esclusione  va   presumibilmente
 ricercata  nel  riferimento,  operato  nella  premessa della delibera
 Cipe, all'art. 4, terzo comma, del decreto legislativo 16 marzo 1992,
 n.  266  "norme  di  attuazione  dello  statuto   speciale   per   il
 Trentino-Alto  Adige  concernenti  il  rapporto  tra atti legislativi
 statali e leggi regionali e provinciali nonche' la  potesta'  statale
 di indirizzo e coordinamento".
    Quest'ultima  disposizione prevede che nelle materie di competenza
 propria regionale o provinciale le amministrazioni statali  (comprese
 quelle autonome, nonche' gli enti dipendenti dallo Stato) non possono
 disporre   spese   ne'   concedere,  direttamente  o  indirettamente,
 finanziamenti o contributi per attivita' nell'ambito  del  territorio
 regionale o provinciale.
    Riferendosi in premessa a tale disposizione, il Cipe evidentemente
 ha  ritenuto  inapplicabile,  in Trentino-Alto Adige e a favore delle
 province autonome, l'art. 4, primo comma della legge n. 113/1992,  la
 quale,  come  gia' ricordato, pur prevede esplicitamente che la somma
 stanziata per gli  interventi  in  questione  sia  ripartita  tra  le
 regioni  e  le  provincie  autonome  di  Trento  e Bolzano. E dunque,
 secondo questa interpretazione, le province autonome  dovrebbero  dar
 corso  agli  adempimenti  di  cui all'art. 2 della legge n. 113/1992,
 senza  pero'  poter  usufruire  dei  finanziamenti  da  questa  legge
 previsti anche a loro favore.
    Ma  l'interpretazione  della  norma  di  attuazione  ricordata  e'
 sicuramente illogica ed errata.
    E' illogica, e  condurebbe  a  risultati  irragionevoli,  giacche'
 finirebbe  per escludere, fra tutte le regioni ad autonomia ordinaria
 o speciale, la sola regione  Trentino-Alto  Adige  dai  finanziamenti
 statali  a  destinazione vincolata previsti dalla legge, cio' che non
 sembra rispondere ad alcun fine ragionevolmente argomentabile.
    E' errata, poiche' trascura di considerare la ratio della norma di
 attuazione cui pretende di dare seguito. Come gia' ricordato,  l'art.
 4,  terzo comma, in parola e' contenuto in un decreto legislativo che
 detta  "norme  di  attuazione   dello   statuto   speciale   per   il
 Trentino-Alto  Adige  concernenti  il  rapporto  tra atti legislativi
 statali e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta'  statale
 di  indirizzo  e  coordinamento".  Le  nuove  norme di attuazione "in
 materia di finanza regionale e provinciale" sono invece contenute nel
 decreto legislativo approvato nella stessa data (16 marzo  1992),  ma
 contrassegnato da un numero successivo (n. 268).
    L'art.  4  del  decreto  lgs.  n. 266/1992 e' intitolato "funzioni
 amministrative", ed e' volto a stabilire alcuni limiti all'attivita',
 appunto amministrativa,  dello  Stato  e  degli  enti  statali  nelle
 materie  di competenza delle regioni o delle province: stabilendo, al
 primo comma, che in  dette  materie  la  legge  non  puo'  attribuire
 funzioni  amministrative,  comprese  quelle  di  vigilanza di polizia
 amministrativa  e  di  accertamento  di  violazioni   amministrative,
 diverse  da quelle spettanti allo Stato secondo le norme statutarie e
 di  attuazione;  prescrivendo,  al  secondo  comma,  un  obbligo   di
 informazione  reciproca tra uffici statali e regionali o provinciali,
 circa   le   violazioni   accertate   di   norme   o    provvedimenti
 rispettivamente  regionali  o provinciali, ovvero statali; disponendo
 infine, al terzo comma, che "fermo  restando  quanto  disposto  dallo
 statuto  speciale e dalle relative norme di attuazione, nelle materie
 di cui al primo comma, le amministrazioni  statali,  comprese  quelle
 autonome e gli enti dipendenti dallo Stato non possono disporre spese
 ne'   concedere,   direttamente   o  indirettamente  finanziamenti  o
 contributi  per  attivita'  nell'ambito  del  territorio  regionale o
 provinciale".
    Come e' evidente - dal suo tenore, dalla sua collocazione e  dalla
 sua  ratio  -  questa  disposizione  e' volta a precludere allo Stato
 attivita'  amministrativa  di  spesa  diretta  nella  regione,  cioe'
 interventi  a  carico  del  bilancio dello Stato o degli enti statali
 comportanti erogazioni di fondi per opere, trasferimenti a imprese  o
 a  famiglie,  contributi  a enti pubblici sub-provinciali: interventi
 che - attraverso il finanziamento - realizzerebbero ingerenze statali
 nell'ambito della competenza amministrativa spettante alle regioni  e
 alla province autonome.
    Nulla  ha  a che vedere tale disposizione, invece, con il problema
 dei trasferimenti finanziari dello  Stato  a  favore  delle  Province
 autonome  (o  della regione), cioe' con il problema del finanziamento
 delle attivita' amministrative delle province: problema, questo,  che
 e'  risolto  viceversa  dalle  norme  statutarie  e  di attuazione in
 materia di finanza regionale e  provinciale,  la  cui  disciplina  e'
 espressamente richiamata dall'art. 4, terzo comma, d.lgs. n. 266/1992
 laddove  esso  stabilisce  che  "resta  fermo"  quanto disposto dallo
 Statuto e dalle relative norme di attuazione.
    In particolare, come e' noto, lo statuto prevede, a  questo  fine,
 oltre  ad  una  limitata  autonomia  tributaria  (artt.  72 e 73), la
 devoluzione alla regione e alle province autonome del  gettito  o  di
 quote  del  gettito di tributi o di altre entrate erariali (artt. 69,
 70, 71, 75, 78), e sancisce espressamente l'applicazione  anche  alle
 province  autonome di Trento e di Bolzano dell'art. 119, terzo comma,
 della Costituzione, relativo ai  contributi  speciali  erogati  dallo
 Stato per scopi determinati (art. 79).
    L'art.  5 della legge 30 novembre 1989, n. 386, - cui questa Corte
 attribuisce, com'e' noto, significato e porta di norme di  attuazione
 immodificabili  al  di  fuori del meccanismo dell'accordo fra Stato e
 regione o province autonome  previsto  dall'art.  104  dello  statuto
 (cfr.  sent.  n.  116/1991; 123/1992 e 356 del 1992) - stabilisce non
 solo che "le province autonome partecipano alla ripartizione di fondi
 speciali istituiti per garantire livelli  minimi  di  prestazioni  in
 modo  uniforme  su tutto il territorio nazionale, secondo i criteri e
 le modalita' per gli stessi previsti (primo comma), ma anche  che  "i
 finanziamenti   recati  da  qualunque  altra  disposizione  di  legge
 statale, in cui sia previsto il riparto per l'utilizzo a favore delle
 regioni, sono assegnati alle  province  autonome  ed  affluiscono  al
 bilancio  delle  stesse  per  essere  utilizzati,  secondo  normative
 provinciali nell'ambito del corrispondente settore" (secondo comma).
    A sua volta  l'art.  12  del  d.lgs.  16  narzo  1992,  n.  268  -
 contenente  proprio  le norme di attuazione in materia di finanza, ed
 entrato in  vigore  contemporaneamente  al  d.lgs.  n.  266/1992,  ma
 recante    un    numero    posteriore   -   conferma   esplicitamente
 l'applicabilita'  dell'art.  5  legge  n.  386/1989  alle   provincie
 autonome,  stabilendo  che le disposizioni in ordine alle procedure e
 alla distribuzione dei fondi di cui a detto art. 5, secondo  e  terzo
 comma, "si applicano con riferimento alle leggi statali di intervento
 ivi  previste,  anche se le stesse non sono espressamente richiamate"
 (primo comma), e che "in caso di  assegnazione  di  finanziamenti  ai
 sensi  dell'art.  5, secondo comma predetto, "i relativi stanziamenti
 di spesa sono comunque iscritti nel bilancio provinciale nella misura
 necessaria   per  far  fronte  rispettivamente  agli  impegni  ed  ai
 programmi previsti per  l'esercizio  in  corso,  salvo  l'obbligo  di
 compensare   gli   eventuali   minori   stanziamenti   rispetto  alle
 assegnazioni con maggiori  stanziamenti  negli  esercizi  successivi"
 (secondo comma).
    L'art.  4,  terzo comma, del d.lgs. n. 266/1992 non puo' dunque in
 alcun modo essere interpretato come preclusivo dell'assegnazione alle
 province autonome dei finanziamenti statali a destinazione  vincolata
 disposti da leggi statali a favore delle regioni.
    Esso  tende  a  garantire  le  province da possibili invasioni del
 proprio ambito  di  competenza  da  parte  dello  Stato  a  mezzo  di
 interventi  diretti di spesa, non certo a precludere il finanziamento
 delle province mediante trasferimenti  dal  bilancio  dello  Stato  a
 quello  delle  province  stesse, che sono anzi espressamente previsti
 dallo statuto e dalle norme di attuazione. Tali interventi finanziari
 - a differenza di quelli  esplicantisi  in  forma  di  spesa  statale
 diretta  - non ledono le attribuzioni provinciali in quanto mettono i
 relativi mezzi a disposizione delle province  e  sono  assegnati  nel
 rispetto  dell'autonomia  provinciale quanto all'attivita' di impiego
 dei finanziamenti medesimi (a tal fine valendo le garanzie di cui  ai
 citati artt. 5 legge n. 386/1989 e 12 d.lgs. n. 268/1992).
    Sul   piano  testuale,  questa,  che  e'  l'unica  interpretazione
 plausibile  della  norma  in  questione,  e'  confermata   non   solo
 dall'espresso  richiamo  alle norme statutarie e di attuazione il cui
 disposto "resta fermo", ma anche dal riferimento a spese o contributi
 "per attivita' nell'ambito del territorio regionale  o  provinciale".
 Tale  precisazione  da  un  lato  ribadisce l'intento di incidere sul
 finanziamento delle attivita' e non sui meccanismi  di  trasferimento
 finanziario  dallo  Stato  alle  province  (vietando cioe' solo spese
 statali dirette che "saltino"  le  province  e  restino  estranee  al
 bilancio  di  queste).  Dall'altro  lato,  la  precisazione in esame,
 secondo  cui  si  vietano  spese  per  attivita'   "nell'ambito   del
 territorio  regionale  o  provinciale", rende palese che si riferisce
 non gia' ai casi di riparto di somme  fra  le  regioni,  bensi'  alla
 destinazione  finale  delle  somme  dirette  a finanziare determinate
 attivita': per questo  si  fa  menzione  dell'ambito  del  territorio
 regionale  o  provinciale, menzione che non avrebbe alcun senso se si
 volesse riferire  la  norma  anche  ai  trasferimenti  a  favore  del
 bilancio delle province.
    Palesemente,  dunque,  risulta lesiva dell'autonomia finanziaria e
 amministrativa della provincia di Trento la  deliberazione  del  Cipe
 impugnata,  la'  dove  esclude  le  province autonome dal riparto dei
 finanziamenti statali, previsti dalla legge n. 113/1992 a favore  sia
 delle  regioni  che  delle  province  autonome,  per  gli  interventi
 relativi all'obbligo per i comuni di residenza di porre a  dimora  un
 albero per ogni neonato.
                                P. Q. M.
    La  provincia ricorrente chiede che la Corte voglia dichiarare che
 non spetta allo Stato, e per esso al comitato  interministeriale  per
 la  programmazione  economica,  escludere  la  provincia  autonoma di
 Trento dal riparto dei finanziamenti statali  previsti  dall'art.  4,
 primo  comma,  della  legge  29  gennaio  1992,  n.  112,  in pretesa
 attuazione dell'art. 4, terzo comma, del d.lgs.  16  marzo  1992,  n.
 266;   e  per  l'effetto  annullare  la  deliberazione  del  comitato
 interministeriale  per  la programmazione economica in data 13 luglio
 1993, meglio specificata in epigrafe, nella parte in cui  esclude  la
 provincia stessa dal riparto dei predetti finanziamenti statali.
     Roma, addi' 20 dicembre 1993
            Avv. prof. Valerio ONIDA - Avv. Gualtiero RUECA

 93C1374